N° 3 - Marzo 2012
IL ‘NOSTRO’ VESCOVO: PATRIARCA!
di Egidio Banti

 

 

La notizia, soprattutto nei siti internet meglio informati sulle vicende vaticane, circolava già da alcune settimane, ed era rimbalzata anche alla Spezia. Nondimeno, martedì 31 gennaio scorso, l’annuncio della promozione del vescovo Francesco Moraglia dalla diocesi della Spezia – Sarzana – Brugnato alla sede patriarcale di Venezia – uno dei tre patriarcati della Chiesa latina – ha suscitato comprensibile emozione. Ed anche, in molti, un senso di meraviglia: in pochi, quando nel mese di settembre era cominciato a circolare il suo nome come uno dei candidati alla successione del cardinale Scola, consideravano quell’ipotesi attendibile. Un ligure, e per di più un genovese puro sangue, non era mai stato nominato patriarca della Serenissima, e in passato questo sarebbe stato impensabile. Ma le logiche della Chiesa non sono quelle umane e, soprattutto, non tengono conto di campanilismi né di supposte “real politik”. Fosse stato altrimenti, del resto, non avremmo mai visto affacciarsi alla Loggia di San Pietro, quel giorno di tanti anni fa, il polacco cardinale Wojtyla. La promozione di Moraglia a Venezia, con tutta evidenza, tiene conto soprattutto di un elemento: il valore teologico e pastorale dell’uomo, già conosciuto nelle congregazioni vaticane e dal Papa in persona, e quindi la sua attitudine a ricoprire degnamente quella cattedra patriarcale che, storicamente, è sempre andata ben oltre la dimensione territoriale della diocesi veneziana. Venezia infatti è, storicamente, la Chiesa locale che rappresenta l’apertura di Roma verso l’Oriente, attraverso in particolare la devozione a san Marco, e, quindi, che sa di ecumenismo e di dialogo. Scola, negli ultimi anni, ha lavorato molto proprio in tale prospettiva di unità cristiana e di dialogo interreligioso, che rappresenta una delle sfide fondamentali per le Chiese del ventunesimo secolo. In questo senso, Venezia è diocesi “di frontiera”, la cui importanza per la cattolicità è sottolineata dal fatto che, in un solo secolo, il Novecento, ben tre patriarchi sono divenuti papa: Giuseppe Sarto (san Pio X), Angelo Giuseppe Roncalli (beato Giovanni XXIII), Albino Luciani (Giovanni Paolo I). E sebbene la nomina dei cardinali sia una scelta personale del Papa, non esiste ragionevole dubbio sul fatto che in un prossimo concistoro (il precedente c’è stato da poco e i prescelti erano stati resi noti prima della nomina del nuovo patriarca) Francesco Moraglia diventerà cardinale di Santa Romana Chiesa, il primo ad essere stato vescovo della diocesi spezzina – sarzanese – brugnatese dopo Benedetto Lomellini, anche lui genovese, vescovo di Luni – Sarzana dal 1565 al 1574. A Brugnato, infatti, il cardinale sarzanese Giuseppe Spina fu solo amministratore apostolico, dal 1815 al 1820.

La promozione del vescovo a patriarca, ora, interrompe il lavoro pastorale compiuto da Moraglia in questi quattro anni in terra spezzina, a cominciare dalla visita pastorale alle parrocchie, ma certo non lo annulla. I pellegrinaggi mariani del primo sabato del mese e l’adorazione perpetua nella cappella del Crocifisso della chiesa abbaziale della Spezia, iniziata nel gennaio scorso, rappresentano infatti eventi pastorali e liturgici che difficilmente il suo successore non proseguirà. Moraglia lascia inoltre il segno di un magistero teologico di grande spessore, attento, come diceva il suo predecessore a Venezia beato Giovanni XXIII, ai “segni dei tempi”. Forse anche per questo egli è stato mandato a succedergli sulla cattedra di San Marco, per il suo insistere sempre sulla dimensione di una fede cristiana “amica della ragione”, ma anche sui pericoli che corre un’umanità che sia succube al dilagare delle “tecno scienze”, abdicando così ai valori profondi della natura umana. Su questi punti, non a caso, il nuovo patriarca ha insistito, con parole niente affatto fumose, nel messaggio rivolto nei giorni scorsi ai giovani di Venezia.
Il rilancio del seminario vescovile di Sarzana e una prima riorganizzazione delle strutture diocesane, in particolare quelle della pastorale giovanile, sono stati eventi specifici degli anni alla Spezia. Per quanto riguarda l’organizzazione territoriale delle parrocchie, una delle pochissime modifiche decise dal vescovo uscente ha riguardato, nell’ottica di un migliore servizio pastorale, proprio il territorio di Ortonovo, con la recente decisione di separare la zona di Isola dalla parrocchia di Nicola unendola al territorio del Preziosissimo Sangue di Cafaggiola: Luni, che torna così ad essere, di fatto, Luni o Nicola Piano, come al tempo del ministero iniziale del compianto monsignor Felice Viani.
Sul piano delle curiosità storiche si può aggiungere che il patriarcato di Venezia venne eretto nel 1451, spostando nella città della Laguna il titolo che prima era di Grado, proprio dal Papa nativo di Sarzana, Niccolò V Parentucelli. Per questo la cronotassi dei patriarchi nella quale si inserisce ora Francesco Moraglia inizia con il nome di san Lorenzo Giustiniani, nominato nel 1451 da Niccolò V. Un altro legame è rappresentato dalla devozione a san Venerio, del quale una delle chiese veneziane, quella dei Gesuati alle Zattere, vanta di custodire le ossa, prelevate all’isola del Tino nel 1279. E se ciò appare improbabile sul piano storico (nel 1279 i resti di Venerio erano a Reggio Emilia già da alcuni secoli e al Tino c’era solo qualche antico sepolcreto di monaci), il fatto testimonia però il fascino che il monaco del Tino esercitò nel tempo anche sui corsari veneziani. Da ultimo, Moraglia incontrerà a Venezia, un personaggio nativo di Ortonovo: il dottor Maurizio Castagna, da vari anni direttore generale dell’ACTV, l’azienda comunale che gestisce vaporetti, motoscafi e gondole e che, quasi certamente, lo accompagnerà con le altre autorità nel percorso di insediamento domenica 25 marzo.
Il saluto e l’augurio per il vescovo si unisce oggi infine alla mestizia per la dipartita di papà Enrico Moraglia, avvenuta nei giorni scorsi a Genova dopo una lunga malattia. Mestizia attenuata non solo dalle speranze della fede, ma anche dal fatto che Enrico, prima di chiudere gli occhi, ha potuto conoscere la notizia dell’importante percorso ecclesiale affidato a quel suo figlio sacerdote di Cristo. Una grande soddisfazione anche per lui, come per tutti i familiari e i confratelli del clero genovese.

 

 


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