N° 3 - Marzo 2009
Storie dei lettori
  Medico di strada
di Padre Carlo Cencio


 

MEDICO  DI  STRADA

Quasi tutti i missionari distribuiscono medicine, riforniscono le piccole farmacie di villaggio e praticano piccole medicazioni o pronti interventi.
E’ un pronto intervento anche l’applicazione della cosiddetta “pietra nera” sul punto di un morso di un serpente o di un altro animale velenoso.
La “pietra” impedisce l’avvelenamento e la morte.
A volte i missionari sostituiscono gli infermieri incaricati della distribuzione dei sulfoni, che arrestano il processo della lebbra.
Tutte cose che anch’io ho fatto regolarmente.
Naturalmente con l’auto facevo spesso servizio di ambulanza, salvando vite da morte sicura.
A volte ho trasportato mamme con doglie e in gravi difficoltà. Ma ci tenevo a medicare io stesso gli ammalati e a dare loro sollievo e conforto.
Per questo ero sempre attrezzato per il pronto soccorso: avevo aspirine e nivachine contro la malaria, il collirio per la medicazione di congiuntiviti o filariasi, una serie di pomate per uso esterno e penicillina in polvere o in pomata.
Spesso mi veniva richiesto di intervenire per curare dermatosi varie o piaghe.
Somministravo anche sulfamidici per i bronchi e le vie respiratorie o per febbri e dolori.
Ma soprattutto mi sono fatto una vera esperienza in piaghe tropicali.
Spesso venivano a dirmi: “Padre, ho male qui…” e si toccavano una parte del corpo.
Ero obbligato a guardare, palpare e fare la diagnosi: artrosi, reumi, strappi muscolari, lussazioni… Sistemavo tutto con l’aspirina, utilizzata come analgesico, e vegetallumina e una bella fasciatura in caso di lussazioni o strappi.
Alcune volte ho anche praticato iniezioni dietro ricetta medica.
Le purghe o gli sciroppi erano all’ordine del giorno.
Spesso era necessaria una lavanda gastrica per scongiurare l’intossicazione, ma io somministravo solo lassativi.
Fra tutti i miei pazienti, due mi sono rimasti particolarmente impressi.

 

Georges, il lebbroso di Bayanga – Didi

Era terribilmente malato e per di più abbandonato dai parenti.
Non sono mai riuscito a conoscere la sua storia.
Su di lui sembrava ci fosse una certa omertà (gli spiriti?).
Lo ospitavamo noi, in un capanno di legno presso la chiesa.
La moglie del catechista, Martine, era incaricata di dargli da mangiare e noi, ogni volta, gli portavamo viveri e vestiti.
Aveva dodici – tredici anni.
Era sempre seminudo, piagato in tutta la zona inguinale, alle ginocchia e ai piedi.
Il suo fetore si sentiva da lontano.
Stava appartato e seduto per terra.
L’ho cambiato, pulito e lavato da capo a piedi varie volte.
Ma lo vedevo non più di una volta al mese.
Come lui ce n’erano altri, però non c’era né un dispensario, né un ospedaletto per ospitarli.
Del resto lui voleva la sua libertà.
L’ho persino portato alla missione, tenendolo per più di una settimana, ma lui se n’è andato.
Più volte abbiamo cercato di tenerlo vicino, ma lui fuggiva.
Un giorno mi portarono la notizia della morte di Georges.
Me lo sono immaginato: un mucchietto di carne e ossa consunte dalle piaghe purulente e fetide, un gran dolore nello squallore della solitudine, uno scomparire nella notte della propria esistenza e di quella degli altri..
Per sé e per gli uomini, Georges non era nessuno.
Anche se ultimo degli ultimi, è piaciuto a Dio che se l’è preso nel sua paradiso (era anche stato battezzato).
Avevo fatto quello che avevo potuto, ma non ero riuscito a fare il miracolo come Gesù.
Mi lamentavo per questo, ma Georges mi fece capire che i miracoli li facevo anch’io, anche se diversi. Infatti da Gesù “usciva una forza che sanava tutti”.
Altrove troviamo scritto che “Gesù andava per tutta la Galilea, insegnando nelle sinagoghe e predicando la buona novella del Regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità del popolo”.
Cristo era il grande terapeuta che per salvare le anime curava anche i corpi.
Ai discepoli di Giovanni aveva detto: “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona novella”.
Agli apostoli: “Andate dunque e ammaestrate tutte le genti.
Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
Battezzate nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.    

