N° 4 - Aprile 2010
La sfida educativa
di Antonio Ratti

 

 

 

 

                              

Mons. Moraglia in una recente intervista a TLS ha detto che la Sfida educativa ha come obiettivo invertire la crisi educativa in atto, che, a sua volta, è figlia della crisi culturale delle società occidentali.

   Ne consegue che l’uomo di oggi sta perdendo la consapevolezza della propria identità.

Perché sono? Verso dove quotidianamente vado e dove, invece, dovrei andare?

   Questa è la dicotomia che si fa sempre più forbice che si allarga nel non riconoscere e nel non avvertire il problema esistenziale essenziale: qual’ è il ruolo dell’uomo nell’universo?

Perché è l’uomo che alleva i maiali e non viceversa? Chi ha assegnato questo ruolo all’uomo? Quali sono i doveri e i valori dell’uomo nell’adempimento di questo suo compito?

   Quando l’uomo riscoprirà il valore del suo ruolo e ne farà il suo fine esistenziale, sarà pronto a ricevere il dono della fede. Prima è sordo, perché distratto dall’effimero e spesso dal niente.

   I giovani e i giovanissimi sono i più sensibili ad avvertire questa carenza educativa e culturale, tanto che tentano di riempire il vuoto con il fumo, l’alcool, la droga, il sesso adulterato, il bullismo, la violenza gratuita. Cioè, si fa di tutto per sconfiggere la noia del vuoto, ma zero più zero è uguale a zero. ( Questo è un punto di riflessione e, forse , una breccia per la Sfida educativa ).

     Il successo di trasmissioni televisive come il Grande fratello e L’isola dei famosi o i successi editoriali di giornaletti di gossip e scandaletti, sono segnali emblematici e tristi del livello culturale della nostra società che si crede acculturata perché possiede l’I- pod e tecnologie simili.

     La soluzione è ovviamente altrove dal relativismo nichilistico che disconosce le regole.

Crisi culturale significa non conoscenza e misconoscenza delle regole che, lo si voglia o no, governano il creato: il diritto alla vita, il riconoscimento e il rispetto reciproci, il rispetto dell’ambiente e delle sue risorse.

   Quando l’uomo si sarà riappropriato del suo ruolo non sarà più sordo e cieco di fronte a nuove e più appaganti prospettive esistenziali.

   Compito della Sfida educativa è di preparare un progetto operativo concreto, basato su dati e conoscenze certe, oggettive e le più ampie possibili della realtà  e del  target  di persone da affrontare ( le sensazioni e le convinzioni personali fanno solo male ), con il quale tentare di aprire un dialogo, partendo dalle cose in cui entrambi ci si riconosce, senza la presunzione di saperne di più e quindi di volersi imporre. ( Ce lo insegna in buon Dio che si propone, ma non s’impone )

   Si compra il pane tutti i giorni, perché in ciascuno esiste il duro problema della fame; così si cerca la fede solo quando scatta dentro in modo impellente  il problema di capire il perché della vita.

 Nei prossimi anni la Sfida educativa deve tentare di suscitare questo bisogno.

   I cristiani, spesso in buona fede e, forse, in modo inconsapevole, pensando di possedere la verità, come tali si comportano, sbagliando completamente l’approccio verso coloro che tentennano o vagano nei dubbi. Il risultato finale non può che essere negativo.

  Psicologia e tecnica della comunicazione (cioè,marketing : non una bestemmia ) sono due fattori essenziali per aprire e tenere aperto il dialogo, che andrebbero appresi e messi in pratica. L’improvvisazione è una pessima compagna di viaggio.

   Sicuramente s’imparerebbe a conoscere gli altri, le loro idee, i loro problemi, le loro difficoltà nella ricerca della verità e a interagire nel modo più approppriato con chi ci è di fronte in qualsivoglia condizione.  Paolo nelle lettere inviate a Timoteo e a Tito  suggeriva proprio questo.

   Senza tali presupposti di conoscenza dei possibili interlocutori è pressocchè impossibile dialogare, mentre si fa alto il rischio di fare supponenti monologhi che alzano muri, anziché demolirli.

  E’ d’uopo menzionare che i muri psicologici resistono anche alle ruspe più potenti.

Nella realtà attuale cosa viene fatto verso i laici tiepidi e indifferenti per interessarli a dialogare?

   Cominciare invitandoli ad una Veglia di preghiera e cose simili è come proporre una specifica e formale chiusura ancor prima d’iniziare.

   L’azione missionaria, perché la Sfida educativa altro non è, nella sua accezione più ampia e completa è un’altra cosa.

   E’ noto, infatti, che il missionario delle terre d’Africa e America Latina prima cerca di guadagnarsi  la stima e la fiducia incondizionate di quelle povere, martoriate, sfruttate, sfiduciate e tradite popolazioni, poi viene il resto e lo affronta con spirito di fiducia reciproca.  I risultati non mancano: da quelle terre riceviamo come un viatico il dono di sacerdoti e suore.

   Da noi, viene usata la stessa vincente metodologia?  I dubbi sono forti davanti ai risultati : quasi il 100% dei cresimati annui tre settimane dopo la cerimonia sono volatilizzati nel nulla, andando ad ingrossare la fila degli atei a diciott’anni.

    Sarebbe utile a chi si preoccupa di Catechismo e oratorio, andarsi a leggere il libro che Luigi Bettazzi, allora Vescovo di Ivrea, pubblicava nel 1981: Ateo a diciott’anni?   Con tono paterno e amareggiato era esplicito e chiaro nel sottolineare errori ed omissioni nei processi educativi e nella realtà di tutti i giorni.

    La Sfida educativa si presenta, pertanto, come la forte e consapevole iniziativa che la Chiesa locale intende promuovere per stimolare, riflettere e approfondire la proposta di fede che il Signore ci ha donato al fine di saperla testimoniare verso coloro che sono in attesa nell’indifferenza e nell’ incapacità di cercare in modo appropriato.

 

 

 

 


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