Il Sentiero


N° 6 - Giugno-Luglio 2012

I nostri poeti

			I FANTASMI DEI SOGNI SVANITI di M.G. Perroni Lorenzini L’anima mia, intristita tra le brume verdastre di una nebbia catramosa, trova rifugio in un golfo d’opale. Ma qui, al buio, affiorano sull’acqua, un’acqua trasparente che li chiude, fasciandoli entro un’iride di perla, i fantasmi dei miei sogni svaniti. Oh, quanti sono i sogni più amati! Erano belli i sogni che ho tradito! Salgono assorti, giovani e fanciulli, fissi in un gesto eterno… chi gli occhi chiusi; chi le mani alzate. Li avvolge tutti il manto del sopore. E non sanno che supplico il perdono.

			IL MIO BORGO di Ugo Ventura Stradine dai sassi sempre bianchi che io percorrevo coi calzoni corti, però i pensieri che sono tanto stanchi è meglio seppellirli, perché morti. La chiesa “Maddalena” m’ha veduto infante, giovanotto, cresciutello; giornate e passatempi che ho vissuto: periodo d’una vita tanto bello. Nel borgo “Sa Cheiedda” tanto amato, Via Mare, la mia casa tinta in rosa, la gente tanto buona e ben stimata scolpita è nella mente fiduciosa. Donar vorrei gli anni miei più belli in cambio della casa non più mia, sognare di aver mamma e i miei fratelli, ma la realtà è diversa…e così sia!

			IN TRENO di Adriana Polla Luciani Uno scompartimento illuminato. Persone in silenzio si guardan tra loro. Nel cuore una nostalgia Che si perde nel cigolante Tintinnio del treno Lungo il suo cammino. (Sarzana-Milano, 29.12.1977)

			LENA E MEDE’ di Mario Orlandi Quande Lena dal frantoro d’ Rochi, lagiù a la iara i volev novi sachi d’ oliva, i pigh’ev l’mbuton e i urlev a Medé, su a Nicola, d’ far presto, d’ non es’r dormigh’on.. La trasmiscion la f’nive sol quande Medé, senza ‘mbutel’o, ma gonfiand la vena come ‘n budel’o, gh’ar’spondeve che tut ‘ndev’ ben. Fra i do lavoranti ‘mp’gnà la n’gh’er ‘nterferenza o linea ocupà, sol ‘na grand’ at’nzion d’ non pigh’ar quarc calcion dal mul nero comprà p’r l’ocascion. LENA E AMEDEO- Quando Lena (caratteristico e noto frantoiano) dal frantoio dei Rocchi, laggiù al torrente, voleva nuovi sacchi di olive, prendeva l’imbutone e urlava ad Amedeo (Montefiori), su a Nicola, di far presto, di non essere dormiglione. La trasmissione finiva solo quando Amedeo, senza imbuto, ma gonfiando la vena come un budello, rispondeva che tutto andava bene. Fra i due lavoranti impegnati non c’era interferenza o linea occupata, solo grande attenzione di non prendere qualche calcione dal mulo nero comprato per l’occasione.

			MATER DIVINAE GRATIAE di Paolo Bassani Quando il mio cuore stanco si sarà fermato e gli occhi non vedranno più, la Tua mano mi conduca ancora nel sentiero degli olivi, tra i fiori di Liguria, innanzi al mare splendido di cielo. Così sarò di nuovo bimbo e nei miei occhi ritornerà la luce, nel cuore la vita a palpitare. Allora Ti vedrò, benedetta Signora delle Grazie, nel tuo splendore di Regina e nel Materno Amore come se già ti conoscessi. Allora saprò di una donna d'un bambino, di una grazia e d'una promessa. Così, d'un tratto, parole antiche ritroverò come preghiera. Nella vita senza tempo docile verso la luce mi farò guidare.

			VENT’ANNI PIU’ TARDI (A padre Pietro Rinaldi) di Padre Maurilio Montefiori Oggi mi hanno dato un crocifisso come quello della mia consacrazione. Il primo l’avevo dato a te, con la corona, la lunga corona nera amica di sudati safari. Li avevo legati alle tue mani gelide a continuare in te la lor preghiera. Il giorno prima li avevamo portati agli umili Wagogo miti amici ancor esuli da Cristo in attesa dal ciel della NEEMA. Ricordi la savana e il tripudio dell’erbe e fiori al finir della masika? Ci fermammo al ritorno a cogliere campanule sui cespugli. Ma quel mattino col primo sole LUI raccolse te.

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