N° 5 - Maggio 2010
Storie dei lettori
  NON UNA CRONACA, MA .......
di Marco Chiappini


 
 

NON UNA CRONACA, MA L’ESPERIENZA DI UN AMICO DE “IL SENTIERO” AL SEGUITO DEL CORO DI ORTONOVO A VERCELLI

 

 

 

         Mi stavo preparando alla Settimana Santa. Avevo letto della commozione di Dio per la Sua creatura così fragile e debole sì da mandare Suo Figlio.

         Poi avevo letto che Gesù va verso la croce non tanto per un problema sociale né per una questione morale, ma per riaffermare che Lui è la Luce, la Verità.

         Con questi pensieri sono andato al seguito del coro “Cantus Firmus” di Ortonovo (diretto dal caro maestro, Renato Bruschi), invitato alla Settimana Santa di Vercelli a commentare con i suoi canti la Passione di Gesù. La cosa avveniva all’interno di una Basilica di stile Gotico, con arcate acute protese verso il cielo, che invitavano alla preghiera e alla meditazione.

          Il coro si stava incamminando verso la cantoria situata vicino all’organo, su  in alto; spente le luci, alcuni fari illuminavano un Cristo sospeso sopra l’altare della navata centrale. La crescente intensità della luce, sfuocava la croce ed appariva più marcata la figura di Gesù, come rivelazione dei misteri pasquali: quasi una resurrezione.

         In quel momento mi sono ricordato che Tatiana, la solista del coro, mi aveva chiesto di pregare. Pregai: “Gesù, vedi, i miei amici sono venuti fin qui per cantare la Tua Passione, la Tua Resurrezione. Li conosco tutti. Sono certo che le loro voci saranno in sintonia con il loro cuore. Un cuore di carne, per molti segnato da delusioni, da sofferenze, da croci. Proprio come Te. Vedrai quanto sono bravi! Sapranno trasformare le loro difficoltà in un canto di preghiera”.

         Quasi improvvisamente è iniziato il primo canto. Non era un canto che saliva al cielo. Sembrava un canto che veniva dal cielo. Un canto pieno di armonia. Armonia perché preghiera… E mi sono commosso.

 

Vercelli, lunedì 29 marzo 2010 

 

                                                                    
 


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  Quella nuvola di cenere che ci toglie ogni certezza.
di Romano Parodi


 
 

         A Malta Benedetto XVI ha detto: “Si è tentati di pensare che la tecnologia possa salvarci dai pericoli. Ma non è così. Alcune certezze vacillano davanti a una forza incontrollabile e molto più forte di tutti noi”. In Islanda, per fortuna, solo cenere, e solo disagi! La madre terra ha una sua vita e i suoi tempi che, se oggi conosciuti, sono imprevedibili. Forse pensando a questi disastri naturali il Papa ci ha ricordato che in ogni momento della nostra vita, noi tutti dipendiamo da Dio.

         Primi giorni del Dicembre 1883: i quotidiani descrivono un insolito spettacolo sui cieli d’Italia. Per tre sere consecutive il tramonto si è colorato di un’abbagliante luce biancastra, sfumante poi in rosso fuoco. Questo fenomeno, tra settembre e dicembre fu osservato in tutto il mondo senza che nessuno sapesse darne una spiegazione. Si parlò di una strana aurora zodiacale. In realtà si trattava di una delle più spaventose calamità naturali della storia moderna: l’eruzione del Krakatoa.

