N° 8 - Settembre 2017
Storie dei lettori
  LETTERA A IL SENTIERO
di Paola Vitale



 

Tra il giugno di questo anno 2017 e questa prima settimana del mese di luglio, è stato un continuo succedersi di necrologi sull’apposita bacheca ai piedi del cavalcavia a Luni Mare.
Questo venerdì sette luglio, ho appreso con dispiacere le notizie riguardanti la maestra Eva Pugnana e il cancelliere Grassi, che sempre ha accompagnato la storia della nostra Parrocchia, con la sua sollecita presenza. L’avevo conosciuto negli anni settanta, per la sua vicinanza con la Parrocchia di Sant’Eutichiano Papa e con noi.
La maestra Pugnana non l’avevo mai dimenticata, vuoi per la sua dedizione concreta all’insegnamento, vuoi per la sua grande umanità.
Come persona e a nome della parrocchia invio sentite condoglianze e sincera amicizia di sentimento alle rispettive famiglie.
Ora sono davvero una piccola folla le persone che sono passate nella vicenda di Luni Mare e ci hanno preceduto alla meta finale.
Una preghiera verrà sempre spontanea verso la loro memoria e i loro cari.
Con rispettosi e confidenti saluti dalla comunità “storica” di San Pietro Apostolo in Luni Mare.

 


  Ricordi e Memorie
di Augusto Gianfranchi


        

        
Ad inizio anno passaggio dal padre Augusto al figlio Andrea della titolarietà (dopo 32 anni) della Farmacia Montecalcoli.
Con il trasferimento in via Salicello la “Montecalcoli” ha migliorato notevolmente la fruibilità del servizio farmaceutico sul nostro territorio.
Realizzando i due parcheggi adiacenti alla sede si è eliminato il notevole disagio e intralcio  alla viabilità che si riscontrava negli orari di punta quando il servizio si svolgeva nei locali situati in via Molino del Piano.
Quando iniziarono i lavori della nuova sede si presentò il problema dei due secolari “ platani “; eliminazione SI, eliminazione NO. Si  optò per la sopravvivenza delle piante.
Su una delle due piante era stata “inchiodata” una freccia direzionale per indirizzare alla via AURELIA.
Ebbene con il passare degli anni il  platano” si “vendicò“ di questa “ violenza inglobando nella propria corteccia la piastra metallica. “

C'è voluta una moderna motosega per riportarla alla luce come reperto storico.

Come si può vedere il “platano” si è vendicato accartocciando la freccia.

Ne occorre una nuova o sarà meglio il restauro dell'esistente?

Altro cimelio di “ memoria storica” è l'obelisco in marmo posizionato all'interno del parcheggio.

Si presenta come un tronco di piramide informe, che da una più attenta osservazione si può vedere rappresentata la storia dell'estrazione del marmo nelle vicine cave di Carrara.

Un'opera simile si può trovare anche nella piazza principale di Colonnata.

Quest'opera è stata originariamente ideata a Carrara nel laboratorio dell'ortonovese Dino Gualtieri e poi completata alla Farmacia da altri artisti.

Vi sono scolpiti il paese di “ Torano”, il “ buscaiol”, il “ tecchiaiol”, la “lizzatura”,
i “ ponti di Vara”, il “ trasporto coi buoi”, la”marmifera” ed altro...
A memoria della tradizione locale della lavorazione del marmo!



  Dal "diario" di un parrocchiano
di Enzo Mazzini




Giovedì 29 giugno
- La parrocchia di Luni Mare oggi vive una giornata molto importante perché
festeggia i patroni Ss.Pietro e Paolo e vive la presenza del Vescovo che amministra la cresima a 5 ragazze ed 1 ragazzo. Per questo don Carlo si dà un gran da fare ed ha chiesto anche la partecipazione della "corale" di Isola che è presente al gran completo per eseguire una solenne messa "De Angelis" ed altri bellissimi inni. La chiesa è stracolma di fedeli.

Molto profonda e coinvolgente, come sempre, l'omelia del nostro Vescovo, Mons. Luigi Ernesto Palletti che di seguito riporto: "......Noi siamo figli di Dio e siamo anche discepoli del Signore. Cerchiamo di vivere quanto è possibile la nostra vita in modo corretto, però portiamo nel nostro cuore ancora delle paure, delle paure che ci impediscono di essere totalmente discepoli del Signore. Non perché ci tolgono da dove siamo; per carità ognuno ha il suo posto, ma perché il nostro cuore non rimane totalmente libero per Lui. Ecco, allora oggi l'apostolo Pietro ci viene incontro proprio per invitarci intanto a riflettere un attimo su quali sono le paure che ci tengono bloccati. Che cosa ci blocca dal dire: "Voglio essere veramente fino in fondo un discepolo del Vangelo?" A volte può essere la paura di perdere qualcosa, la paura di perdere qualcuno, la paura di chissà quale strano avvenimento. Eppure le portiamo dentro di noi queste paure che ci bloccano! Anche Pietro aveva queste paure. Quando Pietro segue il Signore è molto generoso. Quando il Signore gli dice che Lui andrà a Gerusalemme ed a Gerusalemme sarà flagellato, crocifisso, morirà, Pietro subito Gli dirà: "No, No! Io ti impedisco di andare a Gerusalemme, io voglio difenderTi!": è la reazione che avremmo avuto tutti noi. Se una persona cara dicesse così, chi di noi non si esporrebbe subito nel dire: "Aspetta un attimo. Prima devono fare i conti con me!" Dunque Pietro è generoso su questo, però ha delle paure e queste paure quando si manifestano? Nel momento più forte. Perché questo Pietro che dice a Gesù: "Io verrò, morirò con Te, anzi Ti difenderò", quando Gesù è condannato e semplicemente la serva del sommo sacerdote dice: “Ma non eri anche tu fra i discepoli di questo Gesù?" Pietro subito dirà: "No, No, io non Lo conosco!" Ecco, come entra la paura nella nostra vita, cambia la posizione, cambia la nostra testimonianza. Eppure prima aveva detto: “Io verrò con Te fino alla morte!" In quel momento è subentrata la paura: "Io non Lo conosco, non so neanche chi sia Questo!" Ecco, Pietro fa esperienza di questa paura, ma lo fa per poi poterla superare. In effetti, dopo la resurrezione, quando Gesù incontrerà ancora Pietro e per tre volte gli farà una domanda molto importante: “Mi ami tu più dì costoro?" ecco Pietro per due volte dirà: “Signore, Ti voglio bene" e alla terza dirà: “Signore Tu sai tutto, Tu sai che Ti voglio bene!". Ecco, a questo punto veramente ha deciso di non appoggiarsi più sulle sue forze, di fare un passo ulteriore, di affidarsi di più al Signore Gesù. "Tu sai tutto. Sai che mi hai chiamato, sai che io sono venuto, sai che Ti ho risposto con generosità. Sai che ho detto di non conoscerTi quando invece dovevo dare testimonianza. Sai che però continuo a volerTi bene" ed allora il Signore Gesù rivolge la parola a Pietro dicendo: “Bene, allora vai e cura il mio gregge, il popolo che Io ti affido! “Ecco, Pietro ci invita a guardare dove sono quelle paure che ci impediscono di essere testimoni del Signore Gesù. Forse la paura di essere preso in giro? Per noi no, grazie al cielo, ma per molti cristiani nel mondo è anche la paura di essere perseguitati, anche la paura di dover morire per il nome di Gesù. Oppure sono paure molto più piccole, però altrettanto efficaci, perché ci bloccano, bloccano un cammino, così come bloccavano il cammino di Pietro: "Io non Lo conosco!" Però col dono dello Spirito, come è cambiato tutto! Non solo Pietro riconosce il Signore Gesù, ma addirittura arriverà a dare la vita per il Signore Gesù! Ecco, allora oggi noi vogliamo vivere la figura di questo grande apostolo insieme all'apostolo Paolo. Anche Paolo fa questa esperienza: prima persecutore della Chiesa e poi diventa discepolo del Vangelo e poi il più grande fra gli apostoli nell'annuncio evangelico. Però anche lui ha dovuto superare , lasciarsi pienamente coinvolgere.
Ecco, noi abbiamo la possibilità di fare questo. Come? Certamente ascoltando la parola di Dio, la parola del Vangelo in modo particolare, perché è una parola efficace, una parola che, se scende dentro di noi, veramente cambia la nostra vita e, se la cambia, cambia il nostro modo di pensare, di giudicare, di agire, di parlare e ci rende testimoni. Poi abbiamo i sacramenti che sono importantissimi perché con il Battesimo si nasce come figli di Dio, con l'Eucaristia ci si alimenta per il cammino, con la Riconciliazione ci si rialza dopo ogni caduta, con la Confermazione si diventa testimoni del Signore Gesù. Ecco perché è importante oggi ricevere il dono dello Spirito, proprio per superare quella fragilità che portiamo dentro di noi e con la quale non riusciremmo ad essere fino in fondo autenticamente discepoli. Dopodiché il Signore ci chiede di essere Suoi testimoni ovvero di vivere la nostra fede, con semplicità ma anche con autenticità, con fedeltà legati alla propria comunità di fede e non solo vivendola, non solo conoscendola ed anche facendola maturare, ma anche annunciandola, testimoniandola, diffondendola nei nostri fratelli, soprattutto in coloro che non avessero ancora incontrato il Signore Gesù. Allora dare testimonianza vuol dire annunziare con forza il Vangelo della nostra vita. Ecco, questo noi lo chiediamo per coloro che oggi riceveranno la Confermazione, però lo chiediamo anche per noi e che il Signore ravvivi in noi il dono dello Spirito che ha già fatto, che è presente ma che sempre deve essere ravvivato dentro di noi.
Allora, ora insieme accoglieremo le promesse del Battesimo perché la prima fonte è quella, per poi vivere insieme la grande effusione dello Spirito. Lo viviamo bene, con semplicità, ma nello stesso tempo anche accompagnando questi nostri fratelli e sorelle proprio in quello che è il cammino e è la testimonianza che oggi intraprendono.
Allora, ci alziamo in piedi e viviamo insieme questo momento fondamentale! "

