N° 4 - Aprile 2010
Storie dei lettori
  Moglie e madre
di Carlo Lorenzini


 
 

Nei momenti di maggiore fantasticheria, quando i pensieri nati dalla memoria e dalla realtà si sovrappongono e si confondono, mi succede che assomiglio l’antica figura di mia madre con la presente figura di mia moglie; e questa mi sembra quella: la stessa abnegazione per la casa e la famiglia, la stessa scontrosa dolcezza, la stessa fragilità psicologica, e, in fondo, anche la stessa fragilità fisica; e a me par d’essere ancora l’antico ragazzo, con ancora in casa la madre che lo ama, lo protegge, lo vizia, lo sgrida; e la tenera materna sospensione con cui mi tiene fra le braccia, dolcemente rafforza questa mia impressione.

         E, a volte, quando contemplo la grazia ormai stanca del suo viso, il cuore mi si riempie della stessa tenerezza di quando guardavo il viso serenamente sofferente di mia madre ed ero preso da un angoscioso senso di precarietà e dalla paura dell’abbandono.

 

 

 

 
 

  Ritorno a Isola
di Walter


 

 

 

 

Il giorno 6 gennaio, festa dell’Epifania, ho partecipato, con mia moglie, alla Santa Messa a Isola. Si ricordava in quella occasione il gesuita padre Anselmo Morra, deceduto un mese prima in Piemonte, che era stato parroco qui per circa cinque anni, prima dell’arrivo di don Andrea.

         Nonostante sia rimasto qui a Isola pochi anni ed essendo già abbastanza anziano, padre Anselmo aveva saputo inserirsi subito nella comunità. Col suo innato entusiasmo e la sua giovialità aveva ravvivato notevolmente le celebrazioni ed avviato anche diverse nuove iniziative; tra queste una che ancora continua e cioè l’adozione a distanza di bambini indiani che lui stesso, con altri parrocchiani, era andato a visitare più volte in India. Tanti parrocchiani lo ricordano ancora con tanto affetto, in particolar modo i tanti bambini che lo attorniavano durante la Santa Messa.

         Anche oggi, attorno a Don Andrea, ci sono tanti chierichetti capitanati, come al solito, da Nicola, e c’è oggi anche un seminarista. Tornare alla Santa Messa a Isola mi fa tornare indietro nel tempo (sono stato in questa parrocchia per più di venti anni) e qui vivo sempre le celebrazioni con tanto calore: mi sembra di essere sempre parte di questa comunità, perché questa comunità riesce a trasmettere calore e accoglienza. Nonostante la difficile distribuzione degli spazi, il coinvolgimento è molto efficace, forse maggiore che in altre chiese molto più grandi e belle. Il coro è sempre in continuo miglioramento e con un repertorio di canzoni sempre nuovo con testi veramente belli (io, come il prof. Franciosi, preferisco le canzoni tradizionali, perché durante le celebrazioni mi piace partecipare pregando e anche cantando).

         Prima della benedizione finale il maestro Mario Orlandi ha letto una poesia di Angela Albertazzi dedicata a don Morra e ha poi raccontato alcuni episodi del suo rapporto col vecchio caro parroco.

         Tutto bene, quindi, le celebrazioni e le attività a Isola: ci sono tanti giovani, un bel coro, la squadra di calcio Nicolisola e, più di tutto, un eccellente parroco. Rinnovo, però, a questa comunità l’invito ad inviare a questo bollettino notizie dettagliate su quanto di bello e di utile viene fatto nella sua parrocchia.


  I preti del mio tempo (1954),
di Don Romeo Rossetti


 
 

I PRETI DEL MIO TEMPO (1954)

 

         Ho letto in questi giorni su “Il Sentiero” un ricordo di don Tito Bassi, parroco di Nicola e sono venuto a conoscenza di alcuni particolari della sua malattia, accompagnata da atroci sofferenze e della fine della sua esistenza terrena, che si è chiusa con un ultimo pensiero e atto d’amore nei riguardi dei suoi cari parrocchiani.

         Quante volte mi sono trovato in sua compagnia, in occasione di feste patronali, funerali, riunioni di vicariato, per la strada; l’ho sempre trovato uomo e sacerdote ricco di fede e di un sano e piacevole umorismo. Fu mio successore temporaneo alla SS.ma Annunziata e nel suo quotidiano viaggio in vespa per andare a Casano Alto, passando, girava la testa e lo sguardo verso S. Martino, dove io abitualmente mi trovavo e ci salutavamo affettuosamente e fraternamente. Che il Signore, Buon Pastore, lo abbia in gloria.

