N° 3 - Marzo 2009
I Vangeli del mese
di Claudia Pugnana

 

1° Marzo: I Domenica di Quaresima  (Mc 1,12-15).

Gesù, dopo aver ricevuto il Battesimo e l’effusione dello Spirito, dopo essere stato proclamato “Figlio prediletto” dalla voce del Padre, si ritira per quaranta giorni nel deserto, sospinto là dallo Spirito.

Il numero “quaranta” ricorre spesso nella Bibbia, associato a tempi di purificazione, di crescita spirituale, di attesa: il diluvio universale, la permanenza del popolo ebreo nel deserto prima di entrare nella Terra Promessa, la permanenza del Risorto coi discepoli dalla Risurrezione alla Ascensione,… Gesù vive questi quaranta giorni in armonia con le fiere e servito dagli angeli come Adamo visse nell’Eden in armonia col creato e con Dio, con la differenza sostanziale, però, che nulla ha potuto fare Satana con le sue tentazioni contro di Lui.

Dopo l’arresto di Giovanni il Battista, che predicò in luoghi deserti, Gesù va in Galilea, una regione densamente popolata, attraversata in tutti i sensi da antiche piste carovaniere e da strade militari, attiva e produttiva: Gesù si reca dalla gente.

Lì inizia il suo ministero pubblico che esordisce con due affermazioni: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino” e con due esortazioni: “Convertitevi e credete al Vangelo”.

 

8 Marzo: II Domenica di Quaresima  (Mc 9, 2-10).

Il Vangelo di oggi ci presenta i discepoli in tutta la loro semplicità ed umanità.

Assistono ad un evento misterioso che li spaventa e li affascina nello stesso tempo: Gesù cambia aspetto, si “trasfigura” e compaiono Elia e Mosè che conversano con Lui.

La loro proposta di costruire tre tende ci fa sorridere: davanti al trascendente che si manifesta i tre discepoli si rifugiano in un pragmatismo che tenta di esorcizzare la paura di comprendere la verità.

Anche noi spesso ci affatichiamo nel “fare” per giustificare la mancanza di tempo per l’adorazione, per la meditazione, per l’ascolto della Parola.

Stare di fronte a Dio richiede l’impegno di sapere chi siamo, cosa vogliamo e chi è e che cosa vuole da noi il nostro Interlocutore…ed è meno impegnativo, costa meno energia, dare una pulita alla chiesa, organizzare la festa parrocchiale, entrare in chiesa di tanto in tanto,… E perciò ancora oggi, molti di noi si chiedono ancora che cosa vuol dire “risorgere dai morti”.

 

15 Marzo: III Domenica di Quaresima  (Gv 2,13-25).

Oggi l’evangelista Giovanni ci parla di una delle tre Pasque ebraiche celebrate da Gesù durante il ministero pubblico e ci presenta l’intervento di Gesù contro i mercanti del tempio di Gerusalemme.

 La contestazione di Gesù non è rivolta soltanto al mercanteggiare attorno alle bancarelle ma, probabilmente, si riferisce al fatto che il tempio, ideato per diventare nei tempi messianici il luogo dell’adorazione di Dio da parte di tutti ipopoli, era diventato una roccaforte dell’orgoglio di Israele.

Ricordiamoci che al tempo di Gesù il Sommo Sacerdote era considerato profeta e capo politico ed era diventato vassallo dell’imperatore di Roma.

Il secondo argomento trattato dall’evangelista è la risurrezione di Gesù.

 Il corpo di Gesù, tempio cristiano, verrà distrutto ma Egli lo ricostruirà in tre giorni.

Si legge nell’Apocalisse che, quando tutto sarà distrutto  alle fine dei tempi e la storia sarà riepilogata in Dio, l’unico Tempio che sussisterà sarà quello di Dio, e del suo Agnello (Ap 21-22).

 

22 Marzo: IV Domenica di Quaresima  (Gv 3, 14-21).

Anche al tempo di Gesù, come oggi, molti cercavano di dare un senso e un significato alla loro vita.

Uno di questi era il rabbino Nicodemo che andò a colloquiare con Gesù ed ottenne delle affermazioni esplicite sulla missione di Gesù e sull’etica del credente.

La parola che tiene unito il mondo e dà un senso a tutto è l’amore.

Il mondo è nato dall’Amore, vive solo nell’Amore e si salverà nell’Amore: è questa la rivelazione che Gesù ha portato al mondo.

Il segno più grande di questo Amore che salva è Colui che ha dato la sua vita perché gli uomini abbiano la vita.

La vita terrena di Gesù terminò sulla croce.

Questo oggetto è innalzato da secoli dai cristiani come vessillo: è posto sui campanili, sulle cime delle montagne, nelle case.

Non si tratta di un segno macabro, come pensa chi si scandalizza o si oppone all’esibizione pubblica del Crocifisso.

San Paolo dice: “ Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani.

Ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo, potenza e sapienza di Dio” (1 Cor 1, 22-24).

 

29 Marzo: V Domenica di Quaresima  (Gv 12, 20-33).

Il Vangelo di oggi inizia con un curioso episodio: alcuni Greci chiesero al discepolo Filippo, che probabilmente conosceva la lingua greca, di poter parlare con il Maestro.

Non sono riportate le domande che costoro fecero a Gesù ma le deduciamo dalle risposte che Egli diede loro.

Il Cristianesimo ha dovuto confrontarsi continuamente, dalle sue origini per almeno quattro secoli, con la cultura dominante dell’Impero romano che era quella greca.

La diatriba si svolgeva nella teologia (“Monoteismo o politeismo?”) ma anche nell’antropologia (“Che cos’è l’uomo?”, “Che valore ha la ragione?”, “Quali sono i valori dell’uomo?”, “Quale senso hanno la vita e la morte?”).

L’ideale supremo dei Greci era l’uomo “Kalòs Kai agathòs”, l’uomo forte e bello che però alla fine è sconfitto dall’avverso destino. Troviamo manifestato il pensiero greco sull’esistenza  nella tragedia, dove si descrivono le sofferenze dei popoli, il dolore innocente, la morte tragica dell’eroe, l’incostanza degli affetti più cari e l’incapacità dell’uomo di risolvere i suoi “grandi” problemi.

Spesso al termine della tragedia entrava in scena una divinità (“deus ex machina”) che dichiarava che gli avvenimenti umani sono sottomesi al Fato (“Destino”) inesorabile, contro cui nulla possono anche gli dei.

Una cultura a cui molti ancora oggi inconsapevolmente aderiscono: basta sostituire a “Fato” la parola “Sfortuna” o “Malocchio” o, bestemmiando, “Maledizione divina”.

La risposta di Gesù è articolata in tre punti:

1)   La morte non ha senso in sé perché il senso della morte è la vita (a somiglianza del seme che, messo nella terra sembra morire, mentre invece prepara una nuova vita).

2)   Dio è amore e, benché turbato da “quell’ora” (l’ora della morte ormai vicina), Gesù è certo che il Padre non lo abbandonerà, ma lo glorificherà.

3)   “Ed io, quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me” (v. 32): è la profezia della Crocifissione, l’affermazione che per compiere la sua missione (riportare l’umanità a Dio) ha un solo doloroso strumento che renda ben visibile il suo sacrificio: la croce.

                                                                                                     Claudia Pugnana

 

 

 

 

 


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