 

                                                                                           Padre Carlo Cencio

 

 

  Sempre verso ovest
di Roberto Bologna da La Nazione del 30/7/08


                                               SEMPRE  VERSO  OVEST

 

(Da “La Nazione del 30.07.08:Pubblichiamo oggi il racconto che ci ha inviato Roberto Bologna, architetto di Ortonovo)

 

Non esiste un tramonto uguale a quello precedente o a quello successivo.

Tempo fa incontrai una persona che non ne vedeva uno da molti anni.

E non sapeva cosa si era perso in tutti questi anni.

 Aveva profonde occhiaie e guardava sempre verso il sole.

Lo incontrai mentre percorreva in bicicletta un tratto di strada, pedalava con costanza ed una fretta insolita; stava andando verso la stazione di Sarzana, dove avrebbe preso il treno per Nizza, e da lì avrebbe fatto il giro del mondo, andando sempre verso ovest: un rituale che ripeteva ormai da molti anni!

Mi disse che cercava una donna incontrata per caso molti anni prima durante un viaggio in treno, della quale si era poi perdutamente innamorato; mi raccontò che passarono insieme tutto il viaggio; un viaggio infinito che durò un giorno e una notte ed un altro giorno ancora; con le mani più piccole raccolte in quelle più grandi, con le guance aspre di barba non fatta affiancate ad altre più lisce; con le labbra morbide in un gioco insaziabile, le une contro le altre, un tutt’uno fra loro, e poi la notte…

Fino a quando, giunta la sera del giorno dopo, lei arrivò alla sua  destinazione e scese dal treno mentre il mare le affogava gli occhi,  con gli ultimi raggi di sole della sera che vi si riflettevano dentro.

 Lui dapprima esitò ma poi le domandò: “Ti rivedrò?”.

 Lei rispose subito, senza esitare: “Se vuoi, mi troverai dove tramonta il sole; se mi ami non puoi non trovare il posto dove ti aspetto, guardami negli occhi, ora!”.

 Poi scese dal treno e lui continuò il suo viaggio e non la vide più.

Qualche tempo dopo cominciò a cercarla, a ripensare alle sue parole ed è da allora che insegue il sole verso ovest nella speranza di ritrovarla dove questo tramonta.

Gli dissi: “Stupido che sei stato! (una breve pausa)

 Il luogo che ti indicò quando lei scese dal treno era lei stessa; il luogo dove ti aspettava, ovvero il tramonto che avresti dovuto vedere, non era un luogo fisico, ma era quello che si rifletteva nei suoi occhi in quell’istante! (un’altra breve pausa)

Se solo tu ne avessi percepito la profondità saresti sceso subito dal treno! (una pausa un po’ più lunga)

Non hai capito che l’amore è subito e non può essere dopo! (un attimo di silenzio)

Se non si ha la capacità di distinguere l’ebbrezza di un nuovo amore rispetto ad un leggero colpo di vento allora non si può rimpiangere di non aver saputo amare subito!”.

Ascoltate le mie parole, dopo aver pianto, smise di pedalare, scese dalla bicicletta e finalmente si fermò; si sdraiò sul ciglio della strada e si raccolse la testa tra le mani.

Decisi di fargli compagnia e mi sedetti accanto a lui.

Lo sentii singhiozzare in silenzio e rimanemmo lì fino a sera.

 Poi, d’improvviso, alcuni raggi - gli ultimi di quel giorno – ci piegarono le palpebre e ci allargarono le iridi; e lui,quasi sorpreso, chinando leggermente il capo, cominciò ad osservare il tramonto, col sole che piano piano, arrossendosi, scivolava in lontananza dietro Montemarcello.

Presto sarebbero comparse le stelle.

Per lui,finalmente, dopo il tramonto, ci sarebbe stata una notte stellata, ma quanti meravigliosi tramonti si era perso!

