N° 1 - Gennaio 2010
Storie dei lettori
  L'etica delle piccole cose
di Doretto


 

 

 

Oggi manca l’etica delle piccole cose! (Etica: comportamento, costume, consuetudine).  Cercare ogni giorno la gioia di fare le cose con curiosità, godendo in ogni istante di quello che ci capita o cercare di fare, guardando attentamente tutto ciò che ci circonda, come se fosse tutto nuovo; e nel nostro piccolo cercare di migliorarlo, di renderlo più bello. Ecco,”bello”, parola magica.

         Se tutti facessimo così, la nostra casa, il nostro quartiere, il nostro Comune, la nostra terra sarebbero più belli, più accoglienti più vivibili. Non ci passerebbe nemmeno lontanamente per la testa l’idea di gettare una cartaccia per terra, o buttare  la spazzatura dove capita! Staremmo bensì attenti a mettere ogni cosa nel posto giusto, con scrupolo e attenzione; il problema della raccolta differenziata non sarebbe più un problema!
         Ecco, tutto ciò migliorerebbe la qualità della nostra vita (qualità della vita; altra parola magica), migliorerebbe anche l’economia! E, forse, anche la nostra anima.
 
 
 

  Lontano dalla patria
di Marta


        

 

Eravamo lontani dalla nostra Patria da moltissimo tempo, quando in un momento di pausa -  lavoro il mio compagno Loris mi disse: “Parlami un po’ della tua casa!”. “Parlarti della mia casa? Caro amico, è un nostalgico piacere tornare a rivivere momenti indimenticabili! La mia casa si trova fuori del paese, nell’entroterra toscano dove dolci e ridenti colline ospitano coltivazioni di ulivi, boschi di conifere e boschetti ricchi di varie specie di arbusti; un sottobosco copioso di funghi, castagne, more, fragole… Una grande cancellata recinta la mia casa; varcarla è come entrare in un giardino magico: i prati verdi, le aiuole fiorite di giorno profumano di fieno, la notte invece di gelsomino; ai lati del viale ci sono piante di fico con frutti dolci come il nettare degli dei, quelli neri ramati hanno il colore dei capelli di mia moglie, Mila; ai piedi della collina scorre un giovane ruscello fresco e chiacchierino che allieta le nostre giornate dedicate alla pesca o alla contemplazione dei nostri luoghi. Un sentiero stretto e tortuoso lascia la vallata e si inerpica su, sulla montagna, ove un antico monastero accoglie tutti i pellegrini stanchi del viaggio a piedi o a cavallo; vi sostano per la notte o per una meditazione in santa pace. Come vedi, caro amico, un bel giorno terminerà il mio contratto di lavoro,  e non vedo l’ora che ciò avvenga!”.

Rispose l’amico Loris: “Caro Delmo, non ti rattristare: la tristezza nega la speranza, tra poco è Natale e ci riuniremo con i nostri famigliari!”. Delmo ebbe un presagio dolce e lusinghiero: pensare al ritorno a casa… “E sì, amico mio, tu sei forte e la forza è perseveranza. Lassù, nella mia casa, il vento fa cigolare il tetto di legno della terrazza e i miei bambini, Lamberto e Mara, ascoltano il parlare del vento e i loro volti si illuminano di un soave sorriso: solamente nei bimbi felici tutto ciò  si propaga in un linguaggio che i loro corpi trasmettono a chi sta loro vicino. Quante storie nascono da tutto e da niente! Qui, amico mio, ci tocca lavorare, sempre lavorare, tenendo però in serbo il sogno di un domani migliore. La domenica Mila fa sempre una torta; talvolta invita a pranzo i nonni per la felicità dei bambini; altre volte con amici, i quali non mancano di esternare ammirazione per la nostra casa. E’ fatta di sassi posti sapientemente che danno una struttura solida e bella nell’insieme; è l’eredità dei nostri avi passata di padre in figlio ed oggi è mia: è una vera opera d’arte, sarebbe impossibile realizzarla oggi. Ma quel che più conta è la dolcezza d’animo di Mila: sa mettere a proprio agio chi la incontra, anche se solo per la prima volta. Credimi, amico mio, niente al mondo ti conquista più della dolcezza d’animo. 

