N° 9 - Novembre 2009
Storie dei lettori
  Schonborn ai preti: Missionari nell'Europa d'oggi
di Marina Corradi (da L'Avvenire del 4/10/2009)


 

 

         Una question time con un cardinale che risponde alle domande dei sacerdoti, non è cosa di tutti i giorni. Ma l’arcivescovo di Vienna, Christoph Schonborn, ha voluto concludere così il ritiro internazionale ad Ars, tenuto in occasione dell’Anno Sacerdotale. Oltre 1100 preti d’ogni parte del mondo hanno ascoltato per sei giorni la sua predicazione; poi hanno deposto in un cesto davanti all’altare le loro domande.

         Dall’Ecuador padre Jones, parroco di una parrocchia di 40.000 anime: “La mia gente si affanna tutto il giorno per lavorare , mantenere la famiglia e sopravvivere. Tutti sono di fretta e  immersi nel rumore e nella voce della TV e radio sempre accese. Come si fa a trovare il silenzio in cui è possibile pregare?”. Il cardinale: “Bellissima domanda. Il silenzio e la contemplazione sono essenziali per i sacerdoti, ma tutti i cristiani ne hanno bisogno. Non bisogna aspettare, nelle nostre giornate, di “avere tempo” per pregare: questo tempo per Dio bisogna prenderselo. Anche nel rumore. Madre Teresa, a Calcutta, non aveva voluto proteggere la sua casa  dal rumore della strada, che in quella città è un frastuono continuo. Voleva che le sue sorelle imparassero a fare silenzio dentro di sé e a pregare, proprio dentro al rumore di Calcutta. Il mio direttore spirituale mi diceva: dobbiamo imparare a pregare silenziosamente anche in metrò. Ricordate quel bellissimo scambio fra il curato d’Ars e un contadino  in ginocchio, in chiesa. Che cosa chiede a Dio? aveva domandato il curato. E quello: Niente. Io lo guardo e Lui mi guarda”.

         Padre Emanuel, dalla Svizzera. “Vorrei annunciare il Vangelo ai ragazzi della strada, ai più lontani, ma non ne ho il coraggio”. “Un giorno – risponde Schonborn – ero sul treno da Vienna a Innsbruk, e salì un gruppo di liceali che andava a festeggiare l’esito della maturità. Avevano bevuto, ridevano; quando mi hanno riconosciuto, hanno cominciato a lanciarmi delle battute, come a provocarmi. Ma io stavo leggendo il breviario e volevo starmene in pace. Ho poi capito che stavano andando a una di quelle feste in cui si beve e ci si droga. Infine quei ragazzi sono scesi e solo allora ho compreso quanto avevo sbagliato a non guardarli nemmeno in faccia, a non chiedere loro, semplicemente: com’è andato l’esame? Io, l’arcivescovo di Vienna, avevo mancato di annunciare Cristo, sia pure con poche semplici parole di amicizia. E’ un ricordo che mi addolora”.

         Poi una giovane suora della comunità francese delle Beatitudes, suor Catherine, impegnata nella evangelizzazione sulle strade, racconta le sue sere nelle discoteche, dei ragazzi che prima scherniscono, magari insultano, ma poi spesso si fermano stupiti ad ascoltare. “Per annunciare – dice la suora – bisogna amare. Amateli così questi ragazzi, anche arrabbiati come sono. La prima forma d’amore è starli ad ascoltare”.

          Un prete francese racconta della sua esperienza nei licei, dove molti ragazzi sono musulmani e, dice: “fanno apertamente proselitismo”. “E noi – domanda il prete – dobbiamo solo ‘dialogare’? Non dobbiamo anche noi annunciare il nostro Dio?”. Per rispondere Schonbron rievoca una sua visita, anni fa, in Iran e una conferenza tenuta all’Università di Teheran. “Dissi apertamente che, come l’islam è una religione assoluta che pretende di annunciare una verità universale, anche il cristianesimo ha questa pretesa. Come possono convivere? Penso che la grande sfida, a livello di dialogo, sia in un’onesta definizione di ciò che è per noi e per l’islam la “missione”. Credo che la sfida della ragione lanciata all’islam dal Papa a Ratisbona possa accelerare questo dialogo. Poi, certo, c’è la sfida della vita quotidiana nelle nostre città. Ma io vi dico che in questo senso il dramma dell’Europa è nella denatalità, che continuamente diminuisce  la popolazione cristiana. Ci sono Paesi europei in cui quasi la metà dei concepiti viene eliminata con l’aborto. L’Europa si sta suicidando. La prima sfida per una convivenza pacifica con l’islam è nell’accoglienza della vita”.