         Quest’isola si trovava fra Giava e Sumatra. Da 200 anni il vulcano era spento, ma, improvvisamente, la mattina del 20 maggio 1883, si risvegliò. Un gigantesco pennacchio, già nel pomeriggio, aveva  raggiunto i 12 km di altezza. Con il passare delle ore il boato però continuava a crescere d’intensità. Verso sera fu avvertito anche a Singapore, lontana ben 750 chilometri e, con il crescere del tuono, aumentava anche l’emissione di cenere e pomice. In tre mesi sulle isole dell’arcipelago caddero un metro di lapilli fino a una distanza di 2000 km. Le popolazioni, col passare dei mesi, si adeguarono alle esplosioni e ai lapilli. Tutte le mattine spalavano case e strade. Ma il 26 agosto 1883, dopo quattro mesi di schermaglie, il vulcano esplose in tutta la sua potenza. Si vide un lampo accecante, poi un tremendo boato e una violenta scossa di terremoto. Fu l’inizio di una vera mattanza che, per 48 ore, stritolò gli abitanti dello stretto di Sonda in una morsa senza scampo, con il fuoco, la terra e l’acqua, scatenati per uccidere e distruggere.

         L’oscurità si diffuse sulla terra e sul mare. Le navi furono coperte dai lapilli incandescenti e navigarono al lume delle esplosioni lontane. Il mare era bollente. Per tutta la notte il vulcano scaricò dalle sue viscere magma incandescente; poi, alle 4,40, l’interno di questa immensa fornace cominciò a collassare. Fu l’inizio della fine. Si udì uno scoppio spaventoso, e da Krakatoa si staccò un’onda gigantesca che si riversò verso la costa. Città intere furono spazzate via. Una cannoniera olandese fu ritrovata su una collina. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Alle 10 e 2 minuti tre quarti dell’isola sprofondò nel cratere. Il mare si precipitò nel buco spalancato. Una quantità immensa di acqua venne vomitata nel calderone in tumulto. Una possente esplosione uscì come un ruggito spaventoso dalle viscere della terra.

         Il grido di morte del Krakatoa è il suono di maggior volume documentato nella storia dell’umanità. Il boato venne sentito a 4500 km di distanza.  La nube di cenere raggiunse i 19 km per poi scendere verso terra gettando nelle tenebre più complete tutto lo stretto. Il primo effetto dello sprofondamento del Krakatoa fu una nuova ondata di 60 metri che, due giorni dopo, arrivò sino sulle coste della Manica a 16mila km di distanza, dove il livello dell’acqua si alzò di 5 metri e la sua onda di pressione fece il giro della terra per sette volte. Sparirono 300 villaggi e città. Sullo stretto di Sonda ci furono tre giorni di oscurità completa, poi lentamente, la polvere si diradò e il sole rifece la sua comparsa su un terrificante scenario.

         Ogni forma di vita era scomparsa. Sparirono intere isole e altre ne spuntarono che prima non esistevano. L’eruzione del Krakatoa fu la più spaventosa sciagura naturale dei tempi moderni, esplose con la potenza di un milione di bombe atomiche (dai Grandi Fatti di Indro Montanelli).

 

 
 

  Caro Sentiero
di Mila Pellegri


 
 
 

Caro “Sentiero”

 

Nel periodo di Pasqua la televisione ha riportato la notizia che gli ambienti ebraici italiani si erano moltoirritati per un periodo nell’omelia del Venerdì Santo di padre Cantalamessa , il Predicatore della Casa Pontificia, il punto incriminato è quello in cui il predicatore legge una parte della lettera ricevuta da un suoamico ebreo in occasione della Pasqua.

Qui di seguito riporto il passo per coloro che non l’avessero letto:

“Sto seguendo con disgusto l'attacco violento e concentrico contro la Chiesa, il Papa e tutti i fedeli da parte del mondo intero. L'uso dello stereotipo, il passaggio dalla responsabilità e colpa personale a quella collettiva mi ricordano gli aspetti più vergognosi dell'antisemitismo. Desidero pertanto esprimere a lei personalmente, al Papa e a tutta la Chiesa la mia solidarietà di ebreo del dialogo e di tutti coloro che nel mondo ebraico (e sono molti) condividono questi sentimenti di fratellanza. La nostra Pasqua e la vostra

hanno indubbi elementi di alterità, ma vivono ambedue nella speranza messianica che sicuramente ci ricongiungerà nell’amore del Padre comune. Auguro perciò a lei e a tutti i cattolici Buona Pasqua”.