Martedì 4 luglio
- Alle ore 16, nella Chiesa di S. Martino, si sono svolti i solenni funerali del caro Nardino Grassi, che hanno richiamato la partecipazione di numerosissimi cittadini. Infatti Nardino era molto stimato ed amato da tutti, per il grande impegno profuso nella sua importante attività di cancelliere presso la Pretura di Sarzana, alla quale ha dedicato i suoi anni lavorativi, impiegando in questo importante incarico tutte le sue energie ed anche una notevole carica umana e cristiana che lo ha sempre guidato nei gravosi e delicati compiti assolti. Ma Nardino si è molto impegnato nei suoi 92 anni di vita anche nei vari settori del volontariato sociale e culturale ed è stato anche un valoroso giovane partigiano, impegnando in quei momenti davvero terribili, tutte le sue energie, a rischio anche della vita , come hanno ricordato, al termine della solenne cerimonia religiosa, Luciano Danieli e Nuccio Bottiglioni che ha anche dato lettura della "preghiera del partigiano", compito sempre assolto da Nardino.
Commovente il saluto della figlia Stefania che ha veramente toccato i nostri cuori già molto provati ed in subbuglio perché è veramente doloroso per noi fedeli di S. Martino abituarci all'idea che Nardino non parteciperà più alla S. Messa delle 9,30. Lui era sempre presente, collaborava nei canti e nelle letture e svolgeva anche le funzioni di chierichetto durante le funzioni religiose. Ora sicuramente impegnerà tutte le sue energie in un mondo più bello e più giusto, dove regna l'amore e dove continuerà a cantare le lodi sacre e ad adorare Gesù e Maria, insieme alla sua adorata sposa, agli angeli ed alle anime dei giusti.

Domenica 9 luglio
- Alle ore 9,30 ho partecipato, come tutte le domeniche, alla S. Messa nella Chiesa di S. Martino e non nascondo che questa è stata per me una funzione molto sentita e commovente in quanto è stato celebrato il trigesimo della morte di una persona veramente meravigliosa ed a me, ma non solo a me, molto cara: Mario Ricci.
In occasione del suo rito funebre, al termine della S. Messa, avevo avuto l'onore di illustrare la figura di Mario, a cui ero fraternamente legato. Ho ricordato che mi mancheranno i suoi abbracci e le sue manifestazioni di fratellanza che non lesinava: ogni volta che entrava in Chiesa per partecipare alle funzioni religiose, correva all'organo per salutarmi con un caloroso abbraccio: quanto mi mancherà quell'abbraccio! E come mi mancheranno i suoi consigli assennati e pieni di fraterna amicizia e di tanta, tanta carica cristiana! Ma tutto questo non mancherà solo a me, perché Mario era un vero fratello per tutti! E quindi mancherà all'intera comunità, oltre che alla sua adorata moglie, ai figli, nuore, nipoti ed ai tanti, tanti amici. Per questo Domenica 9 luglio non ho partecipato alla solita messa domenicale ma ho rivissuto, con tanta commozione, momenti di un'intera vita. Anche il piccolo coro era presente al gran completo ed ha dato prova di grande impegno e di fraterna partecipazione. Bellissima anche l'omelia di Padre Mario e, dopo la S. Messa, ci siamo ritrovati tutti, insieme ai familiari, davanti alla tomba di Mario per un'ultima preghiera ed un commosso saluto, certi che in quel momento Mario ci guardava dal cielo.

