N° 11 - Dicembre 2015
La pagina di papa Francesco
di LA REDAZIONE


 

La corruzione - “Una volta ho fatto una domanda a un ministro dell’Argentina: un uomo onesto, che ha lasciato l’incarico, perché non poteva andare d’accordo con alcune cose un po’ oscure. Gli ho chiesto: quando voi inviate aiuti, siano pasti, siano vestiti, siano soldi ai poveri e agli indigenti, di quello che inviate, quanto arriva là, sia in denaro, sia in spese? Mi ha detto: il 35 per cento. Significa che il 65 per cento si perde. Questa è la corruzione: un pezzo per me, un altro per me”.                                                                                                         

 
(da un’ intervista rilasciata a “STRAATNIEUWS”, giornale di strada olandese)

 

Le tre “T” - “Un credente non può parlare della povertà o dei senza tetto e condurre una vita da faraone. Gesù è venuto al mondo senza tetto... Nei movimenti popolari si lavora con le tre “T” spagnole: trabajo (lavoro), techo (tetto), tierra (terra). La Chiesa predica che ogni persona ha diritto a queste tre cose”.

(dall’omelia in S. Marta, 6 nov.)

 

Convegno Ecclesiale di Firenze - Papa Francesco chiede: a) di “non essere ossessionati dal potere, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa”. b) “umiltà, disinteresse, beatitudine, perché si trovi la via del rinnovamento”. c) abbandonare un’antica eresia che porta ad “avere fiducia solo nelle strutture”.  “Evitiamo, per favore, di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli. Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze... Ai vescovi chiedo di essere pastori: sia questa la vostra gioia. Sarà la gente, il vostro gregge, a sostenervi”. E per dare un esempio concreto di come uscire in strada cita con palese simpatia don Camillo di Guareschi.

(Firenze, 10 nov. Basilica di S.M. del Fiore)

 

La famiglia  -  “Condividere e saper condividere è una virtù preziosa! Il suo simbolo, la sua icona, è la famiglia riunita intorno alla mensa domestica. La condivisione del pasto - e dunque, oltre che il cibo, anche degli affetti, dei racconti, degli eventi - è un’esperienza fondamentale. Quando c’è una festa, un compleanno, un anniversario, ci si ritrova attorno alla tavola. In alcune culture è consuetudine farlo anche per un lutto, per stare vicino a chi è nel dolore per la perdita di un familiare. La convivialità è un termometro sicuro per misurare la salute dei rapporti: se in famiglia c’è qualcosa che non va, o qualche ferita nascosta, a tavola si capisce subito. Una famiglia che non mangia quasi mai insieme o nella quale a tavola non si parla, ma si guarda la televisione o lo smartphone, è una famiglia “poco famiglia”. Quando i figli a tavola sono attaccati al computer o al telefonino e non si ascoltano fra loro, questa non è famiglia, è un pensionato. Oggi molti contesti sociali pongono ostacoli alla convivialità familiare. E’ vero, oggi non è facile. Dobbiamo trovare il modo di recuperarla: a tavola si parla, a tavola si ascolta. Niente silenzio, quel silenzio che non è il silenzio delle monache, è il silenzio dell’egoismo: ognuno ha la sua televisione o il suo computer e non ci si parla. No, niente silenzio. E’ indispensabile recuperare quella convivialità familiare pur adattandola ai tempi”.

                                  

(dall’ Udienza generale in Piazza S. Pietro, 11 nov.)

                                                   

 


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