N° 2 - Febbraio 2018
Storie dei lettori
  Anno 2017…. E oltre
di Paola G. Vitale



 Il cielo dà spettacolo! Nella bassa atmosfera si sono susseguiti fenomeni inusitati. Vasti arcobaleni su monti e pianure, zone di intenso colore, quando arancio, quando rosso fuoco tra nube e nube per l’intero orizzonte. E poi nubi di ogni forma, quando sembravano dipinte da bambini impauriti, quando erano cumuli nembi immensi, maestosi, tanto da sembrare monti elevati nel celeste puro come il manto di Maria Santissima. Questa sera il cielo al tramonto sembra un vero incendio che si eleva tra le alte nubi e si spande fino a sud est, dove al mattino si vede il primo avanzare dei raggi di sole; e siamo all’inizio del nuovo anno 2018: sembra proprio il trionfo del Creatore sulla creatura, che, invece distrugge l’ambiente, a cominciare dall’atmosfera.
Intanto però lo spazio è occupato da stazioni spaziali dove si fa crescere insalata ed altro, in attesa di dover evacuare il vecchio pianeta, cioè la nostra Terra. Chi vivrà vedrà, ma intanto vogliamoci bene!

  Maurizio e Walter
di Maurizio


Una mattina, sfogliando il "Sentiero", ho letto la lettera che Suor Maurizia ha scritto alla figlia di Walter e non potete immaginare quale piacere abbia provato nel riscontrare che Walter continua a vivere nel cuore delle persone, che lo ricordano sempre con infinito amore e commozione.
Io ho di lui molti bellissimi ricordi che spesso riaffiorano nella mia memoria e nel mio cuore. Lo rivedo quando era ancora giovane e corteggiava la sua adorata Fiorenza e con lei passava ore ed ore ad ascoltare musica presso l'ENEL. Che bella coppia! Faceva davvero invidia. E quanto si volevano bene e che famiglia hanno cresciuto!
Ora lui è volato in cielo, ma sicuramente continua a vegliare sui suoi cari che lui adorava.
Qualche giorno fa ho incontrato Fiorenza che tornava dall'oliveto portando sulle spalle un sacchetto di olive. Mi ha detto: "Sono sola; ci fosse ancora lui!"
Mi ha fatto un'immensa tristezza ed allora ho rivisto Walter che percorreva la piccola rampa di strada e qualche volta aveva sulle spalle un sacchetto di olive e qualche altra un fascio di legna. Io lo rimproveravo amorevolmente ricordandogli che io gli avevo riservato una porzione di terreno che gli permetteva di far manovra con l'auto ma lui, con la serenità e la dolcezza che lo caratterizzavano, mi rispondeva: "Così posso fare anche due passi che fanno bene alla salute". Questo era Walter.

  Perché vaccinarsi
di Augusto Gianfranchi


Care lettrici e cari lettori, ho pensato in questo numero de “Il Sentiero di fare alcuni cenni sul tema delle vaccinazioni. (Argomento di attualità). Su "Vaccini SI o vaccini NO", i genitori si sono trovati impreparati al momento di praticarli per una serie di motivi che durante la descrizione dell'argomento riusciremo a capire meglio. Che cosa prevede la legge approvata a fine luglio?

1°- le vaccinazioni obbligatorie e GRATUITE passano da quattro a dieci.

2° - quelle FORTEMENTE raccomandate passano da zero a quattro.

3° - i 10 vaccini sono un requisito per l'ammissione all'asilo nido ed alle scuole dell'infanzia fino a 6 anni.

4° - diviene obbligo per i minorenni da 6 a 16 anni.

5° - la violazione comporta sanzioni da 100 a 500 euro evitabili se si vaccina nei tempi indicati dalle ASL.