         Un altro sacerdote del tempo, di grandi virtù e di una fede senza confini, è stato monsignor Felice Viani, parroco del Preziosissimo Sangue e rappresentante del Vescovo come Vicario Foraneo, che, dal nulla, ha saputo creare una chiesa monumentale ed una comunità fiorente dove prima esisteva un convinto paganesimo. Era edificante e commovente, nella sua semplicità ed umiltà, la sua accoglienza quando, specialmente, dovevamo recarci da lui per la consueta riunione vicariale. Pur dopo tanti anni,  ricordo ancora oggi il suo impegno ad accendere e tenere accesa una modestissima e consumata pipa.

         Era pure presente, allora, un altro simpaticissimo e zelantissimo confratello, don Andriollo, parroco abate di Ortonovo, che quando vestiva i relativi indumenti abbaziali, sembrava proprio un Vescovo. Faccio notare, di passaggio, che in realtà il titolo era stato concesso, in origine, al parroco di S. Martino e seguì lo stesso quando la popolazione abbandonò la pianura per fuggire ai monti e nacque la comunità di Ortonovo con la relativa chiesa parrocchiale e abbaziale: in seguito accompagnata da un grandioso e frequentato Santuario mariano. Era un sacerdote di una certa autorità, amante della disciplina canonica ma che in compagnia, specialmente nelle feste patronali, dove regnava una certa libertà di parola e di azioni, non mancava di lasciarsi andare a certi atteggiamenti che si possono definire tragicomici. Sacerdote zelante e dal cuore d’oro, nelle riunioni era veramente, con don Tito, l’anima della compagnia.

         Ricordo, confratello degnissimo di don Andriollo e sacerdote zelante e di grande spirito di sacrificio, don Giovanni Dalla Mora, che ormai dovrebbe avere la mia veneranda età. Era sempre pronto a venire incontro alle necessità di noi parroci.

         Ricordo per ultimo, ma non per mancanza di rispetto, il carissimo e purtroppo dimenticato e poco apprezzato don Parma, mio predecessore, che si è trovato a gestire una parrocchia allora difficile e molto politicizzata, isolato e trascurato anche dai suoi confratelli, travolto da avvenimenti incresciosi che lo hanno distrutto e obbligato a dimettersi. Sono tranquillo nella mia coscienza sacerdotale, per avergli voluto bene, per averlo aiutato e confortato.

         Chiudendo la rassegna dei miei confratelli di allora, ringrazio il Signore di averli conosciuti e avuti come colleghi e, in attesa di ritrovarli ancora nella vita eterna, innalzo la mia preghiera, umile e sincera, per tutti loro, vivi o defunti.

 

 

Don Romeo Rossetti già parroco di Casano, San Martino di Iliolo

 

 
 

  La visita pastorale a Luni mare
di Paola G. Vitale


 
 

LA VISITA PASTORALE A LUNI MARE

               

                28-29-30-31 gennaio: una data e diverse occasioni d’incontro. Un giovane mi ha chiesto: “Allora, com’è andata la "Visita" del Vescovo?”. Ho potuto rispondere soltanto: “Nella gioia!”. Avrei voluto sottolineare tanti aspetti, ma mi sono lasciata coinvolgere dalla mia risposta spontanea e scontata.

            Questa settimana in corso, il vescovo Francesco si dovrebbe trovare ancora nella zona di Luni - Cafaggiola, ma io non posso avventurarmi perché piove ed io mi sposto in bicicletta. Mi accontento di restare in silenzio nell’offerta e nel ringraziamento di questa ineffabile sensazione di grato stupore.

            Una cosa sola ho chiesto e chiedo:  restare sempre più ancorata in questo atteggiamento, verso i miei cari, verso tutti gli altri, verso il dono grande della parrocchia. Tutto il resto sarà storia?.

 

 

 
 

  Pasqua
di Marta


 
 

         Pasqua è la massima solennità cristiana, nella quale è presentato il mistero della Resurrezione di Gesù Cristo. Il termine ebraico ‘Pesah’, dal quale poi deriva ‘ Pasqua’, e tradotto comunemente con ‘transito - passaggio’.

         Pasqua vuol dire anche festa, gioia, lo stare insieme per condividere la Resurrezione di Nostro Signore. La vigilia, ovvero il Sabato Santo, è una notte di veglia: ci riporta al ricordo della liberazione degli Ebrei dall’Egitto, quando Mosè ordinò al suo popolo, prima di abbandonare l’Egitto, di consumare il pasto in piedi, col bastone in mano, pronti per la partenza, dopo che l’Angelo di Dio fosse passato. Questi dovettero portare con sé la pasta non ancora lievitata (da qui il pane azzimo). Così come Dio vegliò tutta  la notte per porre in salvo il suo popolo, questo veglierà nella notte di Pasqua. “Quel giorno sarà per voi  memorabile; voi lo celebrerete come festa solenne del Signore! E per tutte le generazioni voi lo festeggerete come legge perpetua”.

