N° 1 - Gennaio 2019
Dissero di lui
di Romano Parodi

Amarono l’uomo, i suoi tremuli versi, il meraviglioso suo gergo

 

Alessandro Giribaldi: “ E’ morto. Più non resta di lui che un sogno, / e questa tristezza / ch’io diffondo. / Egli è sepolto in me: dentro il mio cuore…/  Oh Ceccardo. Ben di quanti incontrai nel mio cammino, te sol, te sol signore, conobbi della vita, / e dell’errore che t’addusse fidente al gran mattino, / il mattino della bella poesia, che noi stanchi gregari… sogguardammo talvolta... disperando... / Te benedetto che nel vasto cuore, fermasti audacemente il tuo destino…./. Da “Canti del prigioniero”. Ceccardi, Baratono, Giribaldi, Varaldo, i poeti di “Vita Nova”. Giribaldi uccise un uomo in una rissa; Ceccardo gli fu sempre vicino. Varaldo il più prolifico e conosciuto scrittore della prima metà del ‘900. Scrisse tre  volumi di poesie e oltre cento libri con Mondadori. (Senz’altro scrisse di Ceccardo… prima di diventare amici si batterono a duello.)

 

Luigi Amaro (Sanguinetti): Ceccardo è colui che seppe infrangere gli argini lirici di fine ‘800, e costruire le basi della poesia moderna: capace di abbandonare gli orpelli d’annunziani, le solennità carducciane, le classicità pascoliane.

 

Camillo Sbarbaro: Io poeta? Poeta è Ceccardo... Che corpo sproporzionato per quel cuore di fanciullo. Per la strada camminava impacciato dalla sua grandezza.  Alto, magro, dinoccolato, dimesso negli abiti, con un’espressione di profonda tristezza sul volto dove brillavano due grandi occhi azzurri, più rivolti al cielo che alla terra,  distratto a tal punto, da non scorgere chi incontrava lungo il cammino: un bambino con piglio da eroe. Sbarbaro, Ceccardo, Baratono, i tre poeti nottambuli di Montale

 

Bruno Cicchetti: Ceccardo, un poeta singolare e genuino, forse l’unico vero interprete lirico del Liberty italiano.

 

Eugenio Montale: Il nostro povero Ceccardo è morto, qui in Lunigiana e Versilia era popolarissimo. Era il cantore della gente del mio sangue, perché d’origine sono apuano anch’io. Padre dei cantori Liguri, monumento di geniale inattualità, poeta elegiaco e paesista, ancora in attesa di giustizia. - Montale scrisse questa bella poesia: Sotto quest’umido arco dormì talora Ceccardo. / Partì merciaio di Lunigiana / lasciandosi macerie a tergo. / Si piacque d’ombre di pioppi, di fiori di cardo. / Lui non recava gingilli: soltanto un tremulo verso / portò alla gente lontana / e il meraviglioso suo gergo. / Andò per gran cammino. Finché cadde riverso -

 (E’ uscito un libro di Luigi Blasucci che parla dell’influenza ceccardiana nella poesia di Montale)

 

Gabriele D’Annunzio: Amico mio di pene involto. Poeta mero e della più pura specie. Ponetelo non lontano dal sepolcro di Mazzini, perché riposi in quell’ideale, che Egli respirò sino all’estremo anelito. Ceccardo chiamava Mazzini: “Il Santo”

 

Giuseppe Ungaretti: ne scrive con ammirazione sul Messaggero Egiziano: Il poeta e l’uomo e sul Popolo d’Italia: l’Apuano Signoret (un poeta francese). “Qualcuno dirà che fu carducciano, altri citerà Leopardi; io vedo in certi suoi ritmi purissimi, un certo suo uso vibrante delle parole, il solo che abbia saputo realizzare una poesia impressionistica in Italia”. L’Ungaretti francese firmava i suoi “pezzi” di rubrica quotidiana sul “Courrier Litteraire”,  con lo pseudonimo “Proconsol”. Il Console d’Egitto della Repubblica di Apua, di Ceccardi.

 

Lorenzo Viani (sconvolto) a Luigi Beccherucci: Porta una corona al fratello mio immortale... Scrisse versi che quando gli italiani sapranno leggere e scrivere per lor conto e diletto arderanno inconfondibili nel sole.

 

Giorgio Caproni: Il mio primo referente è Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, autore alle origini della poesia moderna in Italia.

 

Mario Novaro: Grande è la mia tristezza…ma mentre entra nel silenzio, il suo verso che non può morire, sfavilla più puro e più alto.

 

Pierangelo Baratono, aspirante come lui al titolo di poeta maledetto. Un fanciullino per lo sconfinato desiderio di affetto, per gli sbalzi fulminei dalla disperazione alla gioia, dall’impeto eroico alla tenerezza lirica.

 

Federico Triglia: l’amico, sul Secolo XIX l’indomani della sua morte: E’ colpa degli uomini, non di Ceccardo se di lui rimane assai poco.  Questo poeta, questo erudito, non lascia nessun volume dietro di se, ma coloro che lo hanno conosciuto non lo dimenticheranno mai. (E’ vero: ancora nel 1974 Montale parla di lui nella poesia: Caffaro)

 

Carlo Bo: Maledetto Ceccardo, aspetta ancora il suo vero inventore. Un po’ come dire che gli si deve rendere giustizia. Ceccardo non era fatto per vivere e forse per questo l’ha saputa cantare così bene questa vita di umiliazione e di miseria. (Ceccardo amava i poeti Maledetti francesi: “sono un fratello di Tristan Corbiere e di Arturo Rimbaud e un piccolo cugino di Paolo Verlaine”, diceva. In memoria di Corbiere, chiamò il figlioTristano: per questo fu chiamato il “Maudit apuano”)

 

Manlio Concogni: Ceccardo è certamente vittima di una grande ingiustizia. Ebbe la disavventura di essere oltreché un poeta, un personaggio pittoresco. E temo che il secondo abbia eclissato il primo. Ma di lui si dovrà pur parlare una buona volta.

 

Ardengo Soffici a Italo Sottini (che col poeta ebbe in comune la fratellanza apuana e la fede in Giuseppe Mazzini): Il fuoco vorace dell’amor patrio nel petto, e quell’austera eleganza del gergo, sono le ragioni capitali perché la poesia del vate apuano, alta sempre, attinge sovente, la sublimità. Non credo di illudermi affermando che essa può essere, se non comparata puntualmente, avvicinata a quella immortale del cantore delle Grazie (Foscolo), delle Ginestre (Leopardi), di Shelley e di Keats.

 

Ceccardo diceva di essere “Un mendicante d’azzurro e di sole, un uomo che di sogni è vissuto e di sogni morrà”.

(Sul busto bronzeo di Tullio Andreani, a Ortonovo. Monumento da restaurare cara Baruzzo).

 

Nell’archivio di D’Annunzio, Pascoli, Carducci, c’erano “Sonetti e Poemi” e “Apua Mater”.

 

Tutti i giornali annunciarono la sua morte. Ettore Janni scrisse un lungo articolo sul Corriere della Sera. Nino di Vallorba dettò anche l’epigrafe da scolpire sulla sua tomba: Qui riposa / Ceccardo Roccatagliata Ceccardi / che l’epoca sua derise come uomo, / finse d’ignorare come altissimo poeta.

 

Quanta diversità, dalla semplice, lapidaria, epigrafe, dettatasi da se medesimo

 Hic constitit Viator

(Qui si è fermato il viandante)

“Di vizi ricco e di virtù, da lode. / Morte sol gli darà fame e riposo”



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