N° 7 - Agosto-Settembre 2010
I nostri poeti
  Quattro passi in un mattone
di Carlo e Maria Giovanna


 
 
 

Mia cara Nanna.

Come fare a scriverti? Cosa dirti di bello e di affettuoso, che non ti abbia già detto in precedenza? Un gioirlo sarebbe più semplice. Vai su dal Bernardini, chiedi, lui ti espone; tu guardi; uno ti piace; anche il prezzo è giusto; lo prendi; lo paghi; e te ne vieni via soddisfatto; sicuro che un gioiello farà sempre il suo effetto. Ma anche questa soluzione… Più facile a dirla che a metterla in atto. Perché andar fin lassù: con te; addio la sorpresa. E andarci, senza di te… Ormai è impensabile. Hai visto l’altro giorno, quando siamo andati in banca? E anche la volta dopo, quando ci siamo ritornati? Il posteggio che non si trovava e poi la faccenda del ‘ventolin’. Io che un tempo le mie gambe erano gambe dalle sette leghe, come gli stivali della favola… Ora, come si dice, faccio quattro passi in un mattone e ho per amico il bastone. Oltre te, naturalmente. Tu, sei diventata il bastone della mia vecchiaia. Tu, però, un bastone magico, come i famosi stivali di cui ti dicevo. Non mi fai fare sette leghe; ma, insomma, mi aiuti. E quando sono in difficoltà, invece di preoccuparti, mi dai la mano e mi sorridi e mi dici: “Su che ce la fai!”. E allora io guardo quel sorriso, divento subito forte e ce la faccio.

         Mia cara Nanna, ho incominciato che non sapevo che dirti. E ora pur con le lacrime agli occhi (vedi, le mie parole fanno piangere anche me, oltre che gli altri), non finirei più di scrivere. Intanto, voglio dirti che il giorno in cui siamo andati in banca per i tuoi gioielli, è stato per me uno dei giorni più belli della mia vita. Perché (certo i gioielli fanno straordinari scherzi nell’animo di una donna, ne sublimano la femminilità e la sottraggono alla fiscale conta degli anni, la rendono un’eterna primavera), perché, andando verso la banca, ti sentivo accanto a me, una donna che, nel pensiero dei tuoi gioielli, uno per uno (ad ognuno un avvenimento; e, insieme, la meravigliosa avventura), rivivevi tutto il tuo amore della vita e lo benedicevi. E benedicevi le case dove via via questo amore aveva stanziato. Fino all’ultima, quella definitiva, la più intensa; quella nostra, in cui Emilio e Rita spesso ci vengono a trovare (a proposito, anche a loro un abbraccio di auguri, che oggi sono qui con noi), la casa con la quercia, i tre gatti, gli specchi fotovoltaici e l’aristocratica dipendenza ancora da arredare, ma con un caminetto che ha un tiraggio che è una meraviglia…

         Ma non posso andare avanti, perché anch’io, ripensando a questa avventura, che ormai dura da più di quarantacinque anni, mi commuovo e piango e anch’io benedico la mia stella.

         Ti abbraccio. Il tuo Carlo come non mai.

 

 

INSIEME

 

Noi due, un tempo, giovani cerbiatti,

nel bosco ricoperto, a primavera,

da tappeti di primule e pervinche,

ci inseguimmo, frementi, di corse e assalti,

fino a che, sazi ormai di spinte e scherzi,

gioco d’amore, insieme assaporammo.

Noi due, l’estate, cupidi colombi,

sempre in cerca di tenere carezze

dall’alba di quei soli fiammeggianti

fino all’esausta pace dei tramonti,

insieme uniti, fabbricammo il nido,

al prodigio di nascite esultando.

Noi due, nei freschi giorni dell’autunno,

cavalli chiusi dentro alti recinti

a pascere soltanto l’erba molle,

senza più applausi e senza folle urlanti,

perdemmo, insieme ancora, i nostri figli,

quei puledri, di gare già impazienti.

Noi due, poiché minaccia il triste inverno,

tartarughe rugose di cent’anni,

scrutiamo, tutto attorno, l’orizzonte

per sapere se ancora ci è concesso,

prima di farci vivere dal sonno,

di rubare, ma insieme, qualche istante.

