N° 11 - Dicembre 2015
Lettera a Gesù Bambino
di Antonio Ratti


 

Caro Gesù Bambino,  

se non avessi la certezza della tua disponibilità ad ascoltarci con tenerezza e misericordia, come dice papa Francesco, mi fermerei qui. Al contrario, ti chiedo di aiutarmi a capire se la mia vena di pessimismo è legata all’età che avanza e agli slanci della gioventù che si affievoliscono dinnanzi alle realtà del vissuto, oppure se è l’oggettiva difficoltà  di cogliere cosa passa nelle teste degli uomini di questo secolo nato da poco.
Non che i secoli passati siano stati una fucina di soli santi, anzi…. Ma ciò che è stato è stato; semmai dovrebbe servirci a non reiterare i soliti errori e le tante cattiverie, spesso del tutto gratuite. Ora, ciò che conta è preoccuparci del presente e del futuro da lasciare ai nostri figli; presente e futuro che non sembrano avere prospettive positive e propositive, né buoni protagonisti. Difatti la fantasia e la creatività umane nel differenziare in mille rivoli le violenze e i soprusi a danno dei più fragili e di coloro che, sfortunati, sognano da secoli solo il diritto inalienabile ad una vita appena vivibile (l’esodo biblico di questi mesi ne è la conferma), supera il razionale. Chi, poi, fa finta di non vedere e di non sapere (gli ignavi danteschi) ricordino che non sono graditi neppure a Satana e stazionano relegati fuori anche dall’Inferno come clandestini indesiderati da tutti. Ma quanti politici e soggetti che contano hanno  il tempo di riflettere sul senso dell’esistenza o di leggere l’Inferno della Divina Commedia?
E’ un dato di fatto che la storia non è mai stata accettata come maestra di vita (ahimè per Cicerone che ne era straconvinto), così mi trovo in stato confusionale, poiché restano incomprensibili e lontanissimi dalla mia etica i comportamenti dell’uomo, specie di quelli che detengono il potere e, più spesso, la forza bruta, per decidere e imporre senza scrupoli e rispetto verso gli altri (base della convivenza pacifica) le proprie idee che puzzano di egoismo e di arroganza a tal punto da far apparire lecite e necessarie ai loro occhi ogni bruttura e nefandezza.
L’uomo della clava, quando si accorse  che riconoscere il vicino come suo simile era conveniente, accettò, seppure a fatica e con qualche riserva, il principio indispensabile: non fare agli altri ciò che non voleva gli fosse fatto, o, come dice papa Francesco, fare agli altri ciò che desideri sia fatto a te (
La regola d’oro).
La differenza tra la libertà e l’arbitrio è racchiusa in questo elementare concetto che tu ci hai riproposto con forza aggiungendo un elemento nuovo, originale, essenziale e determinante: riconoscere e rispettare il prossimo per amore e con amore (
“ama il prossimo tuo come te stesso”), non per convenienza opportunistica, volatile e mutevole. L’uomo della clava non poteva fare di più, perché non poteva conoscerti, mentre l’uomo di oggi non ha alibi. Basterebbe l’applicazione integrale del rispetto reciproco per rottamare l’uomo moderno e recuperare l’uomo vero, consapevole del suo ruolo nella creazione, ma il genere umano ritiene più appetibile rendere impossibili le cose semplici: complicare e rendere assurdamente cattive le vicende che ci toccano o ci disturbano sembrano diventati l’obiettivo primario dei più, siano essi i grandi reggitori dei popoli e del potere economico o i comuni mortali. Sì, i comuni mortali, che nel loro piccolo universo, privilegiano, con frequenza crescente, la ragione guidata dall’arbitrio dell’egoismo.
La sacralità della vita è violata per i più futili motivi: si uccide con estrema facilità e frequenza. La sacralità della famiglia è a rischio permanente: l’amore verso i figli e le loro sofferenze psicofisiche non hanno nessun peso quando si decide di correre dietro a nuove avventure, se va bene, o all’omicidio quando si pensa di chiudere definitivamente una comunione coniugale. La corruzione (la spavalderia arrogante della signora dell’Anas o del presidente di un ramo delle ferrovie italiane e di quelle siciliane – due presidenze!!-  docet) è quasi un dovere; non è peccato frodare il proprio datore di lavoro e far subire disservizi e lungaggini ai cittadini (vedi il Comune di San Remo e tante Aziende sanitarie).
Nonna Filò mi insegnava che non può esistere uno “
così scemo” che si alza alla mattina presto per precipitarsi a fare il mio bene, senza prima non aver pensato almeno due volte al proprio. Di questo passo dove andremo a finire? A chiederti uno sproposito: stante l’impotenza di chi vorrebbe voltare pagina dinnanzi allo strapotere di chi, invece, non ci pensa proprio, ritieni che l’uomo, una volta toccato il fondo, saprà fare autocritica e riscoprirti? Da quando si hanno documentazioni storiche e, poi, anche durante e dopo la tua sconvolgente presenza terrena, l’uomo si muove come il gambero, nonostante gli “uomini di buona volontà”, come cantavano gli Angeli sopra la tua grotta a Betlemme, cerchino di essere lievito efficace per un’era di pace interiore ed esteriore. 
La conclusione è una sola: la tua Parola e la tua presenza costante sono la nostra certezza, non speranza troppo poco, che nella storia dell’uomo il male non potrà risultare il vincitore finale. Con questa certezza ti accogliamo con gioia e facciamo festa, pur con un velo di tristezza al pensiero dei tanti fratelli vittime incolpevoli della variegata stoltezza umana.  Con l’affetto di un di un aspirante cattolico permanente, disorientato.




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