N° 8 - Agosto-Settembre 2015
Storie dei lettori

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  La festa della Madonna del Mirteto
di Lido Galletto


La festa della Madonna del Mirteto

 

            Al di là di Ortonovo, su un promontorio dal quale si spazia a raggiera dalla foce del Magra alla Versilia, è ubicato il Santuario di Nostra Signora del Mirteto che biancheggia scintillante contro l’intensa massa vegetale dei boschi che lo circondano, ultima isola-rifugio che l’uomo ha voluto ancorare alla collina. Oltre, si intravedono soltanto il solco delle valli ed i profili delle coste che convergono al vertice di Monte Bastione.
Mi affiorano ancor oggi dalla penombra le sensazioni della prima infanzia, con un grumo di mestizia ed il sapore di un incanto: il ricordo ancorato alla “Festa della Madonna del Mirteto” che si svolge il 7 e 8 settembre di ogni anno. All’avvicinarsi di tale data, noi bambini eravamo irrequieti; la nonna preparava, come un rito, nei giorni che precedevano l’avvenimento, i dolci che sarebbero stati portati e mangiati al Santuario. Era proibito consumarli prima. Le zie e la mamma preparavano noi bambini all’avvenimento. Dai casolari vicini, alla sera, affluivano intorno alla nostra casa altri gruppi di bimbi e di donne.
Si partiva a piedi percorrendo strade di campagna a noi sconosciute, in processione composta e lenta, con il sonno che lentamente ci assorbiva, si camminava per lunghe ore nella notte. I bimbi più piccoli, stanchi e dormienti, erano portati in braccio dalle donne; lentamente poi, salendo i ripidi tornanti del sentiero petroso immerso nei castagni, si arrivava al Santuario che, come un incanto, appariva circoscritto nel suo profilo da piccole lampade colorate. All’interno altri gruppi, arrivati prima, giacevano dormienti sul duro pavimento in attesa dell’alba. Ho ancora impresso il palpito delle candele nella penombra delle grandi navate che lambiva le ombre scure, sdraiate e raccolte.
Quando spuntava l’alba le campane cominciavano a suonare e tutta quella massa umana si scuoteva e si agitava. La mamma mi prendeva per mano nel timore di smarrirmi.
Cominciavano le funzioni religiose. Quando il sole era già alto nei boschi circostanti il Santuario, si consumava la colazione. Era un momento importante che ci consentiva di correre, di precipitarci giù per i poggi, di scoprire nascondigli più remoti, in uno stordimento innaturale prodotto dal sonno non consumato e dalla fatica della lunga camminata.
 La giornata si concludeva dopo il Vespro.
A frotte, a gruppi scomposti si tornava alle proprie case ripercorrendo nella luce i sentieri e le strade percorse nella notte. La nonna sosteneva che il rito della processione, consumata nella notte con fatica, ci avrebbe protetto dalle malattie per tutto l’inverno.

                                                                                             

(da ‘Racconti di ieri e di oggi’ – Ceccotti Editore 1996)




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  Buon compleanno, don Giovanni!
di Enzo Mazzini



