N° 6 - Giugno 2022
CONCILIO LATERANENSE II (1139) ( X ecumenico )
di Antonio Ratti

 

Con il Concilio Lateranense I è cominciata una serie di Concili ecumenici ravvicinati tra loro nel tempo, oltre ad altri locali, dove i temi prettamente religiosi sono marginali.
In realtà il tardo medioevo è un periodo difficile e torbido, che somiglia a quello attuale, spezzettato in mille spregevoli eventi. Sono secoli  molto turbolenti e instabili, dove a governare e a comandare sono i più forti, i più spericolati e brutali. 
Le vicende della Chiesa non sono avulse da questo clima, così, purtroppo, anche il governo della Chiesa e del Papato è preda delle faide e delle lotte di potere tra le grandi e ricche famiglie  romane, che, di fatto, fanno il bello e il cattivo tempo per piazzare membri della famiglia nelle posizioni chiave della gerarchia, dove i cardinali molto spesso sono laici ( cardinali diaconi ). Ciascun quartiere romano è sotto stretto controllo e dominato da una famiglia, sfacciatamente ricca e potente, che di solito vive nelle case-torri  per evitare le imboscate dei rivali. In questo quadro poco idilliaco s’inserisce il Concilio Lateranense II, che viene convocato per superare lo scisma ( elezione di due papi ) avvenuto nel 1130 alla morte di Onorio II. E’ normale che ogni elezione del papa diventi una lotta senza quartiere con alleanze che nascono e finiscono a seconda delle convenienze. Veniamo ai fatti che hanno dell’incredibile. Il cardinale Aymery de la Chatre, cancelliere della Curia, legato alla famiglia dei Frangipane, 11 febbraio 1130 convoca  i cardinali amici e fedeli nel monastero di Sant’Andrea, nei pressi del colle Celio nel territorio dei Frangipane, dove il papa Onorio, aggravatosi drammaticamente e quindi prossimo alla fine, aveva chiesto di essere portato. Il 13 febbraio si sparge la voce del decesso e la folla, legata ai Pierleoni, ricchissimi e soliti  alle regalie, inferocita, assedia il monastero. Onorio in fin di vita è costretto ad affacciarsi ad un balcone per tranquillizzare il popolo. Nella notte il pontefice muore realmente, così i 16 cardinali, presenti nel monastero, di buon mattino, il 14 febbraio, sotto la regia del card. Aymery, si affrettano ad eleggere Gregorio Papareschi, che prende il nome di Innocenzo II, sebbene le disposizioni vigenti, stabiliscano che  il corpo del pontefice debba rimanere esposto ai fedeli in S. Giovanni in Laterano per tre giorni e poi sepolto, prima di procedere alla nomina del successore; invece tutto è fatto in poche ore e i cardinali elettori nella chiesa del Laterano intronano il nuovo papa, che, come cardinale era famoso per il suo zelo religioso. Appena giunge loro la notizia, i restanti 14 cardinali, radunati nella chiesa di San Marco, in territorio dei Pierleoni, ritengono non canonica l’avvenuta elezione ed eleggono papa il cardinale  Pietro Pierleoni, che sceglie il nome di Anacleto II.
Questo secondo papa avendo la popolazione dalla sua parte, il 15 febbraio prende il controllo di San Giovanni in Laterano e il 16 di San Pietro, costringendo l’altro a prendere la via dell’esilio.  Ha così inizio lo scisma che terminerà solo nel 1138 con la morte di Anacleto. Entrambe le elezioni suscitano qualche perplessità fugate a favore di Innocenzo II dalla posizione  dei vescovi del nord Italia ( tranne Milano ), di quelli francesi e tedeschi, di san Bernardo da Chiaravalle, dei monaci dell’influente Abbazia di Cluny e, infine, dall’intervento politico e militare dell’imperatore germanico, Lotario III, mentre i vescovi dell’Italia centro-meridionale e l’ambizioso Ruggero II d’Altavilla, padrone di quasi tutto il meridione, che, per il sostegno,  ottiene finalmente il titolo di “re delle due Sicilie”, parteggiano apertamente per Anacleto, il quale ha in mano Roma e la Curia  attraverso  il popolo romano, ampiamente “foraggiato.”
Paradosso: l’antipapa regna a Roma da dove scomunica Innocenzo e i suoi sostenitori e il papa è costretto a vagare per l’Europa, finché non riesce a sconfiggere militarmente a Melfi  Ruggero II e Anacleto nel maggio del 1137.
 I Pierleoni non si danno per vinti e, alla morte di Anacleto II (25 -1-1138), eleggono papa il cardinale Gregorio Conti con il nome di Vittore IV, il quale, per l’intervento di san Bernardo da Chiaravalle, si reca da Innocenzo II e rinuncia all’elezione. Questa  premessa è indispensabile per comprendere lo scopo del Concilio e il clima che si respira nell’Europa di allora e nella Chiesa, appetita per i benefici economici in grado di elargire e per il ruolo politico nei giochi di potere ( era la Chiesa e il Papa che validavano il titolo di re e di imperatore ).  Il Concilio di cui stiamo parlando è finalizzato a raccogliere i cocci di otto anni di avvenimenti, come la scomunica e le spedizioni punitive dell’uno contro l’altro, sui quali è meglio sorvolare, perché nessuno dei due protagonisti intende recedere dalle proprie posizioni, sentendosi entrambi caparbiamente nel giusto. Da quanto fin qui scritto, è sufficientemente chiaro che di amore cristiano, misericordia, carità, rispetto reciproco, i diversi protagonisti  non ne hanno la benché minima percezione e conoscenza. Innocenzo II può ormai rientrare a Roma, che gli è palesemente ostile, da unico papa e convoca per  il 4 aprile 1139 un Concilio generale per riparare i danni dello scisma e ricomporre le divisioni. Dai padri conciliari sono fortemente deplorati i comportamenti e l’opera di Anacleto, vengono resi nulli tutti i suoi atti e disposizioni, deposti i vescovi scismatici, scomunicato Ruggero e non riconosciuto quale re delle Sicilie. Su quest’ultima decisione  Innocenzo deve ricredersi a causa della vittoriosa reazione militare di Ruggero, che minaccia l’occupazione di Roma.  Il Papa e l’assemblea conciliare volendo continuare l’azione di riforma proposta, ma rimasta disattesa, dal primo Concilio Lateranense, emanano 30 canoni che di fatto confermano e ribadiscono  quelli del precedente sul celibato degli ordinati, sulla moderazione del vestiario e dello stile di vita del clero di ogni livello, contro l’usura e la simonia. Il medesimo ritornello lo sentiremo ripetere spesso, ma ogni volta inutilmente.  Un canone  vieta  l’uso delle nuove armi, come la balestra e l’arco, nelle guerre tra “cristiani”. Infine si proibisce la predicazione ad Arnaldo da Brescia e a Pietro di Pruys, entrambi in odore di eresia. Ma chi sperava di portare pace dentro la Chiesa si sbagliava, perché un altro Concilio è vicinissimo per riparlare delle stesse problematiche e ribadire le norme disciplinari in modo più preciso e rigoroso: tutte cose che con il Magistero docente della Chiesa non c’entrano niente.






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