N° 3 - Marzo 2022
Spiritualità
  Abbiamo perso la memoria
di Stefania Del Nero



Abbiamo perso la memoria di cosa è avvenuto a Betlemme e il perché di quella nascita…non dobbiamo dimenticare da dove veniamo.
Abbiamo passato da qualche giorno il Natale e ora riponiamo per un altro anno tutto quello che abbiamo tirato fuori dalle nostre scatole per fare il presepe, l’albero e tutto ciò che nella nostra casa ci ha permesso di dare un segno al Natale. Ma il Natale non è un momento, non è un giorno dell’ anno, non è apparenza, quel presepe, quell’albero ci dovrebbero aver trasmesso, ogni volta nel corso degli anni della nostra vita qualcosa di straordinario, che è avvenuto e che avviene quando lo desideriamo, che è essenziale, prezioso e che ci accompagna nella nostra vita quotidiana, che è stato donato da 2022 anni a ciascun uomo – donna…..che lo cerca…..Quell’albero quel presepe ricco di significato cristiano, nel momento in cui l’ abbiamo iniziato a preparare, o veduto nei vari luoghi, ci dovrebbe aver portato a non fermarci solo all’apparenza, ma a rivivere, a riflettere e quindi a meditare ponendoci delle domande molto importanti per noi, perché lo festeggiamo il Natale ? chi siamo ? da dove veniamo ? perché siamo qui ???? e dove andremo a finire alla fine del nostro pellegrinaggio terreno ???  di conseguenza dovremmo avere il desiderio, la volontà di volerlo rivivere quel benedetto giorno, per cercare di capire perché Dio si è fatto uomo, perché è disceso sulla terra ??? ed esserne sempre più alla ricerca e di volerlo conoscere, di entrare in relazione con Lui, per provare a dare delle risposte alle nostre domande, anche perché abbiamo la certezza e la sicurezza che un giorno che non sappiamo quando saremo di fronte a colui che ci ha creato ed al quale dovremmo render conto della nostra vita vissuta sulla terra, “questo è il tempo che ci è stato dato e qui dobbiamo operare”…. “Chi ci ha creato senza di noi, non può salvarci senza di noi. Ma ahimè, se avessimo capito il senso del natale non avremmo perso il vero suo senso e non avremmo trasformato piano piano questa preziosa festa cristiana in una sempre più festa pagana, di conseguenza ci saremmo impegnati sicuramente di più a trasferire il valore del Natale nel nostro quotidiano 365 giorni all’anno, e ci verrebbe il desiderio di conoscerlo, di incontrarlo e di non perdere più del nostro tempo prezioso, prendendo in mano La Sua Parola ( Il Vangelo ), e facendoci anche aiutare dalle preziose omelie dei nostri preziosi sacerdoti. Parola che ci è stata donata grazie alla sua venuta tra di noi. Venuta tra di noi per guidarci nelle nostre azioni – gesti – comportamenti nel nostro stile di vita per volerci veramente bene l’uno con l’altro ed essere fra noi, grazie a Lui, veri fratelli, ma fratelli veri non falsi fratelli che si amano uno con l’altro che non si fanno del male uno con l’altro e si rispettano reciprocamente.” Amerai il tuo prossimo come te stesso “ci ha detto, quindi non dobbiamo fare agli altri quello che non vorremmo gli altri facessero a noi, avere il solito metro che utilizziamo per noi e per gli altri senza distinzioni. Purtroppo nel corso degli anni, mi voglio ripetere, e ahimè nei miei 54 anni quante, quante volte purtroppo è successo, nel riporre quelle scatole spesso, senza nemmeno averne la consapevolezza abbiamo rinchiuso anche Lui come se fosse il vestito di babbo natale e quindi anche il senso del tutto, il perché Dio si è fatto bambino ed è venuto sulla terra e perdendone il senso l’abbiamo rifiutato messo da parte e vissuto i nostri giorni della nostra vita, come