N° 11 - Dicembre 2016
Caro Gesù Bambino, buon compleanno!
di Antonio Ratti

Caro Gesù Bambino, buon compleanno!

Ma il 25 dicembre di 2016 anni orsono non sei nato, ti sei incarnato per realizzare l’immenso progetto di salvezza riservato all’uomo che il Padre tuo ti ha affidato.
Così ogni uomo, dal primo all’ultimo, è già salvo a prescindere, solo che lo voglia: cioè, ciascuno ha la libertà di accettare  o di rifiutare il dono gratuito, che hai messo, con amore e misericordia, a disposizione di tutti, nessuno escluso. L’uomo, da una parte, è soddisfatto e contento di questa assoluta libertà di scelta e, nel contempo, avrebbe voluto, e vorrebbe, che tu avessi escogitato un
escamotage per evitare di dover scegliere.
In altri termini, mi sarebbe e ci sarebbe piaciuto che tu ci avessi resi liberi di fare solo la tua volontà. Ci avresti tolto la gravosa e determinante responsabilità di dover dire: sì accetto la tua proposta, oppure, no grazie, la cosa non m’interessa. Gli Evangelisti, tuoi fedeli biografi e portavoce del tuo pensiero, riportano diverse tue espressioni che in modo esplicito evidenziano quanto tu sia consapevole delle preferenze umane verso il “no, grazie”, che sembra garantire immediate e più appetibili opportunità.
Al termine della parabola ( Lc 18,8) del giudice che dà soddisfazione alla vedova insistente solo per togliersela di torno, pronunci una frase colma di pessimismo, direi, terribile: “
Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” I tempi sembrano maturi per riconoscere la fondatezza della tua amarissima profezia. Non riesco a trovare un’oasi sul nostro pianeta dove tu possa essere smentito. Le  violenze private (es. tra coniugi) , le guerre a spezzatino  – quelle nascoste sono più numerose e crudeli di quelle rese palesi dai media – la forza bruta, la sopraffazione, i soprusi, le angherie più sofisticate per creare sofferenze e morte, la negazione dell’accoglienza e la privazione dell’elementare diritto alla vita e del suo rispetto, caratterizzano l’esistenza dell’umanità odierna.
Il lievito degli uomini di buona volontà sembra inadeguato ad accrescere il volume  del bene e dell’amore fino a farli prevalere sul male e l’odio gratuito. Quella che ha intrapreso l’essere umano è una folle corsa autolesionistica di cui si renderà conto solo quando sarà troppo tardi per rimediare: anche su questo concetto sei stato fin troppo chiaro con esempi e parabole. Il calciatore quando si fa autogol, si accorge subito dell’errore commesso e tenta, per reazione, di porvi rimedio, magari, segnando un gol nella porta avversaria. Non mi sembra che l’esempio valga per l’uomo d’oggi “
gasato” dalle proprie prodezze di abilità, in compenso distruttive anche dell’ambiente. Nonostante la dilagante incertezza verso un futuro in controtendenza dall’attuale, oggi accogliamo Te, in questa “valle di lacrime,” con gioia grande, perché sei la sola speranza-certezza cui possiamo guardare con fiducia piena. La nonna Filò diceva che nell’arco della vita guai, sofferenze e dolori arrivano troppo spesso da soli, senza cercarli ( e qui, mi viene in mente Walter con nostalgia e gratitudine per il dono della sua amicizia ), perciò è da stupidi andarseli a cercare con le proprie mani e insipienza. Lo so, non è teologia la base del mio ragionare, non sarei capace, ma sono certo che  siano  il buon senso e il sano egoismo che spingono a cercare la verità vera, non quella di comodo, fittizia e a tempo determinato.
Se ci ponessimo ogni giorno la domanda: si fatica di più a fare il bene o a fare il male? Ad amare o ad odiare? Sicuramente non sentiremmo il bisogno di  mostrare e utilizzare la potenza dei  muscoli e di crearci difficoltose autogiustificazioni pur  di imporci  sempre e comunque, poiché negati a guardare oltre il contingente, cioè,  ai valori che contano per davvero.

Scusami, è vero, sono anni che mi sopporti e che angustio  - meglio annoio – il lettore, ma, se anche un normale mediocre si accorge  che le teste e i cuori non vanno per il verso giusto, vuol dire che il nostro pianeta è preda dell’arroganza  dissacrante di una ragione spuria. Non mi resta che pensare alla risposta di Pietro al tuo invito di andare pure, come avevano già fatto altri, per la sua strada: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.” (Gv 6,68) Non necessitano studi filosofici e teologici, che neanche Pietro aveva, per capire: basta solo  quel tanto di buon senso sufficiente a volersi bene e rispettarsi per non buttare via ciò che sei venuto a donarci. 
A Natale sei la nostra speranza che a Pasqua diventa certezza. Che cercare di più? Basta cercare bene: cioè, essere saggi e non abili e scaltri.

                                    Con l’affetto che sono in grado di mostrarti.

 Natale 2016          

                                                                                          



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