N° 5 - Maggio 2014
Spiritualità
  APPUNTI DI UN PELLEGRINO
di Gualtiero Sollazzi




Domenica delle Palme

Con Rami di olivo -  Oggi le strade si colorano. La gente esce dalle chiese con in mano l’olivo: ha partecipato alla liturgia della domenica di Passione dove si fa memoria dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme. L’olivo è segno che racconta.
Dice pace fin da quell’arca salvata dal diluvio che accolse il ritorno di una colomba con un ramoscello di olivo nel becco.
Dice gioia. Nel salmo 51 l’orante canta: “Io come olivo verdeggiante nella Casa di Dio”.

Dice grazia. Don Tonino, nel suo ultimo Giovedì Santo, così “vide” il frutto di quest’albero: “Olio fluente che sembra gemere ancora sotto la stretta dei frantoi. Olio che lampeggia ai raggi del sole e provoca riflessi di santità. Olio che suscitava un tempo lo stupore delle moltitudini che si raccoglievano nelle cattedrali del Medioevo, tra alitare di infule e volteggi di note gregoriane. Ave sanctum oleum! (Olio santo ti saluto!)”.
Dice carità. L’infermo è segnato dall’olio per essere accompagnato nel suo andare al Padre. Il Samaritano fascia le ferite di un uomo aggredito, “versandovi olio e vino”.

Con gratitudine, allora, cantiamo al Cristo agitando festosamente rami di olivo: “Gloria, lode e onore a Te, Cristo Redentore!”. I contadini mettevano a protezione un ramo di olivo sul pagliaio. Ma l’olivo non è protezione: è, piuttosto, silenzioso maestro.

 

 

Domenica di Pasqua

O felice colpa! -  E’ una bestemmia? Verrebbe da dire di sì, ascoltando “l’Exultet”, gioioso annuncio della Pasqua nella Veglia, madre di veglie. In realtà si scopre che la Chiesa non trova parole per raccontare l’”inaestimabilis dilectio caritatis”, l’immensità dell’amore di Dio per noi, da esplodere in questa espressione paradossale al limite dello scandalo: “Felice colpa!”.
Il buio del peccato delle origini è stato vinto dalla luce del Cristo, che ha pagato “il debito di Adamo”. La comunità dei credenti gioisce “inondata da grande splendore” e canta con melodie di cielo, le “notti” dove Dio ha manifestato le meraviglie della sua carità: la liberazione degli ebrei dalla schiavitù dell’Egitto, la colonna di fuoco, simbolo della vittoria sulle tenebre, Gesù che “spezza i vincoli della morte”. La notte pasquale è “davvero beata”, “mistero santo, che ricongiunge la terra al cielo”. Notte santa, allora; dove la Chiesa proclama la vittoria del suo Signore e inonda i templi di “Alleluia” festosi.
Resurrezione: trionfo del Cristo, Signore della vita; gioia dell’uomo, consapevole che il suo “vantaggio” non sta nell’essere redento. L’umanità, fatta nuova, esulta; forse anche “le montagne, non viste da nessuno, danzeranno di gioia attorno alle convalli?”.
(Tratti da “Vita Apuana”, notiziario della diocesi di Massa Carrara)



  Le Rogazioni
di Marta




Il 25 aprile si festeggia S. Marco evangelista. In questo periodo nelle chiese a lui dedicate si fa grande festa: fiere, processioni, luminarie e molta è la gente che partecipa a queste manifestazioni. Anche qui vicino, ad Avenza, c’è una chiesa che ha questo Santo come patrono e già molti giorni prima c’è tanto fervore per i preparativi. In casa si preparano le tradizionali torte di riso “alla carrarina”: un sottile strato di riso sul fondo e poi 4 centimetri di crema dolcissima, dorata, speciale. Per S. Marco c’era un’altra tradizione, ormai perduta: le Rogazioni.
Don Capellini, già tempo prima di questa data, dava tutte le informazioni e raccomandava la partecipazione a questo antico rito. In processione si partiva dalla chiesa del Preziosissimo Sangue di Luni e si arrivava fino all’anfiteatro, nella zona di Luni Scavi, dove si celebrava la Santa Messa. Ma negli ultimi anni la Soprintendenza ci aveva vietato l’ingresso per cui si era celebrata all’esterno. Ancora più anticamente la Processione partiva da Ortonovo paese e, giù giù, raccogliendo i fedeli di Annunziata, San Martino, Casano, Nicola, Isola e Luni, si arrivava al “colosseo” che si era una grande moltitudine. Dopo la Santa Messa si mangiava quel che si era portato nei campi lì attorno e in serata si faceva ritorno a casa. Le Rogazioni, a quel tempo, duravano tre giorni: il primo giorno i Nicolesi andavano al “Cist’rnin” (l’acquedotto); il secondo al “Becco” (Isola alta); il terzo a Luni Scavi dove esisteva una piccola cappella che poteva contenere una ventina di persone, perciò facevamo le corse, nell’ultimo tratto, per prendere posto all’interno. Ma anche la cappella era custodita dalla Soprintendenza per cui non si è più potuto entrare.
Le Rogazioni consistevano nel ringraziare il buon Dio di tutti i doni della natura: acqua, frutti e, in particolare, grano, orzo, granturco che venivano macinati nei numerosi mulini alimentati direttamente dall’acqua del Parmignola o dalla “gora”. Inoltre si implorava il Signore, con delle proprie preghiere rigorosamente in latino, di preservare i  terreni dalla siccità, dalle tempeste, terremoti e “a peste, fame et bello” (dalla fame, dalla peste e dalla guerra).

