N° 1 - Gennaio 2021
Storie dei lettori
  Ognuna è di troppo
di Giuseppe


 

La prima ondata di covid 19 aveva risparmiato la nostra piccola comunità di Ortonovo paese, la seconda ci ha già privato di due belle persone e ognuna è di troppo: Carlo e Giorgina. A questa triste lista si è aggiunto anche Flavio per altri gravi problemi di salute. Di ognuno di loro ho ricordi molto cari. Carlo è stato, quasi a dispetto della sua indole riservata, un personaggio pubblico di Ortonovo paese perché, per qualche anno, ha gestito il bar sulla piazza San Lorenzo. La sua persona e la sua gestione erano caratterizzate da un tratto di pacatezza e distinzione davvero unici.  Sempre sorridente, Carlo sapeva conservare un sincero tono di bonomia anche quando doveva rimproverare qualcuno che non si comportava a dovere. A Carlo mi legano però anche dei ricordi più personali.
Durante gli anni dell'università andavo a prendere il treno ad Avenza in vespa ma, quando pioveva forte, mi facevo trovare davanti alla sua auto alle 6,20 e Carlo mi accompagnava alla stazione per poi proseguire per la zona industriale dove lavorava. Carlo in quel modo mi faceva un grosso favore ma il suo atteggiamento era quello di chi è quasi lusingato della compagnia che gli facevi.
Uomo tutt'altro che loquace era, per empatia e curiosità intellettuale, sempre molto interessato alle vicende altrui e mi chiedeva dei miei studi con sincera partecipazione. Pensare a lui è ricordare una persona perbene e immagino che mancherà tantissimo alla sua famiglia come a tutti quelli che lo hanno conosciuto e frequentato. 
Dei carissimi ricordi personali mi legano anche alla figura di Giorgina.
Quando avevo otto anni sono rimasto un mese ricoverato all'ospedale di La Spezia per una epatite virale. Ero in camera con Lorenzo, Elisabetta e Loredana.
Giorgina rimaneva spesso all'ospedale con la figlia Loredana e in quel periodo è nato un sincero legame d'affetto, una profonda simpatia che nel tempo è rimasta immutata.
Durante tutti questi anni e fino all'estate scorsa, quando passavo davanti a casa sua e la vedevo fuori dell'uscio -da persona socievole e solare amava stare piuttosto fuori che in casa- mi fermavo a parlare un po' con lei e ogni volta evocavamo i giorni insieme all'ospedale di più di mezzo secolo fa' e le figure di suo marito e di mio padre, entrambi fondatori dell'AVIS di Ortonovo e  sempre pronti a spendersi per gli altri.
A Giorgina e a tutta la sua famiglia vanno un ricordo affettuoso e tutta la mia vicinanza. 
E poi c'è Flavio, il Pedro. Oltre dieci anni mi separavano da lui e in effetti Flavio era sempre stato amico dei miei fratelli più grandi e in particolare di Piero col quale aveva speso anche qualche ora sui campi di tennis del circolo di Sarzana. Con Piero aveva tante cose in comune e soprattutto la capacità di stare bene con se stesso, di trovarsi sempre un'occupazione da svolgere con un'attenzione meditata e profonda.
A dispetto della differenza d'età ho avuto la fortuna di trascorrere col Pedro tanto tempo e in stagioni diverse della mia vita - a pensarci bene la scarsa importanza che ha l'età nelle amicizie è uno dei privilegi che riserva il vivere in paesini come il nostro. L'estate dei mie 16 anni ho lavorato in un magazzino di materiali edili a Sarzana. Non avevo ancora la vespa e avrei dovuto andare a Sarzana con la corriera ma sapevo che Flavio lavorava là e il suo orario d'entrata coincideva con il mio.
Durante gran parte di quell'estate salii sulla sua 500 L blu e con lui andavo a Sarzana ma allungando fino ad Avenza per accompagnare al lavoro la moglie Anna Maria. Sentivamo radio Monte Carlo e scambiavamo poche parole che a me sembravano distillati di saggezza ed erudizione nei campi più diversi.