Sabato 29 luglio
- Alle ore 11 è in programma una messa molto importante e davvero sentita in quanto presso il Santuario di Nostra Signora del Mirteto in Ortonovo ricorre la festa di S. Marta, per perpetuare il ricordo della Lacrimazione della Madonna e per pregare la nostra Madre Celeste.
Ogni volta che entro in questo bellissimo santuario, il mio cuore si riempie di profonda commozione. Non per niente la mia unica figlia, Manuela, si è sposata in questo bellissimo ed amatissimo luogo di devozione e di preghiera ed anche la mia nipotina Margherita vi è stata battezzata in una mattinata di gennaio molto fredda e che non ha risparmiato anche qualche fiocco di neve.
Il Santuario è molto amato da tutti gli abitanti della zona e della vicina Toscana e si erge su una collina che consente al visitatore di assistere ad un panorama davvero incantevole della sottostante piana lunense, compreso un bel tratto di mare. Il Santuario è stato edificato fra il 1540 ed il 1566 proprio per tramandare ai posteri il fatto miracoloso delle lacrime di sangue sgorgate dagli occhi di una Madonna dipinta su un quadro che era esposto nell' Oratorio dei Disciplinati. Il fatto miracoloso si verificò il 29 luglio 1537, nel bosco profumato dai mirti. Era di domenica ed erano circa le ore 16 di un caldo pomeriggio estivo. Era la festa di Santa Marta ed il tempietto in cui avvenne il miracolo è stato inglobato nel bellissimo santuario in seguito eretto e nella commovente immagine vengono raffigurati Maria, Marta, Giuseppe d'Arimatea, Nicodemo, Gesù, Giovanni e Maria Maddalena.
Con il cuore pieno di commozione, ho partecipato ad una S. Messa veramente intensa.
Numerosi i sacerdoti che hanno concelebrato e molto toccante la Messa "De Angelis" eseguita da un coro spontaneo ed improvvisato, sotto la guida di don Carlo Cipollini che lo accompagnava all'harmonium.
Davvero profonda l'omelia tenuta da don Samuele Bertonati che riporto in estrema sintesi: "Maria ci ricorda che a Dio nulla è impossibile. Infatti è nella debolezza che si manifesta tutta la Sua potenza. La Beata Vergine ci insegna che dobbiamo porre la nostra speranza solo nel Signore e non nelle nostre capacità umane che, limitate ed imperfette, possono portarci a grandi delusioni. Infine Maria è la donna della carità. Ai piedi della Croce, Giovanni, e quindi tutti noi, abbiamo ricevuto come madre Maria e dal Suo Cuore Immacolato sgorga un amore immenso per i Suoi figli e col Suo sguardo materno sa bene ciò di cui noi abbiamo bisogno.
Guardando a Lei possiamo cogliere una grande verità e cioè che il fondamento di tutto sta proprio nell'amore di Dio che ci fa nascere, ci orienta al bene, ci guarda, ci protegge e ci sostiene. E in ogni istante della Sua vita Maria ha amato: ha amato la volontà di Dio, ha amato Suo Figlio Gesù ed ha amato ed ama l'umanità intera. Ricordiamoci che solo l'amore può sconfiggere l'odio, solo l'amore può far nascere la pace e solo l'amore rimane e nell'ultimo giorno ognuno di noi sarà giudicato sull'amore che avrà avuto durante la propria vita. Maria ci deve essere d'esempio, ricordandoci che il peccato ci può portare soltanto alla morte, mentre l'amore ci può dare la vita eterna. Chiediamo allora oggi a Maria che ci sostenga nella nostra fede, ci rafforzi nella speranza e ci sia di esempio nella carità, affinché anche noi possiamo continuare nel nostro cammino verso la santità, certi che non saremo mai soli perché Maria sarà sempre al nostro fianco.

Giovedì 10 agosto
- Oggi ricorre la festa di S. Lorenzo, Patrono di Ortonovo. Si tratta di una ricorrenza molto sentita da tutti i fedeli delle varie parrocchie, che partecipano con devozione alla S. Messa celebrata in S. Lorenzo.
Lorenzo è stato uno dei sette diaconi di Roma e proprio a Roma venne martirizzato nell'anno 258, a seguito della feroce persecuzione dell'imperatore Valeriano.
La Chiesa di S. Lorenzo in Ortonovo è gremita di fedeli, corsi per partecipare ad una santa messa veramente solenne ed anche la corale è presente per rendere a Dio un grazie infinito e per festeggiare il Santo Patrono, eseguendo una coinvolgente Messa "De Angelis “ed altri bellissimi inni. Anche l'omelia tenuta da Padre Milton è una vera perla, attirando l'attenzione di tutti i fedeli ed approfondendo alcuni passi dell'odierna Vangelo:" Se uno serve Me, il Padre lo onorerà". Lorenzo aveva capito tutto e, come diacono, si è dedicato interamente al Signore.
Il chicco di grano deve morire per dare tanto frutto e Lorenzo, come tutti i martiri della Chiesa, ha saputo scegliere la vera vita, dedicandosi al Signore e conquistando la vita eterna.
Al termine della S. Messa si svolge una commovente processione attraverso il Paese, mentre la banda musicale esegue dei tradizionali inni sacri accompagnando il popolo che prega cantando.
Quindi i fedeli si sono nuovamente riuniti in S. Lorenzo per partecipare al bacio della reliquia del Santo protettore e, subito dopo, la banda si è esibita in concerto nella piazza S. Lorenzo, eseguendo moltissimi brani musicali tradizionali.