Il 25 aprile è anche la Festa della Liberazione, da noi molto sentita perché qui la guerra l’abbiamo subita per un anno intero; gli Americani erano fermi a Serravezza e i Tedeschi qui da noi. Qui vicino il “Muraglione” ci ricorda ancora oggi la linea Gotica e tutte le brutture successe in quel periodo, specialmente l’inverno del ’44 nel quale successe di tutto.
Il simbolo di San Marco è un leone; il suo Vangelo inizia con la voce di Giovanni Battista che nel deserto si eleva simile al ruggito di un leone, preannunciando agli uomini la venuta di Cristo.

                                                                                                               


  Pasqua 2014
di Doretto




25 aprile 2014 - 
Pasqua è passata da cinque giorni. Nel mio piccolo diario quel giorno ho scritto: “E’ Pasqua! Evviva! Oggi c’è il sole. Fuori e dentro di me”.

Oggi, festa di S. Marco e della Liberazione, posso dire che quel sole è rimasto dentro di me. Troppe cose sono accadute e raccontarle mi viene difficile. Cominciando dall’inizio della Settimana Santa, sono stato male; il mio corpo ha fatto i capricci. Il Venerdì Santo, poi, ero quasi in coma. Non tanto come salute, ma spiritualmente. Sì, perché pensando a quello che ha dovuto sopportare Gesù quel giorno, mi ha fatto stare male. Mi sono rimaste impresse le parole del Vangelo: “Era già quasi l’ora sesta, quando le tenebre si stesero su tutta la terra, fino all’ora nona, per essersi oscurato il sole”. Tre ore di buio, e in quel buio il grido lacerante di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Gesù pregava, ma anche implorava il Padre. E, dopo aver emesso un forte grido, rese lo spirito. In quel momento sembrava che le tenebre regnassero sul mondo, la luce fosse scomparsa e il male avesse la vittoria sul bene. E, poi, il Sabato Santo! Quel giorno il mondo taceva. Il silenzio regnava su tutta la terra in attesa di qualcosa di straordinario che sarebbe dovuto accadere. E, infatti, ecco la domenica di Pasqua! Andarono al sepolcro e lo trovarono vuoto. Gesù era risorto come aveva promesso e come avevano raccontato i Profeti e le Scritture.
Ecco la Pasqua! Ma questo accadeva oltre 2000 anni fa: e oggi? Eccoci qui davanti all’altare in una chiesetta sperduta sulla terra, a celebrare ancora una volta quel grande avvenimento di tanti secoli fa.  Ed è lo stesso Gesù di allora! Dopo la Resurrezione ha voluto rimanere in mezzo a noi (sapeva che da soli non ce l’avremo fatta) e ha formato la sua Chiesa con a capo gli Apostoli con tutti coloro che avevano deciso di seguirlo. E poi ci ha dato sangue e carne del suo corpo affinché ci possiamo nutrire di Lui tutte le volte che desideriamo riprendere forza e coraggio per seguirlo, proprio come l’olio per tenere accese le lampade in attesa che arrivi lo Sposo! E tutte le volte che celebriamo la Pasqua succede una cosa straordinaria: una gioia grande ci pervade e non ci lascia più! Sì, quando abbiamo Gesù nel cuore abbiamo la gioia, abbiamo la pace!

