N° 1 - Gennaio 2013
I nostri poeti
  ADDIO A KONDOA (per me il 28 ottobre 1974)
di Padre Maurilio Montefiori


 

 

 

Ombre grevi

sul cimitero di Kondoa

proiettate ondeggianti

sulle innumerevoli tombe

senza un nome.

Il vento soffia

sferzandomi il viso

mi riempie

di polvere gli occhi.

E gli occhi velati

cercan nella notte

povere croci di legno

abbrunite dagli anni.
Mi fermo.

Ridico un Requiem.

Poi parlo.

‘Biondo Patrizio’

dai muscoli possenti

come le mille

travi strappate alla foresta.

Noi ce ne andiamo.

Non li svegliare

 I vecchi

che ti dormono accanto.

Son così stanchi

dal lungo cammino!

Come ai lontani dì

In cui fosti novellier

tra noi fanciulli

racconta un altro giorno

a lor la storia

che ora ti dico

qui sommessamente.

Noi ce ne andiamo.

L’avevo promesso a tua madre

di venire ogni sera

a parlarti per lei

e portarti un suo fiore.
Li prendevo tra i pruni

della siepe

o tra l’erbe del campo.

Eran fiori vermigli

eran fiori splendenti

come la tua forte giovinezza

spezzata sugli spalti

di un vigoroso amore.
Noi ce ne andiamo

ma da  lungi

ti parleremo ancora.

E poi nei lieti

vespri domenicali

allor che il sole

incendia la terra

o nel grigiore

delle veloci

nubi del kiangazi

verranno

i tuoi battezzati

gli occhi bruni

atteggiati a preghiera verranno

colle genti islamiche

a dirti

i loro amani.
Ti siederanno accanto favoleggiando

sui lunghi habari

di un’intera vita.

Tua madre ancora

 non è qui

ma verrà presto

il cuore greve

dal diuturno

solitario penare.
Vorrei tornare anch’io

ma forse un giorno

mi fermerò lontano

lungo la mbuga

o lungo la foresta.

Ma allora voleremo sulle nubi

allora giocheremo con le stelle

allora correremo incontro al Sole.

 

                                                          

 

 

  LA SODA
di Mario Orlandi


 
 
 

LA  SODA

Piccolina, ma forta e ardita,

semp’r sp’t’nà p’rché ricia,

o col fazoleto anodà daldré,

pronta a aidare p’es’re aidà.

Gh’er spes ’n pian

ch’amà a voce a l’alba

da Umbè d’Arion

a rast’lar ‘l fen,

a roncar ‘l granon,

a cogh’re fasjoli o pomata,

portand a ca ‘l necesario.

La su curiosa espresion

d’ gioia o d’ rabia

che la fev un po’ rid’re

gh’er “Diopopolo”,

e giù ‘na risatina,

div’rtì anca lé.

La viveve

‘n t’la su cà fora d’la Porta,

da lé,

e i s’ capive

da la condizion esterna

d’la cà,

non d’l tuto curà:

gh’er la Soda!

 

                                

La Soda (Clorinda Montefiori) – Piccolina, ma forte ed ardita, sempre spettinata perché riccia, o col fazzoletto annodato dietro, pronta ad aiutare per essere aiutata.

Era spesso al piano chiamata a voce all’alba da Umberto (Devoti, abitante al Ponte di San Rocco) di Arion  (Airone Angelo, padre di Umberto) a rastrellare il fieno, a roncare (zappettare) il granturco, a raccogliere fagioli e pomodori portando a casa il necessario.

La sua curiosa espressione di gioia o di rabbia che faceva un po’ ridere era “Diopopolo” e poi una risatina, divertita anche lei.

Viveva nella sua casa fuori della Porta da sola e lo si capiva dalle condizioni esterne della casa non del tutto curate: era la Soda!
 
 
 

  OLOCAUSTO
di Paolo Bassani


 
 
 

 

Stenda la pietà il suo velo

sui morti di tutte le nazioni,

sparga l'indulgenza del perdono,

annulli ogni eco d'odio e di rancore.

Nessuno però osi strappare

una sola pagina di storia.

Nessuno offenda la verità.

La luce è luce

le tenebre sono tenebre:

chi mai potrà affermare che la notte

è chiara come il giorno;

che tutti ebbero -allo stesso tempo-

ragione e torto,

accomunando diritto e sopruso,

libertà ed oppressione,

vittima e carnefice;

che tutto fu colpa del destino!

Non si possono negare le stagioni

il corso del sole e della storia.

Eppure, ora qualcuno vorrebbe

falsare anche l'Olocausto!

Potessero la terra e il cielo

smentire la follia dei lager,

l'infamia, la negazione dell'uomo.

Ma come può il carnefice negare

l'insulto che uscì dalla sua bocca,

le percosse e il martirio che inflisse.

Come può l'uomo che trafisse

le mani con i chiodi

e il costato con la lancia,

come può negare adesso

la Passione e la Morte del Cristo

ancora immolato su una croce uncinata.

Stenda la pietà il suo velo

su tutti i morti, su tutte le miserie.

Ma la pietà non può

non deve annullare la memoria.

 
 

  I Re Magi
di Anonimo


 
 
 

 

Era una notte azzurra

con tante stelle in cielo;

sopra le dune sparse

palme dal lungo stelo.

Dolce silenzio. I Magi

sopra cammelli bianchi

seguivan la cometa...

felici e un poco stanchi.

Venivan da lontano,

da regni d'oltremare,

scrutavan l'orizzonte

desiosi d'arrivare.

Ecco Betlemme alfine;

ecco, nella capanna,

un tenero Bambino

in braccio alla sua Mamma.

I vecchi Re si prostrano

e ognuno di loro

offre un suo dono splendido:

incenso, mirra e oro.

Cantano intorno gli angeli:

"All'umile Giudeo

s'inchinano i potenti:

Gloria in excelsis Deo!"
 
 
 

  La Befana
di Giovanni Pascoli (1855-1912)


 

 

Viene viene la Befana

vien dai monti a notte fonda.

Come è stanca! La circonda

neve, gelo e tramontana.

Viene viene la Befana.

Ha le mani al petto in croce,

e la neve è il suo mantello

ed il gelo il suo pannello

ed il vento la sua voce.

Ha le mani al petto in croce.

E s’accosta piano piano

alla villa, al casolare,

a guardare, ad ascoltare

or più presso or più lontano.

Piano piano, piano piano.
 
 
 
 

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