N° 9 - Ottobre 2017
Il vangelo di ottobre
di Giuliana Rossini

1° ottobre 2017, XXVI domenica T.O. / A Mt. 21,28-32

In questa parte del suo vangelo, l’evangelista Matteo sottolinea come la tensione tra Gesù e i capi sacerdoti e i farisei si faccia sempre più aspra, fino a sfociare, poi, nel drammatico epilogo della croce.
Ma il maestro prosegue incurante nella sua missione evangelizzatrice e ci richiama con forza ad osservare la volontà del Padre, anche se, essendo noi limitati, spesso possiamo eseguirla in modo imperfetto, dopo il peccato, ossia il nostro rifiuto a Dio e il successivo pentimento. Nell’abbandonarci al progetto del Padre, dobbiamo farci servi di tutti, come sottolinea magnificamente San Paolo nella lettera ai Filippesi, come Gesù che non ritenne un privilegio la propria divinità, ma si abbassò e umiliò se stesso fino alla morte e alla morte di croce.
Il Maestro pone una domanda ai farisei sulla correttezza di comportamento fra due fratelli nel compiere la volontà del Padre e, benché essi rispondano in modo giusto, prende l’occasione per sottolineare che sono peggiori dei pubblicani e delle prostitute perché, a differenza di questi, non hanno creduto in Lui e non hanno dimostrato un briciolo di pentimento.
Oggi mi sforzerò di mettere a fuoco il disegno che il Padre ha su di me e di accoglierlo, qualunque esso sia, accantonando le mie volontà, facendomi ubbidiente e mettendomi al servizio di chi mi sta accanto.


8 ottobre 2017, XXVII domenica T.O./A Mt, 21,33-43

Anche in questo brano Gesù stigmatizza l’indifferenza e l’ostilità delle autorità religiose del tempo nei suoi confronti. Riprende il simbolismo del profeta Isaia il quale narra come la vigna del Signore, ossia la casa di Israele, nonostante le amorevoli cure del Padre, abbia dato frutti acerbi. Anche in seguito, il popolo eletto, amato da Dio, aveva dimostrato una grande durezza di cuore e aveva risposto negativamente al suo amore. Si era allontanato da Lui, rifiutando le sue leggi: dapprima aveva percosso i servi inviati a ritirare il raccolto (i numerosi profeti inviatigli) e, poi, era arrivato ad uccidere addirittura l’erede, il figlio, chiaro riferimento a Gesù stesso.
Cosa farà dunque il padrone della vigna? La toglierà ai cattivi vignaioli e la darà ad altri che sapranno farla fruttificare convenientemente.
Gesù continua il suo racconto sottolineando come la pietra scartata dai costruttori, cioè Egli stesso, è diventata pietra d’angolo. La sua vigna, innestata in Lui, darà frutti di vita eterna.
A noi il grande compito di far conoscere, nell’amore e nella certezza che Dio aspetta tutti a braccia aperte, l’immenso dono che ci è stato affidato.
Oggi cercherò di essere una testimone credibile del Vangelo.

 

15 ottobre 2017 XXVIII domenica T.O./A Mt. 22,1-14

Un re decide di organizzare una grande festa per le nozze del proprio figlio e invita parenti e amici, gente del suo rango e del proprio ambiente, ma questi, con varie scuse, declinano l’invito e, anzi, rispondono ai servi del re con violenza. Egli allora punisce duramente quei malvagi, poi rivolge la sua attenzione altrove. Manda i propri servi ai crocicchi delle strade a radunare più gente possibile.
E’ commovente la capacità del padre nel non lasciar cadere nel vuoto il suo invito. Egli non ha pace e chiama con insistenza tutti: buoni e cattivi, poveri e ricchi, storpi, ciechi e tutti i reietti della società. Però caccia dalla festa colui che non ha indosso l’abito nuziale.
Egli è un Dio esigente: vuole la nostra risposta sincera e assoluta. Vuole che noi collaboriamo al suo progetto, mettendoci in gioco in modo da poterci rivestire con la veste bianca della sua grazia.
A chi gli risponde con cuore puro non fa mancare nulla. Egli, da buon pastore, fa riposare i pascoli erbosi e conduce ad acque tranquille, come recita il salmo odierno.
Oggi voglio rispondere con immediatezza all’invito delle nozze, cercherò di tralasciare i miei impegni e superare i miei tentennamenti, non presenterò scuse, certa che il Padre celeste asciugherà le mie (nostre) lacrime e mi darà in cambio cento volte tanto.

