N° 6 - Settembre-Ottobre 2020
A PROPOSITO DI SS. TRINITA’
di Antonio Ratti

                                            

Rileggendo il foglietto “La Domenica” del 7 Giugno scorso, Solennità della SS. Trinità, mi sono ritrovato a meditare dove il mistero trinitario diventa veramente il mistero che con le forze umane non puoi sciogliere, ma che devi accettare con l’umiltà della fede che si fida ciecamente di Dio.
Le maggiori eresie trinitarie e cristologiche del lontano passato sono nate proprio dalla testardaggine di voler trovare la soluzione razionale. Grandi pensatori, tipici del Medioriente greco, abituati a commentare la immensa filosofia greca, per secoli non si sono voluti arrendere, ottenendo il risultato di far nascere tante eresie che hanno spezzato l’unità della Chiesa cattolica. Unità spezzata che dopo decine di secoli perdura, ora in modi civili e rispettosi, ma perdura.
Tre espressioni in particolare hanno richiamato la mia attenzione. Le prime due sono nel Credo, quando si dice del Figlio “nato dal Padre prima di tutti i secoli” e poi “Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre.” La terza è nel Prefazio che precede il Sanctus: “con il tuo unico Figlio e con lo Spirito Santo sei un solo Dio, un solo Signore, non nell’unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza.” Il concetto che un padre possa generare un figlio è comprensibile a tutti. Difatti, con le dovute precauzioni e le sostanziali differenze, anche l’uomo è in grado di generare, altrimenti non ci sarebbe la continuità della specie. Io sono stato generato da mio padre e sono della sua stessa sostanza avendo ricevuto il suo DNA, cioè il codice genetico che senza ombra di dubbio conferma la identità della sostanza. Quindi è abbastanza percepibile il senso dei vocaboli: nato, generato e stessa sostanza. Io e mio padre siamo due persone distinte con la medesima sostanza. Allora era del tutto sconosciuta l’esistenza biologica dei codici genetici, quindi era una difficoltà insormontabile dimostrare la medesima sostanza tra padre e figlio. Oggi non è più un problema, ma una certezza.
 Il primo intoppo, nel mio ragionare, lo incontro quando penso all’altro significato di “nato” e “generato dal Padre.” I due participi passati in questione indicano che, se il Figlio è nato e il Padre lo ha generato, il Figlio, magari, per “un milionesimo di secondo” non c’era anche se la nascita è avvenuta prima di tutti i secoli, quindi non sono coevi, cioè eterni ed infiniti in modo uguale, sebbene della stessa sostanza. Anche lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, per un “altro milionesimo di secondo” non c’era.
In altri termini chi genera è prima del generato, secondo il modo di ragionare della mente umana ed è inconcepibile pensare ad un figlio coevo e coetaneo del padre biologico. A questo punto, sono obbligato a ritenere che l’intelligenza umana non è riuscita ad inventare e a coniare vocaboli più idonei e precisi di “nato”, di “generato” e di “procede” per farmi comprendere ciò che si nasconde dietro di loro, cioè la verità. Infatti leggendoli si viene fuorviati, perché appaiono tre persone distinte, di cui due nate e generate in momenti diversi, mentre nell’unità trinitaria sono identici, cioè della stessa sostanza e unici negli attributi (infiniti ed eterni). Aristotele con il suo concetto di Logos, pensiero eterno ed infinito in grado di realizzarsi creando, ci suggerisce, senza saperlo, la definizione di Dio. Non a caso la Bibbia dei 70 in greco chiama Dio, il Logos, cioè il Pensiero assoluto. Qui incontro il secondo intoppo.
Razionalmente occorre riconoscere che due eterni e due infiniti non possono coesistere, poiché si limiterebbero l’un l’altro, figuriamoci tre ( Padre, Figlio, Spirito Santo )!!  E allora? Mi sono dato l’unica provvisoria soluzione che ho trovato possibile: Umilmente devo ricorrere ad un atto di fede ed aspettare che si realizzi la promessa fatta da Gesù che, alla fine dei secoli quando tornerà sulla terra, ci renderà chiara ogni cosa.
Del resto anche il C.C.C. ( Catechismo della Chiesa Cattolica) si limita a riportare quanto hanno decretato e diventato obbligo di fede, i Concili di Efeso ( 431 ) e di Calcedonia ( 451 ), suggerendoci semplicemente di  credere, senza surriscaldare la mente in speculazioni inutili  che portano in un vicolo cieco o all’errore.
Così pensando al  mio modestissimo tentativo di mettere in piedi un ragionamento, mi consola il constatare  quante menti eccelse o si sono onestamente arrese o sono andate dritte nell’eresia provocando danni immensi.
Secondo me, il buon Dio nella sua paternità  ha il diritto di chiederci di riporre  fiducia in Lui e di credere che verrà il momento in cui tutto sarà chiaro anche per gli umani in modo definitivo ed eterno.                                                                                                   

 



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