N° 4 - Aprile 2017
Il Vangelo della domenica del mese di Aprile
di Claudia Pugnana


  2 Aprile 2017 – V^ Dom. Quaresima - Gv 11, 1-45

Il Vangelo dell’ultima domenica della Quaresima ci presenta quest’anno il risveglio di Lazzaro dalla morte dopo quattro giorni di sepoltura.
Lazzaro (nome che è l’abbreviazione di Eleazar, che in ebraico significa “Dio aiuta”)  è l’amico di Gesù che talvolta lo ospita nella sua casa di Betania (borgo distante circa tre chilometri da Gerusalemme) dove vivono anche  Marta e Maria, le sue sorelle.
La narrazione inizia con un l’indugiare di Gesù a recarsi al capezzale dell’amico malato e lui stesso ci spiega il perché: vuole far conoscere la potenza di Dio e di Suo Figlio.
I discepoli non capiscono il comportamento di Gesù e sono preoccupati soltanto per il fatto che il Maestro parla di andare in Giudea e soprattutto vicino a Gerusalemme, dove Gesù non era per niente ben visto.
La frase di Tommaso  (“Andiamo anche noi a morire con lui!”) ci  fa capire la condizione di paura, ma anche di fedeltà , che vivevano i Dodici.
Quando giunge a Betania Gesù viene accolto da Marta che gli va incontro e fa la sua professione di fede:” Sì, o Signore , io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”( v.27).
Anche Maria, informata da Marta dell’arrivo del Maestro, va da lui, accompagnata da alcuni Giudei che erano venuti a fare le condoglianze alle sorelle. Al pianto di Maria e degli amici del defunto anche Gesù piange.
Quindi Gesù si dirige verso il sepolcro di Lazzaro assieme a parenti e amici.
Il suo amico Lazzaro è chiuso tra le pareti di roccia del sepolcro. Gesù  vuole liberare il suo amico e ordina di togliere la pietra che chiude la tomba.
Marta , nonostante la sua fede appena espressa a Gesù, manifesta la sua personalità molto pratica: suo fratello è morto da quattro giorni e, secondo la credenza popolare  che diceva che l’anima del defunto sostava vicino al cadavere per tre giorni per poi ritornare a Dio, ormai non si poteva più farlo tornare in vita.
Gesù le risponde che la fede le farà vedere la manifestazione della potenza dell’amore di  Dio.
E l’incredibile accade: Lazzaro esce dal buio della tomba rispondendo  al Suo imperativo divino “Lazzaro, vieni fuori!”
Gesù è la Resurrezione e la vita!
9 Aprile 2017 – Dom. delle Palme – Mt  26,14-27,66
L’evangelista Matteo riconosce nella Passione di Gesù il compimento del disegno di Dio annunciato nelle Scritture.
La prima parte del Vangelo di oggi inizia con il tradimento di Giuda: il valore dato a Gesù è di trenta denari,  che in quel tempo corrispondeva al costo della vita di uno schiavo. Per quattro volte Gesù parla del tradimento che si sta per consumare.
Il centro della narrazione è rappresentato dalle parole che il Cristo pronuncia sul pane non lievitato( azzimo) e sulla coppa del vino che facevano parte della cena pasquale che gli Ebrei consumavano (e consumano) in ricordo dell’ultima cena fatta in Egitto come schiavi.
Sul pane dichiara che è il Suo corpo e sulla coppa di vino dichiara che è il Suo sangue dell’Alleanza , versato per molti(nella lingua aramaica significa “per tutti”), in remissione dei peccati.
Egli stabilisce col Suo sangue una Nuova Alleanza tra Dio e l’umanità intera, come sul Sinai Dio stabilì l’Alleanza con Israele con il sangue della vittima sacrificale (Es 24,6-8)
Dopo la cena  i commensali si recano al Getzemani ( che significa “frantoio per l’olio”) per pregare in mezzo agli ulivi.
Iniziano le ore più terribili della vita terrena di Gesù con la sua “passione interiore”.