Immunizzarsi verso le più diffuse malattie rende più sicuri se stessi e l’intera popolazione. Alla luce di dati scientifici attendibili non presenta rischi vaccinare i bambini. Il fatto che esista un " obbligo" delle vaccinazioni per i bambini va guardato come una vantaggiosa opportunità. Possiamo dire, in questo senso, che vaccinarsi è una forma di prevenzione tanto individuale quanto collettiva, che protegge se stessi e contemporaneamente gli altri.
È il concetto della cosiddetta " immunità di gregge" quando si raggiunge la soglia – (raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità) ( OMS)- del 95%. Se la quota di individui vaccinati all'interno di una popolazione arriva a questo valore si arresta la circolazione dell'agente patogeno, e ciò consente di tutelare anche i soggetti fragili che, a causa delle loro condizioni di salute, non possono essere vaccinati.
È in questo modo che le vaccinazioni hanno costituito l'intervento di sanità pubblica più importante per l'umanità, tale da aver determinato sia un abbattimento del numero dei casi e della mortalità per molte malattie infettive che una riduzione dei ricoveri ospedalieri e degli esiti invalidanti dovuti a queste patologie.
Oggi però, in Italia, si è scesi, in alcuni casi in maniera molto pericolosa, al di sotto di quella soglia precitata, e questo è avvenuto per una serie di motivi, alcuni dei quali legati alla facilità con la quale circolano attualmente, oltre a legittime opinioni e corrette informazioni, anche notizie non sempre fondate e attendibili, che hanno condizionato alcune scelte negli ultimi anni.
È così che, per esempio, i casi di " morbillo"- malattia che in alcuni casi può anche risultare mortale- sono aumentati notevolmente nel 2017 rispetto agli stessi periodi dello scorso anno 2016
Stiamo attenti a ridurre le coperture vaccinali, si potrebbe provocare il ritorno di patologie ormai assenti nel nostro paese ma non ancora debellate nel resto del mondo.
Per saperne di più ci si può rivolgere:

-alle ASL dove i genitori potranno recarsi per ricevere informazioni sulle modalità e i tempi di vaccinazione dei propri figli.
Presso le farmacie si potranno prenotare gratuitamente tutte le vaccinazioni obbligatorie;
-Al numero telefonico di pubblica utilità 1500 si potranno chiedere informazioni sulle vaccinazioni, dal lunedì al venerdì tra le 10 e le 16.
Ricordiamo che tra 0 e 16 anni sono obbligatorie e gratuite i seguenti vaccini:
- anti poliomielitica, - antidifterica, - antitetanica, - antiepatite B, - antipertosse, - anti haemophilus influenzae B, - antimorbillo, antirosolia, - antiparotite, -antivaricella.
Delle ultime 4 potrà essere eliminata l'obbligatorietà dopo una verifica di almeno tre anni su copertura vaccinale, in caso di malattia, e reazioni avverse.
Buona salute a tutti.

Augusto


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  UNA STRADA………UNA CURVA
di Millene Lazzoni Puglia


