N° 7 - Agosto-Settembre 2013
Spiritualità
  La profezia del Vangelo si “gioca” negli appartamenti dove viviamo
di Un’assidua lettrice





       La profezia del Vangelo si “gioca” negli appartamenti dove viviamo…

Sono parole che ho portato con me, dentro il mio cuore, dall’omelia di ieri di padre Vittorio, commentando le Letture e sottolineando l’importanza che ha per ognuno di noi la frase: “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli”, e consigliandoci di dare più importanza alla “Banca del Cielo” che alla “Banca della Terra”. Penso che la lettura del Vangelo ci abbia portato a riflettere sui vari avvenimenti che ci circondano abitualmente: incontriamo sempre più frequentemente persone che hanno situazioni familiari infelici a causa di separazioni, anziani abbandonati, familiari che non si parlano per delle eredità, invidie e gelosie tra fratelli, comunità parrocchiali dove non vive la vera unità, ma dove nascono schieramenti e pettegolezzi…, tutte realtà per niente evangeliche.

Durante l’estate ho incontrato tante persone che non vedevo da anni e ho scoperto diverse di queste realtà; situazioni che diventano, col tempo, quasi una normalità. Non parlarsi, per esempio, con il fratello che si trova nel solito bagno: un tempo sotto il solito ombrellone, ora un po’ più in là. Che brutto! Ma quale voce ascoltiamo? Quanto egoismo! Ha ragione il nostro Papa, non c’è tempo da perdere, dobbiamo riportare Dio nella nostra vita, nelle nostre famiglie; essere cristiani credibili, uniti, dentro e fuori la Chiesa.

Facciamoci curare, per questo, dai nostri sacerdoti per uscire da queste situazioni o per rischiare di cadere in queste realtà che non ci porteranno mai la vera pace. Rendiamoci veramente conto che Gesù non è venuto per condannarci ma per salvarci e dobbiamo quindi confidare sulla sua infinita misericordia per essere poi anche noi misericordiosi verso gli altri. Suor Josefa Mendez racconta che in una visione Gesù le aveva detto: “Non è il peccato che maggiormente ferisce il mio cuore, ciò che lo strazia è che dopo averlo commesso le anime non vengono a rifugiarsi in me”.

Quanto sono importanti per tutti noi i nostri sacerdoti! Ma ce ne rendiamo conto? E se troviamo quello che riesce a farci aprire il cuore (una guida spirituale) è veramente tanta roba; perché è lì che la nostra confessione è vera, lì troveremo sempre parole di conforto e di stimolo a migliorarci e, piano piano, ripareremo assieme le ferite aperte a causa del peccato. “Il confessionale scaccia via l’Inquilino del piano di sotto che è entrato in noi attraverso il peccato”, così diceva padre Claudio in una recente omelia. Ma di questi consigli ne arrivano da oltre 30 anni (Medjugorie) da Colei che ci vuole portare alla Pace, e da Fatima è già un secolo che Lei ci invita alla Conversione. In uno dei messaggi la Madonna ci dice: “… Senza riflettere siamo pronti a commettere il peccato e a metterci nelle mani di Satana; in questo tempo in cui vuole creare disordine nei nostri cuori e nelle nostre famiglie; e che non dobbiamo cedere e permettere che egli diriga noi stessi e la nostra vita”. Ed è per questo che siamo arrivati a questo mondo macchiato: usiamo quindi i prodotti giusti e iniziamo a smacchiarci iniziando da noi stessi e consigliando questo efficace smacchiatore: il confessionale.

Ma purtroppo anch’io fino a tre anni fa non conoscevo i valori del Vangelo, non leggevo libri e riviste che mi informassero meglio, e che brutto non sapere cose che per noi possono essere di fondamentale importanza per vivere nella pace vera! Papa Benedetto diceva: “Tutti possono aprirsi all’azione di Dio, al Suo Amore; con la nostra testimonianza evangelica noi cristiani dobbiamo essere un messaggio vivente anzi, in molti casi, siamo l’unico Vangelo che gli uomini di oggi leggono ancora…”.

 

                                                                      


  “SONO VENUTO A GETTARE FUOCO SULLA TERRA”
di Doretto





             Mi sono chiesto tante volte cosa volesse dire Gesù con queste parole. Oggi se sono arrivato a darmi una risposta è anche, forse, attraverso le peripezie della vita, fatta di dolore e di tante prove anche negative. A volte, infatti, è come se Gesù accendesse una lampadina, e tutto quello che prima era incomprensibile, per me, diventa chiaro; e mi accorgo che, in fondo, era una cosa tanto semplice.

            Il fuoco? Ma certo! Gesù lo ha acceso in noi quando siamo stati battezzati. E poi, su su, dalla Prima Comunione alla Cresima, al Matrimonio. Ci ha inebriato col suo Amore attraverso lo Spirito Santo, e ora ci dice: “Quanto vorrei che fosse acceso e incendiasse tutta la terra!”.

            E allora mi vene spontaneo credere che questo fuoco ognuno di noi se lo porta dentro; in qualcuno è acceso e si vede attraverso le sue opere (ad esempio: volontariato, servizio civile, assistenza ai malati…), in altri, invece, sembra spento. Ma in realtà non lo è spento. Infatti non c’è più la fiamma, c’è solo cenere, ma sotto la cenere c’è rimasta un po’ di brace che, da un momento all’altro, può riaccendere il fuoco, e che fuoco! Gesù è sempre lì, vicino, e quando meno te l’aspetti, ecco, la fiamma si riaccende e illumina tutta la tua vita. Sì, perché il fuoco è anche luce e la luce è vita; la luce di Gesù è quella che ti fa vedere il fratello; è quella che illumina la strada davanti a te affinché tu non inciampi. Chi è nella luce è con Gesù, è con la gioia.