Si susseguono in Lui gli stati d’animo che ce lo fanno conoscere come vero uomo: l’angoscia per ciò che gli sta per succedere ..”Padre mio, se è possibile passi da me questo calice ….”, la fiducia filiale …”Però non come voglio io, ma come vuoi tu!”, la sensazione di essere abbandonato dagli amici..”..non siete capaci di vegliare un’ora sola con me?.
Per superare queste tribolazioni Egli prega e invita i suoi discepoli (e  dunque noi tutti) ad imitarlo. La preghiera trasforma l’uomo spaventato in Figlio di Dio, dunque non più solo, ma con un Padre che lo protegge.
La Passione cambia scenografia e viene vissuta prima davanti al sommo sacerdote Caifa e, il mattino dopo, davanti a Ponzio Pilato.
Gesù è davanti ai rappresentanti del potere terreno religioso e del potere politico che non vogliono o non hanno il coraggio di capire. Il loro compito è quello di far rispettare le leggi scritte sulla pietra, senza tener conto dell’uomo che hanno davanti.
Il potere del Sinedrio non può venire intaccato dalle parole di un poveraccio, malvestito, galileo, sconosciuto.
Tantomeno il  semplice funzionario romano può rimetterci per la sua carriera , andando contro ai desideri del potere del Sinedrio.
Così Gesù è condannato.
Inizia la Sua “passione fisica”: Gesù è preso in giro, insultato, deriso, coperto di sputi dai soldati . Viene quindi caricato del patibulum (il legno orizzontale della croce), portato sul Golgota e crocifisso.
La Sua agonia sulla croce si interrompe alle tre del pomeriggio con il grido “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” che sono le parole iniziali del Salmo 22. Secondo l’abitudine religiosa ebraica  citando il verso di un Salmo si assumeva la totalità del messaggio in esso contenuto. Per cui l’invocazione di Gesù morente non è un grido di sconforto e di disperazione, ma una supplica fiduciosa a Dio, re dell’universo.
I segni che accompagnano la morte di Gesù hanno per un significato simbolico:
-il velo che separava il Santo dei Santi  dal tempio squarciato in due sta a significare lo “svelamento” del mistero di Dio in Gesù;
-il terremoto accompagna le manifestazioni divine( teofanie);
-la resurrezione dei morti mostra il destino dei giusti;
-la professione  di fede del centurione, che rappresenta i pagani, ci presenta l’apertura universalistica della Chiesa.
16 Aprile 2017 - Santa Pasqua -  Gv 20,1-9
Il Vangelo di oggi dà senso alla fede dei cristiani.
La Resurrezione giustifica la nostra fede, perché, come ci insegna San Paolo,” se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede”. 
L’evangelista Giovanni ci presenta la discepola di Gesù Maria di Magdala che va al sepolcro appena le prescrizioni religiose ebraiche glielo permettevano e cioè ancora prima del sorgere del sole  il giorno dopo il sabato. Trova la tomba aperta e corre ad avvisare i discepoli di quello che ritiene un atto di profanazione.
Pietro e Giovanni corrono a verificare quella che potrebbe essere l’allucinazione di una donna. Essi rappresentano due aspetti della Chiesa: l’autorità dottrinale data da Gesù a Pietro e l’autorità dell’amore di Giovanni, il discepolo che Gesù amava.
Il veloce giovane Giovanni arriva per primo al sepolcro ma attende Pietro che per primo constata la sparizione del corpo di Gesù.
La fede non è un atto impulsivo che nasce dall’emotività. La fede necessita di preparazione, di riflessione, di esperienza, di umiltà, di pazienza.
L’annuncio giunge a noi oggi che viviamo con i nostri problemi, le nostre angosce e preoccupazioni. Possiamo seguire due strade:
-nasconderci dietro le nostre false sicurezze, la superficialità del vivere la rassegnazione dicendo: “ E’ troppo bello per essere vero “
impossibile a Dio”. e la fede pasquale entra e cresce nel nostro cuore ci troveremo trasformati nell’ uomo nuovo.
