N° 4 - Aprile 2016
Commento ai Vangeli del mese di Aprile
di Gualtiero Sollazzi


 

3 aprile : seconda domenica di Pasqua    (Gv.20. 19-31)

Si celebra oggi in tutta la Chiesa  la "Festa della Divina Misericordia "  istituita   da Giovanni Paolo II nel 1992. L'evento è nato per raccogliere il desiderio che Gesù espresse in una rivelazione a suor Faustina  Kowalska perché il mondo credesse all'amore misericordioso del Padre.  Nel vangelo che viene proclamato in questa domenica si scopre di quale misericordia gli apostoli sono abbracciati. A loro il Signore Risorto appare e mostra  "le mani e il costato". Quelli non erano al Calvario mentre il Maestro moriva, erano fuggiti e le piaghe non le avevano viste. Ora almeno, potranno guardare a Colui che era stato trafitto. Manca, però, Tommaso. Appena ritorna nel gruppo, questi lo fanno partecipe della gioia pasquale del Cristo risorto . Lui non crede, non si fida, è troppo sicuro di sé.
E Cristo riappare soprattutto per lui, con una misericordia che quasi sconcerta da tanto che è generosa. "Tommaso, metti qua la tua mano...". Lui voleva toccare, quasi una sfida.
Il Signore la raccoglie non per vincere, se non in amore, ma per aiutare un apostolo ad aver fede, senza niente pretendere. Tommaso capisce, si pente  si fa adoratore: "Mio Signore e mio Dio". Quel costato, l'ha convertito.
Oggi, anche noi guardiamo al costato del Cristo da cui sono scaturiti  acqua e sangue, segni del battesimo e dell'Eucarestia. E con la Chiesa preghiamo: "Acqua del costato di Cristo, lavami! Sangue di Cristo, inebriami!". E la misericordia ci abbraccerà.

 

10 aprile: terza domenica di Pasqua  (Gv.21. 1-19)

Sulla riva, richiamo all'infinito, c'è Gesù risorto che attende gli amici, i discepoli. Loro non lo riconoscono. Sembra strano, ma dentro c'è un messaggio: per 'riconoscere' Gesù è richiesta la fede. Questi tornano stanchi e delusi da una pesca fallimentare. Gesù, davvero Maestro, li incoraggia a riprovare. Lo fanno e la pesca è sorprendente, anzi:
miracolosa. Si sono fidati, ed ecco il risultato. Il Signore non cessa ancora di stupire: si fa cuoco, preparando la brace per quelle creature stanche di lavoro, con dei pesci da abbrustolire. Mangiano insieme e quella spiaggia diventa cenacolo: "prese il pane e lo diede loro...". Così da quel gesto ben conosciuto,  riscoprono che è davvero il Signore.
Poi, il dialogo stupendo con Pietro. E' richiesta e conferma di amore, perché solo così potrà dare a lui il bastone del pastore e le "chiavi" dei cieli. Proprio a quell'uomo già traditore bugiardo, affiderà la sua Chiesa. Cristo cancella il passato se cancellato dalle lacrime del pentimento, e non esita ad affidare il futuro del suo gregge a chi si schiera dalla parte dell'amore. Un'annotazione: Gesù inizia la sua vita pubblica partecipando a un banchetto di nozze. La chiude, preparando un banchetto sotto il cielo in riva al lago, dove si fa riconoscere spezzando il pane. Il banchetto: segno di festa, condivisione.
 Sulle rive dei nostri giorni, affaticati per nottate di pesca fallite per tanti motivi, anche per noi, Lui prepara una mensa di vita, mettendoci in cuore un segreto: Beati gli invitati alla mensa del Signore!

 

17 aprile: quarta domenica di Pasqua   (Gv 10.27-30)

Di una cosa almeno siamo sicuri, ed è fondamentale, gaudiosa: l'essere in buone mani, perché sono quelle del Signore. Lui il pastore buono, bello: dice una più precisa traduzione, di una bellezza fatta di purissimo amore, non solo conosce le sue pecore, noi suo popolo che Egli pasce, ma assicura vita, quella eterna, dove verrà donata "l'infinita immensità" (Claudel). Un gregge protetto, fin d'ora, da qualsiasi rapimento: c'è "una mano", quella del Padre.
 In questi tempi grigi, dove lo scoraggiamento e la resa sono grandi tentazioni, dovremmo cantare nel cuore  questo versetto del salmo 23, suggerito dallo Spirito: "Se anche andassi in valle tenebrosa non temo alcun male: il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza". "Bastone e vincastro" non sono affatto sinonimi: il vincastro è il ramo di vimini che serve al pastore per camminare e guidare il gregge. Il bastone è utile per difendere il gregge da ogni assalto, così da giungere con sicurezza  all'ovile. Viene spontanea una domanda carica di stupore: "Signore, cos'è l'uomo perché te ne ricordi? L'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato".

 

24 aprile: quinta domenica di Pasqua  (Gv, 13,31)

Siamo nel cenacolo, prima della Passione. Giuda è appena uscito, lasciando Gesù colmo di dolore. Un dolore che dal Cristo viene "letto" nel segno della glorificazione: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato".  Appare strano che proprio in quel momento di tragedia, quando in filigrana si staglia una croce, il Maestro osi dire: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato". Sembra tutto incomprensibile. Sembra, però; perché la vita, ogni vita è glorificata quando è abitata dall'amore. E' l'amore che rende il Figlio "obbediente fino alla morte e alla morte di croce". Un amore totale, sublime, che lo inchioda alla croce e lo fa glorioso nella resurrezione.  Il Maestro prima di avviarsi al Getsemani, lascia il suo testamento. E' per quei discepoli e, in loro, per la sua Chiesa. "Vi do un comandamento nuovo: Amatevi!" Ma l'amore era comandato anche nella vecchia Alleanza col popolo eletto. Che significa, allora, "nuovo"? Nuovo perché non è più legge, ma "grazia". E' fondato infatti sull'unione con Cristo ed è dono del Santo Spirito.
Santa Caterina mette sulle labbra del Signore: "Vi chiedo di amarmi e di amare con lo stesso amore con cui vi amo". Ecco la straordinaria novità dell'amore, comandato dal Maestro in quella sera del cenacolo.

                                                                              



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