N° 9 - Novembre 2013
Sull’Anno della Fede
di Antonio Ratti



                                      

 

Con la lettera apostolica Porta fidei, dell’11 ottobre 2011, il papa Benedetto XVI ha indetto l’Anno della fede, che ha avuto inizio l’11 ottobre 2012, giorno del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e del ventesimo anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa cattolica e che avrà termine il 24 novembre 2013, solennità di nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo.
Questo anno speciale, che ormai volge al termine, doveva essere l’occasione più propizia  per rendere ciascuno di noi più consapevole sull’incontro “con una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”. Riscoprire la fede come incontro con Gesù Cristo vuol dire riscoprire la vera ragione che giustifica e valorizza l’essere uomo. “Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare, e da testimoniare”, perché il Signore “conceda a ciascuno di noi di vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani”. L’inizio dell’Anno della Fede, dunque, ha coinciso con la memoria di due grandi eventi che hanno segnato un punto fermo per la Chiesa dei nostri giorni: il Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII e il Catechismo della Chiesa cattolica, voluto da Giovanni Paolo II. Per Giovanni XXIII il Concilio ha voluto “trasmettere pura e integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti”, perché “ questa dottrina certa e immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo”. Per Giovanni Paolo II il Catechismo della Chiesa Cattolica è “ uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e una norma sicura per l’insegnamento della fede”. I contenuti della fede trovano in esso “la loro sintesi sistematica e organica. Qui, infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa ha accolto, custodito e offerto nei suoi duemila anni di storia. Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teologia ai Santi, che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare certezza ai credenti nella loro vita di fede”
Partendo da questi due elementi di continuità del Magistero, l’Anno della fede vuole contribuire a una rinnovata riscoperta della fede e accettazione consapevole della Parola, affinché tutti i membri della Chiesa possano essere testimoni credibili del Signore risorto nel mondo di oggi e sappiano indicare, a chi è in ricerca, la porta della fede (Porta fidei, ecco la ragione del titolo). Più il rapporto con Gesù risorto sarà intenso, maggiormente sapremo comprendere la corretta “arte di vivere”. Le iniziative poste in essere a tutti i livelli ecclesiali (a noi interessano in modo particolare quelle parrocchiali) hanno come comune denominatore lo studio dei documenti del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica, traendone frutto per la pastorale parrocchiale, la catechesi, la predicazione e la preparazione ai sacramenti.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica con l’Anno della fede deve diventare per ogni credente l’abbecedario e il sussidiario permanente, come questi testi lo sono nella scuola dell’obbligo o, per capirci meglio, il libro di ricette di uso quotidiano in cucina. Il termine formale dell’Anno della fede - ma non reale né sostanziale, perché non può avere un traguardo finale come il Giro d’Italia in bicicletta - è il giorno in cui si celebra solennemente la regalità di Gesù Cristo, che non è di questo mondo. Infatti, per farcela conoscere e coglierne le infinite opportunità si è incarnato, è morto ed è risorto.

Conclusione
. L’Anno della fede, che ha lo scopo di far riflettere sul significato della vita e rivitalizzare la fede un po’ annacquata, mi auguro, speranzoso, che non si esaurisca come la Sfida Educativa di qualche anno addietro, che nella sostanza aveva i medesimi obiettivi, e che, dopo tante belle parole, iniziative e propositi, si è rivelata, come il peggiore contratto di lavoro, quello a tempo determinato. Queste mie parole vogliono solo rimproverarmi ed esprimere amarezza nel constatare una frequente dicotomia di noi, autodefinitici cristiani, tra le parole e l’azione concreta. Tutto ciò pensando a quanto detto da papa Francesco all’Angelus della “Giornata mondiale missionaria” (20 ottobre): l’azione missionaria è testimonianza, non proselitismo. 

 

                                                                                                                                                       

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