 

 

                                                                      

  Memorie Missionarie- Albert il poligamo
di Padre Carlo Cencio


 

 

 

Memorie missionarie

                

ALBERT IL POLIGAMO

 

 

         Ai tempi dell’Antico Testamento vigeva la poligamia, ma già al tempo di Gesù era quasi scomparsa. Non per questo le infedeltà coniugali erano cessate e Gesù si era spesso occupato di questi casi. Qui in Africa la poligamia è tutt’altro che tramontata. Vari uomini sono venuti a chiedermi di diventare cristiani: “Padre, mi dicono, io ho quattro mogli e tanti figli, molti sono già cristiani e ora voglio diventare cristiano anch’io; posso andare al catechismo e ricevere il battesimo?”. A questa domanda che cosa posso rispondere? “Sono molto contento di questo tuo desiderio, è certamente un’ispirazione di Dio. Ma io non posso darti il battesimo finché non si realizzano in te le condizioni per poterlo ricevere. La Chiesa non si sente autorizzata a battezzarti se non dai una garanzia reale di poter regolarizzare il tuo matrimonio secondo il Vangelo di Gesù”.

         Fra i miei poligami c’è stato che ha trovato quasi immediatamente una formula per tirarsi fuori dalla difficoltà: “Sì…padre, lei non ha torto, ecco…vede…io potrei fare così: la prima moglie (la vecchia) la tengo come mamma, la seconda (la sterile) la tengo come sorella e poi…farò il matrimonio cristiano solo con l’ultima (la giovane) che è già cristiana”.

         Le sue mogli, che erano lì presenti, non mostravano contrarietà. Io non ero soddisfatto e chiesi loro: “Avete capito ciò che ha detto? Cosa ne pensate?”. E loro: “Va bene anche per noi”. Allora gli dissi: “Hai trovato una buona formula, ti posso battezzare”.

         Un altro invece mi disse: “Se mi ritornano indietro tutti i soldi che ho speso per averle, le licenzio subito”. Era un discorso egoista e senza amore, non potevo accettarlo. La mia risposta fu una risata. Quello era alla ricerca di soldi, non del battesimo e della grazia di Dio.

         Invece il caso di Albert era diverso. Lui era un ancien combattant, cioè un soldato dell’ultima grande guerra, un veterano con pensione, soldi e stima. Amava veramente le sue due compagne, le quali andavano anche d’accordo tra loro. Non se la sentiva di lasciarne una, anche tenendola come sorella o…mamma. Perciò era entrato fra i catecumeni, ma non aveva mai potuto ricevere il battesimo. Era però così desideroso di diventare cristiano e così convinto che la Chiesa cattolica e il battesimo di Cristo salvano, che aveva fatto tutto il possibile per avere la missione nel suo villaggio di Betara, nella zona di Bouar-Bozoum. Gli dispiaceva di non essere cristiano e sembrava attendesse il giorno propizio anche per lui.

         Un giorno avevo spiegato bene a tutti che esistono tre tipi di battesimo: il battesimo di acqua, il battesimo di sangue e il battesimo di desiderio. In un catecumeno come lui sarebbe bastato quest’ultimo per dargli la grazia in caso di morte. Ma Dio volle dargli anche quella certezza e quel segno che lui tanto desiderava. Proprio nella notte di Pasqua del 1993, mentre celebravo la Messa a Bubanzoro, a due chilometri dal suo villaggio, mi comunicarono questa notizia: “E’ morto Albert”.

         Tutti lo conoscevano e lo stimavano, perciò dopo la Messa partirono per andare al suo funerale. Mentre invitavo tutti a pregare per il catecumeno benefico, due cristiani mi corsero incontro per dirmi: “Non è un catecumeno, è un cristiano. Ha ricevuto il battesimo prima di morire”. “Da chi?”. “Dal catechista Raphael”. “Raccontatemi”. E loro: “Albert era qui nel dispensario di Bokayan da parecchi giorni e non migliorava. Le medicine non gli facevano nulla. Con lui c’era un ragazzo che lo assisteva. Per due volte mandò il ragazzo a chiamare il catechista: “Vai a dire al catechista che venga a darmi il battesimo, io sto per morire, voglio morire con Dio”.

         La seconda volta il catechista Raphael non si fece attendere. Ascoltò la richiesta di Albert, si rese conto che la sua ora non era più lontana e, come gli avevano insegnato a scuola, prese l’acqua, la versò sul capo del malato dicendo le parole della formula: “Albert, io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Dissi loro: “Grazie per questa bella notizia”.