                                                                                                   Roberto Bologna

 

  Firmati, omologati e ...fregati
di Giuseppe Roccia


FIRMATI,  OMOLOGATI  E … FREGATI

 

Caro “Sentiero”, il giorno dell’Epifania ero alla Santa Messa, a “servire” c’era un folto gruppo di chierichetti con un mantello bianco aperto sul davanti, sotto avevano felpe e maglie multicolori con grandi scritte sgargianti: erano tutti “firmati”.

Allora mi sono guardato intorno ed ho notato che anche molti adulti avevano felpe e giacche con firme e vistosi marchi.

Ho guardato mia moglie: aveva  una giacca senza scritte; la mia ne aveva una che quasi non si notava.

Ho percepito che tutti tendono a firmarsi, omologarsi, essere alla moda…

Ormai è tutto apparenza, e questo costa.

La gente si lamenta, però vuole andare in giro firmata e non capisce che questo andazzo è una grande fregatura.

Forse sarà colpa della globalizzazione.

Una volta c’erano dei prodotti medi (non mediocri) e altri buoni che costavano di più: la scelta era minore ma il vestiario durava di più.

Poi sono arrivati i prodotti cinesi e indiani, a basso costo, ma molto scarsi e i prodotti medi sono spariti: si trovano solo capi super economici o carissimi.

Adesso ci sono negozi che cambiano gestione continuamente; entri, trovi pochi capi però carissimi, tipo un jeans a 300 euro; di contro ci sono altri punti vendita che danno un jeans a 5 euro e magliette a 1 euro, e questo crea una confusione biblica nella testa degli acquirenti.

Poi c’è il mercato dei falsi.

Un pomeriggio sono andato a fare un giro a Marina di Carrara; c’era un folto gruppo di extra comunitari che vendevano giacche a vento, borse, scarpe e tanti altri prodotti, tutti rigorosamente contraffatti ed ho visto che c’era parecchia gente che comperava.

Alla fine di questa giostra, mi sa che rimaniamo fregati tutti: quelli che per vestirsi spendono cifre astronomiche; quelli che acquistano nei negozi a basso costo e i clienti dei “falsari”.

Quali rimedi?

Uno che di moda se ne intendeva, lord Brummel, soleva dire: “Non seguire la moda sfrenatamente né ignorarla ostentatamente, ma scendere a patti con lei!”.

Quindi, andare a fare acquisti nei negozi di fiducia che praticano prezzi equi; non acquistare dei falsi; comprare anzi un capo in meno ma che duri, è l’unica strada percorribile e giusta.

 

                                                                                      Giuseppe Roccia

 

  Il dono della vita
di Sheila Peri


Lettera dal Brasile      IL  DONO  DELLA  VITA

 

Due uomini, entrambi molto malati, occupavano la stessa stanza  d’ospedale.

Ad uno dei due uomini, ogni pomeriggio, era permesso mettersi seduto sul letto per un’ora,  onde aiutare il drenaggio dei fluidi dal suo corpo.

Il suo letto era vicino alla finestra della stanza.

L’altro uomo doveva restare sempre sdraiato.

I due fecero conoscenza e cominciarono a parlarsi per ore ed ore.

Parlarono delle loro mogli e delle loro famiglie, delle loro case, del loro lavoro, del servizio militare e dei viaggi che avevano fatto.

Ogni pomeriggio l’uomo che stava nel letto vicino alla finestra e poteva sedersi passava il tempo raccontando al suo compagno di stanza tutte le cose che poteva vedere fuori, e il compagno di stanza, immobile, cominciò a vivere per quelle singole ore nelle quali il suo mondo era reso più bello e più vivo da tutte le cose e i colori del mondo esterno.

La finestra dava su un parco con un delizioso laghetto.

Le anatre e i cigni giocavano nell’acqua mentre i bambini facevano navigare accanto a loro le barchette giocattolo. 

Giovani innamorati camminavano abbracciati fra i vialetti fioriti di ogni colore; in lontananza si vedeva la loro bella città.

L’uomo vicino alla finestra descriveva tutto ciò nei minimi dettagli e il compagno dall’altra parte della stanza con gli occhi chiusi assaporava tutto.