L’uomo nuovo fa della propria esistenza un servizio d’amore per tutti come ha fatto Gesù.
L’uomo nuovo comprende che il dolore, gli affanni, le tribolazioni, le fatiche, i torti subiti hanno un significato che un giorno sarà svelato.
Dunque “Buona Pasqua!”, “buon passaggio … dalla morte alla vita, dalla tristezza alla gioia, dalla sfiducia al gusto di  vivere …..!!!!!” 
23 Aprile 2017- II° Dom. di Pasqua- Gv 20, 19-31.
L’evangelista ci presenta la seconda apparizione di Gesù, avvenuta la sera di Pasqua, quando è apparso ai discepoli, nascosti nella stanza dell’Ultima Cena.
Gesù viene tra i Suoi, superando le barriere delle porte chiuse e dei muri. Si fa riconoscere attraverso i segni lasciati dalle torture della Passione dopo averli salutati con la frase “Pace a voi!”, un augurio e un dono.
Il protagonista di questo episodio è Tommaso che non è presente alla prima apparizione di Gesù, che manifesta il suo scetticismo su quanto i discepoli raccontano e che, infine, riceve il dono della visione di Gesù risorto e Gli esprime la sua fede (“Mio Signore e mio Dio!”). L’evangelista Giovanni ci fa incontrare Tommaso tre volte. La prima volta quando Gesù vuole andare da Lazzaro a Betania e dice:” Andiamo anche noi a morire con lui!”, poi nel corso dell’Ultima Cena quando chiede a Gesù qual è la strada per andare al Padre  ( “ Io sono la Via, la Verità e la Vita!”) e quindi quando fa la sua scelta definitiva per Gesù.
Tommaso è detto “Didimo” cioè gemello. Questo soprannome per alcuni gli è stato dato per una certa somiglianza con Gesù, sia fisica sia spirituale (vangeli apocrifi), per Origene, invece, deriva dal fatto che avesse una doppia personalità (prima fervente nel credere, poi nel dubitare e poi ancora nel credere in Gesù.)     
Gesù manda i discepoli nel mondo come Apostoli (= inviati). Ma non da soli: soffia su di loro lo Spirito Santo che li trasformerà in uomini nuovi, al servizio della Verità e della Pace.
Ogni otto giorni Gesù torna tra i Suoi e li istruisce e li rafforza nella fede.
Ogni otto giorni è “Dies Domini”, “giorno del Signore”, “Domenica” …. ed Egli viene …. perché sarà con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo!
30 Aprile 2017- III^ Dom. di Pasqua- Lc 24,13-35.
Il racconto che ci viene presentato oggi dal Vangelo viene narrato soltanto da San Luca ed è una splendida catechesi sulla celebrazione dell’Eucarestia.
Il brano si apre con una nota apparentemente solo cronologica:” In quello stesso giorno, il primo della settimana..” che diventa già  per la prima comunità cristiana, guidata dagli Apostoli, il giorno della convocazione eucaristica per commemorare la Resurrezione di Gesù.
La liturgia si svolge in due momenti.
Il celebrante è Gesù stesso che spiega in tutte le Scritture ciò che si riferiva a Lui ( v. 27), compito che oggi svolge la Chiesa leggendo e interpretando l’ A.T. dove , dicono i Padri della Chiesa, “ è seminato Gesù Cristo”.
Ma per riconoscere il Risorto non basta la ragione o l’esperienza dei sensi
( vederlo, ascoltarlo, toccarlo…):   è indispensabile la fede.
Ecco il secondo momento.
I due discepoli di Emmaus non capiscono di essere con Gesù mentre stanno camminando: sono affascinati ed emozionati per ciò che spiega loro… ma lo riconoscono soltanto quando si siedono con Lui che spezza il pane e lo offre a loro.  Incontrano il Risorto quando sono in comunione con Lui.  

                                                                     


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