Sembra che queste affermazioni abbiano provocato una violenta reazione verbale di una buona parte della comunità ebraica italiana. Proprio non capisco cosa ci sia di così offensivo per gli ebrei in questo brano.
Io ero una bambina di forse sei o sette anni, era appena finita la guerra , quando mia madre mi mandò a comprare qualcosa alla bottega che era in fondo al paese, giù alla marina. C’era una piazzetta , in un angolo una fontanella incastonata nel muro cieco di una casa, ma quel giorno, sul muro vicino alla fontanella, c’erano dei manifesti con delle fotografie: erano le foto scattate da coloro che per primi erano entrati nei lager tedeschi, subito dopo l’arrivo delle truppe di liberazione. Credo che i primi ad arrivare siano stati i russi, ma non ne sono sicura. Ancora adesso non riesco a dimenticare l’orrore provato alla vista di quelle immagini, di quei miseri corpi scheletrici rivestiti di stracci troppo grandi per loro, con lo sguardo fisso nel
vuoto. Da allora ho sempre provato pietà e  solidarietà verso quel popolo. Non sono mai riuscita a vedere un film che trattasse della Shoah. Allo stesso modo però, mi suscita un senso d’angoscia parlare della guerra in Vietnam, drammaticamente rappresentata da quella bimba nuda che fugge disperata dal suo villaggio in fiamme per una bomba al napalm, oppure dei cumuli di teschi del regime di Pol Pot con i suoi Khmer Rossi, per non parlare delle innumerevoli stragi in Africa. Quanti genocidi! Quanti gli orrori nel ventesimo secolo! Ma ha senso continuare a rinfacciarseli? Non si migliorano certo le cose continuando a ripetere : ”Bisogna ricordare perché non succeda di nuovo. Noi siamo le vittime. Nondimenticatelo. ” Così facendo si alimentano maggiormente le incomprensioni e l’odio.

Forse è giunto il momento di mitigare il ricordo, di perdonarci a vicenda e, per far sì che queste cose non accadano più, far nostre le parole di Gesù: “Amatevi l’un l’altro come Io vi ho amato! “

 

 

 

 
 

  Diario di un parrocchiano di Casano-San Giuseppe
di Giuseppe Franciosi


 
 
 

Giovedì, 1.4.2010.

 

         Oggi è il Giovedì Santo. La Comunità cristiana si raccoglie per commemorare l’istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio ministeriale: due doni straordinari. Anche noi nella nostra chiesa partecipiamo alla celebrazione del triduo pasquale che inizia con la Messa della Cena del Signore. In chiesa non c’è una folla di persone, ma un numero adeguato per concludere che la Pasqua ormai vicina è ben presente tra la nostra gente. Il Vangelo di Giovanni presenta Gesù che lava i piedi ai discepoli: un atto di umiltà che, anche nella nostra chiesa viene compiuto: padre Onildo lava i piedi ai chierichetti, che a me sembrano un po’ imbarazzati. Finita la Santa Messa padre Onildo processionalmente trasferisce il Santissimo nel “Salone” adeguatamente preparato per accoglierlo. Padre Onildo ci invita a partecipare a una veglia (visita al sepolcro) che avrà inizio alle ore 21. Ho partecipato anch’io con un bel gruppo di persone: c’erano anche dei bambini, accompagnati naturalmente dai genitori.

Venerdì Santo (2.4.2010).