         Il suo desiderio era stato esaudito. Era diventato cristiano con il battesimo di acqua, era figlio di Dio e fratello di Gesù Cristo. Era entrato in quella Chiesa cattolica da lui tanto amata e voluta. La sua morte era avvenuta in comunione con il mistero pasquale di Cristo. E io non avevo fatto nulla, proprio nulla. Era stata tutta opera della grazia e della misericordia di Dio, infinite sono le Sue vie. Io non potevo dargli il battesimo, ma Dio ha trovato il modo e la persona per darglielo. Sono contento e conto un cristiano in più tra i miei santi. E sempre più mi rendo conto che non sono io che faccio. Cosa sono? A cosa servo? Sono un povero strumento nelle Sue mani…Infatti, chi fa è sempre e solo Lui. Per Albert non ho fatto niente, però la presenza in quella zona di un missionario che andava e veniva per le Messe, la Parola di Dio e i sacramenti, poteva ricordare e suscitare desideri santi. A Dio basta che noi ci siamo. E poi Lui sa operare, a dispetto dell’alcool e della poligamia.

         Ora il mio ancien combattant Albert ha vinto l’ultima battaglia e celebra il suo trionfo con Cristo.

                              

 

                    Padre Carlo Cencio

                   Missionario carmelitano in Centrafrica.

 

 

  Ceccardo e la grande guerra
di Parodi Romano


           

 

            Abbiamo già pubblicato i nomi dei caduti ortonovesi della grande guerra. Ma fra quelli che contribuirono alla vittoria, "che volle, fortissimamente volle”, ci sembra possa annoverarsi anche C.R. Ceccardi;  tanto da meritarsi la targa di PATRIOTA sulla casa natia di via Caffaro a Genova.

            Non tanto per l'età, aveva 45 anni, quanto per le minorate condizioni fisiche, il poeta non poté andare volontario. E questo, unito alla partenza degli amici del manipoletto apuano, fu il suo intimo rovello. Però, se non gli fu dato di combattere con le armi, fu sul fronte interno di un'attività instancabile. Il suo impeto oratorio non si limitò alle "gloriose giornate" di Quarto con Gabriele D'Annunzio, ma durò per tutto il conflitto con articoli e proclami infiammati e continui.

            Il giorno in cui le avanguardie oltrepassarono i confini  Ceccardo salutò i combattenti liguri in partenza (dai giornali dell'epoca): "Fanti di Liguria, io vi reco il saluto della terra nativa... Da Ventimiglia fin oltre Sarzana turrita, donde dall'alto della cattedrale Niccolò V osserva; e dove, sui borghi intorno, di Val di Magra, che vider salire Dante, ospite e attore di pace, e dal piano, sepolcro di Luni, città sepolta, sede di quei liguri - apuani che insegnarono a Roma, già grande, per cent'anni di guerra, quanto valesse lor alpestre libertà vissuta... Statevi sulle Alpi come i vostri padri sul mare...".

            Se dure ed alterne furono le vicende del sanguinoso conflitto, rettilinea e tenace si mantenne la condotta e l'impegno del nostro. Andato a risiedere per il secondo semestre del 1915 a Camaiore con moglie e figlio poi a Lavagna, ospite del poeta Luigi Amaro, Ceccardo non si riposò mai. Di particolare rimarco in questo periodo la lezione antitedesca e italianissima, sulla disfatta di Arminio, tenuta al Carlo Felice di Genova e ripetuta un mese dopo alla Spezia. Quando non aveva occasione di parlare in pubblico o di scrivere sui giornali, non passava giorno che il poeta non si sfogasse sul suo brogliaccio per la ritardata dichiarazione di guerra o contro il pullulare delle spie, che lui vedeva dappertutto.

            Il 25 marzo del 1917, l'anno più oscuro del conflitto, il poeta ancora alla Spezia e il 29 a Genova pronunciò un travolgente discorso: "Da Orsini ad Oberdan" , già tenuto al teatro Regio di Parma, e pubblicato in parte da: "La Tribuna".

            Come fu Caporetto e tutto sembrò perduto, Ceccardo, pur vivendo giorni d'angoscia per la moglie e il figlio ammalati, scendeva in piazza, perché, sotto l'incombente minaccia, tutti udissero le sue parole di fede nei destini della Patria. Il 15 dicembre il "Libeccio" di Viareggio pubblicava questo fremente "grido" per Venezia: "Italiani! Piuttosto che un solo austriaco vi penetri a profanar - o Italiani - la suprema pace di Attilio, di Emilio Bandiera e di Domenico Moro, meglio, o Italiani, che Venezia sprofondi nell'Adriatico!".

            La sua Francesca ormai l'ha lasciato, ma il poeta è più che mai nella mischia. Così mentre in quel drammatico inverno, rincuora i genovesi davanti alla casa di Byron, giunta l'estate, su invito della pro patria infiamma i bolognesi.

            Poi fu la vittoria! Nella notte del 2 novembre 1918 quando l'esito fu certo, Ceccardo volle far sentire da Genova, al figlio, ospite dell'amico A. Caro, a Carrara, tutto il suo entusiasmo e la sua incontenibile gioia. Senza denaro, neanche per un telegramma, scrisse una cartolina postale: "I morti per la Patria sono tutti risorti !"