Quell'estate credo mi abbia preso in simpatia per via di Piero ma qualche anno dopo ho avuto l'occasione di passare davvero tante ore con lui. Flavio aveva deciso di convertire dei locali che aveva nella sua aia a ridosso del vigneto, in un miniappartamento. Fece fare i lavori di muratura essenziali ad un muratore di Fontia, io facevo da manovale e ho continuato a farlo a Flavio durante tutto il resto dei lavori che condusse a termine da solo, e che compresero gli impianti e le rifiniture. Come succedeva in genere allora, ci si dedicava a quel tipo di lavori durante le ferie e i fine settimana e, lavorando con lui, ebbi conferma delle impressioni della mia estate dei 16 anni. Le sue competenze pratiche e teoriche erano sterminate e potei valutare ed apprezzare pienamente la sua natura essenzialmente speculativa.

Il Pedro non si limitava ad osservare la realtà, le diverse realtà, cogliendone velocemente i dati peculiari ma, attraverso una felice combinazione di induzione e deduzione, sapeva trarre da quelle osservazioni le implicazioni più profonde e di sistema. Una volta mi parlò a lungo - a lungo con il Pedro significava molte informazioni pregnanti senza fronzoli- di un serpente che da anni viveva nel suo vigneto.

Alla mia domanda se non fosse il caso di ucciderlo mi spiegò l'utilità di un animale che si nutriva di roditori e non faceva male a una mosca e inoltre l'interesse di un animale bello, longevo e intelligente.

Di quel serpente conosceva non soltanto la tana principale e i gli altri buchi dove si rifugiava ma anche le abitudini, gli spostamenti eccetera. Quelle cose le aveva naturalmente osservate empiricamente ma altre informazioni le aveva dedotte dalla conoscenza teorica della natura dei serpenti in generale e di quello in particolare. Animale a sangue freddo si muoveva nel vigneto come le linee d'ombra su una meridiana e il Pedro poteva dirmi dove esso si trovava senza il bisogno di andare a disturbarlo per verificare. Sempre in quegli anni ebbi modo di frequentare il Pedro anche al di fuori dei lavori di edilizia.
Uscivamo spesso la sera con Lorenzo -il Pamo- e Dino -il Gru. Andavamo insieme verso il mare a farci un dopocena con del vino e degli stuzzichini, un'estate ci invaghimmo del Gewutztraminer e il Pedro sapeva dirci delle caratteristiche del vino, dei vitigni e delle diverse lavorazioni che lo rendevano più o meno fruttato ecc. Ci spiegava anche le differenze tra i metodi Charmat e Classico o Champenoise e del perché, prima dell'invenzione della sboccatura attraverso la ghiacciatura del collo di bottiglia dove inclinandolo si depositavano i lieviti e il torbido, lo champagne fosse praticamente impossibile da commercializzare. 
Il Gru, Pamo e io potevamo speculare o blaterare per minuti poi interveniva il Pedro e chiudeva la discussione con il suo parere autorevole ma espresso quasi sottovoce e e lateralmente, in modo da non farlo pesare neppure un po'. Le serate dalle parti del mare venivano spesso replicate da altre meno condite ma non meno interessanti, sui gradini del sagrato della chiesa in piazza.

Raramente ho avuto la sensazione di un benessere così calmo e giusto come durante quelle serate e non c'è dubbio che la preziosa compagnia del Pedro - non era tipo da uscita abituale, bisognava un po' stanarlo- ne costituiva l'ingrediente principale.

Inoltre il Pedro, fin dall'inizio della mia storia con la ragazza che sarebbe diventata  mia moglie, era entrato nell'immaginario della nostra vita insieme. Mia moglie era, è, molto bella e io, invece, ero allora quello che, mutatis mutandis, sono oggi. Per compensarla del dislivello estetico, le avevo assicurato che i Pedroni invecchiano bene e a riprova le dicevo di un mio cugino che era il più bel quarantenne del paese.

Questa cosa doveva averla colpita perché, quando l'estate del 1990 venne a passare l'estate e gli ultimi mesi di gravidanza a Ortonovo, volle conoscere il mitico Pedro.

Per una felice coincidenza erano venute a trovarci due sue amiche di Roma e anche loro vennero informate della millantata singolarità dei Pedroni e del suo rappresentante più autorevole.  Una sera, dopo cena, sapevo che il Pedro era in piazza, uscimmo quasi apposta e lo trovammo in compagnia di Dino sul sagrato. Né mia moglie né le sue amiche rimasero deluse.

