N° 8 - Ottobre 2014
Commento ai Vangeli del mese – Ottobre 2014
di Egidio Banti



 

Domenica 5 ottobre – XXVII del Tempo ordinario - (Matteo, 21, 33-43)

Nel mese di ottobre di quest’anno, la liturgia domenicale ci propone alcuni passi dei capitoli 21 e 22 del Vangelo di Matteo. Sono passi di straordinaria importanza, nei quali la durezza delle parole di Gesù si unisce alla riproposizione di una visione della vita e della religione ben diversa da quella degli scribi e dei farisei: la civiltà dell’amore. In questa fase, Gesù, seguito dai discepoli, è già arrivato a Gerusalemme. Si avvicina dunque la sua ora, i sommi sacerdoti già studiano come catturarlo e metterlo a morte, ma il Maestro non se ne cura, ed anzi – predicando nel tempio, da dove ha già scacciato i mercanti sacrileghi – sembra alzare il tiro contro coloro che presentano al popolo una visione fuorviante ed ipocrita della religione. Così pronuncia, tra le altre, l’odierna parabola detta dei “vignaioli omicidi”, i quali dapprima uccidono i servi e da ultimo il figlio stesso del padrone della vigna, con l’intenzione di impadronirsi dell’eredità. La parabola, come sempre, è una metafora, e la metafora riguarda direttamente i farisei e i sacerdoti del tempo, alcuni dei quali sono lì ad ascoltare. Gesù sembra dunque rivolgersi proprio a loro, per far capire come siano caduti in basso nel tentare di appropriarsi della “vigna”, ovvero della “Parola di Dio”. La Parola di Dio, insomma, diventa parola “loro”, una parola secondo il loro interesse, le loro ideologie, le loro teologie, e per conservare questo arrivano ad uccidere. Parlando del figlio del padrone della vigna che viene ucciso, Gesù parla dunque ancora una volta di se stesso e del suo imminente sacrificio. Papa Francesco, in una recente omelia a Santa Marta, ha commentato proprio questo brano, sottolineandone la sua perenne attualità. E si è chiesto: “Cosa possiamo fare noi per non uccidere la parola di Dio, per non ingabbiare lo Spirito Santo?”.  “Due cose semplici - è stata la risposta -: l’umiltà e la preghiera. Quei farisei non pregavano. Non avevano bisogno di pregare. Si sentivano sicuri, si sentivano forti, si sentivano 'dei'. Umiltà e preghiera: con esse dobbiamo andare avanti per ascoltare la Parola di Dio e per obbedirle”.

 

Domenica 12 ottobre – XXVIII del Tempo Ordinario (Matteo 22, 1 – 14)

Nella prima parte del capitolo 22, Matteo prosegue nel riferire le parabole che Gesù pronuncia a Gerusalemme contro gli scribi e i farisei. Oggi è la volta della parabola del banchetto di nozze. Nel racconto evangelico, un re fa raccogliere per strada gli invitati al banchetto, ma poi caccia chi non ha la veste nuziale. Aspetto che può sembrare paradossale: ma come ? Sono stati trovati negli incroci delle strade, tra i poveracci, e si chiede loro la veste nuziale ??? A questo interrogativo, naturale ed umano, ha risposto Papa Francesco in una delle sue catechesi: “Dio, e solo Lui, ci chiede una cosa precisa per entrare alla sua festa: ci chiede la totalità. Lo Sposo è il più importante; lo Sposo riempie tutto!». Gesù dunque, del quale il figlio del re è figura anche in questa parabola, come in quella della domenica precedente, è il primogenito di tutta la creazione, ed è quindi il centro di tutto. Dice ancora il Papa: “E’ Gesù che fa questa festa di nozze e che chiede a noi la gioia della festa, la gioia di essere cristiani. E ci chiede pure la totalità: è tutto Lui. E se noi abbiamo qualcosa che non è di Lui, pentirsi, chiedere perdono e andare avanti».

Domenica 19 ottobre – XXIX del Tempo Ordinario  (Matteo  22, 15 - 21)

Matteo ci presenta oggi il celebre episodio evangelico del tributo a Cesare, e della subdola richiesta dei farisei e degli erodiani a Cristo sulla legittimità di quel tributo. Anche questo è un episodio legato alla presenza di Gesù a Gerusalemme, in vista della Pasqua, ed alla sua predicazione contro chi deturpava la religione dei Padri e dei profeti. L'intenzione con cui i farisei si avvicinano a Gesù è quella di farlo "cadere nella trappola". La loro domanda se sia lecito o no pagare le tasse a Cesare viene posta però con parole morbide, con parole belle, con parole che possiamo definire “zuccherate". Cercano di mostrarsi amici, ma è tutto falso perché essi non amano la verità, ma soltanto se stessi, e così cercano di ingannare, di coinvolgere l'altro nella loro menzogna, nella loro bugie. E' proprio il linguaggio di tutti i tempi della corruzione, ovvero l'ipocrisia. Loro hanno il cuore bugiardo, non possono dire la verità, sono "corrotti”. Ha osservato Papa Francesco: "Sembrano tanto amabili nel linguaggio ma sono gli stessi che andranno la sera del Giovedì Santo a prenderlo nell'Orto degli Ulivi, e il Venerdì lo porteranno da Pilato". C’è davvero tanta attualità anche in questo episodio …

 

Domenica 26 ottobre – XXX del Tempo Ordinario (Matteo 22, 34 - 40)

In questa ultima domenica del mese, il capitolo 22 di Matteo ci presenta un altro tema straordinario, quello dell’amore che si deve portare a tutti, anche ai propri nemici. Anche i nemici infatti fanno parte del nostro prossimo, e dunque dobbiamo amarli come noi stessi. Parlando su questo tema, Papa Francesco ha osservato, in una delle sue ormai tante catechesi: “Anche noi tante volte diventiamo nemici di altri: non vogliamo loro bene”. Tutto, dunque, in qualche modo dipende da noi: se sapremo fare quel passo nella buona strada, se sapremo cioè amare chi ci é nemico, se sapremo amare gli altri come Cristo ci insegna, allora non avremo nemici. E’ il segno della continuità di una predicazione davvero “rivoluzionaria” tra Giovanni Battista e Gesù: il Battista esortava tutti a “cambiare la propria mente” (“metànoia”), Gesù spiega, quando già è quasi di fronte alla sua croce, in che cosa consista quel cambiare la mente. Non consiste né in regole astratte né meno che meno in bizantinismi talora ipocriti, bensì in una sola, magica parola: amore (“agàpe”). Questa parola greca deriva da una radice antica, “aghe – àgamai”, che significa provare stupore, meraviglia. Lo stupore di chi scopre nell’altra persona, e nel mondo che ci circonda, il volto e la mano di Dio. Se tutti lo facessero, quante guerre, quante rovine, quante violenze, anche al giorno d’oggi, ci sarebbero risparmiate … 





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