N° 2 - Febbraio 2020
Il sacerdote nel mondo di oggi
di Don Carlo


Dove si può essere preti se non nel mondo? E tuttavia, a causa dell’ambiguità di questa parola e dell’uso abusivo che se ne fa, è indispensabile fermarci un momento a riflettere. Molte generazioni di sacerdoti non sono forse state educate al disprezzo del mondo! Una delle tristi conseguenze di questo fatto è la seguente: il prete è rimasto confinato nell’esercizio di funzioni esclusivamente sacre, tagliato fuori quasi totalmente dalle realtà della vita. Di qui una predicazione astratta, senza vita, priva di qualsiasi influenza sul comportamento dell’uomo che vive immerso nella realtà quotidiane. Che cosa desidera la Chiesa dai suoi sacerdoti oggi? Chiede che sappiano raggiungere gli uomini nella loro vita reale. Questo vuol dire che il prete deve essere capace di intuire e di definire le innumerevoli responsabilità che incombono sull’uomo nei diversi ambiti del suo sviluppo: famiglia, professione, società. Gesù ha detto che il buon pastore conosce le sue pecore. Ora, la conoscenza dell’uomo del ventunesimo secolo non è la stessa che gli apostoli potevano avere nel momento in cui Gesù faceva questa conoscenza dell’uomo, un elemento essenziale della attività pastorale. Come avvicinare, comprendere, scoprire l’uomo di oggi! Inebriato dai propri successi, cosciente della propria dignità, geloso della propria autonomia, questi non si lascia facilmente scoprire. E allora il prete può, anzi, deve ricorrere alle diverse scienze umane per acquisire una conoscenza più concreta delle persone alle quali porterà l’annuncio della Salvezza. Ma pur cercando di entrare veramente in comunione con il suo interlocutore, il prete non deve mai dimenticare che la conoscenza pastorale non è di ordine intellettuale: è di ordine vitale. Colui che ha una vera vocazione apostolica si servirà delle inchieste sociologiche per rendere le sue conoscenze più precise, farà ricorso alle esperienze della psicologia per raggiungere le profondità della coscienza, studierà il comportamento dell’individuo che vive in società, si servirà della filosofia per conoscere e comprendere il mondo che lo circonda. Ma la vera scoperta dell’uomo nella sua natura profonda gli sarà rivelata soprattutto da un amore disinteressato e da un servizio incondizionato di Dio e degli uomini. Ecco come Paolo VI, il Papa del silenzio e della sofferenza, con un amore speciale alla Chiesa e all’uomo ne sottolinea la sua importanza e il servizio: “La Chiesa si è occupata dell’uomo quale oggi in realtà si presenta. La scoperta dei bisogni umani ha assorbito tutti i nostri sforzi. Noi dobbiamo servire l’uomo, in particolare chi soffre di più, chi è più solo. La Chiesa si è dichiarata in un certo senso serva dell’uomo”. Uno dei segni di vocazione sarà dunque questa capacità di simpatia profonda e di servizio degli altri. E’ bello vedere oggi molti giovani che possiedono questa disposizione fondamentale di presenza ai loro fratelli. Ora si comprende meglio il significato delle parole di Gesù rivolte ai suoi apostoli, quando li invita a lasciare tutto per seguirlo. (Mc 10, 28-30). La sua intenzione non era di obbligarli a separarsi dagli uomini, ma di portarli a raggiungere una libertà che permettesse di farsi tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. (1Cor9, 22). Ho scritto queste riflessioni sulla figura del sacerdote perché viviamo in un mondo sempre più immerso nel relativo, che tende ad appiattire e svuotare il suo ministero. Proprio per questo è urgente comprendere il vero significato della sua missione. Essere accanto ad ogni uomo, offrire con gioia I sacramenti dell’Amore di Gesù. “Chi ci separerà da questo Amore? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principianti, né presente, né avvenire, né potenze, né altezze, né profondità, né alcuna creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù.” (Rom8, 34-39)






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