N° 6 - Giugno 2022
Spiritualità
  OMELIA DI DOMENICA 8 MAGGIO 2022
di Don Modesto



                         

Oggi celebriamo la quarta domenica di Pasqua, si chiama anche domenica di Cristo Buon Pastore. Ormai lo sappiamo tutti, credenti e non credenti, il nostro mondo ha tanto bisogno di un Pastore. Il buon Pastore capace di educare l’umanità alla cultura della vita, capace di mettere l’uomo al sicuro, in pace in questo mondo di insicurezza.
In questo giorno celebriamo anche la 59° Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni. Non possiamo più nascondere le cose. Viviamo oggi un periodo di crisi generalizzata: crisi di pace, crisi di valori, dei costumi, crisi della fede e delle vocazioni, crisi di fiducia, della testimonianza, della sincerità, della famiglia. Bambini, giovani, genitori, educatori, sacerdoti, vescovi, uomini di Dio, cosa dobbiamo fare?
Gesù, Parola di Dio, Pane del cielo ci dice: non abbiate paura; ci sono io.
“Ascoltatemi se siete miei amici. Perché le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.”  Proprio in questo contesto di guerra, malattia e di carestia che Gesù si presenta nuovamente a noi come Buon Pastore, il riferimento sicuro. “Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice Gesù, le conosco e loro mi seguono. Io do loro la vita eterna.” Questa piccola frase del Vangelo contiene 4 appelli da prendere sul serio:ascoltare,”
“conoscere”, “seguire”, “ricevere la vita”.
Questa frase, secondo me, è la chiave della vera felicità per noi cristiani. Se il nostro mondo sta scegliendo il male al posto del bene comune, c’è la responsabilità dell’uomo. Homo homini lupus est. C’è la mancanza dell’ascolto e il rifiuto di ascoltare e di seguire la voce di Dio.  Fratelli e sorelle, in questa domenica vocazionale, è opportuno che noi cristiani ci soffermiamo a porci queste domande: di chi siamo pecore? Chi ascoltiamo spesso? Chi seguiamo spesso: Gesù o il mondo? Perché oggi si parla di crisi vocazionale nella Chiesa? Direi semplicemente perché gran parte dei pastori-sacerdoti, diaconi, religiosi e i fedeli sembrano aver rinunciato ai loro doveri. Mi sembra che alcuni abbiano scelto di non ascoltare e seguire Cristo. Perché le chiese si svuotano sempre di più?

Perché la nostra vita spesso contraddice ciò che annunciamo.
Quante famiglie pregano regolarmente per le vocazioni? Vogliamo avere i sacerdoti, abbiamo bisogno dei loro servizi, ma da dove vogliamo che Dio chiami queste persone se non nelle nostre famiglie?

Siete voi, le famiglie, la buona terra per produrre i sacerdoti!  Donne e uomini, bambini e giovani, genitori ed educatori, cerchiamo insieme l’albero delle vocazioni, pregando e facendo qualcosa concretamente, confidando in Dio senza calcoli….
Gesù, Buon Pastore, ci conceda la grazia di saper ascoltare e di riconoscere la sua voce in mezzo alle tante voci di questo mondo.
A lui sia la Gloria, ora e nei secoli dei secoli. Amen.



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  FESTA DELLA VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
di (Riflessione di Padre Miguel Tuch sul brano del Vangelo di Luca 1,39-56)


FESTA DELLA VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

(Riflessione di Padre Miguel Tuch sul brano del Vangelo di Luca 1,39-56)

 