            La guerra da lui voluta e poi giorno per giorno combattuta e sofferta, era vinta. Le terre irredente, dal poeta rivendicate, erano nostre; almeno per una volta i "sogni eroici" non l'avevano tradito!  Nessuno poté sottrargli quell'ora di felicità.

            Ma mentre i "trafficator di ciance" ebbero onori e prebende, per il "Viandante" neanche le briciole; nessuno, né in quel giorno né in quelli che seguirono si ricordò  di quanto, con assoluto disinteresse e senza risparmio, aveva compiuto. La targa di PATRIOTA dalla città di Genova, ma non dal suo paese avito.

Due mesi dopo quella cartolina postale: 1 gennaio. 1919, “Hic constitit viator”.

 

 

 

 

  Appunti d'ottobre
di Walter


         

         7 Ottobre.     Oggi, alle ore 15, al Santuario del Mirteto si svolge un convegno sui recenti restauri eseguiti: altare completo della Madonna del Rosario e tempietto con l’affresco raffigurante Deposizione di Gesù. Sono presenti: il Sindaco, i soprintendenti Ciliento e Donati, il signor Caponi (responsabile dei restauri) e i restauratori Agellotto e Pandolfo. Abbastanza numerosi gli intervenuti, nonostante il giorno feriale e l’ora.

Padre Carlos, rettore del Santuario, ha introdotto i lavori del convegno leggendo uno stralcio della visita pastorale del vescovo Peruzzi (1590 ca.) poiché nella sua relazione aveva minuziosamente descritto lo stato del Santuario a quel tempo. Ha poi descritto, per sommi capi, lo svolgimento dei lavori eseguiti e ha quindi passato la parola al prof. Piero Donati che ha parlato dell’importanza delle opere presenti in questa chiesa e alcuni cenni sulle tecniche dei vari restauri. Su quest’ultimo tema sono quindi intervenuti, con interessanti particolarità, il signor Caponi e i restauratori. Di notevole interesse la descrizione del lavoro eseguito da Angellotto sull’altare del Rosario. Il Sindaco, poi, ha promesso che si adopererà per la raccolta e la pubblicazione degli atti del convegno.

Ma più di quel che è stato detto, volevo ora parlare di quello che non è stato detto: del finanziamento dei lavori fatti e, ovviamente, di quelli ancora da fare.

Come rimarcato dal prof. Donati, è dall’inizio degli anni ’90 che il Ministero dei Beni Culturali ha intrapreso una decisa opera di lavori di manutenzione e restauro di tante opere e, di conseguenza, anche la popolazione si è resa conto dell’importanza delle opere d’arte racchiuse nelle nostre due chiese e della necessità di conservarle al meglio. Proprio da quegli anni sono iniziati diversi importanti restauri al Santuario che hanno comportato un notevole impegno finanziario da parte della piccolissima comunità di Ortonovo alto che in qualsiasi modo si adopera per racimolare i fondi necessari. Pochissimi sono invece i contributi che arrivano dagli Enti preposti: Amministrazione Comunale, Provinciale, Regionale, Diocesi, Beni Culturali…e anche dalla popolazione tutta della vallata. E’ bene ribadire che  le opere d’arte come le strutture dei monumenti (torre del Guinigi, le chiese…) sono lì a disposizione di tutti; tutti le possono ammirare: gli ortonovesi, gli spezzini, i sarzanesi, carraresi e i numerosi turisti che vengono a vederle. Perché, quindi, deve ricadere solo su noi di Ortonovo la loro manutenzione? Sarei curioso di sapere quanto è stato speso per la zona archeologica di Luni e quanto hanno contribuito gli abitanti di quella zona! E poi: sono più numerosi i visitatori che vanno a Luni o quelli che vengono al Santuario e Centro Storico? Cosa fa mai l’Amministrazione  anche solo per promuovere le opere d’arte dei nostri Centri Storici!

A buoni intenditori, poche parole! Speriamo che qualcosa si muova!

 

         8 Ottobre.          Questa sera, alle ore 21, ci siamo ritrovati nella chiesa di Nicola, per la ripresa delle Adorazioni per le Vocazioni a livello interparrocchiale (secondo giovedì del mese). Sono presenti i soliti gruppetti di Ortonovo alto, Casano, Isola, Luni mare e alcuni nicolesi; all’organo, Valentino. C’è anche Marco, un amico di Fossola: era presente anche al pellegrinaggio del primo sabato a Airola (Sesta Godano) e ieri al Santuario. Mi dice che è bello partecipare a questi incontri (in particolare a quelli col Vescovo) e che nel suo territorio non ci sono simili iniziative. Noi lo ospitiamo ben volentieri.