Domenica 16 agosto, prima delle ore 6, con Nuccio e le nostre mogli siamo partiti per Trebaseleghe (Padova) per festeggiare un grande avvenimento: il nostro “vecchio parroco”, don Giovanni, avrebbe celebrato una Santa Messa per ringraziare il buon Dio in occasione del suo 102° compleanno. Bisognava partire presto perché sapevamo che avremmo trovato molto traffico in questa festa ferragostana. Inoltre dovevamo arrivare alle ore 10,30 perché alla Messa, oltre agli ospiti della ‘Casa’, da un po’ di tempo partecipano anche i fedeli della parrocchia. Evidentemente anche a Trebaseleghe bisogna far fronte alla carenza di sacerdoti e quindi i preti orionini offrono come sempre tutta la loro collaborazione.
Purtroppo, com'era prevedibile, ci siamo imbattuti in momenti di traffico intenso per cui abbiamo perso tempo prezioso, ma il buon Nuccio, da esperto autista qual'è , è riuscito comunque a recuperare, per cui siamo entrati in Chiesa proprio mentre si dava inizio alla Santa Messa. Ci erano stati riservati alcuni posti nelle prime panche, così don Giovanni ci ha subito individuati ed ha nascosto a stento la sua grande soddisfazione.
La Santa Messa è stata ovviamente da lui presieduta, attorniato da numerosi confratelli.
Bellissimi i canti eseguiti dalla corale, alla quale abbiamo dato un contributo anche noi e   commovente l'omelia di don Giovanni. Evidentemente, temendo di dimenticare qualche passaggio, si era preparato un traccia da seguire, ma poi, preso dalla foga e dall'entusiasmo, ha del tutto improvvisato un'omelia meravigliosa, tanto che non avrebbe mai smesso di parlare, ringraziando il buon Dio e la Madre Celeste dei meravigliosi doni ricevuti in tutta la sua lunga vita sacerdotale. Fra l'altro, ha speso parole molto accorate per ringraziare i suoi vecchi parrocchiani che erano venuti da lontano per essergli vicino in questa occasione. Non vi nascondo che la commozione era notevole in tutti, ed io non sono riuscito a trattenere le lacrime!
Alla Santa Messa ha fatto seguito una cerimonia molto significativa: i parenti di don Giovanni gli hanno donato una scultura meravigliosa della Madonna con Bambino e quindi la Direzione della Casa ha deciso di esporla nel chiostro  in modo che tutti d’ora in avanti possono ammirarla e pregarla. A questo punto abbiamo potuto riabbracciare il nostro don Giovanni e rivolgergli qualche parola augurale in attesa di consumare il pranzo che la Direzione ha fatto preparare per tutti i partecipanti all’evento e che don Luciano ha curato in ogni particolare. In questo clima di profonda cordialità e di fraterna partecipazione, don Giovanni ha voluto che io dicessi due parole ed io non mi sono fatto pregare. Avevo tante cose da dire e quindi l'occasione era ghiotta. Prima di tutto dovevo portare ufficialmente il saluto di tutti i suoi parrocchiani di Casano e Ortonovo che non avevano potuto intervenire e che ci avevano pregato di cuore di far presente la loro partecipazione. Qualcuno aveva impegni di famiglia, altri, purtroppo, problemi di salute, ma il loro cuore era accanto a don Giovanni. Anche Padre Onildo si era profuso per trovare un sostituto che garantisse le sacre funzioni della giornata festiva, ma ogni tentativo è risultato vano per cui anche lui ha dovuto, a malincuore, rinunciare. Tutti, però, ci hanno pregato di rivolgere a don Giovanni la richiesta di verificare, nonostante l'età avanzata, la possibilità di farsi accompagnare ancora fra noi. Chissà che il buon don Luciano e suo fratello Placido non riescano ancora nel miracolo, così come avevano fatto due anni fa! Anche Don Giovanni ha voluto rivolgere a tutti parole di ringraziamento, non escludendo in maniera categorica l'eventualità di una sua venuta ad Ortonovo, confidando come sempre nella Divina Provvidenza e nella Madre di Dio e Madre nostra.