se non ci fosse, come se non fosse mai venuto e di conseguenza spesso ma troppo spesso senza rendercene conto, ci siamo sempre più allontanati da Lui dal nostro Dio dell’amore facendoci del gran male, perché comportandoci così non solo non abbiamo rivissuto quello che è avvenuto a Betlemme 2022 anni fa, ma non ci siamo neppure impegnati a relazionarci con Lui nel nostro quotidiano. Dio si è fatto come noi per farsi conoscere, per stare con noi, ogni giorno in tutte le nostre giornate. Dio si è fatto come noi per farci come Lui. (Come cantiamo nel canto natalizio) quindi ognuno di noi dovremmo ogni giorno impegnarci a farlo crescere dentro di noi, resistendo sempre di più al male che ognuno ha dentro e che ha attorno, che come sappiamo non è poco…siamo peccatori…. Lui è venuto anche per liberarci dal male …solo un Dio che ci ama alla follia poteva fare tutto quello che ha fatto per ciascuno, non solo ci ha creato, ci ha donato l’anima, ma ha cura della nostra anima e ci ha donato attraverso Gesù tutti gli elementi per cercare di tenerla più sana possibile o per salvarla. Se ci pensiamo la nostra anima è l’unica cosa che veramente possediamo e quindi la sola, che ci portiamo via al termine del nostro pellegrinaggio terreno. E’ disceso dal cielo perché ci ama così tanto e sa che siamo fragili, deboli, siamo uomini e che senza di Lui non possiamo farcela, se no la sua venuta non sarebbe servita, se fossimo stati in grado di farcela da soli …senza di Lui …. Ha deciso di nascere in una famiglia, quanto ha a cuore la famiglia, diceva S. Giov. Paolo II la famiglia è lo specchio in cui Dio ti guarda e vede i due miracoli più belli che ha fatto: donare la vita e donare l’amore.
Dio desidera che ci amiamo, siamo stati creati per amare ed essere amati. E quanto vuole che c’è amore all’interno della nostra famiglia, ma amore vero, per questo è venuto in nostro soccorso, mi ripeto è nato per stare con noi per aiutarci se lo vogliamo a farlo crescere dentro di noi ma sta alla nostra libertà deciderlo, libertà che ci ripresenta per ogni giorno che rimarremmo sulla terra, quindi, libertà di bussare alla sua porta per condividere con Lui la nostra vita ed impegnarci a seguire la sua strada che è quella della pace, giustizia, fratellanza dell’amore, oppure scegliere e seguire altre strade.
Quando riponiamo quelle scatole per riaprirle il prossimo anno, non riponiamo ance Lui, perché è di Lui che abbiamo in assoluto più bisogno nelle nostre giornate della nostra vita, e non dimentichiamoci mai chi siamo, siamo cristiani, siamo figli suoi, di Dio, e che abbiamo ognuno il solito padre e la solita madre, siamo tutti fratelli fra noi, e fra noi dobbiamo ogni giorno volerci bene, e abbiamo bisogno ora più che mai dell’impegno di ciascuno.
Buon cammino di conversione quotidiano a ciascuno di noi, e quindi Buon anno a noi tutti con nostro Signore e sua Madre.
Allego una bella preghiera che avevo già scritto al nostro Sentiero qualche tempo fa di Padre Valfredo ma è per noi molto riflessiva….
“ Madre di Gesù a cui è stato affidato tutto il genere umano, noi tuoi figli affidiamo nelle tue operose e misericordiose mani tutti i nostri cari, perché possono avere quella luce che viene dal cuore di Cristo, dalla mente di Cristo e dallo Spirito Santo. Educa noi tuoi figli e i nostri cari ad essere secondo il cuore di Dio, cosi la pace regnerà tra noi e i nostri comportamenti saranno graditi a te come graditi a Gesù, e l’armonia nascerà nelle nostre famiglie: regno di pace, di serenità e di vero amore e cammino verso la fede.
Madonna delle conversioni, prega per noi