Si sa che su tutte le strade antiche ha" camminato” la storia; una di queste è la strada provinciale che dalla via Aurelia porta a Fosdinovo (500 m. sul livello del mare). Il suo traffico, sicuramente composto da animali da soma e cavalli, è iniziato tanti e tanti secoli orsono, perché già da allora rappresentava un   collegamento con l’Emilia molto importante.  Soltanto nel 1400, quando il marchesato di Spinetta Malaspina si insedia nel castello di Fosdinovo (già esistente solo parzialmente), si sviluppa l’esigenza di una strada percorribile anche da carri e carrozze. Nei due secoli successivi, per agevolare questo tipo di traffico, la carreggiata è stata migliorata e allargata tagliando alcuni tratti più stretti, ripidi e quindi pericolosi. Uno di questi, che era anche il più lungo, circa due Km, partiva da Caniparola ovest, oggi Via Montavecchia. La prima parte di questa antica via era composta da bellissimi ciottoli di pietra, ricoperti, qualche decennio fa, con l’asfalto…Un vero peccato.
Nonostante le migliorie, in quella strada era rimasta qualche curva pericolosa. Una di queste si trova di poco sopra a Caniparola e ha avuto uno strano nome per circa un secolo a causa di un incidente, accaduto nell’800, ad una carrozza che trasportava dei soldati giapponesi, i quali, di ritorno da Fosdinovo, hanno dovuto bivaccare in quella curva per due giorni impegnati a riparare il veicolo che si era capovolto e poter proseguire per La Spezia dove erano di base.  Da quell’episodio la curva è stata chiamata “dei Giapponesi.” Ormai da tempo in pochi si ricordano.
Sopra alla suddetta curva  esiste tutt’oggi una casa, che all’epoca era molto piccola e antica, dove risiedevano i “dragoni” ( i finanzieri del passato ) che controllavano il traffico delle merci e riscuotevano il dazio. C’era chi si ricordava come, nel secondo decennio del ‘900, in quella casa disabitata (ma oggi tornata viva e molto ampliata) fossero state girate alcune scene di un film.
La “curva dei Giapponesi” cambia nome in “Murela” quando nella seconda metà degli anni ’40 è stata ampliata di molto con un grande muro di contenimento che terminava con un rialzo, sempre in pietra  ( i guard-rail del tempo ).  Poco dopo per tutta la provinciale è arrivata l’asfaltatura, la quale, oltre a sassi e buche, ha posto fine anche alla polvere: un altro dei tanti problemi delle antiche strade.
 Fu così che quel rialzo in pietra è stato chiamato “murela” e ha dato il nome al luogo e che in breve tempo è divenuto un punto d’incontro nelle serate estive e non soltanto per la ricorrenza di San Pietro del 29 giugno. Infatti, da tempi remoti c’era l’usanza del “falò”. La preparazione del grande fuoco iniziava un po’ di tempo prima della sera fatidica.  Tutte le persone dei dintorni s’impegnavano a portare fascine di legna o, addirittura, grossi rami potati dagli alberi, per accendere e partecipare insieme al falò della vigilia di San Pietro. Era un’occasione di aggregazione fra le persone molto sentita da tutti. A stimolare il massimo impegno perché il falò fosse il più grande era la concorrenza con quello della parte alta di via Montavecchia e di qualche altro della piana di Caniparola. In quel luogo, con una vista panoramica della Valle del Magra e del mare, il cambiamento è continuato con la costruzione nei primi anni ’50 della strada per i paesini di Caprignano e Zignago; così il vecchio sentiero diventa “Via Fravizzola”.  In quel paesaggio di uliveti, con poche antiche case, si era iniziato a costruirne altre e, di lì a poco, è stata posta la “prima pietra” del Ristorante Il Selvatico ( diventato in seguito anche  pizzeria ) che da subito  anima la zona con i numerosi clienti che arrivano; a questi presto si aggiungono quelli di ben due sale da ballo: prima la discoteca che richiamava molti giovani, poi, la sala per il ballo liscio al piano di sopra, che costituivano nelle serate festive degli anni ’70 il massimo della “movida” di allora  per la presenza di giovani e meno giovani. A questi luoghi di divertimento si aggiungeva il ristorante di successo.

 A “Nocè”, autore e gestore dell’intero complesso “Il selvatico”, non mancava la capacità imprenditoriale, né l’estro creativo, così tante sono state le iniziative a sfondo sociale; una di queste è stata la pista di pattinaggio per i bambini, dove anche i nostri figli, Federico e Martina, hanno imparato a pattinare. Iniziativa molto bella che è andata avanti per alcuni anni.
Poi sono arrivati i cassonetti per i rifiuti che sono stati posizionati nel grande spazio della curva, così la “Murela” ha perso gran parte della sua primitiva attrazione.
Le nuove generazioni, poco sensibili alle usanze e ai legami col passato, si sono dimenticate del “falò” di San Pietro. Si diceva per evitare i rischi d’incendio, ma in realtà, le persone che lì s’incontravano con il sacchetto dei rifiuti in mano, avevano sempre più fretta …. per perdersi a ricordare i valori delle tradizioni contadine.
Ormai la “Murela”, che si stava deteriorando, non invogliava più a sedersi per fare due “parole” con vista panoramica. Sicuramente l’arrivo della televisione, che da subito ha “catturato” le persone intorno ad essa, ha provocato un cambiamento epocale e a farne le spese sono state quasi tutte le antiche tradizioni. Il resto è cronaca quotidiana come l’esplosione di tante altre tecnologie che hanno portato le persone verso un’inconsapevole chiusura e dimenticanza di quei semplici luoghi e modi di aggregazione.

Nel 2008, quando nel Comune di Fosdinovo si arriva virtuosamente alla raccolta differenziata con il “porta a porta,”  i cassonetti spariscono, ma la “Murela”  non esisteva quasi più, perché mezza diroccata, ed era già stata sostituita in gran parte dai moderni guard-rail. Lo spazio rimasto vuoto è spesso parcheggio della vicina pizzeria.