Il Pedro non era meno bello di quello che io pretendevo e la sua bellezza non era dovuta soltanto dalla regolarità dei suoi lineamenti o alla forza gentile che esprimeva la sua persona ma anche e soprattutto dalla rara combinazione di arguzia e mitezza che avevano il suo sguardo e il suo sorriso. L'arguzia risulta spesso beffarda e la mitezza pacioccona e invece quella specie di ossimoro somatico di una mitezza arguta o di una mite arguzia nel Pedro riusciva incarnarsi.

Da allora, e in particolare dopo i miei '40, mia moglie mi ha spesso rimproverato della mancata promessa fattale a Londra ma ormai mi aveva sposato e poi io non avrei mai preteso di diventare bello come il Pedro, mi ero limitato a dire, magari un po' ambiguamente, che noi Pedroni invecchiavamo bene, troppo spesso poco ma bene. L'ultima volta che ho avuto modo di spendere un po' di tempo con il Pedro è stata questa estate. In più di una mattinata ci siamo ritrovati insieme allo stesso stabilimento balneare. Arrivavamo tra i primi, a stabilimento ancora chiuso, e abbiamo potuto stare un po' insieme, con poca gente intorno e il lusso calmo del nostro paesaggio, per me anche della sua presenza. Mi ha chiesto di mia figlia e mi ha detto dei suoi, di Stefano e di Elena che comunque era con noi e così Anna Maria.

Quest'estate l'ho visto in un nuovo ruolo e anche in questo si confermava impeccabile come in tutti quelli precedenti. Era quasi sempre con una nipotina in braccio e l'altra vicina, entrambe beate della compagnia e delle attenzioni di nonno Flavio. Ci manca già un sacco e ci mancherà sempre



  Chi dice donna dice danno
di Gualtiero Sollazzi


“Chi dice donna dice danno” afferma un velenoso proverbio. Che ha una beffarda risposta in romanesco: “E famojelo ‘sto danno! Lasciamoli soli!” Per troppo tempo la donna è stata vista in negativo: Eva, perenne tentatrice. Quindi, niente cariche significative. Anche la Chiesa non è stata esente da tale mentalità. Al massimo, la donna poteva servire per la “bassa cucina”.  Papa Francesco osserva: “La donna non deve avere un ruolo di servitù nella Chiesa. La Chiesa è donna. A me piace pensare che la Chiesa non è “il” Chiesa: è donna e madre.”  Una suora, nel 1500, scriveva parole impressionanti: “Signore, quando peregrinavi quaggiù, non aborrivi le donne, anzi, le favorivi con benevolenza e in loro trovavi tanto amore e maggior fede che negli uomini. Perché, allora, non dovremmo noi donne riuscire a fare qualcosa di valido per te in pubblico?” Quella donna era Santa Teresa d’Avila, dottore della Chiesa. Del resto: chi ha acceso le guerre? Chi nella Chiesa ha seminato eresie? L’uomo soprattutto.  Eppure, è quasi intoccabile. Sarebbe bello che almeno nell’àmbito ecclesiale la donna avesse finalmente ruoli laddove si esercita l’autorità.
Basta “il” Chiesa.  Col bisogno che c’è di sapiente tenerezza e di generosa accoglienza, occorre che emerga “la” Chiesa.  Non è vero che chi dice donna dice danno: è vero il contrario: chi dice donna dice dono.

  In ricordo di Viviana Nicodemi
di Stefania Grassi


3.01.2000    ------    3.01.2021

Nicodemi Viviana

Cara mamma, sono trascorsi ventun anni ma sembra ieri.

Ogni giorno ci accompagni e preghi per noi. Grazie di averci

insegnato ad amare.
  Auguri per un anno ricco di speranza.
di Marta



Quest’anno per farvi gli auguri di Buon Anno ho scelto una poesia di Pablo Neruda. Autore amatissimo, che vede nel primo giorno dell’anno il simbolo delle speranze e delle attese dell’uomo, specialmente, dopo le cose avverse che la vita ci impone, come una malattia!   Sperare significa voler continuare a vivere, significa riconoscere che la vita non può mai essere a senso unico.  Vi auguro proprio questo, di non perdere mai il gusto della speranza, perché significa non perdere il gusto e il sapore della vita.

 

IL PRIMO GIORNO DELL’ANNO

Lo distinguiamo dagli altri

come se fosse un cavallino

diverso da tutti gli altri cavalli.

Gli adorniamo la fronte

con un nastro,

gli posiamo sul collo sonagli colorati,

e a mezzanotte lo andiamo a ricevere

come fosse

un esploratore che scende da una stella.