Il tempo è volato e noi avremmo dovuto affrontare un impegnativo viaggio di ritorno e quindi, con tanta tristezza nel cuore, come sempre in questi momenti, abbiamo dovuto accomiatarci da don Giovanni, da don Luciano e da don Bruno, il nuovo direttore, con la speranza nel cuore di riabbracciare presto il nostro ‘vecchio parroco’. Ci era di grande conforto la consapevolezza che tutti gli vogliono un bene e che la comunità Orionina è veramente meravigliosa e non potrebbe essere diversamente. Noi Ortonovesi ne siamo testimoni perché siamo cresciuti in un'atmosfera tutta Orionina, tanto che numerosissimi sono i nostri fratelli ortonovesi che hanno lasciato le loro famiglie per diventare preti del mondo, al servizio di Dio e della Santa Madonna come amava chiamarLa San Luigi Orione. Sicuramente la nostra Madonna del Mirteto ci ha messo del suo in questo meraviglioso fiorire di vocazioni sacerdotali e missionarie. E sicuramente San Luigi Orione, insieme alla nostra Madre Celeste, ne è stato un significativo artefice. Lui che ha rappresentato il simbolo vivente della carità cristiana. Molti hanno scritto di lui, definendolo: "Padre dei poveri, benefattore dell'umanità dolorante ed abbandonata", "Cacciatore di coscienze" (Pio XII), "Il servo del Signore" (San Giovanni XXIII). Il Santo Padre, San Giovanni Paolo II ha promulgato ufficialmente il decreto che riconosce un miracolo attribuito all'intercessione di don Luigi Orione ed il 26 ottobre 1980 lo ha proclamato beato, presentandolo alla Chiesa come "una meravigliosa e geniale espressione della carità cristiana" ed "ebbe la tempra e il cuore dell'Apostolo Paolo, tenero e sensibile fino alle lacrime, infaticabile e coraggioso fino all'ardimento, tenace e dinamico fino all'eroismo".  Dallo stesso Papa polacco fu poi canonizzato il 18 maggio 2004 giorno in cui è stata fissata anche la sua festa liturgica. La sua fondazione, diffusa in una trentina di nazioni del mondo, comprende le Congregazioni religiose dei Figli  della Divina Provvidenza, delle Piccole Suore Missionarie della Carità, l’Istituto Secolare ed un vasto Movimento Laicale, recentemente approvato dalla Chiesa, che irradia nel mondo, soprattutto tra i più poveri, lo spirito ed i progetti di bene del Fondatore.
San Luigi Orione è stato "un prete scomodo che si accorse dei poveri e dei poveri più poveri: coloro che sono senza pace, senza Dio, senza stima, senza bellezza, senza affetto, senza famiglia ed a tutti offriva le sue braccia".  Significative alcune sue affermazioni: "Quante volte ho sentito Gesù Cristo vicino a me, quante volte l'ho intravisto, Gesù, nei più reietti, nei più infelici" "Nel più misero degli uomini brilla l'immagine di Dio. Chi dà al povero dà a Dio" "Salvare sempre, salvare tutti: salvare a costo di ogni sacrificio, con passione redentrice e con olocausto redentore" "Vi raccomando le anime dei giovani!  I giovani d'oggi sono il sole o la tempesta del domani", e tante altre affermazioni di questo prete scomodo che veramente fu con i poveri  spendendo l'intera vita per loro.
Noi Ortonovesi siamo stati dei privilegiati perché siamo cresciuti in un clima  "orionino" ed anche nella nostra famiglia abbiamo assaporato la gioia di avere donato un petalo a questa grande comunità  orionina: un membro della nostra famiglia, don Luciano di Pognana (Fivizzano), è stato un missionario orionino in Australia, dove ha trovato la morte.  Ecco perché noi ortonovesi ci sentiamo fieri ed orgogliosi di avere da sempre respirato aria orionina e non ci sentiamo soli, perché la nostra Madonna del Mirteto veglia sempre su di noi.



