N° 9 - Novembre 2013
Spiritualità
  C’è differenza tra ‘stare insieme‘ e ‘stare uniti’?
di Un’assidua lettrice




Penso che anche questa sia una chiave di svolta per ognuno di noi, il punto dal quale ripartire. Riflettendo su noi stessi, proviamo a porci alcune domande prendendo come contesto il nostro essere quotidiano e non il nostro apparire: nella nostra famiglia, nel nostro lavoro, nel servizio nelle nostre comunità parrocchiali. Stiamo insieme o stiamo uniti  per un unico obiettivo con queste persone che Dio ci ha messo accanto? Certo, ognuno di noi ha le proprie risposte, ma anche il proprio ‘lavoro interiore’ da fare. Il buon Dio ci ha messo a disposizione tanti utili strumenti per raggiungere l’obiettivo, ma ci ha lasciati liberi di decidere se utilizzarli o meno.
E quali sono questi strumenti penso che lo sappiamo tutti; e se proprio non lo sappiamo chiediamolo ai nostri sacerdoti, sempre pronti a darci buoni consigli, chiediamolo a Maria con la preghiera del cuore e saremo esauditi. Ci accorgeremo che tutti questi strumenti ci riportano ad un’unica risposta: se stiamo uniti, non ci perdiamo; se stiamo insieme prima o poi ci possiamo perdere (e purtroppo la vita reale ce lo testimonia).
L’Anno della Fede sta per terminare e dobbiamo ringraziare lo Spirito Santo per averci trasmesso, tramite il Papa Benedetto XVI, questa indispensabile opportunità per ricominciare una nuova vita seguendo quella Guida spirituale che è un meraviglioso strumento di Dio: Papa Francesco.

Tutti noi abbiamo anche la possibilità di vedere a che punto siamo del nostro cammino spirituale. Come? Ritornando un po’ indietro nel tempo, quando ci era stato consigliato di aprire la porta a Cristo. L’abbiamo aperta quella porta? Siamo sempre uguali? Il beato card. Newman diceva: “Vivere significa cambiare, ed essere perfetti significa cambiare spesso…”.  Sarà la nostra coscienza o il nostro cuore a farci fare le scelte giuste. Riflettiamo inoltre su queste parole del card. Bagnasco: “…Ci resta una domanda che dobbiamo porci, non che mondo lasceremo ai nostri figli, ma a quali figli lasceremo il mondo”. Rendiamoci conto di questa nostra responsabilità!
Buon cammino di conversione quotidiana a ciascuno di noi; se stiamo uniti non ci perderemo mai. Un esempio di unità mondiale l’abbiamo avuto col digiuno e la preghiera per la pace chiestoci dal Papa Francesco. Pace non solo in Siria e nei tanti altri Paesi, ma pace in noi stessi, nelle famiglie, nella Chiesa, nel nostro Paese, nel mondo.

Come sempre riporto una parte del messaggio della Madonna del 25 settembre scorso: “ Cari figli! Anche oggi vi invito alla preghiera. Il vostro rapporto con la preghiera sia quotidiano. La preghiera opera miracoli in voi e attraverso di voi. Perciò figlioli la preghiera sia gioia per voi! Allora il vostro rapporto con la vita sarà più profondo e più aperto a comprendere che la vita è un dono per ciascuno di voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.

 

                                                                                             

  L’ultimo abbandono
di Doretto





Ci sono dei momenti in cui ci pare di essere gettati nella sventura e abbandonati da cielo e terra.
Eppure questo disorientamento e questo abbandono rientrano nella tua trama paterna. Gesù, ma come faccio io, così piccolo, a comprendere la tua volontà quando sono nel dolore? E allora ho imparato una cosa: mi lascio abbandonare in te!

Io so che tu vuoi solo il mio bene. Non mi affatico più, non rifletto più. Mi metto nelle tue mani. E godo pace! Se mi ribello e pongo intralci, ritardo la mia felicità.

Poi penso: siamo a novembre, e il giorno 2 di questo mese commemoriamo i nostri cari defunti. Ecco, loro hanno già sperimentato l’ultimo abbandono! Quando sarà l’ora e arriverà lo Sposo, io mi auguro di avere la mia lampada ancora accesa, e nel momento in cui dovrò entrare con Lui al banchetto celeste, io mi auguro di essere in grado ancora una volta o l’ultima, di abbandonarmi tra le sue braccia e lasciarmi amare come un bambino tra le braccia della mamma.

Gesù, quanti invece muoiono senza avere avuto la gioia di averti conosciuto? E in quel momento fatidico, cosa penseranno? Si dispereranno in quella immensa solitudine, al buio che apparirà loro davanti? Li assalirà la paura? Penso così a S. Francesco d’Assisi; lui è arrivato a chiamare la morte “sorella morte”: ecco la differenza.

E allora  penso ancora una volta alla infinita misericordia di Dio. Dio ci ama, siamo sue creature e Lui ci vuole tutti salvi. Se ascoltiamo la sua parola e la mettiamo in pratica, volendoci bene tra noi, siamo già felici su questa terra e lo saremo per sempre nell’altra vita che ci attende.
Siamone certi!

                                                                        


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