N° 10 - Dicembre 2013
Commento ai Vangeli del Mese
di Claudia Pugnana


                           Commento ai Vangeli del Mese

                                                            (Dicembre 2013 - Anno A)

 

01/12/2013 - 1°Dom. di Avvento – Mt 24,37-44

Ricomincia oggi un nuovo anno liturgico, ci prepariamo ad accogliere Gesù che nasce con il Tempo di Avvento.
Intanto oggi ci viene presentata l’ultima parte del discorso escatologico (= discorso sulle “ultime cose”, sugli “ultimi tempi”) del Cristo che ci insegna l’atteggiamento che dovremo  avere quando Egli tornerà per la seconda volta sulla Terra (giorno della Parusìa).
La liturgia della Parola nel Tempo di Avvento ci aiuta a consolidare le verità di fede, ad osservare con oggettività come ci comportiamo, consapevoli che Dio ha già mantenuto la promessa fatta ai Profeti, si è già  incarnato e ci ha dato gli strumenti per avere la salvezza.Gesù ci chiede una vigilanza attenta ed operosa: dovremo imparare ad evitare di distrarci con le cose del mondo e a non vivere come gi uomini al tempo di Noè, che nell’imminenza del diluvio, “non si accorsero di nulla”.Dovremo vegliare ogni giorno della nostra vita che è un “avvento personale”  per l’incontro con il Risorto, un tempo di attesa del quale soltanto Dio conosce la durata.Il comportamento più saggio è attenderlo sempre poiché, per la maggior parte  delle persone, la fine del mondo sarà il giorno della morte.Molti oggi tentano di rimuovere il pensiero della morte e spesso riempiono la loro testa di centomila futilità e il loro tempo di divertimenti e distrazioni: tutto lecito ma poco cristiano!Con l’imperativo “Vegliate!” Gesù ci ordina di non assopirci, di tenere vigili tutti i nostri sensi, di agire nel mondo.L’azione del cristiano deve essere caratterizzata dall’Amore poiché, come ci dice S.Giovanni della Croce, “alla sera saremo giudicati sull’amore”.
San Paolo, nella 2° lettura di oggi, scrive che il cristiano deve “rivestirsi del Signore Gesù Cristo”: è necessario che la Persona di Gesù diventi il nostro abito (= ciò che si porta tutti i giorni), così che chi ci guarda veda la manifestazione dell’insegnamento di Gesù.

 

08/12/2013 – 2°Dom. di Avvento – Mt 3, 1-12

Giovanni il Battista è colui che ha preparato gli Ebrei alla venuta del Messia, è da considerarsi l’ultimo profeta dell’Antica Alleanza.
Egli annuncia, con la forza che gli è data dalla fede e con l’autorità che gli è data dal fatto che vive quello che predica, l’avvento del Messia.
Giovanni predica nel deserto, il luogo dove non c’è nulla che ci possa distrarre, e si veste e si nutre con essenzialità, poiché  altre cose sono più importanti e da curare.

E’ necessario “raddrizzare i sentieri” sui quali camminerà il Cristo, togliere tutti gli ostacoli, che sono i nostri peccati.
Occorre un cambiamento di mentalità, occorre modificare il modo di pensare e di vivere: la conversione ci permette di andare incontro al Messia sapendo che è Lui la nostra meta e la nostra felicità.

Non è sufficiente appartenere alla Chiesa per sentirsi a posto con la coscienza o per essere sicuri di salvarci: dobbiamo fare “un frutto degno della conversione”.
Si tratta di mettere la Parola come norma di tutti i nostri pensieri e di tutte le nostre azioni
.
Abbiamo la soluzione per cancellare  tutte le nostre tristezze e continuiamo a piangere.

 

15/12/2013 - 3°Dom. di Avvento – Mt 11,2-11

Questa domenica è dominata dal tema della gioia: “Rinfrancate i vostri cuori (Gaudete)  perché la venuta del Signore è vicina” (Giac. 5,7-10)
Il brano del Vangelo di oggi ci presenta Giovanni Battista in carcere e non tanto sereno.
Ha un dubbio atroce che lo tormenta riguardo alla messianicità di Gesù che aveva predicato con  tanta forza e convinzione. Le notizie che riceve in carcere sulla predicazione e sulle opere che compie Gesù lo lasciano alquanto deluso e amareggiato : non sono comportamenti da Messia!

Il Messia degli Ebrei doveva esercitare il terribile giudizio di Dio, doveva fare fuori tutti quelli che operavano il male, avendo in mano la “scure “ e il “ventilabro”…..
Invece Gesù passa il suo tempo ad accogliere i peccatori e a soccorrere i poveri e i malati.

Così decide di fare a Gesù, per il tramite dei suoi discepoli, la domanda : “Sei tu quello che deve venire … o dobbiamo attenderne un altro?”
E qui Giovanni si prende un larvato rimprovero per non aver letto bene la profezia di Isaia che abbiamo nell’odierna 1° lettura (Is 35,1-10).