In un caldo pomeriggio l’uomo della finestra descrisse una parata che stava passando e sebbene l’altro non potesse vederla, poteva sentire il suono degli strumenti della banda musicale e poteva vederla con gli occhi della mente, così come l’uomo della finestra gliela descriveva.

Passarono i giorni e le settimane.

Un mattino presto, l’infermiera di turno venne a svegliarli con l’acqua per il bagno e trovò il corpo senza vita dell’uomo vicino alla finestra: era morto pacificamente nel sonno.

L’infermiera diventò molto triste e chiamò gli inservienti per portare via il corpo.

Non appena sembrò il momento appropriato, l’altro uomo chiese se potevano spostarlo nel letto vicino alla finestra.

L’infermiera fu felice di accontentarlo e dopo essersi assicurata che stesse bene lo lasciò solo. Lentamente, dolorosamente, l’uomo si sollevò su un gomito per vedere, per la prima volta, il mondo esterno.

Si sforzò e si voltò lentamente per guardare fuori dalla finestra e si accorse che si affacciava su un muro bianco.

L’uomo chiese all’infermiera che cosa poteva aver spinto il suo compagno morto a descrivere delle cose così meravigliose al di fuori di quella finestra.

L’infermiera rispose che l’uomo era cieco e non poteva vedere nemmeno il muro.

“Forse voleva farle coraggio….” disse.

Vi è una tremenda felicità nel rendere felici gli altri, anche a dispetto della nostra situazione.

 Un dolore diviso è dimezzato, ma la felicità divisa è raddoppiata.

Se vuoi sentirti ricco conta le cose che possiedi che il denaro non può comprare.

L’oggi è un dono, e per questo motivo si chiama presente.

                                                                                            Sheila Perl  

           

Grazie Sheila per questa bellissima mail e soprattutto per la tua lezione.

Un caro saluto, da tutti gli ortonovesi, alla Simona Pietra.

                                                                                                                         Romano.

  Risposta ad una lettera
di Massimo Marcesini


Pubblichiamo di seguito la lettera che l’Assessore al Cultura del Comune di Ortonovo, dott. Massimo Marcesini, ha inviato alla signora Jacy Pietra, in risposta alla sua  inviata al nostro bollettino interparrocchiale e pubblicata sul numero scorso del “Sentiero”

                         COMUNE DI ORTONOVO

                           L’Assessore alla Cultura

         

Egregia signora,

è con vivo piacere che Le scrivo, sono, infatti, contento che iniziamo a conoscerci anche solo attraverso lettere ed articoli apparsi sul giornalino “Il Sentiero”.

Mi rende veramente felice che persone come Lei, lontane dal Paese d’origine, ne mantengano intatto l’affetto e il ricordo.

So quanto Romano Parodi si sia dato da fare per custodire il ricordo di Fioravanti, Margherita e Leonice ed ho scoperto, felicemente, la Vostra cortese collaborazione.

La storia personale e politica della sua famiglia fa parte del nostro patrimonio, della nostra cultura e direi che fondamentali valori quali la solidarietà, la dignità e la libertà, di cui oggi la comunità ortonovese è portatrice, nascono proprio  da lì, da lontano, dai sacrifici e dalla sofferenza di intere generazioni che ci hanno preceduto.

Pertanto ritengo che il ricordo di quella che potremmo definire come “l’audace avventura” di Pietra Fioravanti, debba di diritto essere inserita in una delle pagine più belle della nostra memoria.

A tale proposito aspetto Sue notizie ed eventuali documenti inerenti la Sua famiglia, potremmo organizzare qualche incontro, magari in estate, se è Sua intenzione venire in Italia, mi avvisi.

La vedrò molto volentieri, e insieme, Amministrazione comunale, cittadini ortonovesi e famiglia Pietra, salderemo ancor più questo poco conosciuto, ma importantissimo, legame tra Ortonovo e Belo Horizonte.

Mi scriva pure agli indirizzi che accludo.

L’occasione mi è gradita per molto distintamente salutarLa.

 

                                                                     dott. Massimo Marcesini

  Troppo immaturi ?
di Alessio Roggero (da l'Avvenire del 15-2-2009 )


TROPPO  IMMATURI?