Abbiamo recitato il Rosario, meditato, ben preparato da don Andrea che ci ha anche deliziato con una bella riflessione sull’Anno Sacerdotale.

 

         11 Ottobre.      La parrocchia di S. Lorenzo e la Corale  “Cantus Firmus” hanno organizzato un pellegrinaggio a Fontanellato (PR). Abbiamo visitato la Rocca,  recitato una preghiera ai piedi di padre Giocondo Pio Lorgna (del quale si sta preparando la causa di beatificazione) e animato la Santa Messa nella Basilica. Nel primo pomeriggio visita all’abbazia di Chiaravalle e a Castel Arquato.

E’ stata una giornata trascorsa in serenità. Padre Carlos durante il rientro ci ha detto di essere stato veramente soddisfatto della giornata trascorsa, ci ha parlato dell’imminente visita pastorale del Vescovo ed è bene prepararla nel migliore dei modi, per cui faremo diversi incontri (sempre il giovedì) a tale scopo.

 

         15 Ottobre.       Oggi,  alle ore 15, nel campetto parrocchiale di Isola, è stata celebrata la Santa Messa funebre per Nicole, la ragazza di Isola morta tragicamente alcuni giorni fa. Moltissima gente era presente alla cerimonia. C’era gente di tutte le comunità parrocchiali: da Ortonovo alto a Luni Mare, rappresentanti dell’Amministrazione Comunale… Ha celebrato il rito funebre il parroco (e amico), don Andrea, hanno concelebrato gli altri parroci  della comunità ortonovese, il diacono Agostino, e alcuni seminaristi. Come nelle occasioni di festa è bello essere in tanti a festeggiare, così in questi momenti di dolore è confortante vedere la sincera partecipazione di tanti amici.

Belli ed indicati i gioiosi canti scelti dalla corale di Isola ai quali ha partecipato, dal suo posto, anche la coraggiosa mamma, Lucia. Bella e toccante (come al solito in questi frangenti) l’omelia di don Andrea e altrettanto la bella testimonianza di un ragazzo a nome dei tanti amici ed amiche. Poi il doloroso estremo saluto di tutti a Nicole. Coraggio, Lucia, confido proprio che il Signore ascolti le tante preghiere e che  aiuti  te e la tua famiglia a superare questa difficile prova.

 

20 e 21 Ottobre.    In questi due giorni ho partecipato ad altri due funerali. Al primo, martedì 20,  di Renzo Pedrelli, per tre motivazioni. Come presidente dell’AVIS di Ortonovo, poiché Renzo ne era stato uno dei  Soci fondatori; come redattore de “Il Sentiero”, poiché Renzo era un attento (anche critico) e assiduo lettore del nostro bollettino e, ogni tanto, ci  chiedeva spazio per alcuni suoi interventi; inoltre perché amico della famiglia tutta. Colgo l’occasione per rinnovare a tutti i familiari le più sentite condoglianze anche a nome della Redazione.

Il giorno dopo (mercoledì 21) rito funebre per Maria Grazia Bosoni. Ho parlato poche volte con M. Grazia, ma la vedevo spesso al Santuario o a Cafaggiola dove si recava a pregare. Posso dire che sono uscito dalla chiesa sereno, dopo aver ascoltato le testimonianze dei suoi zii, gli orionini don Giorgio e don Giancarlo, di don Ludovico, il parroco e la lettera, letta da un’amica, nella quale M. Grazia salutava e ringraziava quanti le avevano voluto bene. Grazie, M.Grazia, per le belle parole.

 

25 Ottobre.  Oggi al Santuario c’è festa: Santa Messa solenne con la partecipazione della Corale al completo per festeggiare il 50° anniversario di matrimonio di Sauro e Ilia.  Padre Carlos ha detto loro:”Siete più belli ora che cinquant’anni fa, perché avete con voi cinquant’anni d’amore!”. Dopo la cerimonia un sobrio brindisi per tutti nel giardino del Santuario.

Vive felicitazioni dalla Redazione de “Il Sentiero”.                                                             

  Guardami ancora
di Antonio Zoli


 

 

 

GUARDAMI ANCORA

 

Maria Grazia Bosoni

 

 

Dalle pagine del mio diario del 15 luglio 1989

            Alle 5,30 Grazia e la madre, io, mia moglie e amici partiamo per la gita-pellegrinaggio a Schio (Vicenza) con autopullman Lorenzini. Buona giornata, non calda.

            Alle 10,30: Chiompi, un paesino di Vicenza, il monastero francescano, la meravigliosa riproduzione della Grotta di Lourdes realizzata tutta artificialmente nel 1935 da fra Claudio, un frate architetto in odore di santità. E’ delle dimensioni di quella di Lourdes, appare come naturale, con la nicchia della Madonna, le rocce, invece, nasconde ben duemila quintali di cemento, alta mt 38, larga 15 con lo strapiombo di mt 2,80. In quel posto c’era un giardino.

