N° 1 - Gennaio 2010
Spiritualità

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  Gennaio 2010
di Antonio Ratti


 

GENNAIO  2010

 

Il mese di gennaio 2010 si apre con la giornata mondiale della pace e si conclude con la settimana di preghiera e di riflessione sull’unità dei cristiani; nel mezzo troviamo l’Epifania, cioè, la manifestazione di Gesù. Pace, termine semplice da pronunciare, eppure, è tra i più complessi e contradditori nella storia del pensiero: va dal concetto di tregua e di non belligeranza alla visione della pace come pienezza di vita e realizzazione della giustizia sociale, dell’equa distribuzione delle risorse, dei diritti dell’uomo sanciti dall’ONU e della solidarietà tra i popoli e all’interno di essi tra i singoli. “ Con la pace tutto è possibile, con la guerra tutto è perduto.” diceva Pio XII. Il messaggio di Benedetto XVI  per il primo gennaio sembra richiamarsi a questo concetto, perché il solidale rapporto tra le nazioni e al loro interno tra le varie componenti  della società civile, consente di dedicare ogni energia e disponibilità, anche economica, a fornire ad ogni uomo il diritto alla vita nella dignità e nel rispetto dei bisogni suoi spirituali, culturali e materiali. Sono gli squilibri indegni tra ricchi e non ricchi, e la smania di accrescerli, a rendere precari e competitivi i rapporti tra i singoli e tra i popoli.  Basterebbe constatare quanto operare bene sia meno impegnativo e costoso dell’operare male, mentre i risultati sono diametralmente diversi. Il 10% delle spese militari sarebbe sufficiente a cambiare il volto del terzo e quarto mondo, solo che lo si volesse veramente. Parzialmente, e con tanti distinguo, superata la visione lacerante tra la legittimazione  della guerra giusta ed il rifiuto di ogni guerra, la problematica della pace va amplifata fino ad includere ogni forma di violenza intesa come strumento di soluzione dei problemi personali, sociali e politici. Le esigenze della pace  non possono limitarsi ed esaurirsi nella sospensione alla corsa degli armamenti e nella riduzione degli arsenali militari, ma devono legarsi allo sviluppo civile ed economico del mondo, inteso come progresso integrale, universale e solidale. Costruire la pace deve porsi come impegno morale e come educazione civica che oltrepassa l’obbedienza alle leggi. Ricerche antropologiche  hanno messo in crisi la convinzione della natura pacifica dell’uomo, dando ragione al filosofo inglese Hobbes che  nel ‘600 affermava “homo homini lupus” ( l’uomo è lupo per l’uomo ). Infatti, la violenza è ancorata al desiderio di ciò che è posseduto da un altro, trasformato così in antagonista e nemico da sottomettere o eliminare. Anche la psicanalisi ha cercato di fornire una spiegazione alla violenza che l’uomo manifesta in modi diversissimi con le parole e con i fatti, ipotizzando accanto alla libido la pulsione di morte, cioè, la tendenza all’autodistruzione. A qualunque  conclusione si arrivi sugl’istinti della natura umana, la sola soluzione possibile, da sempre mal digerita, osteggiata e, troppo spesso, non presa nemmeno in considerazione, è la legge dell’amore della Caritas divina che si manifesta nella sua pienezza attraverso la parola di Gesù. “Che devo fare per salvarmi?” chiedeva il possidente. “Vendi ogni tuo avere e dà il ricavato ai poveri,” rispose Gesù senza lasciare spazio a repliche. Il ricco possidente sparì nel nulla. Quel signore è sempre stato in buona e abbondante compagnia, pronto ad accrescere  i suoi beni, ma mai  a condividerli. Ricchi sempre più ricchi e  poveri sempre più emarginati: questo è l’attualissimo slogan, che al di la delle ciance e degli inutili, quanto costosi, Convegni mondiali, impera indisturbato. In tali condizioni è arduo trovare uno spiraglio per parlare di pace tutti i giorni dell’anno e non solo a Capodanno.

 

                                                                                                  

 

 

  Parola di vita
di Chiara Lubich


 

 

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16).

         La luce si manifesta nelle “opere buone”. Essa risplende attraverso le opere buone. Altri collaborano al progresso, costruiscono case, promuovono la giustizia…

         Hai ragione. Il cristiano certamente fa e deve fare anche lui tutto questo, ma non è solo questa la sua funzione specifica. Egli deve compiere le opere buone con uno spirito nuovo, quello spirito che fa sì che non sia più lui a vivere in se stesso, ma Cristo in lui.

         L’evangelista, infatti, non pensa solo a degli atti di carità isolati (come visitare i prigionieri, vestire gli ignudi o come tutte le opere di misericordia attualizzate alle esigenze di oggi) ma pensa all’adesione totale della vita del cristiano alla volontà di Dio, così da fare di tutta la propria vita un’opera buona.

         Se il cristiano fa così, egli è “trasparente” e la lode che si darà per quanto compie non arriverà a lui, ma a Cristo in lui, e Dio, attraverso di lui, sarà presente nel mondo. Il compito del cristiano è dunque lasciar trasparire questa luce che lo abita, essere il “segno” di questa presenza di Dio fra gli uomini.

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16).

         Se l’opera buona del singolo credente ha questa caratteristica, anche la comunità cristiana in mezzo al mondo deve avere sempre la medesima specifica funzione: rivelare attraverso la sua vita la presenza di Dio, che si manifesta là dove due o tre sono uniti nel suo nome, presenza promessa alla Chiesa fino alla fine dei tempi.

