N° 5 - Giugno 2020
Dal diario di un parrocchiano
di Enzo Mazzini

Domenica 15 marzo - È una domenica molto triste, questa, forse una delle più tristi che io ricordi.
Siamo tutti "imprigionati" nelle nostre case per combattere un nemico tanto sconosciuto ed invisibile, quanto terribile: il Coronavirus. Quanto ci manca la nostra consueta santa Messa domenicale, la visita alle tombe dei nostri cari defunti ed il consueto scambio di opinioni con gli altri fedeli!
Purtroppo siamo relegati nelle nostre case ed il mio pensiero e quello di mia moglie vanno più volte a tante persone, magari anziane o malate, che vivono sole ed oggi devono vivere come carcerate. Maria Santissima stia loro vicina e le consoli!
Molto commovente il saluto di Papa Francesco che all' "Angelus" ringrazia innanzitutto i sacerdoti che, con creatività, cercano, in mille modi, di essere vicini al popolo, perché il popolo non si senta abbandonato. Sono "pastori" che hanno ben compreso come, in una pandemia come questa, non si possa essere dei "don Abbondio”.
Il Papa, introducendo l'Angelus domenicale, in diretta televisiva, dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano e non dal suo balcone, a causa dell'emergenza Coronavirus, sottolinea l'esemplare impegno dell'Arcivescovo di Milano, S.E. Mons.Mario Delpini, che è vicino al suo popolo e, in preghiera, sale sul tetto del Duomo per implorare   la protezione della "Madonnina". E sottolinea che in quel momento - mentre il Papa parla - l'Arcivescovo sta portando a termine la Santa Messa per gli ammalati, i medici, gli infermieri ed i volontari. Sottolinea come l'Arcivescovo è vicino al suo popolo ed anche vicino a Dio nella preghiera. Il Papa ha infatti presente l'immagine in cui lui, la settimana scorsa, da solo, è sul tetto del Duomo a pregare la Madonna.
Ma il Papa vuole ringraziare anche tutti i sacerdoti, la creatività dei sacerdoti. "Tante notizie mi arrivano dalla Lombardia su questa creatività. È vero, la Lombardia è stata molto colpita, ma ci sono sacerdoti che cercano, in mille modi, di essere vicini al popolo, perché il popolo non si senta abbandonato: sacerdoti che, con zelo apostolico, hanno ben compreso che in tempi di pandemia non si deve fare i "don Abbondio". Grazie tante a voi sacerdoti!”. Quindi passa al brano evangelico di questa domenica che " presenta l'incontro di Gesù con una donna samaritana. Egli è in cammino con i Suoi discepoli e fa sosta presso un pozzo, in Samaria. I Samaritani erano considerati eretici dai Giudei e molto disprezzati: come cittadini di seconda classe. Gesù è stanco ed ha sete. Arriva una donna a prendere acqua e Lui le dice: "Dammi da bere". Così, rompendo ogni barriera, comincia un dialogo in cui svela a quella donna il mistero dell'acqua "viva", cioè dello Spirito Santo, dono di Dio. Infatti, alla reazione di sorpresa della donna, il Figlio di Dio risponde: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere", tu avresti chiesto a Lui, ed Egli ti avrebbe dato, acqua "viva”.
Al centro di questo dialogo c'è l'acqua: da una parte l'acqua come elemento essenziale per vivere, che appaga la sete del corpo e sostiene la vita e, dall'altra, l'acqua come simbolo della grazia divina, che dà la vita eterna. Nella tradizione biblica Dio è la fonte dell'acqua viva - così si dice nei salmi, nei profeti - e, allontanarsi da Dio, fonte di acqua viva, e dalla Sua Legge, comporta la peggiore siccità. È l'esperienza del popolo d'Israele nel deserto: nel lungo cammino verso la libertà, esso, arso dalla sete, protesta contro Mosè e contro Dio perché non c'è acqua. Allora, per volere di Dio, Mosè fa scaturire l'acqua da una roccia, come segno della provvidenza di Dio che accompagna il Suo popolo e gli dà la vita. E San Paolo interpreta quella roccia come simbolo di Cristo e dirà così: "E la roccia è Cristo. È la misteriosa figura della Sua presenza in mezzo al popolo di Dio che cammina". Cristo infatti è il "Tempio" dal quale, secondo la visione dei profeti, sgorga lo Spirito Santo, cioè l'acqua viva che purifica e dà vita.
Chi ha sete di salvezza può attingere gratuitamente da Gesù e lo Spirito Santo diventerà   in lui o in lei una sorgente di vita piena ed eterna. La promessa dell'acqua "viva" che Gesù ha fatto alla Samaritana è divenuta realtà nella Sua Pasqua: dal Suo costato trafitto sono usciti "sangue ed acqua".  Cristo, Agnello immolato e risorto, è la sorgente da cui scaturisce lo Spirito Santo che rimette i peccati e rigenera a vita nuova. Questo dono è anche la fonte della testimonianza. Come la Samaritana, chiunque incontra Gesù vivo sente il bisogno di raccontarlo agli altri, cosicché tutti arrivino a confessare che Gesù è veramente il "Salvatore del mondo", come dissero poi i compaesani di quella donna.
Così anche noi, generati a vita nuova mediante il Battesimo, siamo chiamati a testimoniare la vita e la speranza che sono in noi".
