N° 6 - Giugno 2022
11 I PADRI DELLA CHIESA
di Ratti Antonio



Nasce nel 329 ad Arianzo, un borgo in prossimità di Nazianzo, attuale Guzelyurt, in Cappadocia, zona centrale della Turchia, da una nobile famiglia di origine ebrea. Il padre, anche lui Gregorio - all’epoca consuetudine molto diffusa - è convertito al cristianesimo dalla moglie Nonna. Il fratello maggiore Cesario, morto nel 368, è dottore presso la corte dell’imperatore Giuliano e governatore della Bitinia. Gregorio, nato pochi anni dopo l’infuocato Concilio di Nicea ( 325 ) nel quale è condannato come eretico il pensiero di Ario, prete e catechista di Alessandria, sulla natura di Cristo e, quindi, sulla questione trinitaria, tutta la sua vita e il suo pensiero risultano fortemente condizionati dalle lotte, spesso inquinate da fattori estranei alla disputa teologica, che continuano senza esclusioni di colpi sulla corretta definizione della Trinità. Le sue intuizioni e i numerosissimi interventi sulla Trinità gli valgono l’appellattivo di “il teologo” e il titolo di Dottore della Trinità. Studia in successione nei centri culturali più quotati come Cesarea di Cappadocia, Cesarea di Palestina, Alessandria d’Egitto presso il Didaskaleion e, infine, tra il 350 e il 358, ad Atene sotto Imerio, dove conosce il futuro imperatore Giuliano l’Apostata. Neil 359 raggiunge l’amico Basilio nel monastero che ha aperto ad Annisoi (nord Turchia), ma poco dopo torna a Nazianzo dove il padre, divenuto vescovo, lo ordina sacerdote suo malgrado (361). Nel 372 Basilio, divenuto vescovo di Cesarea di Cappadocia e metropolita di un vasto territorio, costretto dalla politica ariana dell’imperatore Valente a moltiplicare il numero delle diocesi sotto la sua giurisdizione per sottrarle all’influenza ariana, lo nomina vescovo di Sàsima. Morto il padre, gli succede nella guida della comunità cristiana della sua città. Nel 379 salito al trono Teodosio I, nemico degli ariani, chiama Gregorio a dirigere la piccola comunità cristiana di Costantinopoli rimasta fedele a Nicea. Timido, mite e schivo, a contatto diretto con un ambiente ostile e lacerato da profonde discordie, perché decisamente ariano, trova la forza interiore di pronunciare i famosi discorsi, detti “teologici”, che fanno accorrere persino san Girolamo dalla Palestina, dove stava studiando l’aramaico per tradurre in latino la Bibbia, detta Vulgata. Gregorio afferma che la teologia non è tecnologia verbale, né un’argomentazione umana, ma nasce da una vita di preghiera, dalla riflessione e da un assiduo dialogo con il Signore. Questi testi sono tutti incentrati sulla definizione teologica della Trinità e sono rivolti a combattere le varie le eresie del suo tempo. L’ariana, che nega la divinità di Cristo; quella eunomiana che sostiene come Cristo non sia della stessa sostanza ed essenza del Padre o quella dei macedoniani che nega la piena divinità dello Spirito Santo. Gregorio, con un’esposizione logica e sequenziale, afferma l’unica natura e sostanza delle tre Persone che vanno distinte solo per origine e rapporti reciproci. Nel 380 Teodosio allontana l’ariano vescovo-patriarca di Costantinopoli e insedia Gregorio. Nomina che fa riconoscere all’inizio del 381 dal II Concilio di Constantinopoli, che è molto incandescente, tanto da far dire a Gregorio: “Abbiamo diviso Cristo, noi che tanto amavamo Dio e Cristo! Abbiamo mentito gli uni agli altri a motivo della Verità, abbiamo nutrito sentimenti di odio a causa dell’Amore, ci siamo divisi l’uno dall’altro.” Nel giugno del 381, confessandosi inadeguato a mediare tra le opposte fazioni, abbandona il Concilio con un accorato discorso:”…Sono stanco di lottare contro i pettegolezzi e contro l’invidia, contro i nemici e contro i nostri. Gli uni mi colpiscono al petto e fanno un danno minore, perché è facile guardarsi da un nemico che sta di fronte. Gli altri mi spiano alle spalle e arrecano una sofferenza maggiore, perché il colpo inatteso procura una ferita più grave….Come potrò sopportare questa guerra santa? Bisogna parlare di guerra santa così come si parla di guerra barbara. Come potrei riunire e conciliare questa gente? Levano gli uni contro gli