         La Chiesa primitiva dava grande rilievo a queste parole di Gesù. Soprattutto nei momenti difficili, quando i cristiani erano calunniati, allora li esortava a non reagire con la violenza. Il loro comportamento doveva essere la migliore confutazione del male che si diceva contro di loro.

         Si legge nella lettera a Tito: “Esorta i più giovani ad essere assennati, offrendo te stesso come esempio in tutto di buona condotta, con purezza di dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire sul conto nostro”.

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16).

E’ la vita cristiana vissuta che è luce anche al giorno d’oggi per portare gli uomini a Dio. Ti narro un fatterello.

         Antonietta è sarda, ma per lavoro s’è portata in Francia, a Grenoble. E’ impiegata in un ufficio dove molti non hanno voglia di lavorare. Poiché è cristiana e vede in ciascuno Gesù da servire, aiuta tutti ed è sepre calma e sorridente. Spesso qualcuno si arrabbia, alza la voce e si sfoga con lei, prendendola in giro: “Giacché hai voglia di lavorare, prendi, batti a macchina anche il mio lavoro!”.

         Lei tace e sgobba. Sa che non sono cattivi. Probabilmente ognuno ha i suoi crucci. Un giorno il capufficio va da lei mentre gli altri sono assenti e le chiede: “Ora mi deve dire come fa a non perdere mai la pazienza, a sorridere sempre”. Lei si schermisce dicendo: “Cerco di stare calma, di prendere le cose dal verso buono”. Il capufficio batte un pugno sulla scrivania ed esclama: “No, qui c’entra Dio sicuramente, altrimenti è impossibile! E pensare che a Dio io non ci credevo!”.

         Qualche giorno dopo Antonietta è chiamata in direzione, dove le dicono che sarà trasferita in un altro ufficio “affinché - continua il direttore - lo trasformi come ha fatto con quello dov’è ora”.

“Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5,16).

 

 

  I Vangeli del mese
di Stefania Grassi


 

 

 

Domenica 3 gennaio: dal Vangelo di Giovanni (1, 1-5. 9-14).

         Gesù è la Parola vivente di Dio, Cristo è Parola incarnata. Cristo non è il Padre, pur essendo uguale al Padre. La Parola era presso Dio e la  Parola è persona. Tutto è stato fatto per mezzo della Parola, niente di tutto ciò che esiste è stato fatto senza di lei. Nella Parola-persona la vita diventa luce per gli uomini perché si è incarnata.

         E’ la rivelazione di Dio che spiega tutti i misteri dell’esistenza umana. Finalmente Dio si manifesta a noi attraverso suo Figlio, uguale al Padre che è la Parola della vita.

         Gesù è la vita che  esiste da sempre, che si è resa visibile su questa terra; che esisterà per sempre: è la vita eterna.

 

Domenica 10 gennaio: dal Vangelo di Luca (3, 15-16. 21-22).

         Giovanni Battista era un uomo forte, amava la verità più della sua vita. Molti si domandavano se lui era il Cristo, ma Giovanni rispondeva: “Verrà colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali”.

         Mentre Giovanni battezzava, Gesù si mise in coda per farsi battezzare nelle acque del Giordano. Dopo aver ricevuto il battesimo il cielo si aprì e sopra di Lui discese lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba. Una voce dal cielo disse: “Tu sei il Figlio mio l’amato, in te mi sono compiaciuto”.

         L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo e ha dato inizio ad un’altra epoca, un’altra esistenza, l’esistenza nello Spirito.

 

Domenica 7 gennaio: dal Vangelo di Giovanni (2, 1-11).

         Le nozze di Cana; il primo miracolo compiuto da Gesù. Dal Vangelo emerge la funzione di Maria: questo mistero profondo del rapporto tra lei e il figlio, Gesù.

         Maria si rivolge al figlio dicendo che manca il vino. Gesù immediatamente chiama i servi e dice loro di riempire i vasi di acqua, poi compie il miracolo trasformando l’acqua in vino. Questo miracolo, compiuto a Cana in Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù e in quel segno i discepoli cedettero in Lui.

 

Domenica 24 gennaio: dal Vangelo di Luca (1, 1-4. 4, 14-21).

         Gesù presenta il suo biglietto da visita nella Sinagoga di Nazareth: “Sono il Messia e il Signore mi ha mandato ad inaugurare una nuova era per i poveri, un’era di giustizia; mi ha mandato a spezzare la catena dei prigionieri, a liberare gli oppressi”.

         Gesù è venuto ad inaugurare una nuova società, in cui nessuno ritiene proprio ciò che possiede, ma quanto ha lo mette in comune, per cui nessuno è bisognoso. Questa società imposta tutta la vita sociale partendo dalle membra dei più deboli. Ogni componente ha un ruolo proprio, insostituibile e deve esercitarlo.

 

Domenica 31 gennaio: dal Vangelo di Luca (4, 21-30).

         Gesù si presenta nella sua vera identità di profeta e ricordiamo che il profeta è colui che ascolta lo Spirito Santo.

         Cosa fare perché la profezia nei nostri cuori sia viva e forte? Il segreto è semplicissimo: è la preghiera nella quale incontreremo il Signore, e con Dio nella nostra vita tutto cambierà, vedremo e sentiremo le cose in modo diverso. Se noi non pregheremo rimarremo in noi stessi, schiavi del nostro egoismo.

         Usciamo dunque, incontriamo il Signore e affrontiamo la realtà amando in modo gratuito.

 

 

 

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