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  Incontro per “Il Sentiero”
di Una invitata



 

 La sera di sabato, 4 luglio è stato organizzato un incontro al Santuario del Mirteto con tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione de “Il Sentiero”, il bollettino interparrocchiale che ogni mese (da 25 anni) viene distribuito nelle nostre chiese.
L’incontro è iniziato alle ore 19 con la Santa Messa vigilare celebrata dal Rettore del Santuario, padre Mario, e abbiamo così ricordato i collaboratori defunti: il preside Franciosi, Angelo Brizzi e Doretto. A questo incontro, oltre ai collaboratori, sono stati invitati anche i coniugi degli stessi, poiché anche loro, magari in altro modo, danno il loro contributo. Per cui anch’io ero presente.
Dopo la Messa siamo stati accompagnati a visitare i nuovi locali (inaugurati il mese scorso) adibiti ad ospitare chi volesse soggiornare presso il Santuario. Sono stati da tutti apprezzati per la disposizione, l’arredamento delle camere e il meraviglioso panorama di cui si può godere: all’orizzonte cielo e mare, la Val di Magra e il litorale che si estende fino alla Versilia e oltre. Poi siamo scesi nella bella sala da pranzo, attigua alle cucine, dove ci è stata servita una succulenta e gustosa cena, durante la quale la maggior parte degli intervenuti ha fatto un breve commento sull’operato dell’anno in corso. Ne sono scaturiti esiti più che lusinghieri.
Dal mio modesto punto di vista ho potuto osservare che tutti quanti hanno esposto le loro idee in modo semplice e modesto, per essere compresi e alla portata di tutti. Ho apprezzato in particolare il commento della Giuliana e di Enzo, che hanno fatto trasparire una grande volontà di andare incontro ai lettori con stimoli sempre positivi, in questa società bombardata da avvenimenti negativi e con pochissimi valori morali.
La Marta, da parte sua, ha avuto parole di encomio verso Walter, il “tessitore” del gruppo, per come ha saputo valorizzare e portare avanti le idee dell’amato marito, Doretto, che ci ha lasciati da ormai quasi un anno. C’è stato poi l’intervento della Stefania che, finalmente, ha voluto uscire dall’anonimato (per tanto tempo si firmava ‘un’assidua lettrice’) ed ha espresso con molta spontaneità il suo pensiero spiegando il lungo percorso che l’ha portata ad esprimersi pubblicamente e mettersi così in gioco. E’ intervenuto poi il prof. Egidio Banti, il quale si è congratulato con tutti i presenti circa l’operato del Sentiero sulla sua divulgazione, e in particolare sul sito internet.
Al termine i partecipanti si sono congedati contenti e soddisfatti, pensando ad incontri ancora più proficui e con un’intesa sempre maggiore.

                                                                                                         



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  In vacanza “InSIeme”
di Giuliana Rossini