Martedì 15 agosto - Sono le sei quando Fabrizio, a bordo della sua auto, insieme alla moglie Angela, si è fermato a casa nostra per consentire anche a me ed a mia moglie Giovanna di avviarci verso una meta molto ambita: Trebaseleghe.
Sono passati davvero pochi mesi da quando siamo andati a trovare il nostro amato Don Giovanni, ma ci sembra che sia passato un secolo, tanto è il desiderio di rivederlo e di poter constatare il suo stato di salute, dopo l'incidente che gli ha procurato la frattura del femore.
Il viaggio procede speditamente anche grazie alle doti di guida di Fabrizio e, fra un racconto e l'altro, ci siamo accorti che avevamo raggiunto la meta con oltre 20 minuti di anticipo. 
Ci siamo subito precipitati alla ricerca del nostro Don Giovanni e con molta sorpresa lo abbiamo trovato nel salone dove era stato allestito un altare per poter accogliere tutti gli ospiti della Casa di Riposo che sono veramente tanti ed i loro parenti che erano venuti a trovarli in occasione della importante solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria. Fra l'altro i festeggiamenti in programma erano davvero eccezionali, dato che un collaboratore della Casa di Riposo, lo spezzino Alberto Berio, ha conosciuto nella famiglia orionina il valore della vita consacrata, chiedendo quindi di essere ammesso alla professione perpetua nella Congregazione dei figli della Divina Provvidenza, abbracciando una vita di perfetta castità, obbedienza e povertà, seguendo l'esempio di Gesù Cristo e della Sua Santissima Madre.
Quindi era stato allestito questo salone per consentire a tutti di assistere alla S.Messa, compresi gli ospiti che potevano utilizzare le loro carrozzelle.
Non sto a descrivervi la gioia del nostro caro Don Giovanni che ci aspettava, come sempre, con molta trepidazione, ma forse non pensava che potessimo arrivare così in anticipo. Ma la gioia più grande forse l'abbiamo provata noi nel constatare che il nostro Don Giovanni sembra diventare sempre più giovane come se, per un miracolo, per lui il tempo si fosse fermato e con esso il trascorrere degli anni. Eppure domani di anni ne compirà 104!
Anche le conseguenze dell'incidente, con con frattura del femore, non sembrano aver assolutamente scalfito la sua gioia di vivere pienamente questo meraviglioso dono di Dio che è la vita terrena, anche se non perde mai l'occasione per ribadire che lui è sempre pronto per il grande passo ed impegna tutto il suo tempo nella preghiera. Di rosari ne recita almeno otto , ogni giorno e nelle sue preghiere sono sempre presenti anche i suoi ex parrocchiani, che lui porta nel cuore. 
La Santa Messa solenne è stata semplicemente meravigliosa, compresa la profonda omelia tenuta dal Direttore Provinciale, don Aurelio Fusi. Bellissimi anche i canti eseguiti da un bel coro, al quale si sono uniti tutti i fedeli.
Terminata la S.Messa, abbiamo potuto raggiungere il nostro Don Giovanni e rimanere sempre con lui fino al momento della partenza,
Il Direttore ha voluto che anche noi partecipassimo al pranzo riservato ai sacerdoti ed alle autorità presenti, facendoci il grande e graditissimo regalo di affidarci i posti accanto al nostro Don Giovanni, col quale abbiamo potuto a lungo conversare e Don Giovanni non si è lasciata sfuggire l'occasione per raccontarci tanti particolari della vita che sta conducendo, tant'è che anche gli altri commensali spesso si affiancavano per conversare con noi.
Alla fine del pranzo, sono apparse due bellissime torte: una di cucina ligure, in quanto dono dei familiari di Alberto Berio,presenti in discreto numero per festeggiare questo importante avvenimento e l'altra molto invitante e sulla quale spiccava il numero 104, gli anni del nostro amato Don Giovanni. Molto belli i discorsi pronunciati per sottolineare l'importanza dei due grandi avvenimenti, compresa la dedica canora di Don Luciano, vero animatore e trascinatore in tutte le grandi occasioni.
Dopo il pranzo, che definire momento di profonda cordialità, abbiamo "rapito" Don Giovanni e ci siamo riuniti in una zona appartata per poter dividere con lui momenti di elevata intensità spirituale e portargli anche i sentiti saluti ed auguri di tutti i suoi ex parrocchiani di Casano e S.Martino. Non ci saremmo mai staccati da lui, tanta era la gioia che ci trasmetteva, ma purtroppo il tempo è tiranno ed è volato con una velocità inarrestabile. Quando abbiamo dovuto annunciare a Don Giovanni che, purtroppo, noi avremmo dovuto riprendere la strada del ritorno, sia io che gli altri amici abbiamo dovuto fare un immenso sforzo. Nessuno di noi aveva il coraggio di sentenziare la sgradita presa d'atto che era arrivato il momento della partenza. D'altra parte ci attendevano più di quattro ore di viaggio! 
Quindi abbiamo accompagnato Don Giovanni alla "réception", dove erano ad attenderlo Don Luciano ed altri confratelli e col cuore in gola ci siamo accomiatati, vivendo nei nostri cuori sentimenti di profonda commozione e con una grande speranza: rivedere Don Giovanni il più presto possibile.

 

  Ferragosto 2017
di Mila



Oggi è ferragosto e per vari motivi io e mio marito siamo rimasti a casa, così ho deciso di mettermi a scrivere ed esternare alcuni pensieri che mi passano per la mente già da tempo e che dovrebbero essere il mio contributo a “Il Sentiero” per la ripresa dei “lavori” dopo la pausa estiva.
Anche se ci sarebbero tanti argomenti dei quali parlare, accaduti in questi due mesi di luglio e agosto, eventi religiosi come: La Trasfigurazione del Signore, La Beata Vergine del Carmelo, Santa Chiara d’Assisi ecc. e anche eventi diciamo meno spirituali ma sempre inerenti alla Chiesa come lo spostamento di alcuni parroci da una parrocchia all’altra. Anche la nostra parrocchia di San Pietro Apostolo perderà don Carlo e al suo posto verrà don Alessandro della parrocchia di Santa Maria Maddalena di Castelnuovo. Però l’argomento del quale intendo parlare è, anzi sono, alcune mie riflessioni su “Le Tre Virtù Teologali”, anche se non so cosa potrà venirne fuori, ma oggi è L’ASSUNTA!
Come ho fatto ad allontanare il mio pensiero dalla figura meravigliosa della Madre di Dio!? La Fede, la Speranza e la Carità possono aspettare, LEI è più importante. Maria assunta in Cielo in corpo e anima, così recita il quarto mistero glorioso e fu papa Pio XII il 1° novembre del 1950, Anno Santo, a proclamare solennemente per la Chiesa cattolica questo dogma di fede. L’Immacolata Vergine la quale, preservata immune da ogni colpa originale, finito il corso della sua vita, fu assunta, cioè accolta, alla celeste gloria in anima e corpo e dal Signore esaltata quale regina dell’universo. La Vergine Assunta, recita il Messale romano, è primizia della Chiesa celeste e segno di consolazione e di sicura speranza per la chiesa pellegrina. Questo perché l’Assunzione di Maria è un’anticipazione della resurrezione della carne, che per tutti gli altri uomini avverrà soltanto alla fine dei tempi, con il Giudizio universale. Ma allora cosa centra ferragosto?
Ferragosto: locuzione latina, Feriae Augusti, il riposo di Augusto, festa istituita dall’imperatore Augusto nel 18 a.C., era un periodo di riposo e di festeggiamenti necessario dopo le grandi fatiche profuse durante le settimane precedenti per il lavoro nei campi. I contadini, sia schiavi che operai salariati, ricevevano dal padrone regalie e festeggiamenti. La festa originaria cadeva il primo agosto e si è mantenuta così nel tempo. Tra le manifestazioni è degna di nota, nella Roma medievale, la processione notturna del ferragosto. Fino a non molti anni fa, gli operai lasciavano il lavoro, il primo di agosto, e si recavano in comitiva dal padrone, per fargli gli auguri, ricevendo in contraccambio un desinare o delle mance. Gli operai più attaccati alla tradizione sono i muratori, i quali, in alcuni luoghi continuano a festeggiare in quel giorno. Comunque, la Chiesa Cattolica, forse sotto il papa Giulio II, volle far coincidere questa festa popolare con la festa religiosa dell’Assunzione di Maria che si festeggiava e tuttora si festeggia il 15 agosto. Non so se sia stata una buona idea unire così il sacro col profano, ho l’impressione che di questi tempi “Il ferragosto” si stia espandendo appropriandosi di tutto lo spazio destinato alla festa religiosa. Comunque questa mattina la Chiesa era gremita, segno che la devozione alla Madonna è sempre viva. Don Carlo ha fatto una bella omelia e ha parlato oltre che di Maria Assunta in Cielo anche della grande umanità di Madre Teresa di Calcutta che, se ho capito bene, lui ha avuto occasione di conoscere personalmente.
Cos’altro devo dire? Mi preparerò sull’altro argomento. Anche se con il cambiamento di parroco non sarà facile concentrarsi. Spero che la Madonna preghi il suo Gesù perché aiuti questa parrocchia di Luni Mare e il suo nuovo pastore, Lei sa quanto ne abbiamo bisogno. A don Carlo auguro tutto il bene per il suo nuovo ministero e un grazie particolare per l’aiuto datomi in occasione del cinquantesimo del mio matrimonio, senza lui non so se ce l’avrei fatta.


