N° 6 - Giugno 2022
Il Concilio di Costantinopoli dell’879 - 880
di Antonio Ratti


Il Concilio di Costantinopoli IV dell’869-870, caratterizzato dall’esiguo numero di padri conciliari (nella seduta iniziale del 5 settembre 869 sono presenti  5 metropoliti e 7 vescovi, oltre ai due legati papali e di Gerusalemme; in quella finale, del 28 febbraio 870 sono 103) e dominato dalle tesi romane decise nel sinodo appositamente organizzato da papa Adriano II a Roma nel giugno dell’869, cioè in prossimità della partenza dei legati per Costantinopoli, manifesta subito la sua fragilità. L’imperatore Basilio I, già all’indomani  della chiusura del Concilio febbraio 870), convoca, come arbitri della questione bulgara, i legati dei patriarcati orientali per far assegnare al patriarcato di Costantinopoli la giurisdizione sulla nascente Chiesa bulgara, suscitando subito la reazione dei legati di Roma ancora in città.
L’allora patriarca Ignazio, che la Chiesa di Roma riteneva l’unico legittimo, procede subito alla consacrazione di un metropolita e di una decina di vescovi da inviare in Bulgaria.
Papa Adriano II riceve gli atti  conciliari nella traduzione latina di Anastasio Bibliotecario, perché gli originali in greco sono andati perduti nel viaggio di ritorno.
Nel novembre 871 papa Adriano II risponde all’imperatore con una lettera nella quale protesta e contesta la decisione sulla Bulgaria, ma riconosce il Concilio che da allora è l’VIII ecumenico per la Chiesa di lingua latina e cattolica. Anche papa Giovanni VIII (872 -882) nell’875 in una lettera dà al Concilio l’imprimatur di ecumenicità, mentre a Costantinopoli già nell’871 si comincia a metterne in dubbio la validità, perché la posizione di Fozio, anatemizzato e deposto da patriarca in quel Concilio, riprende quota.
Testardamente l’imperatore mira alla definitiva riappacificazione dei due contendenti: infatti alcuni vescovi foziani sono inviati nella missione bulgara e lo stesso Fozio è chiamato a corte come precettore dei figli di Basilio I. Ormai anziani e fiaccati per una vita da avversari, Ignazio e Fozio, trovano modo di fare pace, così alla morte di Ignazio (ottobre 877), su esplicita richiesta dell’imperatore, Fozio, senza altri pretendenti, torna sul trono patriarcale di Costantinopoli, per il suo secondo mandato, sconfessando di fatto e nella sostanza il Concilio ecumenico dell’869-870.
Basilio I si affretta a chiedere al papa Giovanni VIII, come primo tra i patriarchi, la convocazione di un concilio di pacificazione di tutta la Chiesa bizantina intorno al patriarca di Costantinopoli. Quando i legati papali arrivano nella città si trovano di fronte inaspettatamente alla nuova realtà: patriarca è lo scomunicato Fozio e non Ignazio, quindi devono chiedere a Roma nuove istruzioni, mentre Basilio I e Fozio invocano il Papa di riconoscere il patriarca e accoglierlo nella sua comunione. Papa Giovanni VIII, meno risoluto del predecessore Adriano e bisognoso dell’aiuto  militare dell’imperatore contro i saraceni che attaccano le città costiere dell’Italia, nell’agosto dell’879 accoglie la richiesta a precise condizioni: Fozio avrebbe dovuto chiedere perdono e la giurisdizione della Bulgaria passare alla Chiesa di Roma. Richieste ovviamente respinte, sebbene nella traduzione greca della lettera papale le condizioni vengano edulcorate.
Questi sono gli antefatti che portano al Concilio dell’879-880, che si svolge nella cattedrale di Santa Sofia tra il 17 novembre 879 e il 13 marzo 880. Sono presenti 378 vescovi in maggioranza foziani, i legati pontifici e del patriarca di Gerusalemme.