Come il pane assomiglia

al pane di ieri,

come un anello a tutti gli anelli…..

La terra accoglierà questo giorno.

Dorato, grigio, celeste,

lo dispiegherà in colline,

lo bagnerà con frecce

di trasparente pioggia

e poi lo avvolgerà

nell’ombra.

Eppure

piccola porta della speranza

nuovo giorno dell’anno,

sebbene tu sia uguale agli altri,

come i pani

a ogni altro pane

ci prepariamo a viverti in altro modo

e ci prepariamo a mangiare, a fiorire

e a sperare.

Pablo Neruda

BUON ANNO e serenità, che sia luminoso e felice, pieno di quell’amore che tutti vogliamo.

 


  EMOZIONI IN CIASCUNO DI NOI
di Patrizia Giacchè



 

Anche la generosità è un insegnamento che avviene all’interno delle famiglie. Arricchisce lo spirito e gratifica in modo straordinario.  Donarsi ad un familiare, in un momento di fragilità a causa di una malattia, con il calore di un sentimento di viva affezione, risulta curativo nella stramaggioranza dei casi.
E’ sensazionale portare la mente al passato, quando da bambina amavo i miei genitori e il piccolo fratellino in modo smisurato. Momenti in cui le restrizioni si palpavano. Non pesavano, però. Era talmente grande l’amore e l’allegria che regnava nella nostra casa da riempirla di contentezza.
Purtroppo, vorrei spostare il pensiero a tutto ciò che vi è di orribile nel mondo. Dalle perfidie alle atrocità che si consumano giorno dopo giorno.  Un’amara tristezza!
Che dire, sarebbe magnifico che ognuno di noi si prefiggesse di avere il primato di persone più buone e più ricche d’amore?   Avremmo un Pianeta in armonia e serenità!

Un abbraccio coccoloso a tutti e Buon Anno.


  Il pensiero di Stefania
di Stefania Del Nero


Non possiamo vivere nel nostro pellegrinaggio terreno come se Dio non ci fosse. Perché Dio si è fatto uomo? Perché festeggiamo il Santo Natale?

