N° 8 - Settembre 2017
Spiritualità
  LA PREGHIERA
di Don Carlo



 

La vita e la preghiera non possono mai essere separate.
Una vita senza preghiera è una vita che ignora una dimensione essenziale dell’esistenza. Il mondo in cui viviamo non è un mondo profano. E’ un mondo che spesso sappiamo profanare anche troppo ma, in sé, è uscito dalle mani di Dio, è amato da Dio. Il valore che Dio gli attribuisce è la vita e la morte del suo unico Figlio. E la preghiera manifesta la nostra conoscenza di questa realtà, la scoperta del fatto che ogni creatura, ogni cosa attorno a noi, agli occhi di Dio, ha un valore sacro e diventa per noi preziosa, diventa amata.
Non pregare significare lasciare Dio al di fuori dell’esistenza, e non soltanto Lui, ma tutto ciò che Egli significa nel mondo che ha creato, nel mondo in cui viviamo.
Ora ci sembra spesso difficile unire la vita e la preghiera. E’ assolutamente un errore, che deriva dall’idea sbagliata che ci facciamo della vita e della preghiera. Pensiamo che la vita consista nell’agitarsi e che la preghiera consista nell’andarcene in disparte, nel dimenticare tutto del nostro prossimo e della nostra situazione umana. E’ falso, è una calunnia della vita, una calunnia della stessa preghiera. Se vogliamo imparare a pregare dobbiamo, in primo luogo, renderci solidali con la realtà complessiva dell’uomo, del suo destino e del mondo intero: assumerla totalmente.
In questo consiste l’atto essenziale che Dio ha compiuto nell’Incarnazione, l’aspetto globale di ciò che noi chiamiamo intercessione. In genere, quando pensiamo all’intercessione, crediamo che essa si riduca a ricordare cortesemente a Dio ciò che ha dimenticato di fare. In realtà l’intercessione consiste nel fare un passo che ci porti nel cuore di una situazione tragica, un passo simile a quello di Cristo che è divenuto uomo una volta per sempre.
Dobbiamo fare un passo che ci porti nel cuore di una situazione da cui non vorremmo mai uscire.
La preghiera nasce da due sorgenti: lo stupore che proviamo di fronte a Dio e alle cose di Dio, oppure il senso del tragico, il nostro e soprattutto quello degli altri: “Se io ho fame è un atto fisico; se il mio vicino ha fame è un fatto morale”.
Ecco il tragico come ci appare ad ogni istante:  il mio vicino ha sempre fame.
Non sempre però ha fame di pane: talvolta ha fame di un gesto di umanità, di uno sguardo pieno d’affetto. Da questa sensibilizzazione alla meraviglia e alla tragedia comincia la Preghiera.
Quando essa permane, tutto diventa facile: immersi nello stupore preghiamo facilmente, come preghiamo facilmente quando il senso della tragedia ci afferra…
Se cominciate ad unire in questo modo la vita alla preghiera, esse non si separeranno mai. E la vita sarà come combustibile che, ad ogni istante alimenterà un fuoco sempre più grande, sempre più splendente e che, a poco a poco, trasformerà voi stessi in quel roveto ardente di cui parla la Sacra Scrittura.

                                                                                        

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