 

 

 

  La befana
di Romano Parodi


        

 

       Questa figura di vecchia vestita di cenci, ha un’origine antica e pagana, legata al mondo contadino (“a s’ vest da contadina, a s’ met i frabalà”) e rappresenta l’anno vecchio da buttare. In certi paesi un fantoccio vestito di logori cenci e scarpe rotte (“la p’fana al ven d' nota con la scarpa tuta rota”), veniva bruciato su un’alta catasta di legna. “Brus la vek’ia”, si diceva.

         Una versione cristianizzata, racconta che i Re Magi diretti a Betlemme con i doni per il Bambinello, si fermarono a un vecchio casolare per informarsi sulla via da seguire. “Non so indicarvi la strada perché non so nulla di questo Salvatore del mondo”, risponde una impertinente vecchietta. A sua volta, la pettegola, si mette a far domande: cosa portavano, da dove venivano, ecc;  e poi, malgrado fosse invitata insistentemente a seguirli, li derise e rifiutò. 

         In seguito però si pentì amaramente della sua scortesia e pensò a come farsi perdonare. Fece una cesta di dolci e si mise in cammino. Sperava di raggiungerli, ma non li rivide mai più. Nel suo lungo andare si fermava ad ogni casolare a chiedere di loro e del Bambinello e, naturalmente, donava dei dolciumi ai bambini che incontrava. Da allora, ancora oggi, raggiunge ogni casa, portando regali a tutti i bambini, nella speranza che uno di loro possa essere Gesù Bambino, il Salvatore del mondo.

         I re magi nel frattempo procedevano spediti. Una stella cometa, ben visibile anche nelle notti più buie, indicava loro la giusta direzione di marcia.

         Siamo nel cuore della notte. Un pastorello dorme profondamente. Qualcosa lo disturba; si sveglia. Fuori dalla capanna, c’è una luce nuova. Esce, e vede una stella cometa che, alta nel cielo, avanza verso di lui: la seguono tre re magi e una piccola folla. “Dove andate?” chiede.  “Non lo sai? E’ nato il figlio di Dio; portiamo oro, incenso e mirra”, rispondono i magi.

 Il pastorello vorrebbe unirsi a loro, ma si vergogna; non ha nulla, nemmeno un fiore: è inverno. Torna triste all’ovile; ma ecco: degli spini pungono i suoi piedi. Si ferma, guarda, e vede un arbusto con le foglie lucide e spinose di un bel verde vivo. “Porterò al figlio di Dio un bel rametto di agrifoglio”, decide.

         Ed eccolo alla grotta. Felice e confuso si avvicina al bambinello, che ammicca sorridente: sembrava lo stesse aspettando. Ma cosa succede? Dalle sue mani (ferite dalle spine), cadono alcune gocce di sangue che subito si trasformano in rosse perline sui verdi rametti. Il bambinello gli sorride, complice e felice. La Madonna prende i rametti d’agrifoglio e li espone sulla mangiatoia: la grotta è tutta una festa.

         Al ritorno nel bosco, un’altra sorpresa attende il pastorello: tra le lucenti foglie dell’agrifoglio è tutto un rosseggiare di bacche vermiglie.

         Da quella notte di mistero, l’agrifoglio viene offerto in segno d’augurio, alle persone care; ed è, col ginepro, un albero sacro, raro e protetto.

Non Tagliateli !

 

P.S. Dice una leggenda che la Sacra Famiglia, per salvarsi dai soldati di Erode, si nascose fra le fronde di un ginepro.

 

 

 

  Diario di un parrocchiano di Casano-San Giuseppe
di Giuseppe Franciosi


 

 

Giovedì, 10.12.09.