altri le loro sedi (vescovili) e la loro autorità pastorale e il popolo in due partiti opposti….” Rinuncia anche all’incarico patriarcale e nell’autunno del 382, tornato a Nazianzo, accetta di guidare quella diocesi, ma, dopo alcuni anni, si ritira in solitudine nel paese natio, Arianzo, a meditare e scrivere. Muore il 25 gennaio del 390. Per molti secoli le sue spoglie sono conservate nella chiesa di Tutti i Santi a Costantinopoli. Secondo una tradizione, le reliquie sarebbero giunte a Roma tramite alcune monache bizantine sfuggite alle persecuzioni iconoclastiche dell’VIII secolo e conservate nel monastero di S.Maria in Campo Marzio, donato loro da papa Zaccaria, fino al 1580, quando papa Gregorio XIII, a lui molto devoto, le fa trasferire a S.Pietro in Vaticano nella cappella gregoriana appositamente edificata, dove sono tuttora. Secondo un’altra tradizione, le reliquie sarebbero arrivate a Roma al tempo della quarta crociata, quando i cristiani saccheggiano Costantinopoli ( 1204 ). Per la Chiesa di Roma è uno dei quattro grandi Dottori della Chiesa d’Oriente, mentre dalla Chiesa ortodossa è definito con Basilio e Giovanni Crisostomo uno dei Tre Gerarchi. Per tutti è uno dei grandi Padri e Dottori Cappadoci. Così definisce la sua vera amicizia con Basilio: “Aspiravamo a un medesimo bene e coltivavamo ogni giorno più fervidamente e intimamente il nostro comune ideale. Ci guidava la stessa ansia di sapere, cosa fra tutte eccitatrice d’invidia; eppure fra noi nessuna invidia, si apprezzava invece l’emulazione. Questa era la nostra gara: non chi fosse prima, ma chi permettesse all’altro di esserlo.” Poeta, scrittore e oratore efficace è consapevole del suo obiettivo esistenziale ( “Sono stato creato per ascendere fino a Dio con le mie azioni”) e cosciente della missione che Dio gli ha affidato: “ Servo della Parola, io aderisco al ministero della Parola; che io non acconsenta mai di trascurare questo bene. Questa vocazione io l’apprezzo e la gradisco, ne traggo più gioia che da tutte le altre cose messe insieme.”  La Trinità è uno dei temi più ricorrenti, quasi un chiodo fisso. In una poesia scrive: “tra i grandi flutti del mare della vita, di qua e di là da impetuosi venti agitato, una cosa m’era cara, sola mia ricchezza, conforto e oblio delle fatiche, la luce della Santa Trinità”. In uno dei suoi discorsi, dove difende la fede proclamata a Nicea, sostiene un solo Dio in tre Persone uguali e distinte – Padre, Figlio e Spirito Santo – come di una “triplice luce che in un unico splendor s’aduna” e sostiene “per noi vi è un Dio, il Padre, da cui è tutto; un Signore, Gesù Cristo, per mezzo di cui è tutto; e uno Spirito Santo, in cui è tutto.” Per Gregorio Maria, che ha dato la natura umana a Cristo, è vera Madre di Dio ( Theotòkos ) e per questa sua altissima missione è stata “pre-purificata” (Discorso 38,13 )dal peccato: quindi un chiaro riferimento a ciò che diverrà il dogma dell’Immacolata Concezione. Lo spazio tiranno mi impone di chiudere, ma questi versi che sono meditazione sullo scopo della vita, Walter non li può tagliare, perché li cita Benedetto XVI in una sua udienza di catechesi del 2007: “ Hai un compito, anima mia,/un grande compito, se vuoi./ Scruta seriamente te stessa,/il tuo essere, il tuo destino;/ donde vieni e dove dovrai posarti;/ cerca di conoscere se è vita quella che vivi/ o se c’è qualcosa di più./ Hai un compito anima mia,/purifica, perciò,la tua vita:/considera, per favore, Dio e i suoi misteri,/ indaga cosa c’era prima di questo universo/ e che cosa esso è per te,/ da dove è venuto, e quale sarà il suo destino./ Ecco il tuo compito,/ anima mia,/ purifica, perciò, la tua vita.” Anche il quasi coevo sant’Agostino esprimeva lo stesso concetto della ricerca interiore, quando nelle Confessioni scriveva: “Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perchè tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo.” Questa è la vera attualità di una grande mente racchiusa in un uomo mite che si batte con tenacia solo per fare opera di pace e per sostenere che “Noi siamo tutti una cosa sola nel Signore.”




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