  Un piccolo miracolo
di Millene Lazzoni Puglia



Era la seconda metà degli anni cinquanta e nel mio modesto giardino della mia altrettanto modesta casetta, al piano terra, costruita in famiglia, da pochi anni si era verificato un piccolo “miracolo” che destava l’attenzione e lo stupore di chi ne veniva al cospetto.
Su di un giovane albero di lillà, che era il mio orgoglio, erano sbocciati tre fiori diversi dagli altri.
I fiori di lillà come si sa sono formati da un grappolo di piccole infiorescenze che fanno bella mostra di se a primavera con un profumo molto intenso.
Sì il lillà è un albero più o meno grande con una struttura legnosa che ha permesso e permette l’innesto, con il conseguente fatto straordinario di tre fiori bianchi che spiccavano fra gli altri del classico color viola.
Ma se di “miracolo” si può parlare esso deriva anche dalle mani di un uomo che non solo sapeva scrivere poesie meravigliose, ma esprimeva “poesia” sul lavoro manuale e su ogni altra cosa che lui faceva.
Sì era lui Silvano Puglia, agli inizi della nostra storia comune, (lunga ben sessant’anni) che aveva preso tre rametti da una pianta di lillà bianco…. ed aveva concretizzato un siffatto evento nel mio giardino.
Se Silvano intendeva stupirmi, c’era riuscito perfettamente e con me aveva meravigliato tutti quanti avevano occasione di vedere la strana pianta di lillà a due colori.
Nel corso degli anni le “stranezze” sui nostri alberi si sono spostate dai fiori ai frutti, iniziando da una pianta di pere “burò” antiche e saporite con maturazione ad agosto, innestandovi un ramo di una qualità che maturava a fine giugno, con frutti più piccoli ma squisiti le “San Giuanin”(in dialetto).
Infine aveva ottenuto una terza maturazione autunnale.
Per lui gli interventi sugli agrumi erano la normalità, cominciando con le piante di arancio dove spuntano rami di mandarino che in autunno ci sorprendono quando i frutti iniziano a colorarsi. Entrambi di colore arancione, i mandarini più precoci e di tonalità più marcata, e con dimensioni più ridotte (come ovvio).
Ancora oggi gustiamo delle prugne rosse speciali che negli anni settanta avevano destato l’attenzione di Silvano il quale non aveva esitato a chiederne qualche rametto al proprietario per innestarle su una nostra pianta, nella stagione d’inizio primavera adatta per certi tipi di innesto.
Non voglio dilungarmi troppo, ma sono anche altre le piante con le quali Silvano ha fatto esperimenti ben riusciti, come peschi, vigne e ulivi.
Da questi ultimi, che lui conosceva meno delle altre piante, era stato subito coinvolto dalla loro magia tanto che imparò in breve tempo a potarli e a curarli.
Raccogliere le olive con le reti e andare al frantoio era diventato per lui un “rito” come lo era sempre stato per noi, che avevamo con l’ulivo radici comuni da generazioni.
Le mani di certi uomini (e donne) possono essere magiche se oltre alla volontà esiste la passione e una profonda sensibilità.
Peccato che certi uomini usano le loro mani anche per fare cose negative, dannose, brutte come la violenza……fino ad uccidere.
Ma quelli non sono uomini.



  Festa contadina
di Romano Parodi



Plaudo agli organizzatori per la buona riuscita della Festa Contadina, ma nel ricco menù manca il nostro passato: la polenta di mais e la Ciana di castagna.
In altre sagre toscane, invece, le ho trovate (a Bardine di S. Terenzo, in fettine fritte e all’Antona, in frittelle di Neccio). Il Neccio penso che sia la Ciana ortonovese.
 - La podenta siciliana a s fa con d’acqua d la fontana, a s ruma con ‘n toc d legno, mira ‘n po’ che bed ngegno -  diceva la mi no’ Marì.
La polenta è stata il pasto principale degli ortonovesi sino agli anni quaranta.
Addirittura credevo che ha mezzogiorno fosse obbligatorio mangiare polenta.
Veniva condita con formaggio di pecora e olio. Ho scoperto che si poteva mangiare anche dell’altro, solo quando ero già grandicello. Perché si diceva siciliana non lo so, come non so perché la chiamavano polenta. La polenta si chiama così, proprio perché deve essere lenta e non dura come la facevano a Ortonovo. Mio nonno, al mattino, se ne metteva alcune fette in tasca come fosse pane, prima di partire per i lavori dei campi. Avrebbero dovuto chiamarla po-dura, non po-lenta. Forse perché si manteneva di più?  Non lo so, ma so che si mangiava “così male” che il giorno della Domenica era amato ed atteso in maniera sviscerale da tutto il popolo ortonovese.

(Quando andavo all’asilo avevo un bisnonno, che chiamavo il nonno dalla polenta, perché mi portava una fettina di polenta fritta tutte le mattine.
Bussava, suor Giuliana mi chiamava: “C’è il tuo nonno Cesare”. L’asilo era nel palazzo Ceccardi. Lui metteva dentro la testa e me la metteva in mano.
Gli avevano detto che mangiavo poco).

La Domenica non era solo la festa del Signore era il giorno tanto atteso, era il giorno che ci si levava la grespa dal buzo. Era il giorno del benessere fisico e spirituale: “brodo d gag’ina, ombra d k’iesa e d cantina e dormir fin’a la deshi d la matina”.
Il ricordo più nitido di queste belle tavolate domenicali, è mio nonno capotavola che sbucciava, e faceva la spartana con la grossa pera invernale.
Era un artista: le bucce sottilissime e le parti perfettamente uguali, anche se a me diceva: “a te ‘l pù groso”. Mai più ho mangiato pere così buone: sembrava butiro

In paese però c’erano anche famiglie molto povere che non potevano festeggiare molto. “O ma, ‘ncò a dè domen’ca, an la voi la podenta”, diceva Almo. “O bi, s’n t la vo, va fora e mira sal ven ch’ la dona da iarcoti”. Il ragazzo usciva, ma poi rientrava: “O ma, tant c’aspeto an magno na feta”. Dopo due o tre volte mangiò tutto anche il culetto del toffo.
“Tant’ o bel e visto, ch la dona a n ven pu -”. “O bi, a m par d scì, ca dè v’nù.  A s chiameua fama” diceva la Linda.