La gente non s’incontra più lì nelle serate d’estate, tanto meno per il falò di San Pietro, come non è più luogo di saluti e di commiati tra amici o coppie d’innamorati.

Sì, ben venga il progresso, ma a dimensione umana…. mentre non è proprio così, tanto è freddo e privo di calore umano.



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  Il compleanno del Papa
di Adele


Come ogni anno, Adele spedisce a Papa Francesco una letterina per augurargli buon natale e inviargli i suoi auguri di compleanno, dato che condividono la stessa data di nascita (il 17 dicembre).
Anche quest’anno il Papa non ha deluso le aspettative di Adele: è infatti arrivata una busta indirizzata a lei che conteneva una lettera personalizzata, un’immagine della natività e una medaglietta papale.

Inseriamo qui di seguito la lettera inviatale.

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Cara Adele
Papa Francesco ha accolto con gioia il grazioso messaggio che Gli hai inviato in occasione del Suo 81° compleanno, informandolo che condividi la Sua stessa data di nascita e chiedendo il dono della Benedizione.
Nel ricambiare i più cordiali auguri, il Santo Padre chiede il favore di pregare sempre per Lui. Egli ti ricorda che< é molto bello sentire i passi del Signore che segnano il trascorrere dei giorni della nostra esistenza e questo ci riempie di gioia perchè Lui è sempre accanto a noi>. Nel contempo t'incoraggia a ritrovare nella semplicità di Gesù Bambino la forza di vivere l'autentico Natale cristiano e a non accontentarti soltanto del "natale dei regali" che ti lascia nella tristezza per qualche cosa che sempre ti mancherà.
Invocando l'intercessione della Madre di Dio, il Santo Padre imparte di cuore la Benedizione Apostolica, accompagnando tale gesto con l'accluso dono appositamente benedetto, e con l'auspicio di camminare sempre, insieme alle persone care, sulle strade del Vangelo per scoprire il senso luminoso della vita.
Anch'io ti saluto cordialmente, augurando ogni bene nel Signore.
Mons. Paolo Borgia.

  Un negozio che chiude
di La Sig.^ Carla


Colgo l'occasione del Sentiero per abbracciare idealmente e salutare tutta quella parte di cittadinanza di Casano, che ha trovato nella mia bottega, non solo oggetti di vestiario da comprare, ma un'occasione di incontro, conoscenza, affetto ed allegria.
Mi piacerebbe poter abbracciare ad una ad una tutte le mie clienti! Con ognuna di loro, infatti, c'è stata una storia, una relazione, un affetto tuttora presenti nel mio cuore.
Purtroppo il tempo è passato in fretta! I quarantaquattro anni trascorsi in negozio hanno lasciato il segno su di me e questa volta devo chiudere. Lo faccio. Lo devo fare, ma prima un grande ringraziamento a tutti voi, perché senza questa comunità "la Carla" non sarebbe stata la stessa!
Grazie di cuore per la collaborazione, l'affetto e l'amicizia