Questa Festa si celebra il 31 Maggio di ogni anno. Il nostro brano suindicato ci aiuta a riflettere su questa Festa: la visita di Maria ad Elisabetta e di un gioioso incontro tra queste due madri in attesa; ma non ci comunica soltanto questo, ci svela anche ai richiami dei racconti dell’Antico Testamento sull’Arca dell’Alleanza, questi richiami, Luca arricchisce la nostra comprensione del ruolo di Maria nella storia della Salvezza. Offrendoci una nuova visione su Maria: la nuova Arca dell’Alleanza di Dio in mezzo al suo popolo: la Madre del divino Messia.
Una delle tradizioni a cui Luca si ispira deriva dal Secondo Libro di Samuele capitolo sei (2Sam 6,1-19: anche con altri riferimenti: 1Cronache 15,1-16,5; 2Cronache 5,1-13), diventa come lo sfondo parallelo tra la Visitazione di Maria ad Elisabetta e la storia di Davide che conduce l’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme e qualche accenno a Salomone.
Il visitare non comporta solo il gesto dell’uscire dal proprio vissuto, del camminare nelle difficoltà e dell’entrare in una realtà altrui, di cui Maria è garante; ma, è necessario anche accogliere questa visita, come fa Elisabetta: scelta impegnativa e fiduciosa dinnanzi ad una rivelazione di Dio, ancora non visibile agli occhi umani ma nell’esperienza di fede.
La narrazione evangelica ci presenta due figure femminili: Maria ed Elisabetta, portatrici di un grande evento della rivelazione del progetto di Dio nella storia umana. Dio che si fa carne, viene ad abitare nella storia. Possiamo dire che la Parola fatta carne «ha posto la sua tenda tra di noi» in Maria: non più un Dio nomade, a quel soggiornare temporaneo nel deserto, ma viene e prende dimora presso di noi, però deve essere accolta questa nuova presenza di Dio per riempire la nostra situazione storica come quella che si realizza in Elisabetta, viene riempita della potenza dello Spirito di Dio per mezzo del Figlio di Dio, Gesù, ancora in grembo di Maria.

 

Il nostro brano si inizia così:

 «39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda». Il nostro racconto inizia con un movimento, si presenta come la chiave del racconto, tutto all’insegna del movimento. Ma non è solo il nostro brano a essere improntato a un ritmo movimentato. L’intera narrazione lucana si presenta come un grande viaggio: quello di Gesù̀, dalla Galilea a Gerusalemme, viaggio qualificato come «esodo» (Lc 9,31).
Maria di Nazaret anticipa il cammino di Gesù, muovendo i propri passi dalla Galilea verso una città di Giuda. Si richiama quel
andare di Davide verso la medesima regione secoli prima per recuperare l’Arca (2 Sam 6,2). Per Maria si tratta di un cammino in salita che sarà il luogo di rivelazione. I monti verso cui cammina Maria fanno già̀ intravvedere il monte della trasfigurazione e il Golgota.
«
40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.». Dopo l’uscita di Maria dalla propria terra verso un’altra come per Abramo (Gen 12,1). Come nell’esodo di Israele, il cammino prevede un uscire, un camminare nel deserto e un entrare nella terra promessa. L’intenzione dell’evangelista Luca è annunciare la gioia messianica: Come il messaggero celeste dell’annunciazione (Lc 1,29), così anche Maria entra in casa altrui. Il divino e l’umano hanno gli stessi movimenti per portare un messaggio di rivelazione.La scena si presenta con le normali caratteristiche patriarcali: si entra «in casa di Zaccaria». Ma subito viene meno quello scenario classico: cioè non c’è la figura maschile: Zaccaria. Le Protagoniste sono due donne. Maria incontra Elisabetta, la parente evocata dall’angelo, per dire che «nessuna parola di Dio rimarrà̀ inefficace» (Lc 1,36s).
«
41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo». Una duplice pienezza caratterizza Elisabetta: il suo grembo vuoto, sterile, ora è riempito della presenza di un bambino; e anche lo Spirito Santo, promesso a Maria (Lc 1,35), ora riempie Elisabetta. «Elisabetta udì̀ il saluto di Maria»: il saluto del Messia Gesù ancora in grembo di Maria, la fede nasce dall’ascolto. Elisabetta viene visitata dalla Parola e che lei accoglie come un ospite, suscitando in lei lo scaldare del cuore e il sussulto del suo grembo. Così come Davide saltò e danzò davanti all’Arca (2 Sam 6,16). In Elisabetta è il sussulto del profeta: Giovanni il precursore, che nascerà in lei.
«
42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! ». Elisabetta, per mezzo dello Spirito riconosce la benedetta di Dio e il suo agire in Maria, come ha agito in lei. L’esclamare di Elisabetta trova un parallelismo nei libri delle Cronache, in connessione con l’Arca dell’Alleanza, utilizzato per indicare la voce esultante degli strumenti suonati dai leviti davanti all’Arca quando Davide la condusse in processione a Gerusalemme (1 Cron 15,28; 16,4-5) e quando Salomone trasferì l’Arca nel Tempio (2 Cron 5,13).
Nel nostro racconto, entrambe le donne hanno sperimentato la benedizione, di quella fecondità̀ che vince la sterilità umana e riapre una storia di grazia. Una benedizione del Dio che fa fiorire il deserto. Niente è impossibile a Dio. Non è mai troppo tardi o troppo presto: egli è colui che riapre una storia chiusa quando ormai è troppo tardi, ma è anche capace di anticipare i tempi e creare novità̀ da una storia ancora giovane e vergine.