Il lunedì quando si scendeva a Carrara (non dimentichiamoci il detto: I caudori d’ort’nò. Ancora oggi c’è la cava Ortonovo) l’argomento era uno solo: che cosa avevano mangiato il giorno prima: lasagne, taglierini, gallina, coniglio, ecc, ecc.., altro che Juventus; ma non tutti la raccontavano giusta.
“Mir chi, da tanti strozapreti ka iò magnà ti po’ schiciar na pulcia” diceva Fero, facendo vedere una bella pancetta gonfia e soda. Gli strozzapreti erano polpettine di verdura, indorate e fritte. (Un tempo buonissime). “Oh blagon, a m’a ito tu mog’iera che d’ut’ma vota ka da mis su la padeda, t s’en ndà a pig’iar d’ombredo, p’rchè t cr’deua cal pioesa”.

- E te Isè cos ta magnà, arman? Giumignan pensò bene di adeguarsi al gaudio generale. –Tordei –
Tutti si fermarono a guardarlo (i Tordelli hanno bisogno di molti ingredienti e non tutti se lo potevano permettere, tanto meno Giumignan). –“Dalvero!!! – e quanti?” – “Se feta”. Isè aveva mangiato sei fette di tordelli.



  Sotto la guida di Maria
di Giuliana Rossini



E alla fine ci siamo riusciti! Sabato 12 agosto, io e mio marito Giorgio abbiamo celebrato un prezioso anniversario: cinquanta anni di matrimonio vissuti assieme!
Per impellenti motivi familiari, avevamo dovuto spostare la data della ricorrenza un paio di volte, ma la festa è forse risultata ancora più bella perché maggiormente attesa.
Abbiamo raggiunto un bel traguardo, non c’è che dire, siamo stati gratificati di una fortuna considerevole che purtroppo non è concessa a tutti.
Ritornando indietro con la memoria, rivivo le fatiche per raggiungere determinate mete, ma anche la soddisfazione nel conseguire i risultati attesi, le gioie e i dolori, i piccoli e i grandi passi (talvolta anche all’indietro) per conoscerci e accoglierci sempre più nel cammino a due.
La sera del dodici agosto, i miei familiari ed alcuni degli amici più cari ci erano intorno e condividevano con noi la nostra gioia e la nostra felicità.
Nella graziosa chiesetta di San Giuseppe, durante una celebrazione intensa e profonda, non ho potuto fare a meno di ringraziare l’ Eterno Padre per un dono così grande, da custodire gelosamente.
Certo il matrimonio non è una passeggiata; è invece una costruzione paziente, in cui inserire, giorno per giorno, con impegno e fatica, piccoli mattoncini ricominciando sempre, quando qualcosa non va per il verso giusto e tutto sembra crollare rovinosamente.
Mi sembra di poter affermare che, da sola, non ce l’avrei mai fatta.
Quante volte, nei momenti bui della malattia e delle tribolazioni, ho dovuto chiedere l’aiuto di Qualcuno che poteva arrivare dove io non potevo!
Specialmente la Mamma celeste mi è stata di aiuto e modello.
Infatti Ella, non solo, ha accettato il disegno che Dio aveva su di Lei, ma ha collaborato attivamente alla sua concretizzazione, andando incontro al dolore e agli affanni e realizzando così completamente se stessa.
Tra pochi giorni, l’otto settembre, festeggeremo ad Ortonovo la festività della Natività della Vergine, che però qui da noi, è amata e venerata come Madonna Addolorata, perché così apparve il giorno di Santa Marta, col volto rigato di lacrime, ad alcune pie donne, in un boschetto profumato di mirto.
Ella mostrava tutto il suo dolore di madre per la perdita, così cruenta e ingiusta del proprio figlio.
Non c’è dolore più grande di questo che raccoglie e compendia tutti i dolori.
Però la Desolata non è rimasta chiusa nella sua afflizione, ma ha saputo superarla. Ha accolto l’invito del Figlio a divenire Madre dell’umanità in Giovanni: (Donna ecco tuo figlio!).
Così durante la Pentecoste la troviamo nel Cenacolo con gli apostoli, materna verso di loro e pronta a portare a termine il disegno divino; amare tutti.
Non sappiamo cosa fece dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, solo che seguì docilmente l’apostolo amato da Gesù. E se Lui, alla fine della sua vita, seppe scrivere cose tanto sublimi, sicuramente fu perché fece tesoro anche dell’influsso di Maria che, avendo incarnato tutto quanto il Vangelo, vivendolo parola per parola non poteva aver vissuto, attimo per attimo il cuore di esso: Amatevi gli uni e gli altri, come io ho amato voi.
E’ così che Maria ci indica la strada, come accogliere e superare il dolore; occorre andare al di là delle proprie pene ed amare chi ci sta accanto. Questa sola è la via.
Certo non è facile e nessuno ha l’esclusiva o una formula pronta per percorrerla, ma a Dio niente è impossibile e, come Maria, possiamo affidarci completamente a Lui e ripetere con la Madre; Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente!.
Dal giardino di casa mia, specie la sera, a volte mi capita di alzare lo sguardo verso il bianchissimo santuario tutto illuminato e una grande pace mi invade il cuore: non sono sola in questo, talvolta, faticoso viaggio ma Gesù e Maria mi prendono per mano e mi accompagnano.
Lei, la Madonna del Mirteto, regina della famiglia, madre della chiesa e dell’unità, ci guarda con amore materno e asciugate le nostre lacrime ci addita la Fonte dell’amore e ci invita ad andare avanti con coraggio.



  WALTER È SEMPRE NEI NOSTRI CUORI
di Un amico




Siamo ormai prossimi all'anniversario della morte del nostro amato Walter.
Infatti il 29 ottobre 2016, dopo aver donato l'ultimo regalo al Sentiero ed a tutti i suoi lettori, stampando quella pagina e mezzo che abbiamo ben presente nei nostri cuori e che spesso rileggiamo come se fosse il suo messaggio e testamento spirituale, consegnando a tutti noi una nobile ed elevata
eredità e testimonianza di fede: portare avanti la voce dei cristiani della nostra bellissima realtà religiosa. Certo, non è facile pensare alla solennità dell'8 settembre, festa della nostra Madre Celeste, senza Walter che impiegava le sue energie e quelle dei suoi familiari per rendere sempre più belli e solenni i festeggiamenti e le funzioni religiose. Lo trovavi dovunque: aveva un occhio ed una mano per tutti e per i vari impegnativi adempimenti: organizzazione delle funzioni religiose, il coro, la pesca di beneficenza ed altre innumerevoli iniziative. Era li cuore della festa! Purtroppo, ricordo con immenso dolore il suo comportamento nell'ultima festa dell'8 settembre. Era presente ma, per la prima volta nella sua vita, non si è unito alla corale ortonovese "Cantus Firmus", alla quale ha sempre dato un contributo sostanziale e determinante.
Ciò mi ha molto rattristato perché era un po' la dimostrazione che le sue forze fisiche si stavano affievolendo e lui ne stava prendendo atto. 

