N° 7 - Agosto-Settembre 2009
Storie dei lettori
  Memorie missionarie
di Padre Carlo Cencio


 

 

 

            A Baoro, ma anche altrove, i funerali su svolgono sempre in pieno giorno, tra le dodici e le quindici. Non ricordo di averne mai visti di mattina o di sera. Al tramontare del sole il morto deve già essere stato sepolto. Siccome nel villaggio seppellivano i defunti accanto alle capanne, mi preoccupai di cercare un terreno idoneo per farvi il cimitero dei cristiani. E lo feci con un funzionario della sottoprefettura.

            Il funzionario si meravigliò che non ci fosse ancora un cimitero. Non so se fosse una meraviglia protocollare…ma finalmente mi mandarono un poliziotto per piantare insieme a lui, sul terreni scelto, i primi quattro picchetti. Così delimitato, era il mio nuovo cimitero.

            Qualche giorno dopo preparai una bella croce in legno e la piantai nel mezzo dei quel trapezoide: sarebbe stato il luogo al riposo dei nostri defunti. Non ci avevo ancora sepolto nessuno, e non credo che ci fosse qualche inconscia gara per quel primato. Eppure a qualcuno sarebbe toccato. Dopo qualche giorno mi vennero a chiamare per un malato grave. Corsi subito e, senza nessuna titubanza, gli amministrai l’assoluzione e l’unzione degli infermi, recitando altte preghiere. Al termine uscii dalla capanna e parlottai un poco con i parenti. Feci loro notare che ormai a Baoro esisteva la missione con il sacerdote stabile e che noi cristiani, prima di seppellire un morto, lo portiamo in chiesa e là recitiamo le preghiere che si chiamano esequie.

            Mi raccomandai perciò che, se il Signore avesse chiamato a sé il loro fratello, non andassero subito a seppellirlo, ma prima venissero alla missione. Io stesso avrei poi accompagnato il feretro al cimitero insieme a tutti; ora tutti dovevano essere sepolti là. Mi pareva di aver spiegato abbastanza chiaramente. Salutai e ripartii per la missione.

            Venuta l’ora di pranzo, mentre ero a tavola con padre Enzo, sentimmo canti e lamenti. Diedi uno sguardo verso la strada, si stava avvicinando un corteo. Lui mi disse: “E’ un canto da funerale, saranno protestanti”.

            “No, no…” gli dissi “quelli stanno venendo qui alla missione… forse è morto quello a cui ho amministrato l’olio degli infermi questa mattina”.

            Era proprio così: erano infatti entrati nello spiazzo della missione dirigendosi verso la chiesa. Lui mi disse: “Vai tu…recita le preghiere, fai le esequie, ormai qui sei destinato a fare il parroco”. Corsi nella stanzetta, vestendomi di camice e stola viola; cercai subito l’acqua benedetta e l’aspersorio. Rintracciai anche il rituale in sango… e quello che non c’era scritto l’avrei improvvisato.

            Entrai nella chiesetta quando tutti erano sistemati. In quattro portavano il “morto” avvolto in un lenzuolo, sorretto da una specie di barella. Attorno c’era una certa folla. Io cominciai a pregare: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo…”. Poi feci una preghiera invocando la misericordia di Dio. Ma ecco che, mentre stavo per prendere l’acqua benedetta per fare l’aspersione, il “morto” cominciò a tossire muovendo le mani penzoloni fuori del lenzuolo!

            Rimasi spiazzato…e dissi ai parenti stretti: “Ma…è ancora vivo…non vedete? Vi avevo detto di portarlo solo dopo… Diciamo per lui un Padre nostro e portatelo subito nel suo letto…noi seppelliamo solo i morti, non i vivi!”. E lo aspersi con acqua benedetta.

            Mentre il corteo si allontanava non sapevo se piangere o se ridere. Andai da padre Enzo a raccontargli l’accaduto. Si mise a ridere non per il malato o per gli africani, ma per la mia faccia costernata dalla sorpresa e dallo stupore. E cominciò a prendermi in giro dicendo: “Ora diranno che tu con l’olio degli infermi e con l’acqua benedetta non solo guarisci i malati, ma risusciti persino i morti!”.