            Poi, Schio, frazione San Martino, la Via Crucis, la Santa Messa in cima al colle, là dov’è l’altare con accanto l’alta croce di metallo e la statua di bronzo della Madonna.

            Prego tanto per tutti noi, ma raccomando e chiedo con insistenza alla Madonna che faccia guarire la Grazia, Maria Grazia Bosoni, nostra amica di famiglia carissima. Ripeto: “E’ tanto ammmalata”. Poi, un nodo alla gola, sempre più forte, mi manca la parola, e giù, un pianto dirotto, irrefrenabile. Piange mia moglie con me. “Madonna mia, tu che ci sei vicina, ascolta, la Grazia è un angelo e deve guarire. Vedi, mi sono confessato a Chiompi dopo circa dieci anni, ho fatto la comunione, prometto di non più bestemmiare, di non essere irascibile, di dire il Santo Rosario, come tu insegni, di partecipare alla Santa Messa, di accostarmi alla Santa Comunione”
           Ora, Grazia, non ci sei più ma di te a me resta l’esempio di una vita umile e rivolta alla Madre Celeste ed un insegnamento che mi sta gratificando da anni, mi gratifica oggi e lo farà certamente in futuro.

            Ricordi quel giorno che in casa mia, assieme a mia moglie, mi hai insegnato a recitare il Santo Rosario? Una volta alla settimana - dicevo - e tu, con il tuo candido sorriso, insistendo: “No, tutti i giorni”. E così è stato.

            Quanti benefici ho tratto da quella tua graziosa insistenza! Ora, guarda dal Cielo me e la mia famiglia. Ti ringrazio, angelo di Dio.

                                                   

                                                                                Antonio Zoli 

 

 

 

  I Beati Martiri
di Romano Parodi


 

 

Maometto II, 28 anni dopo la presa di Costantinopoli (1453), disponeva di una flotta e di un esercito tali da terrorizzare l’intera Europa. Il suo disegno dichiarato, era la conversione forzata all’islamismo (la Jihad, la guerra santa). Ogni chiesa una stalla e di San Pietro una moschea; ma prima doveva passare per Napoli.

La flotta (200 navi), partì da Valona e nella notte del 28 luglio 1481 sbarcò nella odierna “Baia dei Turchi “ con 30.000 uomini. Otranto, la “Porta d’Oriente”, fu messa a ferro e fuoco. I 15.000 abitanti, comprensivi dei paesi vicini, si rifugiarono nel castello aragonese difeso da 2.000 soldati del re di Napoli. Ed ebbe inizio l’assedio. La chiesa della città fu subito adibita a stalla per i cavalli.

Sotto il continuo cannoneggiamento il castello resistette due settimane, ma poi i turchi aprirono una breccia ed entrarono. Tutti i maschi sopra i 15 anni furono uccisi; 5.000 donne e bambini furono ridotti in schiavitù e sparirono (I bambini saranno sempre trattati molto bene e islamizzati. Alla battaglia di Lepanto ce n’erano molti, anche nei ranghi più alti della flotta).

Complessivamente i morti furono 12.000 (comprese le scorrerie nei paesi limitrofi).  Il vecchio arcivescovo fu sciabolato e fatto a pezzi e la sua testa portata per le vie della cittadina infilzata su una lancia. Il comandante della guarnigione fu segato vivo. Di particolare efferatezza la fine di 800 cristiani che non vollero rinnegare la loro religione. Furono portati sul vicino colle della Minerva, dove oggi c’è una chiesa dedicata a “Santa Maria dei Martiri” e, davanti ai loro familiari, furono decapitati.

Durante l’esecuzione successe un fatto sconvolgente. Il primo martire, Antonio Primalbo, malgrado fosse privo di testa, si alzò in piedi. I turchi cercarono invano di abbatterlo, lui si rialzava sempre. Il boia allora cadde in ginocchio e si mise la testa fra le mani. Ahmet Pascià lo fece subito impalare vivo come lezione per i suoi uomini. Ancora oggi, a Otranto, si può vedere il palo di Bernabel, il boia. I crani dei martiri furono raccolti in sette grandi teche di vetro e sono esposte al pubblico nella “Cappella dei Martiri” della cattedrale. Sotto l’altare c’è il masso sul quale vennero decapitati. Basta una visita per comprendere la grandezza di quel sacrificio e rimanerne sconvolti. Andate a visitarla.

