N° 8 - Ottobre 2014
Spiritualità

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  Appunti di un Pellegrino
di Gualtiero Sollazzi




 

Un avvocato accanto

 

            Il “pellegrino” pesca nei suoi “appunti” di una ormai lontana Pentecoste, un’omelia che ascoltò da padre Turoldo. Questo frate-profeta, dall’aspetto di vichingo e dal cuore colmo di Dio, “cantava” lo Spirito Santo: “E’ fuoco, è vento, è il Paraclito, abbraccio di totale amore per le nostre povere vite…”. Ci fece scoprire, da par suo, Colui che R. Laurentin presentò così in un suo libro: “Lo Spirito Santo, questo sconosciuto”. Quasi come verifica, il “pellegrino” chiese un giorno ai suoi scolari delle superiori: “Chi è il Paraclito?”. Scena muta. Allora raccontò: “E’ il Vangelo che ci parla del Paraclito”. Una parola che sembra dir niente. E’ figlia di un‘esperienza, di un segno ebraico.
Quando uno veniva accusato in pubblico e processato, accanto a quel poveretto, talvolta, si metteva un personaggio quasi sempre sconosciuto. Quella presenza frenava gli accusatori e, in molti casi, li faceva ritirare. Era il paraclito. Un difensore, quindi, silenzioso ed efficace. Gesù riprende quella figura del “Paraclito” e la mette accanto a noi. Quella figura è lo Spirito Santo, difensore della nostra vita.
La Chiesa contempla il mistero dello Spirito e lo prega: “Dolce consolatore, dono del Padre altissimo, acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell’anima”.

 

 

In clinica

 

            Paolo VI definì i Santuari “Cliniche dello spirito”. Il “pellegrino” è stato a Lourdes e ha capito quanto sia vera questa felice espressione. Là si curano anime e corpi. Anime talvolta stanche dalle fatiche della vita o alla ricerca di luce. Ha visto corpi crocefissi su lettucci e carrozzelle che, davanti alla grotta, guardavano alla Vergine con occhi di speranza. Al centro, per tutti: Eucaristia e Rosario. Le Messe celebrate, la commovente processione eucaristica, la cappella dell’Adorazione, erano fiumi d’acqua viva che riempivano cisterne di afflizione.
E poi, quelle corone in mano a malati e sani, apparivano davvero, come scrive Batolo Longo, “catena dolce che ci rannoda a Dio”. Il “pellegrino” non si saziava di osservare gli occhi di molti così sereni, splendenti: da rubare! E gli venivano le lacrime sapendo bene chi c’era dietro quegli occhi. Quella gente aveva fatto sua, forse senza saperlo, una preghiera difficile: “Cristo crocefisso: insegnaci e donaci la forza di chiamare della tua santa Croce il nostro dolore”.            I tanti barellieri e dame con il loro generoso servizio facevano degli ammalati gli abbracciati dalla carità: da Dio, quindi.
Dostoevskij sosteneva che “La bellezza salverà il mondo”. Più che la bellezza, sarà la sofferenza di tanti ammalati, “piaghe di Cristo”, che lo salverà.





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  Dobbiamo ritornare alla consapevolezza che senza Dio nel nostro cuore non siamo niente
di Stefania, 23.09.2014