  Gli edifici da spettacolo nell’antica Roma
di Giorgio Bottiglioni



Il Teatro Marcello

La rivalità fra Cesare e Pompeo, dapprima alleati insieme a Crasso nel cosiddetto “primo triunvirato” (60 a.C), sfociò nella guerra civile del 49 a.C, quando Cesare osò passare il fiume Rubicone col suo esercito andando contro l’ordine del Senato. Giunto a Roma e conquistato definitivamente il potere (46 a.C ), Cesare intese non essere da meno del rivale nell’ambito delle costruzioni pubbliche. Fra le varie opere intraprese ci fu la costruzione di un teatro in muratura nei pressi del Circo Flaminio, non molto distante dal teatro inaugurato da Pompeo nel 55 a.C. Sfortunatamente per Cesare, erano appena state gettate le fondamenta del nuovo teatro quando, il giorno delle Idi – cioè il 15 –Marzo del 44 a.C, venne sorpreso dalle famose ventitrè pugnalate nella Curia di Pompeo dove si riuniva il Senato. Fu Ottaviano Augusto, primo imperatore di Roma, a farsi carico del completamento dei lavori pubblici di Cesare, compreso il nuovo Teatro. Augusto espropriò un’area più vasta di quella precedentemente impegnata e fece demolire quattro templi poi in seguito ricostruiti nelle vicinanze. L’edificio fu terminato nel 17 a.C. e venne subito utilizzato per i ludi saeculares. La dedica avvenne solo nel 13 a.C a nome del nipote di Augusto, Marcello, principe designato, ma morto prematuramente. A tal proposito così scrisse l’imperatore nelle sue Res Gestae: “ Teatrum ad aede Apollinis in solo magna ex parte a privatis empto feci, quod sub nomine M. Marcelli generi mei esset.” (“Presso il tempio di Apollo su suolo comprato in gran parte da  privati  costruii un teatro, che volli fosse intitolato a mio genero, Marco  Marcello”). Fu nel giorno dell’inaugurazione che si verificò l’incidente popolarmente noto. Mentre gli attori si presentavano sulla scena, la sella curale, sulla quale era seduto l’imperatore, si ruppe provocando un bel capitombolo dell’augusto personaggio. Tra l’ansia dei senatori e del popolo, Augusto si rialzò sorridente e con un gesto della mano ordinò che si riprendesse la rappresentazione. La facciata esterna della cavea, tutta in travertino, era costruita in origine da 41 arcate, inquadrate da 42 pilastri; si sviluppava su tre piani, dei quali il primo era di ordine dorico e il secondo di ordine corinzio, come ben si può ancora oggi vedere negli abbondanti resti ancora in situ. Il terzo piano era un attico chiuso con paraste corinzie, ma di questo non restano che pochissime tracce. L’altezza originaria era di circa 32,60 metri, ma quella conservata fino ad oggi è poco più di 20. Sulle chiavi dei fornici vi erano grandi maschere teatrali di marmo, alcune delle quali sono state recuperate durante gli scavi. Sotto la cavea si sviluppano una serie di muri radiali in opera quadrata o reticolata e due ambulacri in mattoni che garantivano l’accesso alle scale destinate a raggiungere le varie parti della cavea. Gli spettatori potevano prendere posto sui tre livelli della cavea o nell’orchestra del diametro di 37 metri, dove però vi erano i proedria, i posti riservati per gli uomini più facoltosi della città. La capienza era di 15.000 spettatori, ma in casi eccezionali, il teatro di Marcello poteva ospitarne fino a 20.000. La scena, purtroppo non conservata e