            Quando, il giorno dopo, me lo riportarono morto, avevano costruito la cassa con quattro tavole comprate qui alla missione e celebrammo davvero il funerale. Lo seppellirono nel nuovo cimitero e scavarono una buca che in profondità girava ad elle. Chiesi loro perché e mi spiegarono che non era giusto che la terra schiacciasse direttamente il corpo del fratello. Avrebbero deposto la cassa nel tratto ad elle, sotto la terra solida, e poi buttato la terra smossa nel tratto verticale, così che il defunto avrebbe avuto chiuso solo un lato della cassa. Lo spirito del fratello era libero e vicino a loro.

            Io aggiunsi: “Bene, per questo noi preghiamo; e un giorno anche il corpo risorgerà…e saremo felici insieme”.

 

 

  Da Luni Mare
di Paola G. Vitale


 

 

 

              

 

 

29 giugno 2009

 

 

 

Monsignor vescovo Francesco e don Andrea Santini, sulla porticina est del nostro archetto. Una profonda emozione e una grande gioia.

 Tutto bene, la celebrazione così all’aperto, con in vista il cielo, tra le fronde degli alberi: non poteva svolgersi meglio.

Ora vi sembrerò pretenziosa, ma sempre mi riprometto quel pomeriggio, nelle ore solitarie che impiego qui, nel nostro archetto; e allora anche il caldo e ogni piccolo impegno acquista significato e diviene più lieve.

Peccato che sono state momentanee difficoltà per poter concludere l’incontro prezioso in un prolungato momento conviviale.

Ad ogni modo, grazie e grazie ancora a monsignor Vescovo e a nostro Signore, per la Cresima 2009!

    

 

                                                                                         

 

 

 

  Una vacanza particolare
di Marta


 

           

 

             Finite le scuole si pensa subito alle vacanze. Sui banchi di scuola Rebecca ha conosciuto una coetanea col suo stesso nome; da subito hanno simpatizzato per poi diventare inseparabili; hanno gli stessi hobby, in più l’amore per i cavalli.

            Una Rebecca  è nata a Genova, poi si è trasferita nella nostra zona (per motivi di lavoro dei genitori). Un giorno parlò all’amica di un agriturismo, Valle Chiappella in provincia di Genova, dove, con una piccola quota si poteva trascorrere un periodo di vacanza, o per meglio dire, vivere nella fattoria dividendosi il lavoro: chi governa le bestie, in questo caso non solo cavalli ma anche mucche, pecore, capre e tutti gli animali da cortile, chi sega il fieno, chi rimuove lo stallatico, chi pulisce gli abbeveratoi… Naturalmente le ragazze si rifanno i letti da sole, comprese le pulizie. Ancora, a turno, c’è chi aiuta in cucina con la cuoca per la preparazione del pranzo e della cena, mentre un’altra squadra apparecchia la tavola e rigovernano i piatti.

            Dopo tutte queste mansioni c’è lo svago: si va a cavallo con tanto di maestri (Stefano e Irene), alternandosi al mattino o al pomeriggio. Ed eccole, le nostre cavallerizze con tanto di divisa per l’equitazione, stivaletti neri, lucidi, alti fino al ginocchio, giacchina nera, berretto nero con visiera e sottogola e l’immancabile tartaruga (ovvero la protezione per la testa per chi non è ancora brava), il frustino solo per dare i comandi al cavallo,…

            Terminata l’esercitazione, ognuna deve togliere i finimenti al cavallo, spazzolarlo, portarlo nel proprio box e alzare le zampe pulendo gli zoccoli per evitare il ristagno di muffe ed altro. La merenda in capanni all’aperto, escursioni nei boschi o nelle vicine colline…La sera poca televisione, ma racconto delle proprie avventure o della quotidianità; non mancano storie di fantascienza.

            Il titolare dell’agriturismo, Roberto, per un incidente, è costretto sulla sedia a rotelle ed è aiutato dalla moglie, Luisa. Sono persone ammirevoli per l’amore che trasmettono ai ragazzi come se fossero tutti loro figli. Una volta la settimana c’è il consiglio, dove Roberto non manca di elogiare chi si è distinto nelle varie mansioni; chi non ha litigato con i compagni; chi ha aiutato quelli in difficoltà; chi si è inserito socializzando con tutti.

