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di Don Romeo Rossetti
Come ho già scritto in un mio precedente articolo, quando venni a San Martino trovai una situazione fallimentare, assai preoccupante, sia per quanto riguardava la chiesa come fabbricato e specialmente per quello che riguardava la vita spirituale e liturgica dei parrocchiani. Per la chiesa, come ho già raccontato nel precedente articolo, mi ricredetti nel giro di pochi giorni, dopo aver conosciuto la storia della chiesa, tanto che diventai un grande estimatore di essa, non solo, ma presi ad amarla e a farla il centro della mia vita, spirituale e materiale, di giorno e fino a tarda notte, in compagnia di San Martino, sempre presente nelle mie preghiere sacerdotali. Per quanto riguarda invece la situazione spirituale, ebbi l’impressione di trovarmi in “terra di missione”, specialmente per “l’eredità pastorale” da me incontrata a causa di fatti, veri o presunti o deformati, avvenuti nella precedente amministrazione parrocchiale, aventi come centro un mio carissimo confratello, purtroppo non bene accetto dai fedeli e forse, probabilmente, anche dall’alto. Data la situazione, la mia esistenza fu piuttosto difficile: mi ritrovai solo, povero, incompreso; in realtà ciò corrispondeva, in fondo, alla mia problematica spirituale, sacerdotale e missionaria di spirito francescano, ma mi procurava tanta sofferenza. Il Signore, penso su interessamento di San Martino, premiò la mia situazione ed io assistetti, giorno per giorno, ad un vero miracolo: la chiesa di San Martino specialmente, ora sempre aperta e funzionante contrariamente al passato, cominciò ad essere frequentata anche da fedeli delle parrocchie di Annunziata, fino a riempirsi completamente nelle festività. Ma il fatto più rilevante, quasi miracoloso, fu che dopo pochi mesi ci fu una famiglia che si prese a cuore la mia situazione e divenne la mia famiglia. Lui era il signor Gino; lei, la signora Nella; e il resto della famiglia era di cinque figli, dei quali uno era il mio abituale chierichetto e segretario e accompagnatore in tutti i trasferimenti in moto per motivi pastorali: il grande Archimede, con il quale sono tuttora in rapporto. Io avevo fissato la mia canonica a poca distanza dalla chiesa e dalla loro abitazione: non passava giorno che lui non mi invitasse a casa sua per pranzo, cena, merenda ecc.; lei aveva preso in cura abituale la canonica, spontaneamente, e anche nelle festività patronali o simili era sempre volontariamente a disposizione. Avevo trovato la mia famiglia: alla domenica poi lui era il più interessato, avendo una magnifica voce, a portarsi in coro, nelle feste, per il canto della Messa solenne gregoriana; ed io sull’altare mi commuovevo. Tutto ciò mi cambiò la vita: la chiesa piena ed una famiglia acquistata mi portarono tanta consolazione e ne ringrazio tanto il Signore e anche San Martino, grande intercessore presso di Lui, specialmente la notte, alla semplice luce del cero del Santissimo. Grazie e pace eterna a lui, a lei e tanta felicità per i figli. Tanti saluti in Cristo.
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