Infatti Gesù invita i latori della domanda del Battista a constatare i segni profetizzati da Isaia della presenza, nel mondo, del Messia: i malati nel corpo ( i ciechi, i sordi, gli zoppi ) vengono sanati e i poveri ricevono la buona novella.
Dunque il Messia è nel mondo, anche se  è diverso da come Giovanni e molti altri Giudei  si aspettavano.

Ciò che caratterizza il Messia è l’amore misericordioso, che Lui vuole sia esercitato dalla Sua Chiesa.
Chi è nel dubbio, come Giovanni, deve poter vedere nella  vita della Chiesa le opere realizzate con l’amore misericordioso che deve unire e far agire i cristiani che la costituiscono.

Soltanto se esercitiamo la misericordia si può dire che il Regno di Dio è cominciato.

 

22/12/2013  - 4° Dom. di Avvento  - Mt 1, 18-24

In questo brano Matteo non si limita a narrare un avvenimento, ma ci dice alcuni aspetti del bambino che è nato.
Egli appartiene all’umanità, è discendente del re Davide ed è la manifestazione delle promesse messianiche di Dio fatte ai profeti. Il sottolineare la sorprendente verginità di Maria ce lo fa ritenere un puro dono di Dio, lo identifica come Figlio di Dio, come hanno sempre fortemente ribadito la Chiesa antica e i Padri dei primi secoli.
Egli è chiamato con due nomi: Gesù (in ebraico Joshwa= “Dio salva”) ed Emmanuele (“Dio con noi”). E i suoi due nomi ci dicono che cosa farà nella sua vita: salverà gli uomini dai loro peccati e sarà  accanto a loro tutti i giorni.

Nella realizzazione del progetto di Dio svolge un ruolo fondamentale Giuseppe, il giusto, che, per secondo, dopo Maria, accoglie con fede il mistero dell’Incarnazione.
Come Maria e Giuseppe accogliamo Gesù che sta per venire.

25/12/2013 – Natale del Signore - Messa del giorno – Gv 1, 1-18
L’ inno che leggiamo nel Vangelo di oggi ci parla dell’Incarnazione usando un linguaggio carico di armonia e  di densità.

Il Cristo è presentato come “il Verbo”(in latino=” la Parola”) e ci rimanda all’A.T. che attribuisce alla Parola di Dio l’azione creatrice , manifestazione della sapienza di Dio, che tutto ordina nell’armonia dell’essere.
Gesù è dunque all’origine del creato e della vita ed è nella pienezza della divinità.

Egli, la “luce” (cioè la vita e la salvezza), viene a sconfiggere “le tenebre” ( il rifiuto di Dio e la contrapposizione alla salvezza offerta da Gesù).
Il suo precursore, Giovanni, ha il compito di  annunciarlo e di portare gli uomini  alla Fede, anche se alcuni Ebrei gli avevano attribuito il ruolo di Messia.

La venuta di Gesù nella storia suscita comportamenti contrastanti di rifiuto e di accoglienza.
Il tempio di Gerusalemme, dimora di Dio, viene sostituito dalla “carne” di Gesù.Dio viene ad abitare con gli uomini, condivide tutto ciò che fa parte dell’umana condizione: lo spazio, il tempo, la vita, la morte. L’evangelista  Giovanni ha molto a cuore il tema dell’incarnazione, probabilmente per contrastare il sorgere delle dottrine gnostiche che, volendo conservare la purezza della trascendenza divina, negavano la reale incarnazione di Dio.

Gesù porta all’uomo “grazia su grazia”  , ovvero l’effusione costante e piena della salvezza, e “la verità”, ovvero la rivelazione di Dio e del suo mistero.

 

29/12/2013 – Santa Famiglia – Mt 2,13-15.19-23

La vita del bambino Gesù non è serena fin dai primi mesi di vita.
La sua famiglia deve fuggire in un paese straniero per garantirgli una speranza di vita, visto l’accanimento con cui Erode cercava di eliminare quel bambino che riteneva pericoloso per il suo trono.
La sua vita da profugo si protrae per alcuni anni in un paese straniero, finché muore Erode e quindi può ritornare  a vivere in Israele, nel piccolo villaggio di Nazareth.

E’ commovente come Maria e Giuseppe trasformano la quiete della loro vita in un peregrinare pieno di preoccupazioni per la salvezza di Gesù.
La famiglia di Nazareth  può essere corsiderata la riproduzione, in piccolo, della Trinità, la ”famiglia divina” i cui membri sono legati dal reciproco dono di sé.

Le nostre famiglie dovrebbero riconoscersi nella famiglia di Nazareth ……. ma quante ci riescono?
Oggi il matrimonio e la famiglia che ne deriva vengono considerati delle “trappole” per l’amore, quando ovviamente si ha dell’amore un’idea molto materiale.

Ma l’essere umano è fatto per amare ed essere amato, di quell’amore che dimentica il sé per amore dell’altro, di quell’amore che è dono gratuito e non si aspetta nulla in cambio.
Sto parlando di concetti “fuori moda”, di bei concetti teorici ?… dovrei forse tenere i piedi per terra?..... Purtroppo i piedi per terra  li ho ben saldi  … e quello che vedo intorno  mi fa star male.

Quando potremo vedere i nostri ragazzi “ crescere in sapienza, età e grazia”? 

                                                                                                                 



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