            A fine vacanza viene rilasciato ai ragazzi un attestato con tanto di voti nelle varie discipline alla presenza dei genitori; vengono chiamati uno ad uno, premiati e applauditi.

            Rebby (l’altra Rebecca) è già il quarto anno che partecipa a questa iniziativa; tra questi ragazzi ce n’è uno di sedici anni di Genova, Alberto: un virtuoso di pianoforte, molto bravo a scuola e anche lui con una grande passione per i cavalli. Roberto gli ha promesso che se sarà promosso al Conservatorio, gli regalerà un puledro. Alberto ogni fine settimana e negli altri periodi liberi è lì: prode cavallerizzo aiuta anche i maestri di equitazione. Biondino, esile, occhi marrone, molto serio e coscienzioso per la sua età; tutti lo hanno in simpatia. Per lui hanno portato a Valle Chiappella un pianoforte. Sovente, la sera, delizia gli ascoltatori con della buona musica.

            La domenica, dopo la Messa, i ragazzi ingaggiano una battaglia a colpi di gavettoni con i residenti e i vacanzieri. A fine corso tanti visi tristi: i genitori sono tutti pronti, le valigie già in macchina, è il momento dei saluti. Tutti si portano al bordo della piscina, tutti per mano; i maestri gridano:  “Uno, due, tre…via!”. E splasch…, tutti dentro la piscina belli vestiti, tra le risa e lo schiamazzo degli astanti.

            Da Valle Chiappella Roberto e Luisa salutano ancora con tanto amore: “Arrivederci alla prossima stagione”!. E sono subito pronti, con rinnovato spirito, ad accogliere un altro gruppo.

 
                                                                                                                                         
 
 

  Riflessioni di un lettore
di Doretto



 

 

 

1.8.2009. Telefono a Giorgio. Lo informo del mio ricovero al “Don Gnocchi” e gli chiedo notizie di Araldo. Mi informa che è ricoverato in Medicina, al terzo piano. Io sono ricoverato al primo. Vado subito a trovarlo. Caro amico mio!!! L’ho visto messo molto male. Desiderava essere un po’ mosso dalla solita posizione. Era immobile da chissà quanto. Sono andato in cerca d’aiuto. Niente. L’ho preso sotto il braccio e ho tentato di sollevarlo io. Ci voleva un fotografo! Io che sollevavo il mio amico Araldo! (Io che non mi reggo in piedi!).

            Gli ho raccontato la storia di San Francesco quando chiese ai suoi amici se sapevano dove stava vera letizia. Lui l’aveva trovata nel dolore unito al dolore di Gesù sulla croce. Poi gli ho letto la lettera che Don Rossetti mi ha scritto giorni fa. Gli ho chiesto se si stancava. Mi ha detto di no, con un fil di voce: “Anzi…va avanti…”.

            Ora sono qui nel mio letto d’ospedale e mi viene da piangere. Quanti ricordi, vecchio amico mio. Sai cosa faccio ora? Una cosa semplice ma, penso, la più importante: prego. Affinché possiamo rivederci spesso ancora qui, su questa terra, ma soprattutto domani Lassù, in quei Cieli nuovi e in quelle Terre nuove che Gesù ci ha promesso.

3.8. Sono tornato a trovare Araldo. Sta male. Non ce la faccio, scappo via. Mi sono perso in un altro reparto e infine mi sono ritrovato nel mio letto. Dentro di me un groviglio di pensieri, di amarezza, di impotenza. Cosa posso fare?

8.8.. Araldo è andato a casa. In Attesa di andare alla Casa? Gesù gli è vicino. Il mio cuore è vicino al suo. Questa notte ho pregato per lui in modo particolare. Avevo la febbre alta.

10.8.  Alle 17 arriva a trovarmi mio figlio Roby.” Babbo, mi dice, ho una brutta notizia: Araldo è morto questa mattina prima di mezzogiorno”. Eccola, la notizia che prima o poi aspettavo. Ora è venuta. Dio apra le sue braccia e ti accolga nel suo Regno, Regno che promesso a tutti coloro che credono nel suo figlio Gesù: e tu ci credevi. Me lo confermato quando, giorni fa, ti sono venuto a trovare su, al terzo piano. Mi auguro di venirti a trovare su, ma non al terzo piano, ma nell’alto dei Cieli.