E quante carezze poi ci fa il Signore! Proprio il giorno di Pasqua, finita la Messa, vado in sacrestia per salutare padre Onildo. E mentre aspetto il mio turno mi avvicinano due giovani che mi abbracciano in uno slancio affettuoso: sono la Silvia e Alessandro. Sì, proprio loro due, i campioni del mondo di pattinaggio artistico di cui abbiamo raccontato alcuni numeri fa su “Il Sentiero”. Ed è bello poi vedere che questo amore circola tra di noi. Si legge sui volti della persone che hanno partecipato alla Santa Messa. 
Ho letto, alcuni mesi fa, un articolo su un quotidiano nazionale nel quale si metteva in risalto che chi ha fede vive meglio di uno che non ce l’ha. Ho pensato subito: hanno scoperto l’acqua calda! Poi ho pensato che, sì, è vero, ma quanti invece non hanno questa certezza che ho io? Tanti, purtroppo. Anch’io, prima di arrivare a capire appena qualcosa del vero tesoro che è l’aver trovato Gesù, ho impiegato tanto tempo. Poi la vita e il dolore mi hanno portato a scoprirlo piano piano, ma vale la pena di lottare per capire che la Pasqua è anche la nostra resurrezione e, insieme a Gesù risorto, un giorno faremo parte del banchetto celeste preparato per noi prima che noi nascessimo!

                                                                                                         


  Ricostruiamo il nostro cuore attraverso il nostro ritornare indietro....e "non mangiamo più quelle mele !"
di Un’assidua lettrice



 

            “…Ci ha liberati gratuitamente per mezzo di Gesù Cristo…” (Rm 3-24). Questa frase letta stamani, tra la settimana santa appena passata e quella attuale che ci porterà a festeggiare domenica la Divina Misericordia, se la vogliamo accogliere dentro il nostro cuore, ci deve portare a “non perdere più tempo”.
All’inizio delle apparizioni di Medjugorie la nostra Madre di misericordia ci aveva subito consigliato: “Riconciliatevi con Dio e tra di voi!” (26-06-1981); “Perché fate tante domande? Ogni risposta è nel Vangelo!” (19-09-1981); ”Tanti che si dicono credenti, non pregano mai! La fede non può mantenersi viva senza la preghiera” (26-04-!982).
In tutti questi anni passati nei quali vivevamo dentro una “bella bolla di sapone”, abbiamo fatto questo? (e mi riferisco principalmente a me stessa). No, non l’abbiamo fatto e non l’abbiamo trasmesso ai nostri figli, e questo, ora, è evidente in ciascuno di noi. Quella “bolla di sapone” sta cadendo e ci rendiamo conto di come “abbiamo modificato il mondo”: hanno vinto modi sbagliati di accumulare denaro, creando vari tipi di ingiustizie sociali; le nostre famiglie sono povere, anzi disidratate, di amore, pace, serenità; in tante comunità parrocchiali non si vive la comunione fraterne; l’Inutile (apparenza) è diventato Essenziale e l’Essenziale (il Vangelo) è stato, invece, dimenticato o messo da parte.

Ma un vero cristiano non può essere pessimista, deve vivere e dare speranza a sé e agli altri, perché, nonostante tutti i “casini” che abbiamo combinato, il nostro Creatore è un Dio dell’Amore, giusto con ogni sua creatura e anche misericordioso: è da ben 2014 anni che ci sta dicendo che la sua Misericordia, se lo vogliamo, vince tutti i nostri peccati e il suo aiuto lo possiamo chiedere con l’intercessione dei Santi; abbiamo in questi giorni l’occasione propizia della canonizzazione di due grandi Papi, inoltre attraverso le apparizioni continue della Madonna in vari posti del mondo, ma anche attraverso la guida dei nostri sacerdoti. Quindi dobbiamo deciderci a questa conversione seguendo le parole del Vangelo e così facendo le sofferenze sopportate da Gesù per ciascuno di noi non saranno state inutili e capiremo quanto abbiamo bisogno del suo perdono. Smettiamo perciò di farci ingannare come Adamo ed Eva dal serpente, seguendo i suoi ignobili inviti a “mangiare di quelle mele” e seguiamo invece il caloroso invito di Giovanni Paolo II: “Aprite, anzi spalancate, le porte a Cristo! Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo: solo Lui lo sa… Permettete, quindi - vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia - permettete a Cristo di parlare all’uomo, solo Lui ha parole di vita. Sì, di vita eterna! (Angelus del 22.10. 1978). Mentre ricordiamoci sempre anche le parole di papa Francesco al suo primo ‘Angelus’: “…Gesù non si stanca mai di essere misericordioso con noi; noi invece ci stanchiamo spesso di chiedergli perdono…”.

La festa della Divina Misericordia è stata istituita da Giovanni Paolo II e proprio in quella data, con Giovanni XXIII, saranno proclamati Santi. Penso proprio che ognuno di noi debba veramente fare un passo indietro e mettersi in discussione confidando nella Misericordia di Gesù per noi e per le generazioni future, specialmente i nostri figli.

            Buona conversione quotidiana a tutti!

                                                                                                         

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