N° 6 - Giugno-Luglio 2010
Vide e credette
di Romano Parodi

 

 

         La Sindone è la mia passione. Già ne avevo scritto sul “Sentiero” ai tempi della precedente ostensione. Oggi voglio portarvi su un’altra affascinante pagina di quel grande mistero. Giovanni, entrato con Pietro nel sepolcro, scrive (20, 3-8): “entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte  vide e credette (eiden kaì epìsteusen)”. Quel ‘vide e credette’  ha fatto riflettere molti studiosi.

         I Vangeli sono scritti in greco antico e, questa sopra riportata, è la forma conosciuta; ma perché a differenza di Pietro che davanti al sepolcro vuoto resta perplesso (Luca e Giovanni),  Giovanni vide e credette? Giovanni conosce le scritture, “doveva resuscitare dai morti”, e quello che vede  glielo conferma. Ma cosa vede?

         Don Persile, scrive V. Messori, ossessionato da quel ‘vide e credette’, dopo una vita dedita allo studio del greco antico, così invece traduce tutta la frase: “..entrò nel sepolcro e contempla le fasce distese e il sudario che era sul capo di Lui, non disteso con le fasce, ma al contrario avvolto in una posizione unica”. All’apparenza c’è poca differenza, ma in realtà cambia molto. Non vi sto a spiegare perché la parola greca keìma, secondo don Persile, significa disteso e non (per terra)   come si legge nel Vangelo.

         Giovanni vede e crede perché le fasce che prima erano sopra un corpo, ora erano distese e vuote, ma intatte, non manomesse, non disciolte. Il corpo di Gesù, quindi, era sparito senza uscire dalle fasce! Ma ancora più sorprendente, secondo don Persile, è la posizione del sudario. Esso non era disteso sulla pietra sepolcrale ma in posizione eretta. Esso avvolgeva la testa di Gesù ed era rimasto così anche quando la testa non c’era più. Era in una posizione così sorprendente che all’evangelista  è necessario un intero versetto per descriverlo. I due vedono le fasce distese sulla pietra sepolcrale e sulla stessa pietra il sudario che, al contrario delle fasce (che sono distese orizzontali), è in posizione eretta, anche se non avvolge più nessuno. Quindi non piegato a parte”, come dicono i libri sacri,  ma al contrario (rispetto alle fasce)  avvolto, la traduzione esatta.

         Non dimentichiamoci che Gesù entrò nella sala, dove erano i discepoli, a porte chiuse; quindi non era più materia, ma spirito (anche se, per dimostrazione, lascia dei segni materiali, come aprire la grotta e farsi toccare). Scomparso il corpo, le fasce che lo avvolgevano, più pesanti, si collassarono con la Sindone che esse coprivano sulla pietra e assunsero quella posizione “distesa” che abbiamo visto, mentre il sudario per il capo, più leggero e più piccolo, inamidato dall’essiccazione dei profumi liquidi di Giuseppe d’Arimatea, restò, “al contrario avvolto”. (Una curiosità: la Sindone e il sudario di Oviedo hanno lo stesso, raro, gruppo sanguigno AB).

  Che cosa è accaduto nel buio di quella tomba? La Resurrezione, risponde il cristiano. A differenza del sangue che è entrato in profondità, l’immagine del telo è visibile solo in superficie. Dove è presente il sangue l’immagine è assente. Perché? Non si è formata per contatto perché esiste anche nelle zone di non contatto. Come, allora? Invano hanno provato a riprodurla. Cosa può avere provocato, su un lenzuolo, avvolto intorno a un corpo, un’immagine che è più profonda là, dove il corpo poggia sulla pietra  e che è solo superficiale nel lato opposto? Che relazione c’è tra questo e un negativo fotografico che ha potuto mostrare per la prima volta, nel 1898, il vero volto di quell’uomo, fino ad allora sconosciuto? Quando Pia Secondo, con l’autorizzazione dei Savoia, fotografò per la prima volta la Sindone, ne rimase sconvolto; ma pochi gli credettero. Fino al 1930 pensarono a un trucco fotografico. E così successe nel 1977 quando Paul Vignon ne scoprì la tridimensionalità. - Non può essere - dicevano. oggi è certo-.

         Inutile dirvi che nel medioevo queste cose erano sconosciute. Ma le sorprese continuarono: nel 1954 si scoprirono le impronte di due monetine sugli occhi, erano di Tiberio (14 – 37 d.C). Nel 1976 lo scienziato svizzero Sulzer trovò molti pollini, tanti provenienti dalla Palestina; ebbene, alcuni avevano 2000 anni, altro che medioevo. Nel 1978 il prof. Marastoni scopre delle scritte: Yeshua ben Yosef Nazarani in lingue diverse. (1). Lo scienziato russo Kuznestov (chiamato per questo; colui che salvò la Sindone dai falsari), ha confutato aspramente l’ipotesi medievale e ha dimostrato che una benda di mummia egiziana, dopo essere stata esposta al fuoco, all’esame del radiocarbonio è  ringiovanita di 1300  anni (non dimentichiamoci che la Sindone è bruciata più volte, specie lungo i bordi, proprio dove sono stati prelevati i campione per l’analisi al radiocarbonio). Ma i negazionisti continueranno a dire che è tutta opera di un grande falsificatore medievale (prende sempre più corpo il nome di Leonardo da Vinci). Credo che ne vedremo ancora delle belle.

1) Un grande filosofo italiano, spiega che proprio perché in tre lingue, ciò è la dimostrazione di un falso. Taccio il nome perché ammiro i suoi articoli, ma come si fa a dire una cosa simile. Giuseppe d’Arimatea ammirava la grandezza universale dell’insegnamento di Gesù è lo ha voluto dimostrare a tutto il mondo. Dice il secondo libro sulla Sindone della storica Barbara Frale. “Giuseppe d’Arimatea, dopo aver ottenuto da Pilato il corpo devastato del “Nazareno”, acquista un telo, vi scrive il nome e una frase sconcertante: “Gesù Nazareno, deposto sul far della sera, a morte, perché trovato”. Questa frase è in Aramaico, una lingua scomparsa nel 70 d.C (quindi è stata scritta prima). Ma poi, non erano più lingue quelle usate sulla croce? Ma poi, anche se fossero state scritte in un secondo tempo dai Templari, che custodivano e adoravano la Sindone (come qualcuno ipotizza), cosa cambia, caro professore?

 

 

 

 


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