11.8. Telefono a Giorgio. Mi risposto la Giuliana. Giorgio è a casa di Araldo con Ulisse. Il dolore è grande. Oggi, alle 16, ci sarà il funerale. E io sono qui, bloccato in un letto d’ospedale, uomo inerme, che vorrebbe urlare dal dolore, dalla rabbia. Ma nello stesso tempo in un angolino del mio cuore, una vocina mi riposta a quell’ideale che Chiara ci ha insegnato: “Coraggio, che crede in me non morirà”.

            E Araldo ci credeva. E allora, anche se il dolore per il distacco è tanto, mi conforta il pensiero di saperlo a Casa, dove un giorno, a me sconosciuto, Lui verrà, e andrò a trovarlo. E giocheremo ancora insieme come quando eravamo bambini!

           

Ciao, Arà.

                                                                                                       

  Un proverbio latino
di Renzo Pedrelli


 
 
“PECUNIA NON OLET” di facile soluzione per chi ha studiato latino (IL DENARO NON PUZZA) ma proverbio frequentemente usato e che corrisponde alle seguenti origini.
 
Si narra che l’antica Roma ai tempi dell’imperatore Vespasiano visto l’importanza assunta dalla città era meta di numerosi cittadini che in mancanza di servizi igienici espletavano le loro necessità naturali negli angoli anche , in vista diffondendo odori non certo gradevoli.Venne così in mente quindi all’imperatore Vespasiano di fare erigere dei locali igienici a pagamento (cosa che tuttora sono rimasti con il nome “Vespasiani”).
Alla rimostranza del figlio dell’imperatore verso il padre di voler aggiungere ulteriori olezzi a quanti già esistenti , il padre (probabilmente di origine genovese) rispose al figlio con la famosa frase : “il denaro non puzza” , che abbiamo appreso in un recente passato e che purtroppo continua a pesare ogni giorno nella vita di tutti noi.
 

                                                                                           
  Appunti d'estate
di Walter


 

            1° luglio. “Salve, sono padre Carlos; stasera si recita il Rosario all’aperto insieme ai seminaristi ospiti al Santuario, alle ore 21. Ti aspettiamo, passa parola”. Questo il testo del messaggino che ho ricevuto alle ore 14.

         Verso le 20,30 sento alcune donne che ne chiamano altre: “Non vieni al Santuario? C’è il Rosario nel giardino, con i seminaristi!”. E’ bello sentire questo genuino entusiasmo. Anch’io mi avvio verso il Santuario: nel giardino davanti a una statuina della Madonna alcuni vasi di fiori e due bei candelabri; sono disposte, lì davanti, seggiole e panchine; c’è già un bel gruppetto di persone. Saluto i seminaristi, Luca, Marino e Manrico. Due di loro (Luca e Manrico) è già qualche giorno che sono al Santuario; nel pomeriggio  - alle 17 -  animano la Santa Messa celebrata da padre Carlos poi, quando escono dalla chiesa, salutano tutte le persone che sono sul sagrato e nella piazza entusiaste per la loro presenza nel nostro paese.

         Ma ecco la novità della serata: è appena arrivato anche don Pietro Milazzo; è stato ordinato sacerdote solo da pochi giorni; è lui che guida la recita del Rosario e, dopo la benedizione finale, padre Carlos invita tutti noi a baciare le mani del Novello Sacerdote.

         Poi un brindisi e il taglio della torta preparata in quattro e quattr’otto dalla brava Marta..

 

         Quando ho letto sulla locandina il programma della festa della miracolosa lacrimazione della Madonna (29luglio), ho pensato subito che forse era troppo intenso per quel periodo estivo (triduo con Santa Messa e Rosario i giorni 26-27-28 e Sante Messe alle ore 11 e 18 il giorno 29). Ma tutto si è svolto poi, come descriverò, nel migliore dei modi.

         La sera del 26 (domenica) ha celebrato la Santa Messa - preceduta dalla recita del Rosario- il Sacerdote Novello, don Pietro Milazzo, col tradizionale beneaugurate bacio delle mani al termine della celebrazione.