Dobbiamo conoscere e poi decidere come utilizzare la nostra libertà: che senso ha festeggiare il Santo Natale escludendo il festeggiato in quel Santo Giorno e poi tutti gli altri giorni che restiamo su questa terra? Dio si è fatto come noi per farci come Lui, per rimanere con noi nel nostro pellegrinaggio, per donarci tutti gli strumenti per poter vivere in comunione con Lui;   quindi se lo vogliamo per donarci la vita Eterna, la nostra Salvezza “Gesù è la vita, la verità e la vita”. La mia “calcarosa ignoranza” non mi permetteva di impegnarmi a capire perché Dio si è fatto come noi…impedendomi di sforzarmi di vivere a pieno la mia vita. Da solo una decina d’anni, per me, il partecipare alla Santa Messa non è più un momento del quale posso farne a meno perché non lo ritengo un tempo con meno valore degli altri momenti, oppure un dovere al terzo comandamento da osservare, ma si è trasformato piano piano in un Volere, in un Desiderare essere presente alla Santa Messa. Questo perché finalmente ho capito che in quel momento riceviamo ciò che è essenziale per la nostra vita cristiana e che nessun cristiano né può fare a meno perché è l’incontro con il nostro Dio dell’amore e che non lo possiamo tenere fuori dalla nostra vita. Abbiamo bisogno di nutrirci, alimentarci del suo Amore e di ricevere la sua misericordia per vivere bene tra noi. La sua volontà è “Amatevi gli uni con gli altri”, ognuno deve rispettare l’altro. Quando il 9 Marzo siamo entrati in lockdown e anche le chiese sono state subito chiuse, il momento che mi è mancato di più è stato il tempo impiegato alla partecipazione alla Santa Messa della domenica, sia a quelle due/tre mattutine infrasettimanali; quando correvo nella casa del nostro Dio dell’amore per “riempire il mio carrello della spesa” di cibo spirituale, utile per nutrire la mia anima e per ricevere la sua consolazione, la sua forza, la sua pace, il suo perdono, la sua grazia, il suo Amore necessario alla guarigione della nostra anima e per la salute del nostro spirito. D'altronde come diceva Madre Teresa “ogni messa se lo vogliamo è un’opportunità di guarigione della salute della nostra anima, necessaria al benessere dell’anima”. La Santa Messa mi è mancata anche perché in quel luogo sacro avviene l’incontro  tra noi fratelli che entriamo nella casa del nostro unico Padre per il solito motivo “Entriamo per amare Dio, usciamo per amare il Prossimo”(come è scritto fuori dalla chiesa del Preziosissimo Sangue di Luni). Mi ricordo che la mancanza era così grande che mi collegavo a YouTube per assistere alla Messa e ricevere spiritualmente il pane quotidiano. Quando finalmente è stata riaperta la “sua casa” , avendo provato cosa significa digiunare di questo grande dono d’amore, fino allo scorso martedì  novembre, ho avuto il forte desiderio per la prima volta nella mia vita,  di entrare nella casa di Dio ogni mattina per riempire “il carrello”  sempre molto bisognoso per la mia quotidianità. Da mercoledì scorso, questo non è più possibile non essendoci nel nostro comune messe alla mattina e non potendo io “sconfinare”in Toscana come facevo quotidianamente ho ripreso a riascoltare la Santa Messa attraverso YouTube, entrando ogni mattina nel Santuario della Santa Casa della Nostra mamma celeste a Loreto. Nella casa dove lei nacque, dove è cresciuta nell’amore grande dei suoi genitori, dove avvenne l’annunciazione della divina maternità e dove visse la Sacra Famiglia. Maria, la nostra madre santa che ci ha lasciato nostro Signore e che se glielo permettiamo lei ci aiuta ad accogliere Gesù nella nostra vita.  E’ di questa relazione personale  con Dio che abbiamo in assoluto più bisogno per affrontare al meglio la vita quotidiana. Ma Lui ci ha lasciato la libertà di come vogliamo vivere sulla terra nel nostro pellegrinaggio: da cristiani che si impegnano di cercarlo, d’incontrarlo e di esserne ogni giorno alla ricerca; oppure di essere Cristiani sulla carta, vivendo rifiutandolo e comportandoci come se non ci fosse. Ho sperimentato che con questo mio rifiuto , mi sono fatta  e mi posso fare del male, perché non osservando il primo comandamento , senza rendermene conto, sono stata schiava di cose e di persone ; tutto questo perché rinunciavo ad impegnarmi a conoscerlo, a instaurare quotidianamente la mia relazione con Lui. Come ho già sottolineato nei miei scritti sul “Il Sentiero”, non mi interessava neppure di colmare la mia lontananza, avvicinandomi a Lui attraverso  la sua parola, attraverso quel manuale prezioso di insegnamenti, di comportamenti  che è il Vangelo. Ma come poteva nascere nella mia mente e nel mio cuore questo desiderio se la mia “calcarosa ignoranza” non mi permetteva di capire che aprendo il Vangelo e chiedendogli aiuto possiamo dialogare con Lui? La mia ignoranza mi accecava e frenava la mia libertà. Fortunatamente il nostro Dio è il Dio dell’amore che tanto ci ama e che sa quanto abbiamo bisogno di Lui, appena bussiamo alla sua porta subito ci apre. Noi non stiamo attendendo colui che deve portare la salvezza, questo per noi popolo del Nuovo Testamento, è già avvenuto perché Lui c’è, è presente da più di 2000 anni. Gesù è risorto, è vivo, è presente, spetta solo a noi nella nostra libertà, decidere se vivere assieme a Lui perché vogliamo la nostra salvezza eterna, oppure rifiutarlo. Stiamo vivendo un momento particolare e  anche in questo Santo Natale 2020, tutti abbiamo la certezza che Lui vuole rimanere con noi, entrare nel nostro cuore, nella nostra “chiesa domestica” cioè la nostra casa dove viviamo con la nostra famiglia e in tutti i luoghi di lavoro, ovunque! Buon Santo Natale e Buon cammino quotidiano di conversione a tutti noi, uniti alla nostra guida terrena Papa Francesco, uniti alla nostra mamma celeste degli angeli custodi e l’intercessione dei nostri Santi, non possiamo perderci.