Io ho accompagnato all' harmonium i canti eseguiti nelle quattro messe che precedevano quella solenne delle ore 11 e Walter ha collaborato con tutte le sue energie con i fedeli presenti nelle varie messe. Quando io ho terminato il mio compito, sono andato a salutare Walter che mi ha abbracciato con tanto affetto ed infinita tenerezza. Quante volte ho ricordato quel saluto e quell'abbraccio! Forse Walter presagiva che quella sarebbe stata una delle ultime volte in cui impiegava tutte le energie che gli restavano per glorificare la nostra Madre Celeste. Lui era molto legato a Maria Santissima e non mancava mai alle varie iniziative e cerimonie svolte nel "suo" Santuario, mosso com'era da una costante profonda fede e granitica devozione nei Suoi confronti. Era anche uno dei quattro componenti del gruppo laicale della Fraternità Missionaria di Maria ed era l'animatore ed organizzatore dei pellegrinaggi ai vari santuari della Diocesi programmati il primo sabato del mese, che sono proseguiti anche dopo che è volato in cielo, sotto la guida di Agostino Cavirani, futuro diacono e cognato di Walter. Non c'era iniziativa che non lo vedesse sempre in prima fila e pronto a fornire tutta la sua competente collaborazione in tutte le parrocchie non solo del nostro Comune.
Era spinto da un grande fervore e la voglia sfrenata di onorare Gesù e la Sua Divina Madre in ogni luogo ed in ogni modo possibile. Anche nell'ambito scolastico ha impegnato le sue inesauribili energie. Lui era il padre di due meravigliose alunne: Elena e Laura ed era membro dell'Associazione Genitori e sempre in prima fila nelle importanti iniziative adottate dal compianto Preside prof. Giuseppe Franciosi che era suo fraterno amico e che lo aveva preceduto nella compilazione del "diario di un parrocchiano", compito assolto per tanti anni. In particolare, ricordo le bellissime settimane bianche ed il campeggio estivo che si è svolto in varie località montane e che coinvolgevano studenti e genitori, oltre lo svolgimento del "mercatino" che era momento educativo nella formazione degli alunni e, nel contempo, consentiva anche di raccogliere fondi da impiegare in importanti attività didattiche e culturali. Quante energie profuse da Walter in tutte queste meravigliose iniziative! Ma Walter è sempre stato in prima fila anche in importanti impegni di carattere sociale: basterebbe ricordare il ruolo assolto per tantissimi anni in qualità di presidente dell'AVIS che lo ha visto protagonista anche in memorabili operazioni, quali l'idea del calendario Avis che lui ha adottato e portato avanti insieme all'insegnante di arte della Scuola Media, con il pieno coinvolgimento di tutti gli alunni. Ma Walter non era solo un ideatore, ma si impegnava con tutte le sue forze per raggiungere i risultati programmati, riuscendo anche a coinvolgere e trascinare tutti i suoi collaboratori.

Caro Walter, noi tutti dobbiamo esserti riconoscenti per quello che hai saputo fare e per il grande insegnamento di vita civica e cristiana che ci hai trasmesso. Ti ringraziamo di cuore perché da te abbiamo imparato tante cose ed in particolare abbiamo appreso il compito primario che ci è affidato per onorare la nostra Madre Celeste, oltre la grande equità e generosità di giudizio e di comportamento. Inoltre sei stato un vero maestro di vita nei confronti di tutti noi anche per la grande sensibilità e nobiltà dimostrate nell'affrontare le sofferenze legate al tuo stato di salute.
Grazie di tutto ed ora ti chiediamo un ultimo favore: da Cielo assistici ancora e cerca di starci vicino anche nel nostro sforzo di proseguire sul tuo esempio, cercando di rendere il Sentiero sempre più rispondente al modello da te indicato.



  CARISSIMO WALTER
di Marta



 

Siamo già a settembre, ed è già passato un anno… da quando ci hai lasciati… Ma la tua presenza la sentiamo sempre, anche nelle cose che di solito facevi nelle tue mansioni. Ad esempio, al Santuario, per qualsiasi avvenimento ti rivediamo sull’ambone mentre leggi le Sacre Scritture; oppure, quando si riunisce la corale, ti vediamo al tuo posto, in mezzo a tutti gli altri, nel tuo ruolo di “basso”. Durante la salita verso il Santuario, per Santa Marta, mi sono domandata: “Chissà quante volte Walter hai percorso questa salita, se si potessero quantificare ne uscirebbe un pellegrinaggio davvero memorabile”.
Certo non posso dimenticare quando venni a trovarti nei tuoi ultimi giorni sulla terra. Al momento del saluto tu mi abbracciasti e in quell’abbraccio mi hai detto tutto. Io non ricordo precisamente che cosa ho “farfugliato” in quel momento, mi sembra di averti detto:
“Caro Walter, caro amico di sempre, metticela tutta”. In quel momento vidi gli occhi di Fiorenza, rossi, con le lacrime volutamente represse negli angoli degli occhi, la bocca chiusa ma, silenziosamente gridava la sua disperazione. Le lacrime infrenabili di Laura, e la mestizia e le “non parole” di Elena. Tutto questo consapevoli per il dramma che sarebbe avvenuto.
In spiaggia ho avuto occasione di vedere i tuoi amati nipotini e come non vedere te! Mentre accompagnavi i più piccini con i secchielli a prendere acqua nel mare, a giocare con loro, a riassettare i loro giochi o dare loro la merenda, come solo un nonno come te sa fare.
Caro Walter, il tuo passaggio sulla terra è stato per tutti istruttivo, hai saputo dare buoni consigli, hai saputo ascoltare il prossimo, seminando buone parole e buoni esempi.

Mi piace immaginarti lì! Nella pace, dove nei fiumi scorre Amore e tutto è Armonia, con Dorè mentre discutete del prossimo numero del Sentiero.
A questo riguardo riporto alcuni pensieri di Doretto ripresi dal suo diario personale; 4 giugno 2014: “Walter mi ha portato il Sentiero.
Parole del giorno: Partecipate al dolore, gli uni con gli altri”. 1° settembre 2014: “Questa mattina una piacevole sorpresa, sono uscito di casa e fuori sulla panca c’era seduto il mio amico Walter.
Abbiamo parlato del Sentiero, del “Soffio dello Spirito Santo” che il nostro amico Egidio Banti ha menzionato nel suo articolo di questo mese. Sono cose che fanno piacere all’anima”. 18 settembre 2014:
“Ho telefonato a Walter, è pieno di dolori e di cerotti, però si fa coraggio. Ho pregato per lui, ho chiesto a Gesù di farlo Santo, mi sono spinto forse un po’ troppo? Forse con l’aiuto di Maria! Mah… perché no?”
Che dirti ancora caro Walter, ci rivedremo quel dì che sarà! E sarà più il tempo che trascorreremo assieme, e se anche fossero mille anni sulla terra sarebbero un Attimo!