         Lunedì 27, dopo il  Rosario, ha celebrato la Santa Messa don Piero Cantoni, della parrocchia di San Ceccardo (Carrara). La particolarità della serata è che la Messa viene celebrata secondo l’antico rito, in latino. Molti dei partecipanti non hanno mai assistito a questo rito, altri ne hanno solo un vago ricordo. Non tutti sono rimasti entusiasti di questa celebrazione; c’è senz’altro bisogno di maggiore informazione e preparazione ad un tale rito a partire anche dal capire la gestualità del sacerdote e dei ministranti.

         Martedì 28, ha celebrato padre Paolo, carmelitano, del monastero Santa Croce, anche lui Novello Sacerdote: è stato ordinato con altri tre confratelli a fine maggio nel Santuario di Gesù Bambino ad Arenzano.

Mercoledì 29: ricorrenza della miracolosa lacrimazione della Madonna. Alle ore 11, Santa Messa solenne presieduta da padre Marco, superiore del monastero Santa Croce. All’altare anche i padri Carlos e Onildo del Santuario, don Ludovico e il diacono Agostino. Della bella e interessante omelia mi è rimasto impresso un particolare. Ha detto, padre Marco, che osservando l’affresco raffigurante la deposizione di Gesù, ha notato che la Madonna non è rivolta verso la croce e Gesù, come in quasi tutte le raffigurazioni, ma è rivolta altrove…e in questo padre Marco ha visto in Maria la prua di una nave che porta la Chiesa appena annunciata da Gesù:“…Ecco tuo figlio…ecco tua madre…”.   Alle ore 18, ha celebrato la Santa Messa e concluso le celebrazioni don Piero Cantoni.

         Tutte le funzioni sono state ben partecipate (contrariamente alle mie previsioni) e penso che tutti i partecipanti ne abbiano tratto tanti benefici. Un sentito ringraziamento, quindi, a padre Carlos che, nonostante la non buona salute, ha ben organizzato questa ricorrenza; alla corale di Ortonovo che ha animato tutte le celebrazioni e anche alla signora Marta che, ogni sera dopo le funzioni, ha offerto ai celebranti, coristi ed amici una fetta di dolce per concludere in serenità la serata.

10 Agosto San Lorenzo

Da diversi anni la Festa patronale del centro storico di Ortonovo  si celebra nella serata: si invitano i non residenti  e amici; viene la banda musicale “G. Verdi “ di Carrara, le donne più volenterose preparano torte dolci e salate da offrire agli intervenuti.
Così anche quest’anno, anzi molto meglio, poiché all’altare c’era Mons. Bassano Staffieri, vescovo emerito, c’erano tanti seminaristi (come già detto sopra si trovano magnificamente quassù), i diaconi Agostino e Paolo (è la loro festa ) i Padri Carlos e Onildo, Don Ludovico e Don Andrea, vicario foraneo.
Santa messa solenne, quindi, con la corale al completo.
Poi  la processione per le suggestive vie del borgo pregando e cantando accompagnati dalla banda.
Al  termine festa in piazza col concerto della banda mentre la gente degustava le torte.
Ogni anno mi pare che il numero dei partecipanti aumenti. Eppure non c’è nulla di speciale: sono solo a mio avviso, celebrazioni che ci riportano indietro nel tempo e fanno rivivere momenti di fraternità.
Si sono svolte nell’arco dell’estate altre manifestazioni qui nel centro storico ma non è possibile raccontarle tutte.
Basta ricordarne alcune : Le due serate Francescane, organizzate dalla Pro-Loco (14-15 Luglio ).
Il 3 Agosto, 90° anniversario della morte del poeta ortonovese Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, è stato commemorato nella piazza di Sopra con l’intervento di uno studioso e appassionato del poeta e la proiezione di un filmato curato da Arturo Izzo.
Come non ricordare la “Muscolata” : oltre 1200 persone, nelle due serate con un guadagno netto di 14.500 euro a favore della missione del carmelitano orto novese Padre Riccardo Ferrari.
Ed ora ci aspetta come ogni anno la fatica più dura: organizzare bene la festa della Madonna.