 

Aumentano le persone che non sanno valutare i diritti matrimoniali essenziali.

Sabato prossimo a Genova, nel Salone Quadrivium, ci sarà l’inaugurazione dell’anno giudiziario del tribunale Ecclesiastico Regionale Ligure.

L’arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, concelebrerà la Santa Messa nella chiesa di Santa Marta.

Il vicario giudiziale, monsignor Paolo Rigon, illustrerà i dati statistici dell’anno 2008 e aiuterà i presenti a meglio comprendere cosa sia necessario per un matrimonio serio e costruttivo. Quest’anno il tema è quello dell’esclusione della prole dal matrimonio.

Don Bruno Scarpino, vicario giudiziale aggiunto del tribunale regionale ha diffuso la relazione annuale per quanto riguarda le cause di nullità del matrimonio, per rendere conto del servizio pastorale svolto in favore dei fedeli del Ponente ligure.

Nel 2008 sono state gestite 36 cause.

Circa due terzi dei capi di nullità proposti (40 su complessivi 61), riguardano il “grave difetto di discrezione di giudizio” e la “incapacità ad assumere gli oneri coniugali”, cioè non essere in grado di valutare sufficientemente i diritti e i doveri matrimoniali essenziali, da concedere e accettare reciprocamente.

“Si tratta di problematiche psicologiche serie – scrive don Scarpino – ciò indica che siamo in presenza di gravi carenze nella formazione delle persone, nell’ambito religioso e, ancor prima, in quello umano; insufficienze che toccano, sì, il matrimonio, ma pure l’intera personalità.

Ci si sposa molto spesso sotto l’influsso di visioni dell’uomo e della sua vita lontane non soltanto dalla prospettiva cristiana, ma neppure adeguate ad una antropologia rispettosa del bene autentico della persona umana.

Il vicario giudiziale pone l’attenzione anche su un altro argomento.

“Quando tra i coniugi non è ancora avvenuta la separazione in forma legale, o il divorzio, è possibile qualche volta che la causa di nullità sia mossa dal desiderio, insieme alle ragioni di fede cristiana e di coscienza, di tutelare i propri interessi economici, tramite la successiva delibazione (trascrizione) agli effetti civili dell’eventuale sentenza canonica di nullità del matrimonio”.

Alle persone interessate, è corretto spiegare che la causa di nullità canonica non preclude la possibilità di tutelare, anche in contemporanea, i legittimi interessi patrimoniali, perché, spiega ancora don Scarpino, vi sono norme legali in questo senso: “Invece di condurre una impropria guerra alla procedura ecclesiastica di accertamento della nullità dei matrimoni cercando di screditarla agli occhi delle persone rispetto alla procedura civile di divorzio e, così, impedendo di fatto di ricuperare la serenità cristiana e di coscienza a chi lo desidera, ed alle persone che sono a questi legate da nuovi vincoli affettivi o di parentela solo civile si raggiungerebbe lo scopo di tutelare i legittimi interessi e, allo stesso tempo, si accerterebbe se il proprio matrimonio era ‘vero’, ossia se nacque nell’adesione consapevole ed integrale ai suoi contenuti naturali ed a quelli rivelati da Cristo Signore”.

                                                             Alessio Roggero (da ‘Avvenire’ del 15.2.2009).

  Dal diario di un parrocchiano di Casano-San Giuseppe
di Giuseppe Franciosi


Martedì, 2.2.09.

 

Oggi, la Chiesa celebra la festa di S. Biagio.

Anch’io, alle ore 17, partecipo alla Santa Messa.

La chiesa è piena di gente e questo mi sorprende un po’; al termine della Santa Messa tutti ci mettiamo in fila, al centro della chiesa, e, uno alla volta, ci presentiamo davanti a padre Onildo, per la benedizione della gola.

Quella di oggi non è stata per me una grande giornata;  S. Biagio è il patrono della parrocchia di Quarazzana (Fivizzano), la parrocchia della Giulia.

Negli anni passati andavamo a Quarazzana per la festa, ma oggi la Giulia non c’è più e S. Biagio mi fa ricordare tante belle giornate con tanta gente, tanta allegria.