         Questa sera, alle ore 21, ci ritroveremo nella chiesa di San Pietro, a Luni Mare, per la tradizionale “Adorazione Eucaristica” mensile. Alle 20,45-con mia sorella Maria, davanti a casa mia-, salgo sull’auto del nostro giovane e magnifico parroco e così raggiungo la chiesa. Entro e la prima occhiata la dò al tradizionale “Presepe” che i “magnifici” di Luni Mare tutti gli anni preparano. Sempre belli, interessanti questi “Presepi”, ogni anno c’è qualcosa di interessante da guardare. Quest’anno mi pare che le dimensioni siano più modeste: ma questa forse è una mia impressione errata. Ci sono in chiesa alcune cose che mi colpiscono: c’è tanta luce: tante le fonti di luce e tanta la luce che ogni  fonte diffonde. Impressione giusta la mia o errata? E poi mi hanno colpito i crocifissi: tanti e tutti da ammirare. In questo periodo in Italia, in Europa si è parlato molto di crocifissi  e forse è per questo che stasera io li ho guardati con attenzione forse maggiore rispetto agli altri anni. E poi c’è stata la “meditazione di padre Marco”. Lunga, certamente interessante, perché tutti l’hanno seguita con estremo interesse. L’unico che non l’ha seguita sono stato io: non ho afferrato nemmeno una frase. Colpa mia: io non vado da nessuna parte perché ho tanti limiti. Vado quasi tutti i mesi a Quarazzana perché quello è il paese dove la Giulia è nata e dove ha trascorso infanzia e giovinezza, ma non vado da nenn’altra parte; comunque se mi muovo devo essere munito di tante cose: occhiali da lettura; apparecchi acustici, che di solito dimentico; gocce per respirare: insomma, quando io mi muovo, si muove un ospedale. E allora preferisco starmene a casa. In chiesa, nelle panche, c’erano tanti fogli, fogli che in poche frasi illustravano tutto il significato del Natale che ancora una volta e con tanta gioia ci prepariamo a vivere.

Riconoscimento de “Il Sentiero”.

         A gennaio, come è ormai tradizione, il Gruppo Interparrocchiale organizzerà un concerto durante il quale verrà dato un riconoscimento ad una persona che qui ad Ortonovo  si è data da fare per aiutare la nostra comunità. Era tradizione organizzare questo concerto nella chiesa del Preziosissimo Sangue ma questa tradizione quest’anno non verrà rispettata: ci sono dei problemi. Sentito anche il maestro Renato, si trasferirà a San Martino, chiesa che non può certo competere con quella del Preziosissimo Sangue, ma che comunque offre tante cose. C’è un altro problema: a chi daremo quest’anno il riconoscimento di aver lavorato per la comunità ortonovese? Negli anni passati abbiamo escluso le persone che fanno parte della Redazione de “Il Sentiero” quest’anno invece non saranno escluse, ma allora l’unica persona che dovrà avere il riconoscimento è Walter: senza Walter  “Il Sentiero” muore subito; nessun altro lo merita più di lui.

Sabato, 26.12.09.

          Anche quest’anno il gruppo del “Presepe Vivente” è riuscito a realizzare (per la dodicesima volta) questa iniziativa che impegna un numero notevole di persone (più di 100 figuranti) e che fa convergere, qui a Casano, persone di tanti altri Comuni. L’apertura era prevista per le 17,30 ma io, Piergiuseppe e Barbara siamo andate giù dopo le 18 perché,  negli anni scorsi, mi è capitato a volte di restare lì, davanti all’ingresso, anche per più di un’ora, prima che il legionario Savio mettesse da parte la lancia che blocca l’ingresso. Anche quest’anno tutto è andato bene, nonostante la neve, nonostante il diluvio che ha colpito anche Ortonovo. Un amico mi ha detto: “Sono 50 anni che abito nella mia casa; in tutti questi anni mai una volta ho dovuto buttare fuori un secchio d’acqua; quest’anno, il giorno di Natale, alle ore 11, anziché in chiesa ero in casa a buttare fuori tutta l’acqua che ci aveva allagati”.

Ecco perché ho scritto “nonostante il diluvio”. Mentre visitavo il Presepe qua e là si vedevano tracce del “diluvio”: qualche mamma forse avrà dovuto lavare qualche indumento in più dei figli piccoli che non giravano al largo dalle pozzanghere (poche) che c’erano. Nell’andata ho cercato il nostro “Don” ma non l’ho trovato; al ritorno, però, quando ormai stavo per uscire, l’ho visto bene: era uno dei tre Re Magi. Bravo, bravissimo. Quest’anno, tra i figuranti c’era anche una sorpresa: c’era anche Enzo. Credevo che fosse a Roma dalla figlia, invece era qui, con un agnellino sulle spalle: agnellino che tutti i bambini volevano toccare. Mentre mi avviavo verso l’uscita ho incrociato Erode, questo mitico personaggio creato da Paolo e che è certo una delle attrattive del nostro Presepe. Nella “reggia” alcune ballerine danzavano; una speaker diceva: “Erode è in vista alla città”, ma senza Erode la “reggia” era un’altra cosa. Un opuscolo della Regione Liguria, arrivato in casa mia forse per posta, elenca tutti i Presepi di tutta la Liguria, manca solo il nostro. Spero che nell’opuscolo del prossimo anno ci sia il Presepe di Casano: merita questa citazione.

                                        

 

 

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