 

 

 

  Una vacanza speciale
di Nuccia


 

           

           

 

 Ecco, l’estate è finita! Con settembre tutto ricomincia da capo, tutto rientra nel solito noioso tran tran quotidiano, i ricordi delle vacanze svaniranno lentamente ma inesorabilmente; solo le foto, nel grigio inverno, ci riporteranno alla mente il caldo, il sole e il piacere delle nostre giornate trascorse in libertà.

            Per questo motivo ho pensato di scrivere queste righe, per ricordare a me stessa e per far conoscere a voi un’esperienza bellissima che ho condiviso con Adriana, Renzo, Francesca ed altre 500 persone: sono andata ad una “Mariapoli vacanza”.

            Molti di voi si chiederanno: Mariapoli? Cos’è? Dov’è? E’ forse un villaggio turistico di nuova generazione? No ! Mariapoli, città di Maria perciò città dell’amore: un luogo incantevole, idilliaco, dove voler bene significa veramente voler bene. Non vi spaventate e non prendetemi per una visionaria, anzi sappiate che sono una persona scettica di natura e difficilmente influenzabile e che la Mariapoli di cui vorrei parlarvi non è sulla luna ma a Falcade, ridente paesino sulle Dolomiti.

            Vi sento sospirare e pensare: quante storie, lo sappiamo tutti che una vacanza a stretto contatto della natura non può che essere speciale, io però voglio raccontarvi brevemente un modo diverso di fare vacanza… Avere vicino tante persone che vivono in armonia che ti guardano con amore e non come se fossi un’entità astratta; bello entrare in ascensore e trovare persone disposte a parlare, a sorridere; bello non essere costretti a guardare la pulsantiera per dissimulare l’imbarazzo di condividere quello spazio angusto. Condividere: ecco, questa è la parola chiave della mia vacanza. Condividere l’amore, la generosità, la lealtà, la fiducia. Condividere un sorriso, una lacrima, il pianto di un bambino e il dolore di un adulto. Condividere con semplicità l’amore per il prossimo e in tutto questo vedere e sentire la mano di Dio Padre.

            La sera, dopo una giornata passata chi a scalare montagne, chi a passeggiare lungo il fiume, chi più semplicemente a leggere un libro, ci si ritrovava tutti insieme, prima della Santa Messa, per condividere le esperienze grandi o piccole della giornata; molti raccontavano le loro esperienze personali: come avevano gustato appieno il contatto con la natura, ma soprattutto il contatto con gli altri e quindi il contatto con Dio, quel contatto che il caos delle nostre vite quotidiane ci porta spesso ad accantonare, quasi a dire a Dio: ora non ho tempo per Te!

            Ora vorrei condividere con voi, cari lettori de “Il Sentiero”, due brevissimi episodi di vita quotidiana. Jasmine è una deliziosa ragazza con una bambina di appena tre mesi; il marito, per motivi di lavoro, non ha potuto raggiungerle e lei aveva grosse difficoltà a pranzo perché proprio a quell’ora quel delizioso angioletto voleva dormire. Molti di noi si davano il cambio per addormentarla e permettere così a Jasmine di pranzare tranquillamente.

            L’altro piccolo episodio che voglio raccontarvi a molti sembrerà una pura coincidenza e, forse, è così, ma a me ha dato una bellissima sensazione che voglio condividere con voi.

            Una mattina i molti ragazzi del gruppo hanno chiesto a tutti noi, ovunque fossimo alle ore 12, di rivolgere a Dio una preghiera per la pace nel mondo. Io e Piero quel giorno avevamo deciso di andare a Merano; alle 12 eravamo ancora in autostrada però abbiamo spento la radio e, nel silenzio dei nostri cuori, abbiamo rivolto al Signore la nostra preghiera.. In quel minuto di raccoglimento, ai due lati del viadotto che stavamo percorrendo, sono apparsi due splendidi paesini con le loro chiesette; i loro campanili svettavano verso il cielo ed io sapevo che il suono delle campane accompagnava verso l’empireo la nostra preghiera.

            Voglio chiudere con un ultimo ricordo di questa vacanza: la Santa Messa in alta quota; alle nostre spalle le cime più alte sembravano le braccia di Dio pronte a cingerci in un immenso abbraccio; sopra di noi volteggiavano i falchi; vicino, tutte le  meravigliose persone che avevano condiviso l’esperienza di questa settimana; dentro di noi la serenità dello spirito e la pace dell’anima.