Otranto divenne per i turchi, la base per incursioni periodiche in tutto il Salento. Ovunque: terrore e morte. A più riprese devastarono Taranto, Lecce, Brindisi; distrussero completamente Vieste e altri paesi. La reazione aragonese, padrona del mezzogiorno d’Italia, tardava ad arrivare. Finalmente Sisto IV riuscì a ricompattare alcuni stati italiani. Fece presente che se i turchi avessero invaso il regno di Napoli, tutti erano in pericolo. Era tanta la paura, che si ipotizzò  un ritorno ad Avignone come sede del papato (Una curiosità: i turchi chiamavano Roma, la Mela Rossa. Così dopo la Grande Mela, New Jork; la Mela d’Oro, Vienna, abbiamo anche la Mela Rossa).

All’appello del Papa risposero in modo massiccio solo Genova e l’Ungheria. Francia e Inghilterra erano tiepide. In definitiva ci furono pochi altri aiuti. Le trattative furono tanto lunghe che ci furono anche molti ripensamenti (Il papa in quel periodo era in guerra con Firenze, e Lorenzo il Magnifico aveva addirittura fatto coniare una moneta con la vittoria di Ahmet Pascià).

La flotta comprendeva 5 galee papaline, 24 genovesi comandate dal nobile Paolo Fregoso (già arcivescovo, doge, pirata, e poi cardinale), alcune galee napoletane, guidate da Galeazzo Caracciolo e inoltre navi portoghesi e spagnole, mentre da terra Alfonso di Calabria, e soprattutto le milizie ungheresi guidate da Balas Magyar, prepararono l’assedio. I turchi erano stretti in una morsa mortale. Dopo una sanguinosa battaglia e la promessa che avrebbero avuto salva la vita, si arresero  e tornarono a Valona, lasciando dietro di loro una città distrutta. Una città che, allora, era più importante di Lecce e che non si riprese mai più. I superstiti furono solo trecento. Era ancora una volta l’undici settembre. Invano Sisto IV esortò a proseguire nell’offensiva per riconquistare anche l’Albania. I soldati, non pagati, non ne vollero più sapere e la grande armata cristiana si sciolse.

Ma ad interrompere la supremazia turca fu soprattutto la morte di Maometto II, “il conquistatore”, e il richiamo in patria di Ahmet Pascià e di molte navi turche per lo scoppiò della guerra civile fra i due figli ereditari. Maometto II quando salì al trono aveva solo tredici anni. A 49, fu fatto avvelenare dal figlio; ma, pure lui, quando salì al trono, fece uccidere fratelli e fratellastri.

A Maometto II si deve la fine dell’impero Bizantino, la conquista di tutti i paesi Balcani, di tutta l’Anatolia, di tutti i paesi africani che s’affacciano sul mediterraneo e anche di molti paesi del medio oriente. A lui si deve il “Grande Impero Ottomano”. La sua artiglieria non temeva confronti. Egli aveva costruito un esercito e una flotta tale da far tremare il mondo intero.

 

 

 

  L'ultimo saluto
di Maria Grazia


         Cari parenti e amici,

se state  ascoltando questa mia è perché io sono passata a vita nuova.

La parola di Dio è viva, penetra nell’anima alimentando lo spirito,

poi discerne i nostri sentimenti e i pensieri del nostro cuore.

            Lo Spirito Santo ci fortifica e ci rende saggi e responsabili.

Gesù è il pane della vita, è bevanda di salvezza,

è dono splendido di grazia di Dio Padre che trasforma ogni uomo.

            Care amiche, vi invito a coltivare questa amicizia

 sbocciata in seguito alla mia malattia.

Sarebbe bello se formaste un gruppo di preghiera e,

 insieme al sacerdote (se sarà possibile),

 meditate con il Santo Rosario la passione di Gesù.

            Sappiamo bene tutti quanto c’è bisogno di preghiera

e di conversione.

Chiedo perdono se involontariamente avessi fatto del male e,

certamente, perdono chi può avermi procurato sofferenza.

            Ringrazio con tutto il cuore la mia mamma e tutti i miei cari

 che con infinito amore si sono presi cura di me.

                        Ringrazio con tutto il cuore tutti quelli

che mi hanno voluto bene e mi hanno confortato.

            Vi abbraccio e vi mando l’ultimo mio saluto.

Non piangete per me perché io sono, per misericordia di Gesù,

nella gioia e nella pace eterna.

            Un grazie anche a tutti quelli che sono venuti a rendermi l’ultimo saluto.

  Diario di un parrocchiano di Casano-San Giuseppe
di Giuseppe Franciosi


 

 

 

Domenica, 11.10.09.

         Oggi nella nostra parrocchia si celebra la festa della Madonna della Salute. Il tempo è favorevole e così possiamo fare anche la processione: breve, nei terreni intorno alla Chiesa.