Questa mattina alla Santa Messa è stato ricordato S. Padre Pio  e il celebrante, padre Paolo,  ha voluto sottolineare che la santità di padre Pio non è arrivata per i doni che ha ricevuto e i miracoli che ha fatto, ma per aver risposto ai fatti negativi (ingiustizie, calunnie) con la positività di un cristiano, ossia ha risposto al male subito con il bene dell’Amore di Dio.
Queste parole mi hanno portato a fare delle riflessioni e di conseguenza, hanno ancor più radicato in me l’importanza di non perdere più tempo , quindi, l’urgenza di doverci, anzi volerci impegnare per ritornare o rimanere nella strada del Signore, attraverso la nostra personale conversione quotidiana, utilizzando tutti quegli strumenti che il buon Dio ci mette a disposizione e che ci servono anche come scudo: la recita del rosario e la preghiera quotidiana del cuore.
Certo, dobbiamo fare delle scelte; è ovvio che non possiamo fare tutto, ma l’azione vitale che non ci deve assolutamente mancare (né a me e neppure a te) è fare spazio a Colui che ci ha creato, interiorizzando il suo Vangelo, non il nostro, poiché in caso contrario tutto questo male che si è dilagato a macchia d’olio e che ha creato in noi sofferenze diverse, come possiamo distruggerlo?
Lunedì scorso è entrata nella chiesa di Luni (Caffaggiola) la statua della Madonna Addolorata: non deludiamo Colei che da sempre ci vuole aiutare; mai come ora siamo avvolti dalla sua grazia; smettiamo di farla piangere! Ritorniamo con fiducia a Dio contribuendo ognuno a sanare questo mondo facendo ognuno la nostra piccola parte, con la certezza che fino a quando cammineremo su questa terra Gesù ci darà l’opportunità di cambiare perché è infinitamente misericordioso.
Madre Teresa diceva che “ …sarebbe terribile guadagnare il mondo intero e perdere la nostra anima”.
Ho letto in un libro questa bella frase che ci può far riflettere: “Certe persone non vogliono essere salvate perché la salvezza implica un cambiamento e il cambiamento richiede uno sforzo maggiore del restare uguale”.
Buona conversione quotidiana a tutti noi e ringraziamo Dio di averci donato la Chiesa, dove possiamo trovare tutti gli strumenti indispensabili per il nostro pellegrinaggio terreno e per assaporare già qui quella pace interiore che solo Dio ci può dare, anche se viviamo in un particolare momento in cui i fatti quotidiani ci dimostrano che non sono dei più belli.

“Guardatevi attorno e vi renderete conto di quanto siano immersi nel peccato gli uomini di oggi” (Messaggio del 25 ottobre 1985).

“Affrettatevi a convertirvi! Questo tempo di grazia costituisce per voi una grande possibilità per convertirvi e approfondire la vostra fede” (Messaggio del 2 settembre 1982).

                                                                                             


  Una carezza della Madonna
di Doretto




            Mi avventuro per le strade del comune con la mia PPM (papa mobile).  Passo davanti alla chiesa di Caffaggiola. Lì vedo Sandrino che sta tagliando la siepe che dà sulla strada. Più in là c’è Fausto che sta tagliando l’erba. E c’è anche Roberto il quale si avvicina e mi dice: “Leggo sempre i tuoi articoli su “Il Sentiero”. E’ un giornalino che leggo volentieri (e noi invece pensiamo che pochi lo leggano)”. E continuiamo a parlare della Chiesa di oggi, dei cristiani di oggi… Sappiamo tutti noi cosa facciamo quando varchiamo quella porta? Ah se lo sapessimo, saremo già santi! E Roberto mi invita a entrare in chiesa. Mi spalanca il portone, ed io entro. Mi fa vedere la statua della Madonna Addolorata che è stata acquistata di recente a Caravaggio, paese vicino a Milano che ha dato i natali a Michelangelo Merisi, il Caravaggio, appunto. Me la fa vedere da vicino: è bellissima, sembra che pianga; infatti, osservandola bene, si vedono due lacrime che spuntano dai suoi occhi. E per farmela vedere meglio me l’avvicina ancora di più. La guardo: il mio povero cuore sta per scoppiare; non so il perché ma la gioia è così grande che mi viene spontaneo abbracciarla e riempirla di baci. Erano baci tra la Madre di questo figlio pellegrino sulla terra che non sa ancora quale sarà il disegno di Dio su di lui.
Grazie, Madonnina Addolorata, questa mattina sei stata tu a venirmi a trovare e a dirmi: “Non aver paura, mio Figlio ti vuole bene e non ti abbandonerà mai!”.
Tutto questo mio raccontare in termini spirituali queste cose è iniziato tanti anni fa, quando appunto varcai quella porta e mi posi delle domande. Subito mi chiesi perché ero lì. Che cosa facevo in chiesa, davanti a quell’altare? E volli saperne di più. E aprii per la prima volta la Bibbia e incominciai a leggerla. Mi piaceva. L’Antico Testamento è come un libro di avventure, poi, quando giunsi a leggere il Vangelo di Gesù, capii che ci doveva essere qualcosa di più di semplici parole scritte. Quelle erano parole scritte da Dio! Erano Dio stesso.
E ora, quando sono davanti all’altare e assisto alla mensa eucaristica, allo svolgersi della liturgia dall’inizio alla fine, comprendo il significato di quelle parole. Sì, sono parole di Dio! E poi è Dio stesso che si tramuta in pane e in vino e si offre a noi: eccomi, prendetemi e mangiatemi, questo pane è un pane che vi darà la vita eterna! E poi, quando usciamo, la Messa è finita? E’ tutto come prima? Ci lasciamo prendere dal mondo e ci dimentichiamo di cosa abbiamo ricevuto? Ed è qui che ci vuole uno scatto d’animo e dire no alle cose vane di questo mondo e aggrapparci a Lui, convinti fermamente che la vita con Lui è vera Vita. Sì, è la felicità. Il resto è tutto ‘vanità delle vanità’, come diceva sempre il mio caro amico don Lodovico.

