N° 9 - Ottobre 2017
CONCILIO di BASILEA –FERRARA – FIRENZE (1431 – 1443) (17° Ecumenico)
di Antonio Ratti


   (Prima parte)

Per comprendere le “idilliache” condizioni di unione fraterna ed evangelica all’interno della Chiesa d’Occidente basta ricordare che il Concilio di Costanza, di cui abbiamo già parlato, dura quattro anni (1414 – 1418) tra infinite e feroci contrapposizioni, mentre sono in carica tre tra papi e antipapi, appoggiati o contrastati, ovviamente, dai poteri politici (imperatore e regnanti emergenti). Questa ingarbugliata situazione, che si aggiunge allo scandalo da poco concluso dell’esilio “avignonese” (1309 – 1377), produce la perdita di carisma e di autorità della figura del pontefice, tanto da indurre i padri conciliari a sostenere la tesi “conciliarista,” cioè il Concilio ecumenico è al di sopra del papa che si riduce a semplice esecutore delle deliberazioni conciliari. Tesi in evidente contrasto con la Tradizione e la volontà di Gesù che in modo esplicito dà a Pietro, e a lui solo, il potere di fondare e guidare la Chiesa. Comunque, risolto il problema dei tre papi, per rinuncia volontaria e scomunica, Odone Colonna viene eletto dai 53 cardinali presenti a Costanza il giorno 11 novembre 1417 e per questo assume il nome di Martino V. Il card.
Colonna durante le sedute conciliari si era tenuto fuori da ogni disputa, mantenendo un atteggiamento equilibrato e distaccato, per questa ragione i cardinali lo ritengono la persona giusta e lo eleggono papa fuori dal solito rituale del conclave, durante i lavori del Concilio, che Martino chiude pochi mesi dopo la sua elezione, poiché ritiene esauriti i temi da discutere e perché intende rientrare a Roma  dove la cattedra di Pietro è rimasta vuota da parecchio. Come di solito accade nelle vicende umane dove, anche dopo aver preso di comune accordo decisioni e precisi impegni, ognuno continua a fare i propri comodi, così, soprattutto nel nord Europa le tesi riformiste dell’ungherese Huss e la voglia serpeggiante da tempo di autonomia da Roma con i loro sostenitori laici e religiosi fanno nuovi proseliti creando uno stato di fibrillazione nei rapporti con il Vescovo di Roma. Martino V, nella speranza di portare un po’ di ordine nel disfacimento della disciplina ecclesiastica e restituire credibilità alla istituzione Chiesa e al Papa, ritenendo non del tutto errato un conciliarismo moderato, inteso come collegialità nel governo della Chiesa, quindi di aiuto alla cattedra di Pietro, in applicazione del decreto Frequens, emanato dal Concilio di Costanza, che prevedeva la tenuta periodica di un concilio, ne indice uno per il 1431 a Basilea, città neutrale anche da influenze politiche, ma vicina ai focolai più preoccupanti di iniziative riformiste ed eretiche. Martino V muore il 20 febbraio del 1431, quindi è il suo successore (eletto il 3 marzo) ad aprire il concilio il 23 luglio 1431 attraverso il card. Giuliano Cesarini, legato papale a presiedere i lavori. Il numero dei presenti è scarso (117 per le Chiese latine e 37 per quelle bizantine) con una maggioranza decisamente a favore della superiorità del Concilio sul Papa. Il successore di Martino è Eugenio IV, il veneziano Gabriele Condulmem, monaco agostiniano “di grande fede, serena saggezza e squisita cultura” (p. N. Fabbretti), che, resosi conto dei rischi che correva la Chiesa e risultati vani tutti i tentativi di riaffermare l’autorità papale con un ragionevoli concessioni, interviene in modo deciso; infatti con la bolla ufficiale del 18 dicembre 1431 dichiara nullo e chiuso il Concilio e richiama a Roma il cardinale legato Cesarini. La reazione dei padri conciliari è di aperta ribellione e per sfidare il papa di Roma tengono aperto il Concilio e decretano leggi e norme senza la firma di approvazione del papa. In più, utilizzano uno strumento di ricatto di moda in quel periodo: la nomina di un antipapa (24 maggio 1438) nella persona del conte Amedeo di Savoia, uomo mite e religioso che prende il nome di Felice V e sceglie come segretario l’umanista Enea Silvio Piccolomini, il futuro Pio II. Intanto Eugenio IV si deve difendere come può anche da illustri e potenti “bracci secolari” come i Colonna, eredi di Martino, che saccheggiano i tesori vaticani e rivendicano la proprietà di Castel sant’Angelo e Ostia, Francesco Sforza di Milano e Niccolò Fortebraccio (condottiero prima al servizio del papa e poi acerrimo nemico ). Eugenio fugge a Firenze dove Cosimo dei Medici gli garantisce protezione. Col tempo i ribelli conciliaristi sembra che si siano fatti meno virulenti, mentre l’imperatore Sigismondo (incoronato a Roma dal papa il 31 maggio 1433) e il re di Napoli Alfonso finiscono per schierarsi con il papa legittimo. A questo punto Eugenio, che in un estremo tentativo di conciliazione, aveva riconvalidato il Concilio di Basilea, sente di avere la forza di trasferire il medesimo a Ferrara per poterlo controllare meglio e più da vicino. Così con la bolla del 18 settembre 1437 decreta il trasferimento dell’Assemblea conciliare nella città emiliana. La contrapposizione tra il Papa e i padri conciliari rimasti a Basilea diventa uno scontro senza via d’uscita, fino ad arrivare, come detto, ad eleggere l’antipapa. Di cosa si è discusso a Basilea?
Di niente che riguardasse la Chiesa e la fede, ma di come sfruttarle per i propri tornaconti, poiché ai padri presenti premeva accrescere i propri privilegi e poteri e mantenere lo status quo, veramente indecente per l’ostentazione di ricchezza da parte della gerarchia, a tutti i livelli, sia della Chiesa dell’esilio avignonese come di quella di Roma. Padre Nazzareno Fabbretti parla senza mezzi termini di “decomposizione” di ogni valore morale ed evangelico da parte di chi, invece, avrebbe dovuto essere di esempio. Tuttavia si ribadisce la scomunica per gli Hussiti, eredi di Jan Hus ( sacerdote, teologo e rettore dell’Università di Praga ) che a Costanza era stato scomunicato come eretico, condannato al rogo  e bruciato il 6 luglio 1415,  soltanto perché nelle sue omelie e lezioni predicava il ritorno  vero allo spirito evangelico condannando la corruzione dilagante, la simonia, l’eccessiva ricchezza ottenuta attraverso mezzi spuri, la smania di potere e il lassismo dei costumi che avevano ridotto la Chiesa ad una barca senza controllo in un momento storico così turbolento da somigliare ad una tempesta tropicale. Viene considerato il primo “riformatore” perché precede di alcuni decenni Lutero, Calvino e Zwingli. Gli hussiti sono aggrediti con ben cinque crociate papaline, ma resistono alla violenta repressione e saranno i primi ad aderire al movimento riformatore di Lutero. Concludo questa prima parte che si riferisce solo a Basilea con una celebre frase dell’eretico: “Perciò, fedele cristiano, cerca la verità, ascolta la verità, apprendi la verità, ama la verità, dì la verità, attieniti alla verità, difendi la verità fino alla morte, perché la verità ti farà libero dal peccato, dal demonio, dalla morte dell’anima e in ultimo dalla morte eterna.” ( Jan Hus, Spiegazione della Confessione di fede, 1412 ). Spero di non sbagliarmi: mi pare che di eretico ci sia solo la condanna. (continua)



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