N° 8 - Ottobre 2014
Papa Francesco a Redipuglia, perché ?
di Ratti Antonio


 

Basta leggere le chiare parole della sua breve omelia tenuta nel Sacrario d’Italia e ricordare la visita al vicino cimitero austro-ungarico di Fogliano per capire la determinazione dell’iniziativa di denuncia del Papa contro la 3^ guerra mondiale a pezzi che impazza come una follia mondiale ovunque. Quale altro senso può avere l’andare in quei luoghi di dolore e il lento camminare a capo chino e in silenzio tra le migliaia di tombe che, senza distinzione di razza e nazionalità, rappresentano i milioni di vittime della Grande guerra, definita da Benedetto XV “L’inutile strage”? Inutile strage che, ironia della sorte, ha spazzato via dal potere e dalla storia chi l’aveva ottusamente voluta. Il medesimo destino di autodistruzione ha colpito anche coloro che hanno causato la 2^ Guerra mondiale, definita da Pio XII “L’ora delle tenebre”.Lo spirito della violenza e della discordia versa sull’umanità una sanguinosa coppa di dolori senza nome”, sosteneva papa Pacelli.
L’oggi per papa Francesco è il momento della follia nell’ombra di Caino, dove gli organizzatori dello scontro, i pianificatori del terrore, gli affaristi della guerra con il commercio delle armi si prefiggono obiettivi di avidità e di potere sfrenato, non importa il costo in vite umane. All’Angelus di domenica 14, ritornando sull’argomento che lo coinvolge totalmente, il Papa con il suo caratteristico tono pacato, ma ferno, ha ribadito: “La guerra è una pazzia, ma l’umanità non ha ancora imparato la lezione”. Di fronte a questa sconsolante realtà il Papa ammonisce: “Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore; chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice “a me che importa?” rimane fuori”. Per salvarsi e salvare l’umanità da inutili dolori occorre il coraggio di uscire dal cono d’ombra di Caino e riacquistare la “capacità di piangere” per dimenticare sogni cattivi e pensieri di odio.

                                                                                                                                                        


OMELIA DEL SANTO PADRE AL SACRARIO DI REDIPUGLIA


Dopo aver contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano, trovandomi qui, in questo luogo, vicino a questo cimitero, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia. Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione! La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: “A me che importa? “Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà… “A me che importa?”. Sopra l’ingresso di questo cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: “A me che importa?”. Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni, ma le loro vite sono state spezzate. Perchè? Perché l’umanità ha detto: “A me che importa?”.
Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni. Ad essere onesti, la prima pagina dei giornali dovrebbe avere come titolo: “A me che importa?”. Caino direbbe: “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Questo atteggiamento è esattamente l’opposto di quello che ci chiede Gesù nel Vangelo. Abbiamo ascoltato: Lui è nel più piccolo dei fratelli; Lui, il Re, il Giudice del mondo; Lui è l’affamato, l’assetato, il forestiero, l’ammalato, il carcerato… Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore; chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice: “A me che importa?”, rimane fuori. Qui e nell’altro cimitero ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il lutto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo le vittime di tutte le guerre. Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile perché oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”.  E’ proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere. Con quel “A me che importa?” che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Caino non ha pianto. Non ha potuto piangere. L’ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni. Con cuore di figlio, di fratello, di padre, chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da “A me che importa?”, al pianto. Per tutti i caduti della “inutile strage”, per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo. Il pianto. Fratelli, l’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto.

                                                                                                          Papa Francesco
 

 Redipuglia, 13-settembre-2014, Centenario dell’inizio della Prima Grande Guerra




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