ricostruibile solamente grazie alla Forma Urbis Severiana – la mappa lapidea di Roma che stava appesa alle pareti del Templum Pacis – e ad alcune testimonianze antiche che ne decantano il fasto e la sontuosità, si presentava rettilinea e con un portico di sei colonne verso l’esterno. Ai lati della scena erano due ambienti absidati coperti con volti a crociera detti “aule regie”; di una di queste, quella di sinistra, rimangono ancora in piedi un pilatro e una colonna. Dietro la scena si trovava un’ampia esedra con due tempietti dedicati a Pietas e Diana, in memoria di quelli distrutti per fare spazio al grande teatro. In esso si tennero non solo gli spettacoli teatrali, ma, come dettava la moda del tempo, gare di poesia e musicali. I restauri di età romana interessarono principalmente la scena e furono condotti dagli imperatori Vespasiano (69-79 d.C. e Alessandro Severo (222-235 d.C.) Nel 370 d.C. alcuni blocchi di travertino della facciata vennero asportati dal teatro per essere reimpiegati nel restauro del ponte Cestio, Il ponte che collega l’isola Tiberina alla terraferma sul lato occidentale, verso Trastevere. Nonostante ciò, pare che il teatro venisse ancora utilizzato se nel 421 d.C. il prefetto della città, Petronio Massimo, finanziò il restauro delle statue presenti nel teatro. I papi non vedevano di buon occhio gli spettacoli teatrali e inevitabilmente anche il teatro di Marcello cadde in disuso e si trasformò in cava di materiale edilizio. Molto del materiale demolito crollava sullo spazio antistante la riva del Tevere, formando un’altura da cui è nato il toponimo di Monte Savello. Nel XIII secolo i Fabi edificarono un palazzo sulle rovine del teatro, passato poi ai Pierleoni, ai Savelli e infine agli Orsini. Ancora oggi sono visibili le case dei Savelli alle spalle del teatro Marcello in Via Portico di Ottavia. Nel 1712, il palazzo fu acquistato dagli Orsini per il prezzo di 29.000 scudi dalla “Congregazione dei Baroni”. Negli anni 1926-1932, nel meritevole progetto di rivalutare il teatro, vennero demolite le abitazioni costruite dentro le arcate inferiori ma, soprattutto vennero demolite abitazioni e chiese medioevali, colpevoli di celare il teatro stesso agli occhi dei cittadini, gran parte dei quali ne ignorava perfino l’esistenza. Durante la risistemazione del teatro vennero alla luce i templi di Apollo Sosiano e di Bellona, antistanti il teatro Marcello. Il templio di Apollo Sosiano (cosiddetto perché ricostruito interamente da Caio Sosio nel 34 a.C) fu costruito nel 431 a.C., in seguito ad una pestilenza e perciò dedicato ad Apollo Medico. Il tempio fu demolito ed arretrato in occasione della costruzione del teatro. L’interno della cella era un vero e proprio museo, pieno di opere d’arte che i Romani avevano portato dalla Grecia nel II secolo a.C.. Sul podio del tempio rimangono le tre magnifiche colonne corinzie, alte, complessivamente, poco più di 14 metri: in origine, erano sei sulla fronte e tre sui lati. Nel tempio si svolgevano spesso riunioni del Senato come nel vicino santuario di Bellona. Questo, costruito da Appio Claudio Cieco nel 296 a,C., mantiene le strutture del podio e quelle del portico: qui si svolgeva il rito della “lancia insanguinata”, scagliata sopra la columna bellica in occasione della, dichiarazione di guerra.


