N° 3 - Marzo 2012
Spiritualità
  SEGNI E SIMBOLI CRISTIANI
di Antonio Ratti


 

 

21   SEGNI  E  SIMBOLI  CRISTIANI     

 

Il digiuno.  

 

L’astenersi dal cibo per finalità rituali – quindi lontanissimi dalla moderna moda della dieta – è un motivo costante in tutte le religioni. Basta ricordare la Quaresima cristiana, oppure il mese di Ramadan, una delle cinque colonne della fede islamica.

Le motivazioni che spingono a queste manifestazioni di culto possono essere molto diverse tra loro. Il digiuno biblico è soprattutto espressione di dolore e di lutto, mentre la tradizione cristiana lo intende come strumento di ascesi e distacco dalle cose terrene, com’è, appunto, il bisogno di cibo.

Un’altra motivazione è quella penitenziale. Cito ancora la Quaresima, momento di riflessione sulla profondità della nostra fede, che abbisogna di concentrazione nel silenzio e non di distrazioni come possono essere l’abbondanza di cibo e una chiassosa tavolata.

Nel mondo ebraico il giorno del Kippur, solennità dell’Espiazione, vuole rimarcare la gravità del peccare e del peccato e la conseguente implorazione di perdono delle colpe attraverso un atto di contrizione fisico-esistenziale come l’astinenza totale dal cibo. Ma è la profezia - cioè la parola dei profeti – che si preoccupa di trasmettere al digiuno un profilo più sostanziale e meno rituale, trasformandolo in un impegno di carità verso il prossimo che si attua con il dono di ciò che non si consuma.

Significativo è un passo di Isaia in cui il Signore dichiara: “Il digiuno consiste nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, i senzatetto, nel vestire chi vedi nudo, nel non distogliere gli occhi da quelli della tua carne.” ( Is  58, 6-7 ) Ne consegue che il digiuno è autentico, e non meramente rituale, quando ci spinge a saziare chi è a digiuno per forza a causa della povertà.

Gesù si mostra tiepido nel proporre il digiuno come osservanza sacra e rituale alla maniera giudaica.

Nel Discorso della montagna egli insegna: “Quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti che sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano…Tu, invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il viso, perché la gente non veda che tu stai digiunando, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà." (Mt 6, 16-18). E’ per questo che Gesù non impone il digiuno come una delle manifestazioni più alte della sua spiritualità a differenza dei farisei.

Il Cristianesimo non è una religione dell’ascetismo maniacale, dello scrupolo esagerato e dell’esteriorità penitenziale. E’ soprattutto fede nel Dio della salvezza, dell’amore e della gioia. Tuttavia, per riportarci con i piedi per terra, c’è anche il tempo del digiuno e del silenzio. Lo stesso Gesù, prima di iniziare formalmente la sua missione, si ritira nel deserto per un lungo digiuno di cibo e di parole, seguendo l’esempio di Mosè, che, prima di ogni decisione importante, si ritirava sul monte aspettando nel digiuno e nel silenzio della meditazione la manifestazione di Dio. Con il digiuno si vuole evidenziare che ciò che appaga il nostro corpo - il cibo ne è una voce importante -  non è tutto nella vita di una persona, ma occorre, ogni tanto, mortificare il corpo per poter volgere l’attenzione verso i beni spirituali. Soprattutto nella società attuale che innalza la materialità e il piacere per le cose terrene a valore assoluto, il digiuno ha il potere di richiamo verso altri valori ben più essenziali e duraturi.

Durante il tempo di Quaresima vi sono due giorni ( mercoledi delle Ceneri e Venerdi Santo ) in cui il cristiano è chiamato a praticare il digiuno, quale forma di rinuncia fisica con la limitazione del cibo e l’astinenza dalle carni, per ricordarci che staccarsi dalle cose materiali per dare spazio allo spirito è il solo esercizio che porta alla salvezza.

 

Il silenzio.

 

La nostra società, immersa e frastornata da ogni tipo di rumore, non è più in grado di afferrare il valore positivo del silenzio come aiuto per rientrare in se stessi, come momento in cui pensare e riflettere sulla nostra esistenza che abbisogna di scelte continue per noi, per la famiglia, per le persone e le cose a noi più vicine e care.

Il silenzio è un atteggiamento che, favorendo il raccoglimento e la concentrazione, aiuta a interiorizzare i nostri pensieri e la nostra ricerca di fede intensa e sincera. E’ nel silenzio che possiamo aprirci al mistero di Dio, perché Lui si manifesta e si lascia cogliere quando testa e cuore hanno chiuso la spina verso l’esterno pieno di rumori e confusione. “Parla, Signore, perché il tuo servo è in ascolto” soleva dire con convinzione Samuele nel silenzio della notte. ( 1 Sam 3,9 ) “Il dialogo tra Dio e gli uomini, sotto l’azione dello Spirito Santo, richiede brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea, durante i quali la parola di Dio penetri nei cuori e provochi in essi una risposta nella preghiera.” ( da Lezionario festivo )

Il silenzio, dunque, è parte integrante delle celebrazioni e la sua natura dipende dal momento in cui ha luogo nelle singole celebrazioni. Così, nella Celebrazione Eucaristica ( S.Messa ) durante l’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera, il silenzio aiuta al raccoglimento; dopo la lettura e l’omelia, è un richiamo a meditare ciò che si è ascoltato; dopo la comunione, favorisce la riflessione sul dono appena ricevuto e la preghiera di lode e di ringraziamento. Suggestivo e unico è l’inizio della liturgia del Venerdi Santo, quando il sacerdote viene accolto in chiesa dall’assemblea nel più assoluto silenzio, che accompagna il ministro anche durante la sua prostrazione per l’adorazione della Croce. Questo particolarissimo momento ha la funzione di aiutare i fedeli a entrare con partecipazione sincera nel mistero della passione di Gesù.

 

 

 

 

  MISSIVA A GESU’ SACRAMENTATO
di Marisa Lisia


 
 


            Desideravo, Signore della mia vita, un argomento serio da meditare che consolasse il mio cuore, ed eccolo l’argomento per eccellenza: la Santa Eucaristia istituita da Te, perfetto ragazzo, in un momento di estrema sofferenza ed abbandono.

Nell’ultima fatale cena tutto hai lasciato di te stesso: il tuo cuore e il tuo sangue, come prelibato cibo dell’anima.

            Il mio unico rammarico è quello di non essere vissuta quando Tu eri ancora su questa terra. Come la Maddalena ti avrei seguito ovunque e ascoltato, rapita, ogni parola che usciva dalle tue labbra.

            Mio Signore, mi hai insegnato ad essere mite ed umile di cuore, aiutami ad essere coerente con me stessa e con gli altri e perdonami quando non ci riesco. Aiutami ad onorare il comandamento dell’amore, ma, confesso umilmente, impugnerei anch'io una spada per difendere la tua divina persona dalla crudeltà umana. Aiutami ancora ad accogliere gli avvenimenti della vita come un dono tuo.

            Concedimi alla fine che io mi incontri con tanti fratelli nell’immensità del Cielo ed il mio cuore morirà certamente di felicità quando il mio sguardo incontrerà il tuo.

                                                        

 

 

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