            Marco, cinque anni, racconta, davanti ad un pubblico tra divertito e interessato, di come stava giocando con un amichetto che pretendeva il suo gioco preferito, mentre lui non voleva darglielo. Ma poi ha pensato che Gesù non sarebbe stato contento del suo comportamento e ha finito col condividere il giocattolo con la soddisfazione di entrambi. Sara, 7 anni, invece, era impegnata in una difficile discesa in montagna, quando si accorge che la sua compagnetta era in difficoltà; subito le presta le sue racchette risolvendo brillantemente la situazione. E’ così che i bambini si impegnano a vivere la parola consegnata al mattino: “Contagiarsi nell’amare” e raccontano con spontaneità le loro esperienze.
Siamo in vacanza per un periodo di otto giorni sulle Dolomiti, a Falcade (Bl), vicino al Passo S. Pellegrino. Dietro al nostro albergo si innalzano maestose e azzurrine la Pale di S. Martino; davanti, ammantata di nubi che la sottraggono alla vista, la Marmolada. E’ uno spettacolo mozzafiato che suggerisce pace e armonia e suscita stupore per tanta bellezza. A fianco scorre verso la valle, sciabordando, il torrente Biois con acque cristalline e gelide. Non conosco il significato di questo nome, i valligiani da me interpellati non hanno saputo fornirmi spiegazioni; mi piace pensare alla radice greca ‘bio’ e tradurlo liberamente con “fonte di vita”.
Ogni mattina, prima di cimentarsi nelle varie passeggiate, chi lo desidera, può riunirsi nell’attiguo teatro-tenda, dove viene suggerita una frase da vivere insieme, di volta in volta: “LasciarSi lavorare, contagiarSi nell’amare,  farSi famiglia, elevarSi, incontrarSi, lasciarSi illuminare”. Sì, forse qualcuno l’avrà già capito, si tratta di una vacanza speciale, una Mariapoli (che significa città di Maria) durante la quale realizzare spaccati di comunità che abbiano come legge fondamentale quella dell’amore, cercando di vivere il Vangelo concretamente, ad imitazione della nostra mamma celeste, raccontando, poi, a sera, chi lo desidera, le esperienze vissute. Questo periodo di svago è stato organizzato da un nutrito gruppo di giovani famiglie, di ispirazione focolarina, provenienti da Mantova, che ci spiegano piene di entusiasmo il significato di quell’”InSIeme” che dà il titolo all’incontro.
Esse sottolineano il duplice significato di quel “SI”, sia come affermazione - volendo significare: sì, ci sto, farò del mio meglio per vivere questo periodo nella carità - e sia come “insieme” con chi mi sta accanto, intessendo relazioni positive e profonde nella gioia e nello scambio reciproco. Così dicevano, ad esempio, che “farsi famiglia” contiene un di più di rispetto al semplice “fare famiglia”, perché rimanda non solo alla volontà di superare gli ostacoli a due, ma anche all’intreccio e al reciproco aiuto fra le famiglie.
Il momento più suggestivo della vacanza sono state le passeggiate e le vere e proprie escursioni giornaliere verso le cime delle montagne, dentro anfratti rocciosi, in mezzo a prati punteggiati di fiori bellissimi, lungo torrenti impetuosi e cristallini per salire ad altezze dove regnava un silenzio assoluto, rotto solo dai campanacci delle mucche, dal ragliare degli asini, dal soffiare del vento e dallo scrosciare delle acque. In particolare i bambini hanno molto apprezzato il verso degli asini che si sono fatti anche accarezzare e hanno mostrato di gradire la loro presenza con smorfie buffe, azzardando qualche leccata.
Normalmente il primo tratto della gita veniva compiuto con le auto per poi proseguire a piedi. Le vetture partivano strapiene, perché chi aveva posti disponibili li metteva volentieri a disposizione di chi era appiedato e il gruppo non partiva finché tutti non fossero adeguatamente sistemati. Le passeggiate erano state preparate con cura secondo vari gradi di difficoltà: facili per tutti, un po’ impegnative, difficili. Quando duravano parecchie ore, era previsto il pranzo al sacco. Io ho scelto di camminare poco, sono un po’ stanca e ho bisogno di riposare. Ma mi basta lo spettacolo che mi si para dinanzi, simile ad un anfiteatro punteggiato di deliziosi paesini con svettanti campanili, per entusiasmarmi e acquisire una intensa serenità interiore. Quando riesco a salire in alto (di solito con l’automobile), mi sento affascinata dal silenzio misterioso che mi circonda e che mi fa pensare all’amore del Creatore che ha voluto donarci tanta bellezza per elevarci fino a Lui.
Siamo circa 300 persone di varia provenienza: Liguria, Lombardia, Emilia… (noi di Ortonovo formiamo una grande famiglia di 21 persone) fra cui tantissimi giovani e i bambini che sembrano non annoiarsi affatto, anzi sono allegri e collaborativi. Qui tutti sorridono e, se sei in difficoltà, ti offrono aiuto. Chi ha delle capacità le mette a disposizione di tutti gratuitamente; così, ad esempio, al mattino, prima di colazione, è possibile eseguire esercizi di yoga insieme ad un maestro energico e simpatico. E’ facile in quest’atmosfera, essere disponibili, dare il braccio a chi fa più fatica di te, ascoltare con attenzione e interesse i problemi altrui, non lanciarsi in inutili giudizi, cercare di occupare, ad esempio in camera con altre due compagne, meno spazi possibili… In una parola, viene spontaneo sentirsi bene con se stessi e con gli altri e dimenticare affanni e preoccupazioni. La sera è animata da diverse attività: cinema, ballo e danze celtiche, conferenze… cartoni animati per i più piccoli e giochi. Una sera i bambini hanno costruito degli aquiloni da far volare il giorno dopo, durante una grigliata all’aperto organizzata dal personale alberghiero, in una graziosa località vicina attrezzata con tavoli e barbecue. Noi adulti, guidati da una esperta erborista, abbiamo raccolto erbe officinali, di cui la sera ci è stato mostrato l’utilizzo. Durante questa passeggiata abbiamo goduto della bellezza di alcune cascate e del gorgoglio dell’acqua trasparente del ruscello vicino.
L’ultima sera, grande spettacolo finale dal titolo: “Taluni talenti”. Da alcuni giorni gli organizzatori invitavano chi possedeva qualche attitudine musicale, recitativa, inerente al ballo, ecc., a donarcela, aggiungendo il proprio nome ad una lista di ‘artisti’ che diventava sempre più lunga. Così la sera del venerdì, prima della partenza del giorno successivo, è stato improvvisato uno spettacolo di circa due ore, veramente piacevole e divertente. Chi ha suonato il pianoforte o la chitarra (c’era anche chi travestito da chitarra veniva ‘suonato’), chi cantava, chi recitava scenette esilaranti, chi ballava… Anche la nostra Emma, nipote di Walter, ha eseguito un delizioso balletto sulle note della “Marcia alla turca” di Mozart, suscitando entusiasmo e raccogliendo applausi.
Veramente il tempo è volato troppo in fretta; il ritorno è velato da un pizzico di nostalgia, anche se il ricordo è piacevole ed abbiamo la certezza di aver costruito tra noi rapporti profondi e duraturi in cui ciascuno è stato dono per gli altri.