Quella di oggi per me è stata soltanto la giornata dei ricordi, dei rimpianti, giornata di dolore.

 

Mercoledì, 11.2.09.

Alle ore 21, nel nostro Salone, riunione del consiglio parrocchiale.

E’ la prima riunione presieduta da padre Onildo, riunione importante per esaminare un OdG impegnativo.

Non ottima la partecipazione (6 su 10) si esaminano iniziative già vissute (per esempio il Presepe Vivente) e altre che dovremo affrontare.

Al centro di tutto l’approvazione del bilancio, ampiamente positivo, come del resto è sempre successo.

Si parla della festa di San Giuseppe (giovedì 19 marzo); non ci sono novità rispetto al passato: Santa Messa solenne alle ore 18.

Confermata l’offerta di torte preparate dalle nostre signore: è ormai una tradizione.

Per la Via Crucis settimanale nel periodo quaresimale ci sarà una novità: da anni era tradizione utilizzare il pomeriggio della domenica, ma padre Onildo e padre Carlos, più volte di domenica saranno impegnati in raduni diocesani di notevole impegno e allora sembra più conveniente utilizzare il venerdì pomeriggio, come del resto succede in tante parrocchie.

Per la domenica delle Palme non sono previste novità rispetto agli anni passati, una novità ci sarà invece per il martedì santo: una iniziativa nuova della quale si sta occupando Paolo e che non è ancora definita in tutti i particolari che saranno poi resi noti ai fedeli.

Qualche novità per la Processione del venerdì santo: si partirebbe da Serravalle (da Ermanno) e si arriverebbe a S. Martino.

Si spera che quelli del “Presepe Vivente” trovino il tempo per organizzare a S. Martino qualcosa che ci faccia vivere le emozioni che già negli anni passati varie volte ci hanno fatto vivere: S. Martino offre spazi che le altre parrocchie possono solo invidiarci.

Negli anni passati si era tentato di dar vita a una “Caritas” qui a Ortonovo, ma problemi vari ne hanno sempre ostacolato la realizzazione; padre Onildo vorrebbe tentare ancora una volta, tanto più che la situazione economica attuale anche in Italia è piuttosto critica.

Si dovrebbero raccogliere sia indumenti sia viveri; l’invito a collaborare è rivolto a tutti.

 

Giovedì, 12.2.09.

Alle ore 21 ci siamo riuniti nella chiesa di Cafaggiola a pregare per le vocazioni: è il tradizionale incontro mensile. Anche stasera ho raggiunto la chiesa con padre Onildo: alle 20,45, come al solito, si è fermato davanti a casa mia.

Sono salito sulla sua auto e alle ore 21 precise siamo entrati in chiesa.

Che tristezza! In chiesa, all’ora esatta di inizio non c’era nessuno! Piano piano poi qualcuno è arrivato e l’Adorazione ha avuto inizio.

Anche a Cafaggiola ci sono stati consegnati dei fogli che ci hanno permesso di seguire l’ora di adorazione con viva partecipazione.

Mi piace far conoscere a chi non ha partecipato le belle preghiere che tutti insieme abbiamo rivolto al Signore.

O Dio, nostro Padre, con la forza e la dolcezza del Tuo amore chiama numerosi giovani e crea in essi un cuore nuovo capace di ascoltare la Tua parola. Benedici e rafforza nel loro proposito tutti coloro che si sono consacrati a te, e rendi tutti noi attenti alla voce dello Spirito perché diventiamo degli annunziatori e testimoni della Parola che salva.

O adorabile Signore, Ti adoriamo e Ti preghiamo di arricchire la Tua Chiesa con il dono di numerose vocazioni; ascolta le nostre preghiere; rendi perfetta nell’amore la Tua Chiesa; estendi il Tuo regno d’amore fra tutti gli uomini, perché tutti riconoscano Te come Redentore e Signore.

 

Sabato, 21.2.09.

Oggi la TV mi ha fatto vedere gente  (poca a dire la verità) che a Roma , per le strade, manifestava perché il Parlamento sta discutendo una legge che impedisca che un padre possa far morire la figlia di fame e di sete.

Ma l’Italia è diventata un Paese di matti?

Poveri noi!

   

                                           Giuseppe Franciosi

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