N° 4 - Aprile 2017
CONCILIO DI LIONE II (14° ecumenico ) 1274
di Antonio Ratti


Occorrono più di due anni e mezzo per dare il successore a papa Clemente IV morto nel 1268 e trovare tra i cardinali l’accordo, nel Conclave di Viterbo, su un nome qualsiasi, in questo caso, Teobaldo Visconti di Piacenza, che si trova a Tolemaide in Palestina in qualità di legato papale per una crociata.
Oltre ad essere estraneo al conclave, non è né cardinale, né vescovo, ma semplicemente arcidiacono di Liegi.
Gli inconcludenti lavori del conclave sono causati dal conflitto in atto tra gli Svevi
( eredi di Federico II ) e il fratello di san Luigi IX, re di Francia, Carlo d’Angiò, nuovo arrogante padrone del sud Italia, chiamato a suo tempo da Innocenzo IV - Fieschi per contrapporlo alle mire degli Svevi in ottemperanza al principio del dividi ed impera. Scelta che si rivelerà subito peggiore del male da contrastare.
Il nuovo pontefice in breve sbarca a Brindisi e arriva a Roma dove il 27 marzo 1271 viene consacrato e incoronato col nome di Gregorio X. Le priorità del suo pontificato sono sostenere la crociata, che ha lasciato dopo l’elezione, e dare aiuto concreto all’Oriente cristiano impegnandosi, dialogando con l’imperatore e poco con il clero, per il ritorno all’unità piena con la Chiesa greco-ortodossa.
Per la realizzazione del suo progetto trova un interessato alleato nella persona dell’imperatore d’Oriente, Michele VIII Paleologo, il quale s’impegna a favorire l’unione religiosa, l’accettazione del Filioque nella Professione di fede e il riconoscimento del primato papale. Ma i suoi veri intenti sono ben altri e di natura politica: rafforzare la sua posizione, difendere ciò che resta del suo impero, dopo la riconquista di Costantinopoli nel 1261 ed evitare la minaccia di un’invasione da parte degli angioini e della Francia che nella crociata si erano dimenticati della Terra Santa e preoccupati di occupare e saccheggiare Costantinopoli.
Per rispettare gl’impegni presi con i legati papali, il Paleologo usa la forza, la violenza e le persecuzioni verso il clero ( compreso il patriarca Giuseppe I ) e il popolo legati alle secolari tradizioni e, quindi, antiunionisti. Stilato l’accordo con scambio di lettere, Gregorio X convoca, il 1 maggio 1272 per il maggio del 1273, il Concilio generale a Lione per sottrarlo alla pericolosa influenza di Carlo d’Angiò, ormai padrone incontrastato del centro e sud d’Italia. Per le difficoltà dei padri conciliari e della delegazione greca a giungere in tempo, i lavori conciliari vengono rinviati all’anno successivo; infatti si aprono il 7 maggio 1274. Gregorio X proclama subito i tre scopi del Concilio: aiuto alla Terra Santa, unione con la Chiesa greca e riforma dei costumi e della vita del clero. E’ presente Bonaventura da Bagnoregio
( Vt )  - che diventerà santo - mentre Tommaso d’Aquino muore durante il viaggio verso la Francia. Nella 2^ sessione, il 18 maggio, rispolverando le abitudini dei suoi predecessori, Innocenzo III e IV, in termini di democrazia, senza discussione e interventi sui contenuti, si dà per accettata dall’Assemblea conciliare la costituzione Zelus fidei, che il pontefice aveva già preparato, dove si stabiliscono le modalità di pagamento delle decime che ogni nazione deve dare in favore della Terra Santa.
Il 4 giugno ( 3^ sessione ) sono lette e accettate, come sopra, 12 costituzioni o canoni di riforma dei costumi rivolte a clero e laici. Il 24 giugno è accolta con fastosa solennità la delegazione greca (due vescovi e il segretario dell’Imperatore).
Il 29 giugno, nella solenne Messa dedicata ai SS. Pietro e Paolo, il simbolo di fede
( Credo ) è cantato nelle due lingue, latino e greco, e il Filioque viene ripetuto tre volte. Il 4 luglio è il giorno dedicato alla delegazione dei Tartari con i quali si era aperto un dialogo. La 4^ sessione del 6 luglio è destinata all’unità della Chiesa.
Gregorio X, dopo aver riassunto le varie fasi dei negoziati intercorsi tra le due Chiese, forse sapendo di mentire, afferma che i greci “venivano liberamente all’obbedienza della Romana ecclesia.” I legati greci ripetono l’atto di obbedienza al primato papale e alla professione di fede unica con incluso il Filoque.
La sessione termina con il Simbolo niceno-costantinopolitano ( Credo ) cantato due volte. Nella 5^ sessione del 16 luglio l’assemblea approva il canone Ubi periculum dove vengono fissate nuove norme per rendere il conclave più funzionale e meno influenzabile da fattori esterni. Vengono anche approvati definitivamente l’Ordine francescano e quello domenicano. Il 17 luglio si svolge la cerimonia di chiusura dei lavori e del Concilio in un’atmosfera di grande entusiasmo e soddisfazione.
Il trionfo della Chiesa di Roma e del papato appare totale e ricco di prospettive sul futuro. La realtà è amaramente diversa: la Chiesa romana, poco dopo, scomunica l’imperatore Michele VIII, perché accusato, nonostante l’uso della forza bruta, di non saper imporre ai propri sudditi gli accordi stipulati per giungere all’unità.
Nel 1282, il figlio e successore Andronico, antiunionista, sconfessa le decisioni paterne per ottenere l’appoggio del clero e del popolo al fine di mantenere l’integrità del suo impero, ormai ridotto a poca cosa e interrompe ogni contatto con il papato e l’occidente cristiano. L’unità costruita forzosamente da Clemente IV, Gregorio X, l’imperatore Michele VIII Paleologo e approvata senza alcuna discussione dal Concilio, anziché dare buoni frutti, finisce per inasprire le tensioni e approfondire il solco politico e religioso tra Oriente e Occidente. Molti secoli dopo, Paolo VI il 19 ottobre 1974 scrive: l’unione fu siglata “senza dare alla Chiesa greca la facoltà di esprimere liberamente il proprio parere in questa materia. I latini infatti scelsero il testo e le formule che riproducevano la dottrina ecclesiologica elaborata e composta in occidente.” Ogni commento mi pare superfluo.



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