N° 8 - Ottobre 2019
IL PAPA IN AFRICA
di La redazione

  

Papa Francesco ha effettuato nella prima decade di settembre un viaggio pastorale nell’Africa meridionale visitando due dei paesi tra i più poveri in assoluto, il Mozambico e l’isola di Madagascar. Nel suo viaggio di ritorno a Roma ha dialogato per più di un’ora con i giornalisti presenti sull’aereo, rispondendo a tante domande, anche insidiose, con la schiettezza che lo contraddistingue. Di particolare importanza è quella riportata qui di seguito, perché chiarisce una spiacevole realtà nella Chiesa: coloro che si ritengono sempre nel giusto e testardamente infallibili. Il Papa dice che costoro hanno sempre un problema interiore e vanno aiutati.
DOMANDA DEL GIORNALISTA: Verso di lei ci sono forti critiche e persino alcuni suoi amici più stretti hanno parlato di un complotto contro di lei. C’è qualcosa che questi critici non capiscono del suo pontificato, o c’è qualcosa che lei ha imparato dalle critiche? Un’altra cosa: lei ha paura di uno scisma nella Chiesa americana, e se sì, c’è qualcosa che potrebbe fare?
RISPOSTA di PAPA FRANCESCO: “Le critiche aiutano e quando uno riceve una critica, subito deve fare autocritica. Io sempre delle critiche vedo i vantaggi. Delle volte ti arrabbi, ma i vantaggi ci sono. Poi nel viaggio di andata a Maputo, è venuto uno di voi a darmi un libro: “Come gli americani vogliono cambiare il Papa”. Io sapevo del libro, ma non lo avevo letto. Le critiche non sono soltanto degli americani, ma un po’ dappertutto, anche in curia. A me piace quando si ha l’onestà di dirle. Non mi piace quando le critiche stanno sotto il tavolo, magari ti sorridono con tutti i denti e poi ti pugnalano alle spalle. La critica è un elemento di costruzione e può avviare un dialogo. Invece la critica delle pillole di arsenico è un po’ buttare la pietra e nascondere la mano. Se faccio la critica e aspetto la risposta, vado dal Papa e parlo e scrivo un articolo e gli chiedo di rispondere, questo è leale, questo è amare la Chiesa. Fare una critica senza voler sentire la risposta e senza fare il dialogo è non volere bene alla Chiesa, è andare dietro ad una idea fissa. Sempre una critica leale è ben ricevuta, almeno da me.
Quanto allo scisma, nella Chiesa ce ne sono stati tanti. Dopo il Vaticano I, i vescovi cosidetti vetero-cattolici se ne sono andati a causa dell’ultima votazione sull’infallibilità. Dicevano di voler essere fedeli alla tradizione della Chiesa e adesso fanno l’ordinazione delle donne. Dopo il Vaticano II c’è stato lo scisma di Lefebre.  Sempre c’è l’azione scismatica nella Chiesa. E’ una delle azioni che il Signore lascia alla libertà umana. Ma io non ho paura degli scismi, prego perché non ce ne siano, che ci sia il dialogo, che ci sia la correzione se c’è qualche sbaglio, ma il cammino nello scisma non è cristiano. Poi mi viene da pensare: è il popolo di Dio a salvare dagli scismi, perché gli scismatici sempre hanno una cosa in comune, si staccano dal popolo e dalla fede del popolo di Dio. Il popolo di Dio sempre aggiusta e aiuta.
Uno scisma è sempre uno stato elitario, ideologia staccata dalla dottrina. Per questo io prego che non ci siano scismi. Ma non ho paura. Io rispondo alle critiche. Ad esempio le cose sociali che dico sono le stesse che ha detto Giovanni Paolo II, io copio lui. Oppure, la primazia di una morale asettica sulla morale del popolo di Dio, la morale dell’ideologia, per così dire pelagiana, che ti porta alla rigidità. Oggi abbiamo tante scuole di rigidità della la Chiesa, che non sono scisma, ma sono vie cristiane pseudo-scismatiche che finiranno male. Quando vedrete cristiani, vescovi e sacerdoti rigidi, dietro di quelli ci sono dei problemi, non c’è la “sanità” del Vangelo. Per questo dobbiamo essere miti con le persone che sono tentate da questi attacchi, perché hanno un problema e dobbiamo accompagnarle con mitezza. “

  (da AVVENIRE del 10/09/ ’19 )

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