«
43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? ». Dinnanzi alla grandezza dell’agire di Dio, ci si riconosce piccolo e indegno, è anche lo stupore che fa sorgere l’interrogazione. Possiamo dire che la fede si declina in modo interrogativo. Non c’è opposizione tra il lodare e il domandare. Allo stesso modo Davide ebbe lo stesso atteggiamento al cospetto dell’Arca dell’Alleanza (2 Sam 6,9). Dio si degna nei nostri confronti e lui che viene per offrirci una nuova conoscenza e di ricerca della sua presenza.
«
44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo». Elisabetta, comprende e interpreta i fatti in chiave messianica. Si legge, infatti, il sussultare in grembo del bambino come espressione della gioia messianica. Orecchi e grembo indicano un’antropologia dell’ascolto della Parola e dell’interpretazione del sussulto dinnanzi alla voce del divino. Non è soltanto l’incontro delle due madri in attesa: una giovane-vergine in cinta e una vecchia-sterile fecondata, ma è anche l’incontro tra due bambini in grembo che si riconoscono: il Profeta Giovanni il precursore e il Messia Gesù. Potremo dire: l’incontro tra il Vecchio Testamento e il Nuovo Testamento.
«
45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto ». La prima beatitudine nell’intero del Nuovo Testamento è rivolta a Maria. Una beatitudine non in forza della sua condizione di madre del Signore, ma in quanto «ha creduto». Una fede che è fede in una Parola creduta ed efficace, anche «sperando contro ogni speranza», come dice l’apostolo Paolo (Rm 4,18). Un Dio che porta a compimento le sue promesse.
46
Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore… 55per Abramo e la sua discendenza, per sempre». (Lc 1,46-55). Di nuovo, il racconto apre alla riconoscenza, che trova una nuova espressione nel Magnificat di Maria. Cantico di lode, ma anche di una nuova conoscenza della storia, capovolta dall’agire nuovo di Dio, di cui le due donne sono le prime testimoni. Uno guardo umano-divino, capace di sentire in grande una quotidianità̀ visitata da Dio, abbracciando tutte le generazioni, dando vita e forma alle speranze al compimento delle promesse di Dio.
Il cantico di Maria è la risposta gioiosa alle parole di Elisabetta: testimonianza di una predicazione femminile all’interno di una Chiesa domestica, dove la parola che feconda e trasforma trova piena accoglienza. Elisabetta, non rimane come oggetto della visita di Maria, ma diventa il soggetto, protagonista della scena, capace di dare voce alla sapienza dello Spirito, di cui è riempita: riconoscendo l’agire divino in Maria e del frutto del suo proprio grembo.

 Il nostro brano si conclude così:

 «56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua». La visita di Maria ad Elisabetta è durata circa tre mesi: non certo una visita di cortesia, ma di una visita della nuova arca di Dio vissuta in un’esperienza messianica. Ha un parallelismo con il periodo di tre mesi in cui l’Arca dell’Alleanza rimase presso la casa di Obed-Edom (2 Sam 6,11).
Quanto Luca ci ha narrato
in questi versetti si è svolto nei tempi lunghi della vita e non negli attimi fuggenti delle emozioni travolgenti. L’incontro di queste due donne, riassume l’agire misericordioso di Dio nelle vicende umane, si lasciano mettere in movimento dalla sua Parola, ascoltata insieme e accolta con riconoscenza. Della sapienza dell’incontro, capace di non perdere l’alterità, senza per questo cadere nell’isolamento.
Gli esseri umani e anche Dio sono fatti per visitarsi e accogliersi, guidati da una sapienza relazionale, oggi più che mai siamo chiamati ad una esperienza viva di Dio nella nostra vita, riconoscere Dio nei volti delle donne e degli uomini, per portare avanti il progetto di Salvezza di Dio nella nostra storia.

Dio ha scelto queste due donne per collaborare e partecipare nel suo progetto di salvezza, anche oggi chiede a noi di portare avanti il suo progetto di salvezza. Come dice l’apostolo Paolo:
"non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Cor 3, 16). Noi siamo oggi l’Arca di Dio, nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37).


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