 

 

                                                                                                                    

  La prima festa della famiglia
di Ottavia


 

 

            Il 7 giugno scorso al Santuario del Mirteto abbiamo celebrato la prima festa della famiglia. L’idea di organizzare questa giornata era nata solo qualche mese prima, quando padre Carlos aveva pensato di invitare i ragazzi e i genitori della V^ classe di catechismo a pranzo al Santuario.

            Già quella domenica, anche se pensata un po’ alla svelta, era stata gradita  molto, sorprendentemente anche dagli adulti che avevano saggiato per la prima volta la genuinità e la gratuita ospitalità dei padri Carlos e Onildo.

            Reduci da questa giornata trascorsa in semplicità ed allegria, si era pensato di fare il bis, ma questa volta di allargare l’invito a tutte le famiglie che avessero voluto partecipare e magari trasformare l’incontro in un momento di maggior arricchimento spirituale e non solo. Così, con pochi mezzi ma con la volontà di voler realizzare un evento importante, ci siamo messi al lavoro coinvolgendo quante più forze possibili. L’ANSPI del Santuario ci ha dato il suo contributo preparando un succulento pranzetto ad una cifra irrisoria, al fine di favorire proprio le famiglie numerose. Alcuni ragazzi del seminario di Sarzana, insieme ad Elisa e Giulia, sono intervenuti proponendosi come animatori per i bambini. Questi ultimi, infatti, sono stati sapientemente divisi in due gruppi in base all’età ed hanno giocato sereni per tutto il giorno, consentendo ai genitori di ritagliarsi un po’ di spazio tutto per loro. Per gli adulti, invece, sono stati organizzati due incontri con due coppie di sposi affinché con le loro diverse esperienze ci parlassero della loro vita di genitori cristiani.

            Fin dall’inizio è stato chiaro l’intento di voler creare solo un semplice momento d’incontro tra famiglie che si scambiassero opinioni, idee, consigli perché interrogandoci su quale fosse il vero problema delle famiglie di oggi ci siamo trovati d’accordo nell’affermare che oggi non c’è più dialogo non solo nelle famiglie, ma anche tra famiglie. Spesso per risolvere banali problemi che sorgono fra le mura domestiche si pensa di dover ricorrere a chissà quale espediente e ci si dimentica che la famiglia che ci sta vicino magari ha appena superato quella stessa difficoltà e con poche e comprensibili parole sarebbe certo in grado di indicarci la giusta rotta da seguire.

            E proprio questo hanno fatto le coppie che sono intervenute. Durante la mattinata ci hanno raccontato la loro storia Beatrice e Fabrizio Padula, una giovane coppia di Sarzana, genitori di tre bambini, il più grande di 8 anni che, con una semplicità davvero evangelica, ci hanno parlato delle loro giornate dense di impegni e di preoccupazioni, ma ricche anche di momenti di preghiera, di perdono reciproco, di carità scambievole.

            Il secondo intervento, avvenuto nel pomeriggio, ha invece coinvolto Angela e Fabrizio Corradi, una coppia della parrocchia di San Giuseppe che, avendo superato ormai da qualche anno la fase di “genitori di figli piccoli”, sono ormai da anni impegnati in una forma di carità che va al di là della famiglia per arrivare all’altro, al disadattato, all’extracomunitario. Entrambi sono impegnati alla Caritas e spesso non mancano di “portarsi a casa il lavoro” offrendo ospitalità e non solo a chiunque lo chieda.

            Il successo di questa giornata è stato grande, tra piccoli e grandi è stato raggiunto e forse superato il numero di ben 100 persone.

            Terminati questi due momenti di grande coinvolgimento è stata celebrata, da padre Onildo, la Santa Messa animata dai bambini che nel frattempo avevano preparato le letture e i canti in un tripudio di gioia, commozione e grande voglia di arrivare a casa per dire ai nostri sposi: “Grazie per voler realizzare insieme a me quel meraviglioso progetto divino che si chiama famiglia”.

            

                                                                                                                                  

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