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  FIORI CHE PASSIONE (ovvero DITELO CON I FIORI)
di Marta



Nel mese di gennaio, il primo dell’anno appena nato, domina il Bucaneve
( galanthus nivalis ), detto anche il “ fiore del coraggio”, perché nasce e cresce nella neve.  Poi c’è l’albero del calicanto ( chimonanthus praecox ), che ci allieta precocemente con i suoi timidi fiorellini gialli: si dice che sia  amato dagli dei per il soave profumo.
Febbraio, è il mese delle primule, i primi fiori dei prati dopo lo scioglimento della neve, quindi nessun insetto può ancora impollinarle. Shakespeare le chiamava piccole primule che muoiono nobili. I magnifici mandorli in fiore ci avvisano che la primavera è vicina.
A Marzo, camelie, tulipani, gardenie, glicini, mimose… allietano le nostre case e i nostri giardini.
Ad Aprile la primavera ormai è arrivata! Non passa giorno che non sbocci un fiore e che non crescano germogli, così che giacinti, lillà, viole del pensiero, violette, garofani, biancospino ( crataegus monogyna )  - chi  più ne ha più ne metta – ci sorprendono con i loro variopinti e vivaci colori.
Maggio è tradizionalmente il mese dedicato alla Madonna, dal Medioevo a oggi. Le statue di Maria sono incoronate di rose, perché maggio è il mese delle rose. In “ las cantigas de Santa Maria” si celebrava Maria come la rosa delle rose, da ciò trae origine il nome della preghiera del Rosario. Le rose, ci inebriano, con la varietà della loro bellezza e il profumo; da ammirare è anche il maggiociondolo ( laburnum anagyroides ),  la bellissima pianta che si ammira in tutti i giardini delle grandi città per la sua ricca fioritura molto scenografica. Non è da trascurare la paulownia tomentosa con le sue infiorescenze a grappolo e il fiore a bocca di leone dai colori tenui giallino -chiari o lillà.  Ma la rosa è la rosa: simbolo d’amore e di purezza.
Giugno: nell’aria c’è tanto odore di tiglio, sambuco, acacia, mentre nei campi il grano è maturo e, in mezzo a quella distesa dorata, troneggiano le macchie di papaveri rossi. In questo trionfo di colori che madre natura ci regala, ecco i gladioli, zinnie, gerani, ortensie e “non ti scordar di me” (in greco, myosotis = orecchie di topo per la forma delle foglie).  E ancora i tanti tipi di bignonia (dal nome dell’abate Bignon) con i suoi fiori arancioni, plumbago celeste ( geranio azzurro ) e il bellissimo giglio di Sant’Antonio che fiorisce proprio nel periodo delle Prime Comunioni.
A Luglio, gl’iris blu, bianchi e pure i gialli, crescono nei fossi  formando lunghe file ai margini dei campi di granoturco. Nei laghetti le tife ( typhia latifolia ) svettano superbe e le climatidi rampicanti danno spettacolo.
Agosto,pieno di sole, ci offre aiuole e vasi di petunie, surfinie, verbene, alisso (alyssum maritima), gaillardie ( gaillardia pulchella e aristata )e cespugli di tritomi, e, poi lei, la lavanda super odorosa.
Settembre è ancora tempo di fiori dell’estate, ma fanno la loro comparsa l’achillea, bella da ammirare con i fiorellini riuniti ad ombrello, l’agapantus, le gerbere, le calle di due colori, nere e bianche, quest’ultime le più ammirate per il loro grande fiore bianco a forma di calice; si narra che sia stato il bicchiere che abbia dissetato la Madonna. L’albero della magnolia ci regala un grande fiore bianco odoroso, ineguagliabile. Non si possono dimenticare i settembrini ( aster naovae e frikartii ) per i quali grande è l’imbarazzo del colore, ma quelli azzurri sono incantevoli. Ottobre ci propone i bellissimi lisianthus, poetici fiori, dai colori delicati, romantici come il violetto chiaro, il rosa antico e il bianco. Incominciano a fiorire anche i crisantemi nelle loro molteplici varietà.
Novembre: anche l’autunno può portare sui nostri balconi un po’ di colore, sebbene sia la stagione in cui cadono le foglie, è anche il momento in cui alcune piante, come il ciclamino a fioritura invernale, ci allieta con tanti colori di nostro gusto e nostra scelta, mentre nei boschi crescono a macchia di color ciclamino puro. Fioriscono anche i crocus, quelli di tarda stagione. Pure l’edera è in fiore.
Dicembre: periodo, molto freddo, che non può offrire le stesse scelte e opportunità dell’estate, però…c’è  la stella di Natale ( euphorfia pulcherrima o poissentia ) che rallegra, con le sue grandi foglie rosse e i minuscoli fiori a grappolo, le nostre case proprio nel periodo natalizio, così come l’agrifoglio (ilex aquifolium ), con le sue bacche rosse e il pungitopo (ruscus aculeatus ) dalle tipiche foglioline aculeate e pallini rossi sparsi che paiono finti. Come dimenticare la rosa di Natale ( helleborus niger ) bianca nostalgica e il vischio ( viscus album ) anche lui con foglie aculeate, ma con pallini bianchi? Tutti quanti i fiori, quelli da giardino e quelli più umili, ma altrettanto belli del campo, sono la gioia di chi ama la natura e ne sa cogliere i suoi splendidi momenti. Il buon Dio li ha posti vicino agli uomini perché il solo vederli ingentilisca loro l’anima e imparino a trasmettere al prossimo tutta la bellezza, la gentilezza e l’amore che i fiori ci ispirano.


  IN RICORDO DI NONNA DORIDE
di La tua famiglia.



Il giorno 22 Novembre u.s., l’adorabile nonna Doride ci ha lasciati per raggiungere la casa del Padre.
Gli ultimi 20 anni della sua vita sono stati segnati da dolore e sofferenza, ma grazie a tutti noi, suoi familiari, che siamo stati la sua cornice quotidiana, è riuscita a vivere con serenità e ad affrontare con forza e coraggio le avversità della sua infermità.
Si, il nostro compito è stato particolarmente impegnativo, ma siamo convinti che la centralità della persona umana in ogni luogo o situazione si trovi, aiuti a coltivare l’amore contro ogni egoismo e riaccenda il senso della dedicazione, della sopportazione, della comunicazione e della solidarietà.
Voglio sottolineare a proposito, l’importanza che la famiglia riveste per la nostra società. I nonni oltre a darci lezioni di vita, di pazienza e di saggezza, riescono a non farci disperdere un grande tesoro: la memoria di ciò che il tempo fa passare.
Grazie, Nonna Do per averci insegnato a camminare sulla strada dell’onestà, della generosità e della fratellanza. Il tuo spirito vitale e il tuo esempio continueranno a sostenerci per tutta la vita.


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