                                                                                             



  Vita in parrocchia
di Giuliana Rossini




            L’aria frizzante e trasparente, sia pure riscaldata da un sole ancora generoso, più che le piogge di cui c’è stata abbondanza durante tutta la stagione precedente, ci fa inequivocabilmente comprendere che l’estate è terminata. Terminato è il tempo dedicato al riposo, al divertimento e allo svago e soprattutto alla cura delle relazioni personali, talvolta trascurate a causa dei normali impegni di lavoro che ci pressano durante l’inverno. Anche nella nostra parrocchia, grande famiglia, l’estate ci ha permesso di ritrovarci e di stringere maggiormente i rapporti tra noi.Numerosi sono stati gli incontri conviviali (cene e “apericene” come sono state chiamate) che ci hanno permesso di rincontrarci o incontrarci per la prima volta, in un caldo clima familiare e accogliente.
L’occasione, in realtà, è stata di tipo economico: c’era la necessità di raggranellare un po’ di soldini per poter realizzare un progetto di abbellimento della nostra chiesa. Ma questi momenti si sono trasformati in spazi d’incontro improntati alla cordialità e all’accoglienza, per cui tutti, anche le persone che non si conoscevano tra loro, sembravano vecchi amici.
Tra l’altro, gli adulti potevano godersi tranquillamente la serata mentre i figli giocavano sicuri nel campetto adiacente, che in tempi in cui la fanno da padroni televisione, I-pad e telefonini, non è cosa da poco.
Non mi nascondo che dietro a tutto ciò c’è stato l’impegno e la fatica di chi ha messo a disposizione il proprio tempo e le proprie abilità, oltre al parroco, le giovani famiglie della parrocchia (che esibivano simpaticissime magliette tutte uguali) alle quali va la nostra riconoscenza e l’augurio di proseguire su questa strada.
La parrocchia è un punto fondamentale di aggregazione, perché la chiesa, corpo mistico di Cristo, è casa di tutti, è il luogo privilegiato della presenza di Gesù nell’Eucaristia e nella Parola. E’ lì che, vivendo il comandamento nuovo dell’amore scambievole, accantonando personalismi e rivalità e spostando le proprie opinioni per far posto a quelle degli altri, possiamo realizzare la presenza di Gesù tra noi per portarle ovunque, verso ogni “periferia esistenziale”.
Solo così si può essere veri evangelizzatori e conseguire quell’unità di tutti tanto cara a Gesù da averla chiesta al Padre poco prima di morire. Questa unità, però, non deve essere limitata alla propria parrocchia, ma deve circolare fra tutti i fratelli di tutte le chiese, specialmente le più vicine.
Che bello essere un cuore e un’anima sola, condividendo intenti e iniziative e partecipando alle funzioni e ricorrenze principali delle altre parrocchie!
Conservo in un vasetto sul mio comodino, una rosa bianca, non importa se ormai un po’ appassita, donatami in occasione di uno di questi incontri, con un atto d’affetto e di amicizia che mi è arrivato dritto al cuore. Non può, infatti, esservi la pace nel mondo se prima non c’è nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nelle nostre parrocchie.

                                                                                                                   


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