 

22 ottobre 2017, XXIX domenica T.O./A Mt. 22,15-21

I Farisei hanno ben capito che le parole di accusa pronunciate da Gesù nelle parabole precedenti, sono rivolte a loro e cominciano a tramare contro di Lui.
Mandano, dunque, i propri discepoli per metterlo in difficoltà, chiedendogli se fosse lecito pagare le tasse ai dominatori romani. Gesù, però, non cade nel tranello tesogli e risponde con mestizia, osservando l’immagine dell’imperatore su una moneta, che occorre dare a Cesare ciò che è di Cesare. Riconosce che i doni di Dio devono essere tenuti in gran conto nella vita di tutti i giorni, anzi devono essere fatti fruttificare.
Subito dopo, però, aggiunge che occorre dare a Dio ciò che è di Dio. Cioè, come ben sottolinea il profeta Isaia nel suo libro, occorre mettere Dio al primo posto, amandolo con tutti noi stessi e conformandoci alla sua volontà.  “Io sono il Signore, dice Isaia, non ce n’è altri”.
Occorre, dunque, innanzi tutto riconoscerlo e poi averlo come modello del nostro agire, amando tutti come Lui, secondo il modello della Trinità.
In questa domenica ricorre la giornata missionaria mondiale. Oggi è grande la tensione e il desiderio a compiere un’attività di evangelizzazione in comunione con tutte le altre chiese cristiane alle quali ci uniscono il battesimo, la Parola di Dio e l’amore a Gesù Cristo.
Oggi cercherò di andare verso le periferie, di essere in “uscita” e di farlo in unità con tutti, per realizzare il più grande desiderio di Gesù: “Che tutti siamo uno!”.

 

29 ottobre 2017, XXX domenica T.O./A Mt. 22,34-40

Il brano di quest’oggi corona e chiude in modo altissimo gli insegnamenti espressi nelle parabole delle domeniche precedenti, mettendo a fondamento della nuova Legge il comandamento dell’amore.
A differenza delle folle che sono affascinate e stupite dalle parole di Gesù, i farisei divengono sempre più ostili nei suoi confronti e, falliti i precedenti tentativi, cercano ancora una volta di mettere in difficoltà il Maestro  chiedendogli quale fosse il più grande comandamento della Legge.

La risposta, che costituisce il cuore di tutto il Vangelo, è: “Amerai il Signore, Dio tuo, con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” E subito Gesù aggiunge: “Il secondo, poi, è simile a quello: Amerai il prossimo come te stesso. Da questi dipendono tutta le legge e i profeti”.

In questo modo Gesù innesta strettamente i due comandamenti in un tutto unico.

L’amore per Dio non può essere un amore astratto, platonico, ma concreto, visibile nei fatti. E come si può fare ciò?

Amando Dio nel fratello. Come potete amare Dio che non vedete, se non amate i fratelli che avete accanto? Dirà l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera. Ma non basta: per poter amare completamente gli altri occorre amare anche se stessi come creature di Dio, fatte a sua immagine e somiglianza, investite di un grande disegno e capaci, attraverso i Sacramenti e la Parola, di divenire simili a Lui, partecipando allo sviluppo armonioso del creato.

Oggi voglio guardare tutto con occhi nuovi, riconoscendo in ciò che mi circonda, persone e cose, la mano misericordiosa e perfetta dell’Onnipotente.



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