                                                          

                                                                                 


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  Lezioni di vita dell’Ottocento
di Millene Lazzoni Puglia



 

Sarzana, città molto antica, ricca di storia e d’arte, è stata da sempre un punto di riferimento per noi Toscani del Comune di Fosdinovo, confinanti con la Liguria. Tra le altre cose che erano motivo di ‘attrazione’ della cittadina, c’era nell’800 un luogo dove avvenivano le tremende esecuzioni per impiccagione per chi aveva commesso reati gravi con conseguenti condanne. La pena di morte venne abolita in tutta Italia intorno al 1889; a Sarzana c’era stata l’ultima nel 1885. Il malcapitato era stato un certo Monticelli, che lasciò la vita sul greto del torrente Calcandola (detto anche la “Giara”) che scorre verso il Magra, a ovest di Sarzana. Quel luogo si trova oltre la nuova “variante” dove, alla metà del 900 è sorta una scuola di tiro a segno.
In quel tempo c’era una singolare usanza: quando una persona veniva giustiziata per impiccagione, c’era sempre un folto pubblico che vi assisteva, che era composto da persone comuni, ma soprattutto da genitori che avevano dei figli maschi dai 10 ai 20 anni circa, ed erano anch’essi spettatori. L’affluenza era al massimo nelle giornate di bel tempo, tanto che, a Sarzana, è rimasto in seguito un modo molto curioso di commentare una giornata di sole: “P’cato ki ‘n’pico nisun!” (peccato che non impiccano nessuno!).
Se questa forma di spettacolo è sicuramente da condannare, per quei genitori dell’800 era, invece, una lezione di vita, e portare i figli ad assistervi aveva un preciso scopo educativo. Per questo molti di loro non esitavano a fare anche molti chilometri  a piedi per portare i propri figli ad imparare che a rubare e a fare del male agli altri si sarebbe finiti così, cioè impiccati.
I miei bisnonni materni, Michele e Maria Tusini, erano fra questi, che forse giustamente ci credevano, e quando c’era una esecuzione vi accompagnavano, da Caniparola, i loro tre figli maschi: Giuseppe il primogenito, Angelo, nato nel 1859, che era mio nonno e Domenico, nato nel 1865. Tutti e tre i fratelli erano stati testimoni di varie esecuzioni, ma era Angelo che raccontava a mia madre Argentina una di queste che lo aveva particolarmente colpito. Si trattava di un giovane condannato che prima di essere impiccato aveva espresso il desiderio di dare un bacio a sua madre. Ma ci fu un colpo di scena: mentre sua madre gli si avvicinò, invece di darle un bacio sulla guancia, le diede un morso e le disse: “E’ per colpa tua se sono finito così!”. E probabilmente aveva ragione, poiché sua madre era una donna di poco valore; non aveva avuto cura di lui fin da bambino; non solo non gli aveva insegnato l’amore e il rispetto per gli altri, ma lo aveva sempre istigato a rubare e ad agire male, dandogli lei stessa cattivi esempi. Lui non la perdonò reagendo in modo così brutale.
Sicuramente quello è stato un caso limite, perché insegnare ad un bambino a fare cose sbagliate a danno degli altri non fa certo parte del comune sbagliare nell’educare un figlio, ma è qualcosa di molto più grave. Però c’è chi, pur avendo avuto nell’infanzia cattivi esempi dai genitori, non si è lasciato contagiare e, crescendo, ha saputo trovare egualmente la retta via senza covare rancori verso gli altri. A questi va doppio plauso, perché non solo sono stati bravi a salvarsi da soli, ma anche per aver trovato in loro stessi la forza di perdonare.

                                                          

                                                          

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