 

 

 
 

  SOT A D’ARC D’LA PORTA
di Mario Orlandi


 
 
 

 

 

So t a d’arc d’la Porta

A s’ div’rtiv’n

A v’der l’aqua slavar

I sasci e saltar i cordon

Trascinand guscia e carton,

mentr con la man s struscev’n

i braci e la testa bagna

e coi pé a fev’n i stampi.

‘N t’l c’elo i grossi nuvolon

r’sch’arà dai lampi

e ‘ncupì dai tron

i discev’n ch’aro

che la stada d’er f’nì.

 

                                        

 

SOTTO L’ARCO DELLA PORTA

 

 (All’inizio del paese, con ancora visibili i grossi cardini sui quali si muovevano le porte). Sotto l’arco della porta ci divertivamo a vedere l’acqua slavare i sassi e saltare i cordoli trascinando bucce e cartoni, mentre con le mani strusciavamo la braccia e la testa bagnate e coi piedi (nudi) facevamo gli stampi. Nel cielo i grossi nuvolosi rischiarati dai lampi e incupiti dai tuoni dicevano chiaramente che l’estate era finita.

 

 

 

  SOLITUDINE
di Lorella Devoti


 

 

SOLITUDINE

 

La vita è movimento

Ciascuno ha qualcosa

Da dire, da fare, da dare

Ma non sempre riesce nell’intento

Avverte la sua impotenza

E percepisce di essere solo

In mezzo a tanta gente.

 

 

 

                                     

  SERENITA’
di Marisa Lisia


 

 

SERENITA’


Trema il mio cantare

Nelle notti fredde d’inverno

Muti voli di rondini

Perché piangete

Per il lungo pellegrinare?

Inverno sii clemente con loro

Dopo l’inverno è in arrivo primavera

Vi è forse primavera?

Fiorite fiori nei campi!

Alberi germogliate!

E’ festa all’intorno

Perché tanta agonia nel cuore…

Noi che aspettiamo trepidando il sereno?

Certa è la nostra ricompensa

Voi che godete l’ebbrezza

Della giovinezza

Abbiate tutti un po’ di dolcezza

Per i vecchi bambini

Vi fu una giornata gloriosa

Ed ancora l’attendo

Come le sentinelle l’aurora

Vorrei poggiare la mia canuta testa

Sul tuo cuore

O mio Signore

E come una bimba sognare di Te.

 

 

 

                                                     

  CARO AMICO MIO
di Ugo Brizzi


 

 

 

Gesù, caro amico mio,

non credo di vestirmi di presunzione

se ti chiamo, se ti cerco, se t’invoco;

ma per l’amicizia che mi lega a te

vorrei sussurrarti, attraverso la mia fede,

l’amore che oggi,

Infinito,

straripa dal mio cuore:

elevalo, innalzalo, fortificalo.

Che la tua luce sia sempre faro,

che la tua voce sia sempre guida

che il tuo verbo sia sempre legge.

Gesù, caro amico mio,

anche oggi ti trovo qui, al mio fianco,

compagno di banco da sempre.

Ti ringrazio per avermi suggerito,

in tutti questi anni, le parole giuste

per risolvere i mille problemi

di questo continuo esame, che è la vita.

Questo amore lo dedico a te:

incantevole, infinito, prezioso, sincero

come la tua eterna presenza.

E, infinitamente grato per aver ascoltato

le mie preghiere e restituito mia moglie

in buona salute, dopo tanto penoso travaglio.

Grazie, grazie, grazie!

 

 

  PROCESSIONE MODERNA
di Ugo Ventura


 

 

PROCESSIONE MODERNA


Una lunga fila di persone

seguenti un Cristo crocifisso,

chiedono aiuto, eterna protezione

come fosse formaggio o stoccafisso.

Pregare è un sentimento assai profondo

per chi crede nell’Esser Superiore,

sentimento sparito in questo mondo

coperto di menzogne e disonore.

Eppure il canto sale fino a Dio

per ringraziarlo di questo grande dono,

indegno unisco il triste canto mio

sperando di riceverne perdono.

 

                                           

 

 

 

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