Stefania Del Nero 14/1/22

16 Gennaio 2022
Parole dette dalla nostra guida terrena Papa Francesco all’Angelus “Dio vuole per noi il meglio ci vuole felici …Per Gesù non ci sono secondi fini.


Da suor Lucia di Fatima lette da un sacerdote …prese dal messalino.
Non bisogna aver paura “verrà un momento in cui la battaglia decisiva fra il regno di Cristo e Satana sarà sui matrimoni e sulla famiglia.
E coloro che lavoreranno per il bene della famiglia sperimenteranno la persecuzione e la tribolazione, ma non bisogna avere paura perché la Madonna gli ha schiacciato la testa.

  Giornata mondiale del malato
di Enzo Mazzini



 

Oggi, 11 febbraio, si celebra la "Giornata Mondiale del Malato". È questa una festa voluta nel 1992 da Papa Giovanni Paolo II, per non dimenticare chi soffre ed anche chi si prende cura del malato.
Fra l'altro la data scelta per questo importante appuntamento è molto significativa: in questo giorno ricorre infatti la festa della Beata Maria Vergine di Lourdes. Maria, la nostra Madre Celeste non abbandona mai i malati ed è sempre vicina ai suoi figli che soffrono ed esorta tutti noi ad essere vicini ai nostri fratelli sofferenti e ad assisterli e consolarli.
Anche Papa Francesco ci esorta ad essere vicini ai malati, ribadendo che "la vicinanza è un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. In quanto cristiani, viviamo la prossimità come espressione dell'amore di Gesù Cristo, il buon Samaritano, che con compassione si è fatto vicino ad ogni essere umano".

In questa occasione Papa Francesco esprime tutta la sua partecipazione al dolore dei malati ed invia un toccante videomessaggio in occasione dell'odierna XXX Giornata Mondiale del Malato, esternando
la sua riconoscenza a tutti coloro che, nella Chiesa e nella società, stanno con amore accanto ai malati e rivolgendo "un pensiero pieno di gratitudine a tutti coloro che nella vita e nel lavoro stanno ogni giorno vicino a loro: ai familiari e agli amici, che assistono i loro cari con affetto e ne condividono gioie e speranze, dolori e angosce. Ai medici, alle infermiere e agli infermieri, ai farmacisti e a tutti gli operatori sanitari,  come anche ai cappellani ospedalieri, alle religiose e ai religiosi degli Istituti dedicati alla cura degli infermi e ai tanti volontari: ce ne sono tanti dei volontari!

A tutte queste persone assicuro il mio ricordo nella preghiera,  perché il Signore doni loro la capacità di ascoltare i malati, di avere pazienza con loro, di prendersene cura in modo integrale: corpo, spirito e relazioni. E prego in modo particolare per tutti i malati, in ogni angolo del mondo, specialmente per coloro che sono più soli e non hanno accesso ai servizi sanitari".
Molto coinvolgente la Santa Messa celebrata dal nostro Vescovo, S.E. Rev.ma Mons. Luigi Ernesto Palletti, nella Chiesa di San Pietro Apostolo di Mazzetta (La Spezia) in occasione della odierna "Giornata Mondiale del Malato" e davvero profonda la sua omelia nella quale ha sviluppato il tema indicato dal Santo Padre: "Siate misericordiosi come anche il Padre vostro è misericordioso", come di seguito riporto: "Celebriamo dunque anche quest'anno, insieme, questa festa particolare della Beata Maria Vergine di Lourdes e lo facciamo proprio con quello che era il suo desiderio,  ovvero la vicinanza alla sofferenza, al malato, quella vicinanza per cui Lei realmente è apparsa ed ha voluto farci i suoi doni, inviarci il suo messaggio, donarci la sua presenza e richiamarci alla conversione.

Ecco, tutto questo lo vogliamo vivere insieme, accogliendo anche il tema di questa giornata che vede particolarmente posta l'attenzione sul malato ma anche su chi lo cura, ricordandoci come malattia e cura devono sempre andare di comune passo. Se è giusta e doverosa l'attenzione verso il malato, è altrettanto doveroso avere l'attenzione verso chi lo cura perché l'uno e l'altro sono persone e dunque portano con sé una propria identità, una propria caratteristica, una propria sensibilità.
Il malato va accolto non semplicemente nella sua malattia, ma nella sua storia, perché noi sappiamo che se la malattia tocca il nostro corpo,  di fatto però interpella tutta la nostra vita e la nostra vita non è fatta di un solo momento, ma è fatta di un passato, certamente legato a tanti ricordi ma anche ad effetti che poi si riverberano sul presente ed è fatta in funzione di un futuro che spesso la malattia rischia di deformare e di far spegnere quella tensione che normalmente è giusto che noi abbiamo. E dunque la prima scelta è quella di personalizzare la presenza, personalizzarla perché il malato è persona e dunque, pur avendo la stessa malattia di altri, non ce l'ha nello stesso modo di altri. Ognuno la stessa malattia ce l'ha in un modo personalizzato perché la vive in un determinato modo, perché ha una determinata ricaduta, perché ha una determinata sensibilità e allora, di conseguenza, anche essere vicini,  o meglio ancora compartecipare, non può essere uno, per tutti uguale, ma deve cogliere l'attenzione alla persona e dunque veramente ogni persona è un mondo grande in comunione con gli altri perché siamo delle persone in relazione. Però, nel contempo, ognuno ha una sua specificità. Allora se c'è una malattia, che viene così fortemente personalizzata, richiede per sua natura ancora più attenzione perché sappiamo che il corpo di una persona e la persona non possono mai essere separati gli uni dagli altri: quando si tocca uno, si toccano tutti gli altri.