            Leggendo i giornali e guardando la TV: mamma mia, quanta cenere! Sembra proprio che il fuoco, nel mondo, si sia spento del tutto. Ma Gesù ci ha anche detto: “Confidate: ho vinto il mondo”.

            Cari amici lettori, sono trascorsi due mesi dall’ultimo numero di questo bollettino, due mesi sotto l’insegna del caldo, e che caldo! Ed eccoci già ormai a settembre (quando uscirà questo numero). Questo periodo è trascorso velocemente, come sempre. Mi domando: “Come l’abbiamo vissuto? Sotto l’insegna del fuoco o della cenere?”.

 

                                                                                                                


  Anno della Fede
di Don Romeo Rossetti – già Parroco di San Martino di Casano




Anno della Fede

La rivoluzione di Papa Francesco

 

Siamo già ad anno inoltrato dell’Anno della Fede voluto dal Papa emerito Benedetto XVI, indubbiamente ispirato dall’alto, cioè dallo Spirito Santo, con il programma di una nuova Evangelizzazione della Chiesa, simile, almeno nell’intenzione, a quella apostolica essendo ai tempi moderni assolutamente difforme da quella originale voluta dallo stesso fondatore  Gesù Cristo, e come tale prescritta agli apostoli.

Questa decisione è stata presa per risolvere tutti i gravi problemi (la maggior parte dei quali inerenti la Curia romana e di essi qualcuno di pubblica conoscenza) che lo stesso Papa, nel lungo periodo vissuto in essa, aveva riscontrato e a causa dei quali egli, sommerso e tormentato, ebbe un forte impulso riformatore che esercitò con grande acume, fino alla fine del suo mandato facendo sempre appello alla conversione. Memorabile il suo discorso del 11 ottobre 2012 (per la commemorazione dei 50 anni del Concilio Vaticano II): “… Abbiamo visto che nel campo del Signore c’è sempre anche la zizzania e che nella rete di Pietro si trovano anche i pesci cattivi...” e ancora: “da quando la Chiesa è diventata forte istituzione, molti cattolici si sono allontanati..” .

Parlava di “Unità e Pulizia”, Papa Benedetto, ed aveva anche allontanato circa 80 vescovi prima del suo “nascondimento” al mondo. Papa Benedetto “che di unghie e di denti ne ha saputo mostrare come forse nessuno dei suoi predecessori” ha fatto tutto ciò che poteva per lasciare al suo successore una Chiesa più forte e più pulita. Lo ha fatto con intelligenza ma con amarezza e con una forza violenta che lo hanno sfinito fino a costringerlo ad abbracciare la pesante croce  del suo ritiro, nell’umiltà del silenzio e della preghiera, sempre in un immobile del Vaticano un tempo adibito ad un convento di clausura.

Si narra che San Francesco nel 1205, nella Chiesa di San Damiano ricevette dal Cristo in Croce questo messaggio : “Ripara la mia Casa che, come vedi,  è in rovina” .  Come San Francesco anche Papa Francesco, il successore desiderato da Papa Benedetto XVI,  è arrivato a noi certamente  per un disegno della Divina  Provvidenza di cambiamento e di ritorno alle origini, alla Chiesa povera dei poveri o “dei minori”, come diceva S. Francesco che voleva essere il minore dei minori.

Egli ha esordito con un “buonasera” del nostro normale quotidiano la sera della sua elezione, presentandosi ai fedeli raccolti in piazza S. Pietro e invitando gli stessi a pregare per lui, camminando fra la gente comune, abbracciando e baciando gli ammalati (San Francesco abbracciava i lebbrosi), accarezzando i bambini, le mamme, gli extra comunitari per farli essere “intra – comunità“. Ha poi ritirato da subito, la croce d’oro, orpelli, paramenti lussuosi nelle limousine, gli appartamenti vaticani…; ha incoraggiato i giovani a non farsi “rubare la speranza“ e non aver paura  di sognare in grande, i sacerdoti “a non essere funzionari del culto“, i curiali a vivere nella collegialità, tutti a “perdonare“ e ”condividere”.

Cerchiamo quindi di essere tutti più comprensivi ed accogliere le persone divorziate, le coppie conviventi, gli omosessuali, i non credenti...

Proprio in questi ultimi giorni durante la Messa quotidiana nella Cappella di Casa S. Marta, Papa Francesco ha predicato che la Chiesa non è un’organizzazione burocratica né una ong (organizzazione non governativa) e gli uffici della Chiesa sono necessari, sì , ma fino ad un certo punto. Servono solo come aiuto a questa storia d’amore che è la Chiesa Madre. Da tutto l’insieme della sua attività in questi pochi mesi risulta che Papa Francesco è a perfetta conoscenza dei gravi problemi che già avevano afflitto la vita del predecessore e, aiutato da una commissione di cardinali di fiducia ereditata dal Papa emerito, senza entrare nei particolari, ha già cominciato a riformare la Chiesa iniziando dalla Curia vaticana.

Confidiamo che Papa Francesco, che ha dichiarato la Chiesa “ povera per i poveri”, continui a impegnarsi come San Francesco, di cui porta il nome, ad attuare il messaggio di Cristo  come lo ha ricevuto San Francesco nella Chiesa di San Damiano: “Ripara la mia Casa che, come vedi, è in rovina “.

                                 

                         


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