                                                                             

  UVA E VINO
di Patrizia Giacchè



 

L’aria frizzante, il bagliore sgargiante del tramonto. Vibranti sensazioni, rasserenano spettatori incantati. E loro…

Interminabili e vigorosi filari viticoli, allineati nella lucente pianura, sfidando l’orizzonte. Turgide pigne d’uva, recluse nella carnosità di folte foglie, invitano all’assaggio.
Riaffiora il ricordo di una festosa vendemmia, in un fascinoso trascorso.
Rumorosi ma laboriosi macchinari, macinavano manualmente grandi quantità di succosi grappoli, e il profumo del mosto inebriava le menti.
Leggiadre farfalle volavano armoniosamente nel melodico canto degli uccelli; mentre lo schiamazzo dei bambini, rallegrava lo spirito.
A piedi nudi schiacciavano felici uva a volontà, nelle varie tinozze usurate dal tempo.
Donne energiche e assai vistose nei loro abbigliamenti staccavano l’uva dai fiorente vigneti. Alcune disinvolte, intonavano allegri stornelli. Altre pettegolavano vivacemente su faccende a dir poco “osé” per l’Epoca.
Il gran vociferare, il rumore dei vari mezzi, il viavai delle persone e la sfumatura dei vari colori, facevano dell’ambiente un quadro d’autore.
Vi erano poi gli uomini, giovani e gagliardi che, strascinando pesanti e logori scarponi, raggiungevano la postazione dei bigonci, già colmo di puro nettare. Per poi condurli a braccio alla triturazione.
E gli anziani, a seguito del loro seppur piccoli contributi, si concedevano sovente una pausa. Seduti dinnanzi un grande bancone, dove venivano consumati anche i vari spuntini, assaporavano un buon bicchiere alla salute di tutti. Orgogliosi nell’ostentare piccanti battute.
Tutto in pacifica concordia.
Un clima fiabesco aveva accompagnato la lunga giornata, al calar del sole.

Domani ancora assieme. Sereni dopo il riposo.

                                                                      

  Una lettera del 16 marzo 1796
di Romano Parodi



 

         “Nella Comunità d’Ortonovo sotto il Governo di Sarzana esiste una popolazione di quasi due mila Anima, senza alcun medico, che dalla maggior parte non può aversi per la povertà, e dall’altra conviene ricercarsi lontano con il rischio dell’Infermi, massime nelle malattie violenti. Quindi essendo ritornato a rimpatriare il Sig. Antonio dei Bianchi, figlio del Sig. Cap.o Bartolomeo di detto luogo, dopo gli studi, e pratica per molti anni di Medicina in Toscana, e portato in Cotesta Dominante per Laurearsi e Matricolarsi, deliberarono i Rappresentanti di detta Comunità nelle solite forme, di supplicare VV. SS. Serenissima ad abilitarlo all’esercizio medico senza fare altra pratica, secondo gli ultimi decreti. Ed in oggi umiliati à piè del Serenissimo Trono implorano dalla Sovrana Clemenza di VV. SS. Serenissima la detta grazia, e sperano favorevole rescritto a sollievo di sudetto Popolo, Loro fedelissimo suddito, e profondamente s’inchinano.
Di VV. SS. Serenissima
Umilissimi, Divotissimi, ed Osseq.mi
Servitori e Sudditi
Pasquale Bianchi Console
Giò Andrea Poli agente e ancora in

nome di tutti gli altri agenti per non sapere scrivere 

P.s. Notate i nomi. Bartolomeo era anche il padre dell’avvocato e sindaco, Antonio Bianchi, che abbiamo conosciuto: quello dei moti anarchici.  Come i Ceccardi, si tramandavano i nomi da padre a figlio.

 

 "Dall'archivio della Mirella Luciani, cugina dei Bianchi"



  LE GRAFFIATURE - Sano egoismo
di Antonio Ratti


                                                                                    

Non di rado in passato, ma oggi le motivazioni sono ancora più urgenti, nei miei scritti compariva l’espressione “sano egoismo” per significare il dovere di dare un senso e un valore alla vita, che, altrimenti, non si distinguerebbe nella sostanza da quella del lombrico, preoccupato solo di calmare gli stimoli della fame e l’istinto di procreare per la conservazione della specie, sebbene lui non ne sia consapevole. In verità, sempre più spesso gli stessi comportamenti sono dell’homo sapiens con l’aggravante di ritenere il piacere, non l’accessorio primario, ma il fine vero. La mia è un’espressione rozza, non teologica, ma, a volte, necessitano certi modi di dire, anche provocatori, al fine di scuotere un eventuale emarginato residuo di coscienza e stimolare a riflettere sulle scelte di fondo che ognuno è tenuto a fare. La prima colpa grave sarebbe quella di lasciarsi trasportare dal fluire quotidiano: i latini, che non conoscevano Cristo, sostenevano che ciascuno è fabbro di se stesso e della propria vita. Con motivazioni e proposte differenti, Gesù sostiene il medesimo principio, perché la libertà e la responsabilità della scelta o della non scelta (per ignavia o incoscienza) sono prerogative intoccabili dell’uomo anche da parte del Creatore.
E’ un dato storicamente incontrovertibile che, da sempre, l’uomo ha cercato di andare oltre il muro del tempo finito rifiutando di sentirsi e di essere limitato al breve corso dell’esistenza. In questa ottica ogni civiltà e cultura, quantunque diversissime tra loro, hanno tutte in comune la profonda aspirazione e la speranza di poter considerare la morte come il naturale spartiacque tra due forme di vita. Ma la svolta epocale ce la offre il cristianesimo che ritiene la dimensione terrena un momento transitorio di passaggio verso la vita vera: così il desiderio e la speranza si fanno certezza. Il capitolo 6° (26-28, 35-36, 48-49, 53-61) del Vangelo di Giovanni riporta in maniera precisa le parole e il pensiero di Gesù che è estremamente chiaro ed esplicito e non concede né ammette il “ni “. Sono parole dure, che scioccano, lasciano sconcertati, allontanano superficiali e razionali, che fanno il vuoto intorno, tanto che Gesù domanda ai 12: volete andare anche voi?  Gesù non obbliga, non impone, non insegue né ricatta, propone appassionatamente il progetto che il Padre gli ha affidato, spiegandolo, perché tutti possano comprenderlo, con tante sfaccettature, parabole ed esempi, come l’acqua che disseta per sempre, il pane che dà la vita eterna, il cibarsi del suo corpo che sazia. La libertà è un principio a cui il Padre e il Figlio non intendono derogare: l’uomo ha le potenzialità intellettive per scegliere il proprio destino terreno e ultraterreno, quindi valuti e scelga con sano egoismo cosa fare del dono della vita. In altri termini, impari ad assumersi le proprie responsabilità. Il card. C. M. Martini soleva dire: “ Io non chiedo se siete credenti o non credenti, io vi chiedo se siete pensanti o non pensanti.” La fede nel futuro eterno non ha iter burocratici complessi e defatiganti: basta guardarsi attorno e cogliere, con serietà e coerenza, l’opportunità migliore per aspirare ad una eccezionale prospettiva senza fine, trascurando, ovviamente, quelle facili, banali e col fiato corto, se non appena quotidiano. Come possiamo definire una vita decisa (spesso, neppure decisa) e vissuta senza obiettivi che la sostanzino? Pertanto, dirsi “credo, perché valgo l’eternità che salva” è la logica conclusione di chi dà, con sano egoismo, il giusto valore alla vita che gli è stata data.


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