N° 3 - Marzo 2010
Redenzione
di Antonio Ratti

 

 

 

 

Il tempo di Quaresima è il momento che la Chiesa ci suggerisce per fare il punto sulla consistenza della nostra fede, che ha un senso solo attraverso l’azione redentrice di Cristo, la quale ci è stata semplicemente donata.

    Il vocabolo “redenzione “, ormai, fa parte, quasi esclusivamente, del linguaggio religioso, ma nel suo significato comune indica la liberazione da uno stato di schiavitù come l’asservimento sociale  o economico e la prostituzione.

    L’evento da cui partire per dare un significato religioso al termine redenzione, è la vicenda dell’esodo del popolo ebraico (chiamato nel Vecchio Testamento, Israele) dall’oppressione  egiziana.

   Ga’ al  è la radice verbale  ebraica che indica l’atto della liberazione, dalla quale ha origine il sostantivo  go’ el    che vuol dire “redentore “.

   Questo compito nella giurisdizione ebraica apparteneva al “ pater familias  per l’intero nucleo familiare, soprattutto per i figli e la moglie.  Ad esempio, se un figlio cadeva in schiavitù, il padre doveva adoperarsi per liberarlo pagando il riscatto, cioè, assumeva il ruolo di go’ el  = redentore.    ( Il fratello maggiore o il parente più prossimo dovevano accollarsi il medesimo ruolo in mancanza o per impedimento del padre. )

    Quando gli Ebrei si preparavano alla fuga dall’Egitto, il Signore disse: “ Israele è il mio figlio primogenito. “  ( Es 4,22 ) Pertanto la liberazione del popolo ebraico discende da questo esclusivo legame che intercorre tra Israele e il Signore che dichiara : “Sono sceso per liberarlo dalla mano d’Egitto.” ( Es 3,8 )  Con questo atto il Dio di Abramo e di Mosè diventa il redentore d’Israele.

    Da tutto ciò si deduce che la redenzione è un’azione di solidarietà e di amore da parte di colui, al quale si è legati da un rapporto profondo ( es., padre-figlio ),che soccorre chi si trova in evidente stato di difficoltà e di necessità.

    Oltre alla schiavitù fisica, di cui si è parlato finora, esiste anche quella spirituale del peccato che diventa vizio, perchè ricorrente.

    Si prospetta così un altro tipo di redenzione che appartiene totalmente alla sfera religiosa: la salvezza.

    In questo contesto si delinea l’opera compiuta da Gesù Cristo attraverso la sua morte e risurrezione, in quanto fu “messo a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione.”  ( Paolo, Rm 4,25 )

    Paolo insiste con forza sul concetto di “redenzione che noi abbiamo nel Figlio [ di Dio ] mediante il suo sangue.  ( Ef 1.7 )  A  Paolo risulta chiaro, e con altrettanza chiarezza lo esprime, il riscatto che si è realizzato attraverso la drammatica vicenda umana di Cristo: “Siete stati comprati a caro prezzo.” (1 Cor 6,20 ), il prezzo di una crocefissione.

    Questa liberazione ci affranca dalla morte morale, spirituale e fisica, infatti “ aspettiamo la redenzione del nostro corpo.” ( Rm 8,23 )

    La risurrezione del corpo rappresenta il momento conclusivo della nostra redenzione che coinvolge l’intera creazione, per cui con essa Dio “riconcilierà a sé tutte le cose per mezzo di Cristo, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e nei cieli.” ( Col 1,20 )

   Poichè la nostra pasqua ruota intorno a queste semplici riflessioni, sta soltanto a ciascuno di noi partecipare o meno  ( infatti, Dio si propone, non s’impone ) a questo misterioso, ma logico, percorso esistenziale. “Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente,come anch’io sono conosciuto.” ( 1 Cr 13,12 )

                                                                             

 

 

 

 


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