Dopo l' Angelus, il Papa aggiunge, con profonda tristezza: "In questi giorni Piazza San Pietro  è chiusa e perciò il mio saluto si rivolge direttamente a voi che siete collegati attraverso i mezzi di comunicazione. In questa situazione " di pandemia", nella quale ci troviamo a vivere più o meno isolati, siamo invitati a riscoprire ed approfondire il valore della comunione che unisce tutti i membri della Chiesa. Uniti a Cristo non siamo mai soli - assicura - ma formiamo un unico Corpo, di cui Lui è il Capo. È un'unione che si alimenta con la preghiera ed anche con la comunione spirituale all'Eucaristia, una pratica  molto raccomandata quando non è possibile ricevere il Sacramento: questo per tutti, ma specialmente per le persone che vivono sole".
Quindi rinnova la Sua vicinanza a tutti i malati ed a coloro che li curano, come pure ai tanti operatori e volontari che aiutano le persone che non possono uscire di casa ed a quanti vanno incontro ai bisogni dei più poveri e dei senza dimora: "Grazie tante per tutto lo sforzo che ognuno di voi fa per aiutare, in questo momento tanto duro".
Domenica 22 marzo - A causa della gravissima pandemia in corso e che diventa sempre più terribile, alle ore 12 il Santo Padre Francesco ha guidato la recita della preghiera dell'Angelus dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico Vaticano. Quanto ci manca il consueto appuntamento domenicale in Piazza San Pietro che oggi è completamente vuota, come tutte le piazze e le strade del nostro Paese! Il Signore e la nostra Madre Celeste ci aiutino a superare questo terribile momento che miete vittime fra la popolazione ed anche fra i nostri angeli custodi rappresentati dai medici, dagli infermieri e da tutti gli operatori della sanità che stanno offrendo tutte le loro energie, con spirito di abnegazione, fino a donare le loro vite per dare la salute ai fratelli malati. Dio li assista e li abbia in gloria! Un grazie sentito va anche a tutti i lavoratori che garantiscono i servizi essenziali per la nostra sopravvivenza, come le forze dell'ordine, gli operai, i trasportatori, i benzinai e chiunque dà la propria opera per il bene dei loro fratelli.
In questo clima di profonda tristezza, il Papa introduce la preghiera mariana con queste parole: " Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Al centro della liturgia di questa quarta domenica di Quaresima c'è il tema della luce". Il Vangelo (Gv 9,1 -41) racconta l'episodio dell'uomo cieco dalla nascita, al quale Gesù dona la vista. Questo segno miracoloso è la conferma del l'affermazione di Gesù che dice di Sé: "Sono la luce del mondo", la luce che rischiara le nostre tenebre. Egli opera l'illuminazione a due livelli: uno fisico ed uno spirituale. Il cieco dapprima riceve la vista degli occhi e poi è condotto alla fede nel "Figlio dell'uomo", cioè in Gesù.
I prodigi che Egli compie non sono gesti spettacolari, ma hanno lo scopo di condurre alla fede attraverso un cammino di trasformazione interiore.
I dottori della legge si ostinano a non ammettere il miracolo e rivolgono all'uomo risanato  domande insidiose, ma egli li spiazza con la forza della realtà: "Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo". Tra la diffidenza e l'ostilità di quanti lo circondano e lo interrogano increduli, egli compie un itinerario che lo porta gradualmente a scoprire l'identità di Colui che gli ha aperto gli occhi ed a confessare la fede in Lui. Dapprima Lo ritiene un profeta; poi Lo riconosce come uno che viene da Dio; infine Lo accoglie come il Messia e si prostra davanti a Lui. Ha capito che, dandogli la vista, Gesù ha manifestato le opere di Dio. Che possiamo anche noi fare questa esperienza!
Con la luce della fede colui che era cieco scopre la sua nuova identità. Egli ormai è una nuova creatura, in grado di vedere, in una nuova luce, la sua vita e il mondo che lo circonda, perché è entrato in comunione con Cristo: è entrato in un'altra dimensione. Non è più un mendicante emarginato dalla comunità; non è più schiavo della cecità e del pregiudizio. Il suo cammino di illuminazione è metafora del percorso di liberazione dal peccato a cui siamo chiamati. Il peccato è come un velo scuro che copre il nostro viso e ci impedisce di vedere chiaramente noi stessi e il mondo: il perdono del Signore toglie questa coltre di ombra e di tenebra e ci dona nuova luce. La Quaresima che stiamo vivendo sia tempo opportuno e prezioso per avvicinarci al Signore, chiedendo la Sua misericordia, nelle diverse forme che la Madre Chiesa ci propone.
Il cieco risanato, che vede ormai sia con gli occhi del corpo, sia con quelli dell'anima, è l'immagine di ogni battezzato che, immerso nella grazia, è stato strappato dalle tenebre e posto nella luce della fede. Ma non basta ricevere la luce: occorre diventare luce!
Ognuno di noi è chiamato ad accogliere la luce divina per manifestarla con tutta la propria vita. Ce lo ricorda oggi San Paolo: "Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità". Il seme di vita nuova posto in noi nel Battesimo è come scintilla di un fuoco che purifica prima di tutto noi, bruciando il male che abbiamo nel cuore, e ci permette di brillare ed illuminare.
Maria Santissima ci aiuti ad imitare l'uomo cieco del Vangelo, così che possiamo essere inondati dalla luce di Cristo ed incamminarci con Lui sulla via della salvezza".
Quindi il Santo Padre procede alla recita dell'Angelus e poi impartisce la Santa Benedizione.

 


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