 

         Oggi è il Venerdì Santo, un giorno del tutto particolare. Una volta si diceva che il Venerdì Santo “si legano le campane” e la funzione (annunciare i vari riti in chiesa) la svolgevano i ragazzi  andando per il paese con la “ràrà”: ricordo di esserci andato anch’io. Mio zio Attilio, falegname, una volta mi aveva  fatto una “ràrà” speciale: e io mi davo delle arie davanti agli altri ragazzi che avevano invece una “ràrà” fatta di canne. Stasera, come è tradizione, si farà la Via Crucis; si partirà da Serravalle (da Ermanno) e si arriverà alla chiesa di S. Martino. Questa mattina, come sempre, ho sistemato le lampadine lungo il terrazzo della mia casa. Alle ore 21 anch’io ero a Serravalle, col bastoncino come ormai è mia abitudine, almeno di notte. C’era una bella partecipazione: padre Onildo guidava tutto; Enzo apriva la processione tenendo ben alto un bel crocifisso. Oggi non abbiamo fatto la Via Crucis in chiesa, come tutti gli altri venerdì di Quaresima. La Via Crucis la facciamo ora: di tanto in tanto ci fermiamo dove i fedeli hanno predisposto altari, tutti molto belli. Anche stasera si presenta il problema del traffico delle auto. Comunque carabinieri ed altre persone collaborano perché tutto riesca bene e non si creino troppi problemi. Io mi sono messo in coda alla processione e l’ho seguita solo per il tratto fino a casa mia. Lì mi sono fermato (ho quasi novant’anni) e, alla TV, ho seguito la Via Crucis del Papa a Roma.

Domenica, 4.4.2010.

 

         Oggi è Pasqua, la grande festa dei cristiani. Un proverbio dice: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Tanti per Pasqua, soprattutto il lunedì dell’Angelo, fanno programmi e si mettono in viaggio; anch’io, coi miei cari, mi sono messo in viaggio e siamo andati a Quarazzana, il paese della Giulia.  Con noi c’erano anche Enzo e la Giovanna  (i miei cognati); per la prima volta dopo il 2.6.2007, Enzo ha aperto il pianoforte ed ha suonato quel pianoforte che era stato portato lassù perché con la Giulia e altre persone care ci aiutasse a trascorrere ore di felicità. E’ stata mia la proposta di suonare il pianoforte, di cantare qualcuna delle canzoni che la Giulia amava e sono certo che tutto questo  a lei non è dispiaciuto.

Giovedì, 8.4.2010: Chisa Ss.ma Annunziata.

 

         Questa sera l’ora mensile di adorazione, alle ore 21, si è tenuta nella chiesa della Ss.ma Annunziata. Alle 20.45, nel piazzale della chiesa di S. Giuseppe, io e mia sorella Maria abbiamo trovato posto nell’auto di padre Onildo e così abbiamo raggiunto la chiesa di Casano alto. C’è stata consegnata una bella pubblicazione, in caratteri grandi. Benissimo per me che ho potuto seguire tutto, senza dover cambiare occhiali, come invece mi succede tutte le domeniche se devo unirmi in preghiera agli altri, Tante luci in chiesa: una meraviglia. Forse il diacono Agostino si era dato da fare in occasione della Visita Pastorale e stasera ne abbiamo beneficiato anche noi. Tante frasi meriterebbero di essere riportate, ma mi limito a riportarne solo una: “Benedici, o Signore i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie, in particolare i malati: benedici i sacerdoti e le persone consacrate: benedici tutta l’umanità”.

Sabato, 24.4.2010.

 

         Questa sera, alle ore 18, sono andato, nella mia parrocchia, alla santa Messa prefestiva. Di solito non vado a questa Messa: preferisco, di gran lunga, partecipare alla Santa Messa festiva alle ore 11. Qualcuno che trovo sempre alla Messa festiva probabilmente dirà: “Il Preside questa mattina non c’è: sarà malato?”. No, non sono ammalato; grazie a Dio sto bene. Anzi: domenica farò un viaggio, l’unico viaggio che faccio da quando la Giulia se n’è andata: il viaggio a Quarazzana (Fivizzano) il paese dove la Giulia è nata, dove ha trascorso infanzia e giovinezza, dove abbiamo vissuto tante giornate felici e dove, appunto, domenica trascorrerò una giornata  piena di ricordi felici, insieme a tante persone a me care.

   

                                               

 

 

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