  SIAMO ON LINE
di Mila


 

Siamo on line, tutta colpa del virus, grande dubbio, tutti gli affezionati del Sentiero riusciranno a leggerlo? Io, per esempio, se non ci fosse mio marito che mi aiuta non ne sarei capace comunque eccomi qui. Voglio parlare di una cosa e la prendo un po' alla larga. Nell'ormai lontano 1997 era parroco qui nella parrocchia di San Pietro Apostolo a Luni Mare, don Giovanni Tassano. Don Giovanni era stato missionario per anni in Congo e in Ruanda-Burundi. Rimpatriato a causa della salute non più buona, oltre fare il parroco, era direttore del centro missionario di La Spezia e ci convinse a fare un'adozione a distanza. Era ed è un' adozione patrocinata dalla Pontificia Opera Missionaria a favore di quei giovani diciamo “del terzo mondo” che vogliono entrare in seminario per diventare sacerdoti.

 MANDA O DIO OPERAI PER LA TUA VIGNA,NE ABBIAMO TANTO BISOGNO.

Eravamo un bel gruppetto. Purtroppo don Giovanni fu trasferito. A lui succedettero vari sacerdoti. Noi continuammo ma perdendo via via “dei pezzi” per varie ragioni. Rimanemmo in due. Io mi scoraggiai e ultimamente stavo pensando di mollare ma, un paio di mesi fa, mi è arrivata una lettera da Missio . (Se qualcuno è interessato può andare sul sito Missio Spezia. Com e può documentarsi). Nella lettera c'era la foto di un giovane mentre stava ricevendo il sacramento dell'ordine sacerdotale e, in fondo alla pagina, i ringraziamenti perché il tutto era potuto avvenire anche grazie alle nostre offerte. Allora ho detto alla mia amica: “Dobbiamo continuare.” Dobbiamo continuare anche in memoria di don Giovanni. Don Giovanni è morto alcuni mesi fa a causa del corona virus. Lui sicuramente pregherà per questa sua iniziativa e chissà…qualcosa verrà fuori. E poi che razza di cristiane siamo se ci arrendiamo di fronte agli ostacoli!
E sono arrivata al dunque, perché si ! Ho fatto un po' di brumeggio e se qualcuno vorrà sostenere, anche con una minima offerta, questa iniziativa sarò contentissima ma per il momento sono soltanto amareggiata e vi spiego il perché: ho fatto delle fotocopie della lettera arrivatami, l'ho accompagnata con un'altra lettera scritta da me dove spiegavo, più o meno, quello che ho spiegato qui sopra e le ho distribuite in giro. Qualcuno ha aderito e va bene, ma mi sono assorbita anche tanti di quei discorsi che proprio non avrei voluto ascoltare: Io i preti non li sopporto più...Sono tutti dei....Farebbero meglio a....e così via... e il brutto è che ne sono proprio convinti.
Io vorrei dir loro:” Si! Gli scandali in seno alla Chiesa sono tanti. I suo nemici li stanno tirando fuori proprio tutti. Si tanti preti dovrebbero scendere dal loro piedistallo e farsi un bell'esame di coscienza e un bagno di umiltà ma gli altri? Quelli che lavorano giorno e notte in aiuto non solo dei più poveri ma di tutti, perché si può essere povero pur essendo ricco. Quelli che ti aiutano nella confessione a perdonare anche te stesso. Quelli che vengono uccisi mentre stanno praticando la carità. Quelli che ci indicano il cielo facendoci intravedere la Luce che ci aiuta in questo difficile pellegrinaggio che è la vita. A volte penso a cosa avrebbero dato quei poveretti, che a causa di questa pandemia sono morti soli in un lettino d'ospedale, per avere accanto un sacerdote che bisbigliasse loro che Dio, nonostante tutto, non li aveva abbandonati. Credo avrebbe fatto piacere anche agli atei. Non vado oltre, solo un'esortazione da una donna che ha percorso ormai tanta strada....Vogliate bene ai sacerdoti, come volete bene ai vostri figli. Pregate per loro ma sinceramente come pregate per i vostri figli. Arrabbiatevi magari con loro ma poi difendeteli e aiutateli così come fareste con i vostri figli. Considerateli sempre fratelli vostri e noi tutti fratelli di Gesù.

 Buon anno a tutti.             