E nello stesso tempo ci viene chiesto, dopo questo messaggio, che nelle parole del Papa è molto forte, di scegliere proprio quel "toccare", ovvero di non limitarci a capire, ad amministrare la cura, certamente anche indirizzare la persona, ma in un modo quasi asettico, distaccato, lontano,magari tecnicamente anche perfetto, ma di fatto non in comunione. Invece, bisogna porre questa attenzione ad una cura che è capace di "toccare" e ricordiamo che ogni volta che ognuno di noi tocca qualche cosa, a sua volta è toccato. Non esiste che ci sia un oggetto, una persona, una realtà che io posso toccare senza che questa realtà tocchi anche me e questo ci porta, allora, a quella compartecipazione profonda che è certamente un gesto umano, ma che per noi, nella fede, deve diventare qualcosa di ben più grande: è il gesto del Signore Gesù che si fa presente, si fa presente a noi perché ci ricorda: "Ogni volta che avete fatto questa cosa ai miei fratelli più piccoli, l'avete fatta a me".  Ma si fa presente anche al malato perché ricorda quanto sia importante questa sollecitudine che Lui pone proprio nell'infondere, nel porre nei fratelli, questa capacità di vicinanza e, di conseguenza, di speranza sapendo, come ci ha anche ricordato il Santo Padre, che purtroppo non tutto può essere guarito. Anche se la scienza ha fatto passi da gigante in questi ultimi decenni, molti sono ancora gli interrogativi e, risolti i quali, purtroppo lo sappiamo, ne sorgeranno molti altri. Però se da una parte è vero che non tutto può essere guarito, è ancora più vero che tutto può essere ben curato e non è un modo di dire. Perché per poter essere curato bisogna che sia toccata veramente la profondità della persona e ci sono malattie che sono del corpo, ma ci sono malattie che sono dell'anima, malattie che sono della mente, malattie che in fondo sono sempre della persona, ma non di una persona semplicemente che è caduta in questo, ma una persona che, proprio incontrando la malattia, è chiamata a partecipare profondamente al mistero del Cristo Crocifisso. E allora riscopriamo veramente quel mistero grande,  sia chi lo partecipa in prima persona, sia chi deve stare vicino  ed altrettanto chi in prima persona,  sia pure ad un titolo diverso,  sia la cura stessa che deve essere amministrata e somministrata e per cura non intendo semplicemente quella clinica, la quale è importante e fondamentale,  ma sottolineo anche quella della vicinanza, della relazione, della compartecipazione, a volte anche del silenzio, certamente  del poter toccare. Abbiamo vissuto per due anni questa situazione del non potersi toccare; ora sembra che la pandemia pian piano vada diradandosi e speriamo che questo diventi per tutti motivo di profonda revisione della propria esistenza perché  il pericolo invece è che tutto cambi e deve essere dimenticato e tutto torni come prima. Ecco allora questa attenzione che noi siamo chiamati ad avere. In questa attenzione allora non ci saranno più tentazioni di fuga, né tentazioni di morte, né tentazioni di disperazione,  ma questo a condizione che vicino a fratelli e sorelle nella sofferenza ci siano fratelli e sorelle capaci di porgere la mano, toccare e rimanere presenti.
Ecco, accogliamo così il messaggio di Lourdes, cosa ci viene chiesto nel corpo e nello spirito, secondo la vocazione che ciascuno di noi ha ricevuto".

Alla celebrazione sono intervenute le rappresentanze delle associazioni del volontariato verso le persone sofferenti  e, fra tutte, l' Unitalsi che ha la sede provinciale proprio nella Parrocchia di Mazzetta, la cui Presidente ha anche dato lettura del messaggio di Papa Francesco in occasione della odierna Giornata Mondiale del Malato, di seguito  riportato: "Come non ricordare i numerosi malati che durante questo tempo di pandemia hanno vissuto, nella solitudine di un reparto di terapia intensiva, l'ultimo stralcio della loro esistenza, certamente curati dai generosi operatori sanitari ma lontani dagli affetti più cari,  cioè le persone più importanti della loro vita terrena!
Ecco allora l'importanza di avere accanto dei testimoni della carità di Dio che, sull'esempio di Gesù  per misericordia del Padre, versino sui malati l'olio della consolazione e il vino della speranza.

