N° 7 - Agosto-Settembre 2014
Il dialetto ortonovese
di Romano Parodi


Da mesi su Facebook c’è una simpatica rubrica dal titolo “Sei di Ortonovo se…”. Peccato che nessuno di costoro scriva in maniera corretta. Nessuno ha letto Il Sentiero al riguardo '. Diversi anni fa avevo scritto molto sul nostro dialetto e pubblicato anche un libretto. Voglio dare una rinfrescata almeno sulle cose più importanti avvalendomi anche dello studio fatto dal Prof. Vinicio Serri.
La regola più evidente ed originale del nostro dialetto è costituita dal finale delle parole; nessuna termina con la lettera “e”(come nel francese che è muta) salvo pochissime eccezioni, ma non dimenticate che le parole dialettali sono meno della metà delle parole in italiano. Naturalmente la regola non vale per quelle accentate e i nomi propri. Si considerano accentate: mè, tè, e i numeri trè, sé, (sei). Il verbo “è”, sottintendendo “egli è”, “lui si è”, “ella è”, diventa “g’ié, i’sé, a d’è, ecc.
Quindi non essendoci le “e” finale non esiste il femminile plurale. Quando si dice: “ò magna la ciresha”, è plurale e singolare. Se proprio si vuole specificare si dice: “ho magnà tanta ciresha”. Sapete come io me ne sono accorto? Ragionando su questa preghiera, insegnatami da mia nonna, tanti anni fa: “A let a let a m’ n’andrò, set santi a tro(eu)rò (alla francese),trè da capo, quatr da pè, ‘l Signoro (italianizzato) arento a mè, la Madona a d’è mi ma, San Giusepe gh’iè mi pà, tut’i santi fh’ièn mi fradei, tut la santa a d’èn mi soreda, i man ito ca n’abia panico né d’ombra né d’shombra, né d’l diaolo ch t sprofonda”. Non occorre tradurla.
La grammatica è qui ben spiegata da Vinicio. Speriamo che qualcheduno la legga.
Romano Parodi

Cenni di fonetica e morfosintassi del dialetto ortonovese (Professor Serri Vinicio)