 


  Luni
di Romano Parodi



Magnum exemplum fugiendae libidinis (Petrarca)

 

          Luni è città romana, e gli scavi lo attestano senza ombra di dubbio, ma le sue vere origini si perdono nella notte dei tempi. Secondo la leggenda, fu fondata da Tirreno, figlio del re di Lidia, 1180 anni prima della nascita di Cristo, cento prima della guerra di Troia, 500 prima che Roma vedesse la luce. Causa principale della sua fine fu l’impaludamento del terreno (acqua e fogne stagnanti). “…sprofondassi il terreno e ne sorse un lago” (G.Obsequente). Ceccardo parla di 4 metri.  Lo stesso cronista racconta di una pestilenza in “cui mancavano ai morti i seppellitori”; e là, dove esisteva una splendida città di marmi, si formarono mefitiche paludi.
Molte sono le leggende che aureolano la sua fine. Una delle più fascinose la racconta Giovanni Villani: e ripresa da Ceccardi; cioè Luni fu distrutta per questione di corna. Un potente imperatore dei Goti, nel suo viaggio verso Roma, vi sostò con la sua giovane sposa. L’ospitalità del principe di Luni fu sontuosa: spettacoli e gare nel “Coliseo”, balli e ricevimenti, e il giovane principe era affascinante e di modi gentili, e il vino Apiano (di Sarticola; così chiamato perché attirava le api), scorreva a fiumi, e l’imperatrice, giovane e bella, ebbra di vita, si abbandonò nel vortice delle danze e dei sensi. Impietoso il confronto col vecchio imperatore sposato per ragion di stato. L’amore li travolse, ed il pensiero di non rivedersi li spinse ad attuare un piano incredibile. Prima si finse malata per non partire, poi morta per restare.
Alla disperazione dell’imperatore, le premure del principe che fece dono del mausoleo di famiglia, e di un funerale solenne con tutto il popolo lunense.
A tumulazione avvenuta, nella notte, il giovane la fece uscire dal sarcofago e la nascose fino alla partenza dell’imperatore e del suo seguito.

Ma la loro felicità durò poco. Come si sa le voci corrono, e anche a quei tempi travalicarono mari e monti e il temerario inganno fu scoperto, e irrefrenabile il furore dell’imperatore. Prontamente allestì un esercito e marciò alla volta di Luni.
Impossibile resistere a tanta furia. Catturò i due amanti e dopo dolorose torture li uccise. Poi disperso che ebbe tutti i superstiti, fece abbattere le mura e rase al suolo la complice città in modo tale che mai più avesse a risorgere.
E G. B. Marea così descriveva quel tragico destino:

E dal pian dove fu Luni superba
degli archi illustri, e de sublimi tetti
miserabil vestigio appena or serba.
Ove già furo anfiteatri eretti
ara il bifolco, e il gregge pascia l’erba.
Oh fasto uman, le tue più splendide opre
alfin tempo distrugge, oblio ricopre.

Anche Giovanni Sercampi parla di una città dedita ai piaceri. Ceccardi e Pertrarca si riferiscono soprattutto a quest’altra. Ceccardo: “ne faccio cenno di altre, ancor più scabrose, che favorirono l’origine della leggenda cristiana, da me rinnovata, di Luni peccaminosa e maledetta…Nei primi secoli del mille una tal leggenda era cresciuta, sì da cambiar Luni in una paurosa Sodoma”.Ceccardo cita Dante: “Dal bel colle di Castelnuovo, che tra il bruno degli olivi, quando ottobre giunge, splende pur di un pallor purpureo di vigne; di lassù egli poté sotto nel pian riguardare a lungo Luni deserta, che gli stagni inghiottivano, e meditar il destino della città. Oh, allora di archi e di mura dovea essere ancor vasto quello scheletro, campato a specchio dell’infida acqua morta… Ma Dante non era un archeologo, non era un umanista; egli, nel grande crepuscolo del medio evo, fu soltanto il poeta grandissimo, né più altro potea essere, dei regni di vita e di morte; (quel che pensò dell’Impero romano, e fu una pietra miliare del suo spirito, lo chiarì, senza veli, nel VI del Paradiso, e lo commentò, in rude latino barbaro, nel De Monarchia); ed a lui Luni dové apparire come una morta ombra, già passata al di là della fortuna umana, anzi come un esempio di quant’essa, come le schiatte degli uomini, come  “tutte le altre cose nostre”, sia caduca. Oh il XVI del Paradiso! Rileggetelo, e questa terribile vision filosofica vi apparirà davanti intera, da quel suo primo muoversi proprio col ricordi di Luni ed Urbisaglia che se ne “son ite”, fin a quel suo conchiudersi con un’immagine così vagamente melanconica, così fantasticamente poetica come quel