L’imperatore non partecipa, lasciando più liberi i padri conciliari. Fozio  assume la presidenza dell’assemblea. Fin dagl’interventi iniziali si sollecita il Papa, che ha riconosciuto la validità dell’incarico patriarcale a Fozio, a dissociarsi dagli ultimi irriducibili ignaziani anti-Fozio e si invitano i legati papali a fare opera di convincimento e pacificazione presso costoro. Indirettamente si riconosce a Roma il ruolo di centro della comunità ecclesiale e quindi il compito di doversi adoperare per dare unità e pace alla Chiesa di Costantinopoli.  I legati non possono che ribadire la posizione del Papa di cui sono solo latori: spetta a lui riabilitare Fozio e giuste sono le rivendicazioni sulla Bulgaria.
 Al termine della prima sessione, Fozio si mostra disponibile sulla questione bulgara affermando che lui non ha preso nessuna decisione in merito e sottolinea come con Ignazio negli ultimi anni fosse scoppiata la pace, tanto che alla sua morte (877), l’imperatore con insistenza lo prega di tornare sul trono patriarcale.
Ritenendo valide le argomentazioni di Fozio, i legati papali esprimono il loro assenso al suo reintegro, mentre da entrambe le parti si evita accuratamente ogni menzione del Concilio precedente (869-870). Il 26 gennaio 880 le deliberazioni conciliari, con la riabilitazione di Fozio, sono sottoscritte da tutti i padri. Rimane irrisolta la questione bulgara, perché il khan (re) Boris, desideroso di una Chiesa autonoma sul modello di quelle orientali, si oppone ad ogni intromissione di Roma. I primi firmatari dei documenti conciliari, che annullano tutti i deliberati del Concilio  ecumenico di dieci anni prima (869-870) sono proprio i legati papali, i quali approvano anche il pronunciamento di fede che, dopo aver confermato tutte le definizioni precedenti, vieta ogni mutamento, in aggiunta o in sottrazione, al Simbolo niceno-costantinopolitano.
E’ un chiaro e netto avvertimento contro il Filioque, che, tra l’altro, la Chiesa di Roma non ha ancora fatto proprio, ma circola in alcune Chiese locali. Papa Giovanni VIII, ratifica le deliberazioni del Concilio 879-880, sebbene insoddisfatto dei contenuti e dei suoi legati, sul comportamento dei quali manifesta perplessità e riserve. Per non creare altri motivi di attrito, preferisce riconoscere il Concilio che annulla e ribalta i contenuti del precedente gestito dai legati romani. I suoi successori, che non accettano la legittimità di Fozio, rifiutano in toto la validità del Concilio e le sue deliberazioni.
 Difatti il Concilio di Costantinopoli IV dell’869-870 lo troviamo tra i 21 ecumenici, mentre quello dell’879-880 è solo un evento storicamente documentato. Sorte migliore non ha avuto nelle tante Chiese autonome orientali: solo per gli ortodossi costantinopolitani  è ecumenico.
Le conclusioni sono un po’ amare, poiché due Concili così ravvicinati per discutere non di problemi teologici e dogmatici, ma di personalismi e di discutibili personaggi chiaramente tanto ambiziosi quanto scarsamente cristiani, evidenziano come il cammino della Chiesa sia stato e sia, in ogni tempo, travagliato. La responsabilità ce la indica Gesù, quando afferma ai perfetti farisei, molto numerosi anche fuori dall’orbita ebraica, che è impuro ciò che esce dall’uomo, non ciò che vi entra e quando ci mette in guardia dal diffuso vizietto dell’autoreferenzialità e dell’onnipotenza con il “non c’indurre in tentazione” del Padre nostro. La volontà di prendere atto di questi due lapalissiani concetti è ancora di là da venire, ma la speranza è l’ultima risorsa ad abbandonare l’uomo.



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