         Pasqua, ovvero la resurrezione di Gesù Cristo. Quando Simon Pietro con altri discepoli si recarono al sepolcro e lo videro vuoto, le bende che fasciavano Gesù per terra, come anche il sudario che cingeva il capo di Gesù, non avevano ancora compreso il significato delle Scrittura, secondo la quale Egli doveva risuscitare dai morti.

         Pasqua per noi può essere…perdonare vecchi rancori. Pasqua può  significare di essere generosi, aiutando un bisognoso. Pasqua può voler dire divulgare la parola di Cristo. Pasqua per noi vuole significare di mettere in pratica tutto ciò che di buono ci detta il nostro cuore. Pasqua è per noi gioia per questa nostra vita che ci è stata donata, un modo di poter spendere meglio i talenti che ci sono stati concessi.

         Talvolta, però, non sempre le cose vanno al meglio, ma certo è che noi rimettiamo i nostri peccati nel Signore e nella preghiera. Ci prepariamo così, nel nostro cammino terreno, al passaggio, ovvero la nostra Pasqua.

 

 

 
 

  Convegno Vicariale a Luni mare
di Paola G. Vitale


 
 

 

 

         Don Giorgio si è spiegato benissimo: si tratta di un progetto di continuo confronto, che si protrae nel tempo; e, finalmente, pure io ho capito la portata e la necessità di questa proposta educativa.

         Lunedì sera, primo giorno di marzo, il salone San Filippo Neri, in Luni Mare, ha avuto l’onore di accogliere l’intera Vicaria, con i vari sacerdoti e rappresentanti parrocchiali.

         All’inizio io ero molto diffidente e in qualche punto persino contraria; ma il mio animo si è aperto, infine, ed ho capito che è sempre possibile partire dall’uomo, in umiltà e spirito di comunione. Sì, è vero: “…e per amor Tuo amo il prossimo come me stesso e perdono le offese ricevute…”. E’ anche vero che pure io condivido in umiltà momenti e argomenti, con persone che per niente collaborano al rafforzarsi della parrocchia. E allora, coraggio e avanti, confidando pienamente nell’Amore Divino che invierà lo Spirito Santo sopra ogni nostro sforzo sincero.

         Buona Pasqua a tutti! 

 

                                   
                        Luni Mare, 03.03.2010 
 
 
 
                                                           

  Ciao Rino
di Maria Angela Albertazzi


 

 

 

 

         Ciao, Rino: ricordo e ricorderò sempre la tua vera amicizia, il tuo sorriso sornione e simpatico, la tua umana semplicità. L’ultima volta che ci siamo visti, in ospedale,  abbiamo ricordato alcuni episodi passati e l’amicizia che legava le nostre famiglie e specialmente noi ragazzi. Ti ricordi quando ti ho cucito i pantaloni alla “zuava” e ti gongolavi perché nessuno ancora li aveva? Era appena passata la guerra, avevi 10 anni. Ricordo, poi, il giorno che tornavo da Nazzano in bicicletta e, per attraversare l’incrocio lì al cimitero; ero scesa dalla bici ed ero andata al lato opposto per andare a Marina; mi sento chiamare, mi volto: eri tu, e mi hai abbracciato piangendo senza dire una parola. E anch’io piangevo dal dolore per la perdita di mio padre venti giorni prima, il 20 giugno 1965, in quel tragico incidente stradale.

         E ricordo quel giorno che ero andata a fare la spesa al ‘Parmalat’: mi sono chinata per prendere una busta di latte e ho sentito una voce che diceva: “Quel prodotto non si può prendere!”. Io l’ho lasciato lì; poi altre due volte ho preso altre cose e la solita voce ha detto: “Neppure quelli!”. Ero sbalordita: credevo fosse un ispettore del supermercato: non mi ero mai voltata per vedere chi fosse a parlare. Quando infine un po’ seccata per quei “non si può” mi sono voltata, ho visto te, Rino, e tua moglie Anna che mi guardavate e siete scoppiati in una sonora risata; e con voi anche altri clienti che avevano assistito alla scenetta, ridevano di gusto. Ci siamo abbracciati tutti e tre: che gioia, era qualche anno che non ci vedevamo!

         Ora, Rino, l’ultimo tuo scherzo non ci fa sorridere, no: ci lascia dolore e smarrimento. Per i tuoi cari è senz’altro più forte, ma è forte anche per noi che ti abbiamo stimato e voluto bene. Sai una cosa, Rino? Ora ti vedo vicino a Gesù, a fare degli scherzi anche da lassù, e spero che preghi per tutti noi, quaggiù.


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