 

. Volger del ciel de la luna

(che)
copre e iscopre i liti senza posa,

 

onde pare che la vision tutta, le terzine istesse onde si svolge, si illuminano di un morto chiaror lunare !....

e i pioppi del pian verde con lor argentea riga mi adducean oltre i silenzi di archi infranti e superstiti abachi…
Ed oggi in quel piano, non più maledetto, bensì ripurgato per virtù di uomini, dopo mille anni e più, dalle tristi acque stagnanti, crescono a filari i pioppi dalla tremola foglia argentea; biancheggiano le case con l’aia popolata di pagliai, pe’ campi dove le viti, sul confine del colto si raggiungono agli olmi ed agli oppi, o si distendono in pergole: rimisuram i bovi sotto l’antico giogo, la Terra, aprendola al seme….”
Sdegno…. Rabbia

I Malaspina regnarono sì o no su Ortonovo? No…, ma… dice Ceccardo:

Anche in Ortonovo, che fu un dei borghi che Carlo VIII cedé a Gabriello Malaspina di Fosdinovo (14 giugno 1495) e che questi rivendé poco dopo alla Repubblica di Genova (o per dir meglio al Banco di S. Giorgio), si vedea, fino a pochi anni fa, su una casa rustica, già alle dipendenze del palazzo Ceccardi, un bassorilievo di marmo, con il cavaliere de’ Santi nel consueto atto eroico di trapassar coll’asta il drago; e nella cornice si leggeva pur la data: 1495. Quel bel marmo glorioso fu poi venduto dai nuovi proprietari, per vil prezzo, ad un antiquario vagabondo, senza che il Comune vi si opponesse e senza che l’Ispettore de’ monumenti di Val di Magra neppur ne venisse a conoscenza! Ed ancor fremo di sdegno!” …
Caro Ceccardo, io penso di sapere dov’è finito il tuo San Giorgio. E’ all’interno di un palazzo a Sarzana, vicino a Porta Parma. Sappiamo anche dov’è lo Stemma della potente corporazione dei fabbri di Domenico Zaccaria, sparita nel 1994. Portava la data: 1603; chissà quante volte l’hai visto! Si trova a Firenze in casa del notaio Scrufari. Sappiamo anche dov’è il San Giovanni Battista del fonte battesimale: si trova a Roma.  Ora hanno rubato anche tre statuette antichissime alla Madonna.
Anch’io fremo… di rabbia impotente! Ortonovo perde pezzi da tutte le parti

Oltre tutto, questo Zaccaria è un personaggio storico. Il suo nome, è nella chiesa di s. Lorenzo e alla Madonna.


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  Dal Santuario
di P. Domingo Daniel Patix Gomez, fmm.


Fratelli e sorelle in Cristo, in questi giorni di feste giunga a voi il mio saluto e ogni bene del Signore. Cominciamo un nuovo anno, rendiamo grazie a Dio per benedirci e per proteggerci. Chiediamo a Lui di non stancarci di amarlo e di servirlo. Di testimoniare il suo amore. Che la luce di Cristo illumini la nostra strada e la nostra vita e ci faccia godere della sua presenza.
Che la nostra preghiera di ogni giorno ci incoraggi a vivere la sua volontà nella nostra vita e ci dia il conforto di vivere ogni giorno il suo amore.
L´amore del Signore ci ha permesso ancora una volta di arrivare a questo nuovo anno cerchiamo di gradirlo con le nostre parole e azioni. Accogliamo nel nostro cuore Colui che è venuto in mezzo a noi: Gesù Cristo, il Verbo di Dio fatto carne.
Siamo ancora in un tempo difficile, che questo tempo ci aiuti ad avvicinarci a Dio, a ripensare la nostra vita. Ad essere più grati a Dio per il dono della vita e della salute.
Con spirito grato accogliamo il dono di questo anno nuovo e ringraziamo il Signore per tutto il bene ricevuto nell´anno che è concluso, eleviamo la nostra preghiera per ricevere la protezione e la benedizione di Dio.
Chiediamo allo Spirito Santo di mantenerci fermi nella fede e nella vita cristiana. Vi auguro un anno pieno di gioia, pace e amore. Che la intercessione materna di Maria Santissima vi aiuti a vivere giorno dopo giorno la forza della fede e della speranza. Giunga a voi la mia benedizione.

 


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