Il dialetto ortonovese rientra nell’area lunigiana – garfagnina, nella quale sono presenti i due fenomeni più caratteristici: il “d” invertito e le esplosive palatali “k’i” “g’i”.
1) Il “d” invertito o cacuminale è sviluppo del lat.”LL” e corrisponde ad LL anche nella lingua. Il carattere particolare di questo snodo consiste nel fatto che nell’articolarlo la posizione della lingua, fortemente piegata all’indietro, provoca una occlusione contro il palato superiore.
2) Pochissimi vocaboli non rispettano questa corrispondenza tra il “d” invertito dell’ortonovese e il gruppo”LL” nella lingua. Tra questi “bela” (bella, belle), “caramela”, (caramella caramelle), “bulon” (bullone). Questo suono è di difficile acquisizione per chi non usa l’ortonovese o altro dialetto che lo possiede come parlata materna. Nel testo il “d” invertito e trascritto come il normale “d” di dito, doman, odoro. Alcuni esempi: kauado” (cavallo), kauada (cavalla), “porcedo” (porcello),”grido” (grillo), “podastro” (pollastro). Davanti a parole inizianti per vocali o suono indistinto (vocale mutola) l’articolo determinativo maschile e singolare e quello invariabile femminile si presentano come “d” invertito: “d’omo, d’anedo (l’uomo l’anello), “d’nverno, d’anma” (l’inverno, l’anima), “d’ombra”, (l,ombra). I maschili che al singolare escono in “ado” (allo), “edo”, (ello), “ido, (illo), “odo”, (ollo) subiscono al plurale paletizzazione per la presenza della desinenza “i” ed escono in “ai,ei,ii, (ui): “kauai” (alli), “porcei” (elli), “ushei” (uccelli), “grii” (grilli), “moi” (molli).
I nessi latini CL (TL) iniziali (ecclesia, clamare, spec(u)lum,sit(ula) hanno come esito “ki” corrispondenti in genere all’italiano ç chi: “k’iesa, k’iamara, spekio, sek’ia, s’k’iedo (secchiello).
GL + voc danno “g’i”. Da muliera (mogliera, moglie) si ha “mog’iera”, da folia (foglia) “fog’ia”, da maglione “mag’ion, da filiolo (figliolo) “fig’iolo.E’ un suono che fonde la velare e la palatale (articolazione gutturale con contemporaneo schiacciamento della lingua sul retro palato. Il femminile definisce queste consonanti come le vere esplosive palatali. Secondo Rohlps la “c” (k’i) ha suono simile a quello di chiamo e la “g” (g’i) è simile a quello di ghianda. Alcuni tratti caratteristici, rispetto alla lingua, che l’ortonovese può avere in comune anche con altri dialetti vengono qui brevemente descritti.
1) Le vocali che si trovano nella prima sillaba dopo quelle accentate sono ridotte alle vocali mutole o indistinte, che viene resa con un apostrofo o addirittura si sono dileguate: stò’mko, tèn’ro, pòlv’ra, cèndra. Tendono a ridursi o a scomparire anche alcune vocali delle sillabe che precedono quelle con l’accento (vocali protoniche): s’tembra, stimana (settimana), vrità (verità), povrin (poverino). Questo fenomeno però meno generalizzato che in altri dialetti : nipòto, soménta, (nel nicolese n’vodo, s’menta). La caduta della vocale protonica ibiziale del prefisso lat.re, (ital. ra, ri) comporta l’aggiunta di una suppletiva : arccordara (ricordare), arv’nira (rivenire), arcontara (raccontare).
2) La pronuncia di “s” davanti a una consonante sorda (k,p,t) è come quella del gruppo “sc” nella pronuncia italiana di scena: stada, sc-stada, skala, sc-kala. stupido, sc-tupido.
3) La lieve palatalizzazione di “sj” latino viene indicata con il segno “sh” ed è pronunciata quasi come il “j” francese di journal, jambou. basjare, bashara, kamisha, cerasja, cireèsha (ciliegia).
4) Tutte le consonanti geminate (doppie) intervocaliche subiscono lo scempiamento, cioè si riducono alle vocali semplici, con l’eccezione di “il” che ha come esito il “d” invertito. tera, (terra), roto (rotto), pèto (petto), kana (canna).
5) La consonante “v” intervocale o si vocalizza in “u” o scompare. cava, kaua, uva, ua, (u)ovo, òo, n(u)ovo, nòo, neva (neve), nea, kauado, (cavallo). La norma vale anche per la “v” derivante da “b” o da “p”. kaballus (cavallo) kauado. io contavo, ego contabam, me a konteua; capestro, cavestro, kaestro. Però nell’imperfetto indicativo di avere (lat. habere) la “b” del tema (habe) è caduta ed ha consentito la fusione delle vocali, mentre la “b” originaria nella desinenza si è vocalizzata, come nelle voci dell’imperfetto indicativo di tutti i verbi. habebat (+) (it. aveva) aeua, eua, ego habebam, io avevo, mè a i eua. Altri esempi di cadute e di vocalizzazione: taulin (tavulin, tavolino); al pioa (piove), kauadon (cavallone, alare), laurara, (lavorare).
6) Tutti i nomi (sostantivi ed aggettivi) femminili escono in “a” sia al singolare che al plurale.Tana (tana e tane), via (via e vie), frea (febbre), nea (neve), golpa (volpe e volpi). Quelli che nella lingua appartengono a declinazioni diverse dalla prima e escono in no, ne, ni, in ortonovese sono tronchi e indeclinabili: man (mano, mani), fun (la fune, le funi), divisione, divishon. I maschili sono passati tutti alla declinazione i “o-ì” anche quelli che nel significato proprio hanno nella lingua il plurale in “a”. Analogamente al femminile sono tronchi i nomi uscenti in “n” :fiume,fiumo ;lume, lumo; braccio, braci; braccia, braci; uovo, òo; uova, òi ;pantano, pantan ; verde, verdo ; dolce, dolcio; cane, kan; pane, pan; bruno, brun; mascalzone, mascalzon; mangione, magnon, come gli altri accrescitivi in “one”.
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