Penso ai medici, agli infermieri, ai tecnici di laboratorio, agli addetti all'assistenza e alla cura dei malati, come pure ai numerosi volontari e quanti operano nelle associazioni di volontariato, ai medici volontari che dedicano il tempo prezioso a chi soffre.
Cari operatori sanitari e cari volontari, il vostro servizio accanto ai malati, svolto con amore e competenza, trascende i limiti della professione per diventare una missione. Le vostre mani che toccano la pelle sofferente di Cristo possono essere segno delle mani misericordiose del Padre.

Siate consapevoli della grande dignità della vostra missione, come pure della responsabilità che comporta. A tal proposito vorrei ricordare che la vicinanza agli infermi e la loro cura pastorale non è  compito solo di alcuni ministri debitamente dedicati: visitare gli infermi è un invito rivolto da Cristo a tutti i Suoi discepoli.
Quanti malati,  quante persone anziane vivono a casa ed aspettano una visita! Il ministero della consolazione è compito di ogni battezzato che sia memore della parola di Gesù: "Ero malato e mi avete visitato".


  I 5 PRECETTI DELLA CHIESA
di Antonio Ratti


                                  I 5 PRECETTI DELLA CHIESA

La sacra Scrittura sostiene con chiarezza che il Creatore non ci ha voluto robotizzare come macchinette, ma ci ha voluto esseri pensanti, lasciandoci liberi di amare, ma anche di odiare e compiere il male. L’esempio più eclatante è la disobbedienza compiuta da Adamo ed Eva, che ha capovolto l’esistenza, reso instabile, fragile verso le tentazioni, orientato all’errore e al male l’intero genere umano. Noi non siamo in grado neppure di immaginare come sia stata la bellezza del vivere nell’Eden (paradiso terrestre), mentre i nostri progenitori hanno vissuto il prima e il dopo, compresa la prima tragedia familiare: l’odio e l’assassinio tra fratelli.  Penso che abbiano pesantemente avvertito la differenza, ma la presunzione e l’arroganza offrono solo bocconi amari.
Fatta questa premessa, ricordiamo che il Compendio del Catechismo dice: “I cinque precetti della Chiesa hanno come fine di garantire ai fedeli il minimo indispensabile dello spirito di preghiera, della vita sacramentale, dell’impegno morale e della crescita dell’amore di Dio e del prossimo.”  ( n.431 )
Allora cosa sono i precetti?  Forse i più anziani ricordano come fino agli anni ’60 del secolo scorso erano oggetto di studio per la preparazione dei fanciulli alla 1° Comunione e dei ragazzi alla Cresima.
I cinque precetti facevano parte del Catechismo promulgato nel 1912 da papa San Pio X.  Il termine precetto ( =  comando, ordine ) non è molto simpatico a nessuno, poiché impone di fare o di non fare qualcosa. Sappiamo dalle Scritture che neppure nella prima famiglia regnava amore, disponibilità e armonia; difatti dalle scarne notizie che abbiamo è più che sufficiente comprendere il clima che vi si respirava.  Eppure, è evidente come in ogni famiglia, oltre alle normali regole della vita umana, siano necessarie anche specifiche regole che esprimono la consapevolezza di appartenenza al proprio nucleo familiare e accrescono la reciproca responsabilità ( orari, ordine delle cose, tradizioni, abitudini consolidate ); in una parola: condivisione.

La comunità cristiana, oltre ai fondamentali 10 Comandamenti e alle norme comportamentali che il Vangelo suggerisce, nel corso dei secoli ha sentito l’esigenza di darsi alcune regole per salvaguardare un minimo di vita cristiana e manifestare il proprio legame con la Chiesa.
La partecipazione all’Eucarestia domenicale ( Messa ), la Confessione dei peccati una volta l’anno ( molto meglio dire la Riconciliazione con Dio chiedendo perdono ), la Comunione almeno a Pasqua, il digiuno nei giorni e nei tempi stabiliti, il sostegno ai bisogni materiali della Chiesa, sono i cinque segni minimali per dire la propria appartenenza alla comunità cristiana.

Non dimentichiamo che con il minimo si sopravvive, ma non si vive degnamente né nel corpo, né nello spirito.

                                                         Antonio Ratti

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