         La Santa Messa delle ore 11, la più importante, oggi viene celebrata nella chiesa di San Martino. Alle ore 10,45, a casa mia, puntuale arriva Enzo, mio cognato, che mi porta a San Martino. Non vado subito in chiesa, ma vado, prima, nel cimitero a salutare la Giulia. Sono passati, ormai, più di due anni dalla sua scomparsa, ma per me non cambia nulla: è una ferita aperta che non si rimarginerà mai. La chiesa, alle ore 11, è piena di gente, ma un posticino lo trovo: non credo che ce l’avrei fatta a stare in piedi durante tutta la Santa Messa. A dirigere la corale, come è ormai tradizione nella chiesa di San Giuseppe, c’è la Lucia. I coristi ormai sono dei professionisti: hanno tutti (e ci tengono a fartelo vedere) un “malloppo” consistente di fogli musicali che di mese in mese va crescendo. Fuori è in svolgimento la Pesca di Beneficenza: ne è responsabile Nuccio.

         Da padre Onildo vengo a sapere che alle ore 17, nella Cattedrale di Cristo Re a La Spezia, il vescovo Francesco celebrerà la Santa Messa di apertura del nuovo “Anno Pastorale” e che anche dalle parrocchie di Ortonovo partiranno fedeli per assistervi. L’inizio della Santa Messa è fissato per le ore 17: Tele Liguria Sud ne curerà la trasmissione. Assicuro padre Onildo che a quell’ora sarò davanti alla TV e seguirò la trasmissione. Ho cercato i fedeli di Ortonovo, ma sono riuscito ad individuare soltanto don Lodovico (tante volte) e due suoi parrocchiani: Marta  Silvestri e il marito. Eppure c’erano anche altri fedeli della nostra parrocchia: colpa mia che non sono stato capace di individuarli.

Martedì, 20.10.09.

         Oggi è venuto a trovarmi un amico, Walter. Da tempo non ci incontravamo, non perché io non potessi accoglierlo in casa mia, ma perché lui è sovraccarico di impegni e non trova il tempo, quando passa davanti a casa mia, di fermarsi anche solo per qualche minuto. C’è molta intesa tra me e lui; io sto volentieri con lui e parliamo di tante cose: al primo posto c’è, senza dubbio, “Il Sentiero”. Ora però ai suoi moltissimi impegni si è aggiunto anche quello (che io gli invidio) di fare il nonno. Walter sa che io, morta la Giulia (2.6.07) mi sono chiuso in casa e ne esco solo per andare alla Santa Messa (tutte le domeniche e qualche altra volta nel corso del mese) e il sabato, da mia sorella, a trecento metri, dove incontro tanti nipoti e pronipoti. Walter si è fermato da me di ritorno da un funerale: il funerale di Renzo Pedrelli, una cara persona con la quale anch’io sono stato sempre in ottime relazioni. Una cara persona Renzino e un ottimo esperto di edilizia, al quale, con piena fiducia, mi sono rivolto anch’io durante uno dei tanti lavori di ampliamento della mia abitazione. Alle tante persone per le quali ogni giorno e ogni notte prego, da oggi unirò anche il caro Renzino.

Venerdì, 23.10.09.

         Questa sera, alle ore 21, nel salone parrocchiale si è riunito il “Consiglio Pastorale”. Il parroco, padre Onildo, ha ricordato le iniziative, a livello parrocchiale e diocesano, che verranno realizzate per rendere sempre più efficiente e ricco di risultati il nostro impegno: preghiere per i sacerdoti (questo è l’anno dedicato ad essi dal Papa); pellegrinaggi nei vari Santuari, ma l’argomento più importante trattato dal nostro parroco è stato quello della “Visita Pastorale” che il Vescovo farà nel mese di gennaio, il 24. Incomincerà proprio dal Comune di Ortonovo e la visita interesserà le parrocchie di Ortonovo, SS. Annunziata e San Giuseppe – San Martino. La visita è ancora lontana e quindi ci sarà il tempo per altri incontri e soprattutto con la Curia vescovile. Quindi ci rivedremo presto.

Giovedì,  29.10.09.

         Io ascolto molto Radio Maria, incomincio al mattino con la “rassegna stampa”, alle ore 8.45, tenuta da padre Livio; una “rassegna” che in circa mezz’ora mi fa un quadro generale di quel che succede nel mondo, visto naturalmente da un giornalista cattolico. Ho appreso che oggi, alle ore 17, Radio Maria trasmetterà Rosario e Benedizione Eucaristica da Sarzana, dalla cappella del Seminario che quest’anno ospita ben 16 seminaristi. E’ un appuntamento che non voglio lasciarmi sfuggire e alle 17 sarò qui e parteciperò.

                                        Giuseppe Franciosi

 

 

“Una lacrima per i defunti evapora, un fiore sulla tomba appassisce, una preghiera, invece, arriva fino al cuore dell’Altissimo”.

                                                 Sant’Agostino

 

 

 

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