N° 10 - Novembre 2018
Spiritualità
  FEDE E VITA
di Domenico Lavaggi (prete e vostro conterraneo)



 

Nel Vangelo ci sono parole di Gesù che ci meravigliano: Un giorno disse ai discepoli: “se avete una fede grande come un seme di senape, potete dire alla pianta che sta sulla riva del fiume ‘spostati sull’altra sponda’ che la pianta lo farà”. (Notiamo che, in natura, il seme di senape è il più piccolo). Questa parabola mi esalta perché mi fa capire che Gesù conosceva bene la fragilità della natura umana ferita dal peccato e, nello stesso tempo, mi deprime perché, se esamino la mia fede, il più delle volte la vedo più simile ad un granello di polvere che a quello di senape, polvere che un soffio di vento può spazzare via.
Avevo passato buona parte del pomeriggio con i ragazzi che giocavano a pallone nel campetto della parrocchia, quando sentii una sirena che proveniva dalla via che dal Bracco scende a Levanto; vidi l’ambulanza che saliva verso l’autostrada e pensai ad un incidente stradale. Al termine del pomeriggio mi avviai verso casa, passando dalla Pubblica Assistenza; vidi venirmi incontro un giovane milite che avevo conosciuto bambino quando ero un giovane prete, che mi disse: “ci hanno chiamato dalla cava di serpentino verde che sta sulla collina sopra Bonassola. Quando siamo arrivati abbiamo visto un uomo a terra, investito da una ruspa, che gli aveva procurato ferite interne gravi”. Chiesi chi fosse. “E’ Silvio Tuvo, il padre di Gabriella e Michele” mi rispose. Gabriella, studentessa della sezione levantese del liceo scientifico e Michele studente della sezione levantese dell’istituto tecnico industriale di La Spezia, dove io ero insegnante di religione. Andai a casa dicendo che avrei tardato per la cena spiegandone il motivo e quindi andai in macchina alla casa sulla collina sopra il convento dei francescani e da qui, a piedi, salii verso la casa. Entrato che fui, incontrai la suocera che mi disse: “sono tutti nelle loro camere”. Per prima cosa entrai nella camera della moglie di Silvio la quale, appena mi vide, mi disse: “perché non vai all’obitorio di La Spezia e lo porti con te a casa?” Risposi: “se avessi questo potere sarei pericoloso”, ma in silenzio pensai che le sue parole mettevano a prova la mia fede, che in quel momento era più simile ad un granello di polvere che ad un seme di senape. Chiesi quindi dove fossero i ragazzi e mi rispose che erano nella camera accanto. Entrando li vidi e lessi nei loro occhi angoscia e spavento. Li abbracciai e piansi con loro. Mentre ridiscendevo verso la macchina pensavo ad una scena del Vangelo di Giovanni (Cap. XI): A Betania era morto Lazzaro, fratello di Marta e Maria, che avevano accolto Gesù nella loro casa.
Gesù era, in quel momento, lontano, in Galilea. Quando arrivò a Betania parlò alle sorelle con parole di fede e speranza, quindi si avviarono insieme verso il luogo dove Lazzaro era stato sepolto (in quel tempo i defunti venivano avvolti in un lenzuolo e posti nel sepolcro). Arrivati presso la tomba Gesù, a voce alta, disse: “Lazzaro, vieni fuori” e Lazzaro uscì ancora avvolto nel lenzuolo, per la gioia delle sorelle e della gente che era presente.
Gesù aveva fatto della casa di Betania un luogo di riposo dalle fatiche apostoliche in Galilea, Giudea e Samarìa, come Papa Francesco ha fatto di Santa Marta il luogo di riposo dalle fatiche apostoliche in Roma e nel mondo.
Io stesso ho fatto della casa di Sella Mereti un luogo di riposo dal servizio pastorale dei luoghi dove la chiesa mi aveva mandato per bocca dei miei vescovi. Là passo il tempo, pregando, ascoltando musica e rileggendo il mio passato. Abbiamo tutti bisogno di riflettere e riposare dalle fatiche della vita.


  "Vale la pena vivere?"
di Don Carlo



Non si dovrebbe morire, quando ci si ama. Ci si unisce per l’eternità, e per l'eternità si dà la vita ad altre persone. Eppure, siamo insieme da pochissimo tempo e già sentiamo sopraggiungere la minaccia e l'insinuarsi del dolore e della morte. Ci siamo sacrificati nel costruire la casa, nel renderla bella ed accogliente, desideriamo offrire ai nostri figli le cose più belle, dedichiamo al lavoro ore preziose e in un istante tutto sembrerebbe finito. Chiunque sia la persona che vediamo allontanarsi con la morte, la vita ne risulta cambiata.
Vale la pena vivere?  Ogni morte tocca e lacera il nostro cuore.
Questa meravigliosa unità della carne che siamo chiamati a vivere anche a livello dello spirito sembrava indistruttibile,  era una rete invisibile che non pensavamo potesse rompersi. È invece si è rotta. Bisognerà ricorrere a tutti gli espedienti dell'amore perché altri legami si sostituiscano, allo stesso posto, alle catene spezzate.
Siamo dunque così effimeri, noi e le nostre opere? Che senso ha la nostra vita?  Vale la pena vivere?  E' dunque soltanto una tenda questa casa che avevamo creduto di costruire sulla roccia?
Non è vero che noi vi abitiamo stabilmente.  Quello che ci sembra un soggiorno è in realtà una fuga. Siamo gli eterni viandanti.  Se dunque è vero che l'uomo vive continuamente le soglie della morte ed è sempre sul punto di terminare il suo compito, la nostra famiglia dovrebbe sentirsi ad ogni istante vicina alla fine. Proprio perché è preparazione alla vita, la famiglia è anche preparazione alla morte.
Perché non ci è dato di morire insieme? Sarebbe il desiderio più vivo dell’amore, una nuova benedizione nuziale alla quale si consentirebbe con gioia. Ma il caso è molto raro.
Allora la fede è difficile.  Ci crediamo vittime della fatalità e non si riflette, che anche con la morte, l'amore resta in eterno. Tante volte in una casa ci sono disgrazie ben più gravi della morte. Quante tragedie senza che nessuno sia scomparso, e quanta tenerezza conservata dell'assenza delle persone care.
La morte non è sempre una nemica. Mentre la subisce, l'amore è capace di vincerla. San Francesco ci aiuta a superare questo dramma affermando che la morte è parte della nostra vita, anzi sorella. Ci deve far riflettere la domanda fatta da Marta, la sorella di Lazzaro, a Gesù:" Signore se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto…". Marta in quel momento oltre il suo dolore, raccoglie il grido di ogni uomo di fronte al mistero della morte.  La risposta di Cristo è precisa, accorta, ci invita alla speranza:" Tuo fratello risorgerà nell'ultimo giorno insieme a tutti i morti in Cristo... Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno.". Crediamo noi in questo?
Si o Signore noi crediamo che tu sei il Cristo venuto nel mondo per dare a noi la vita.
Costruiamo la nostra vita su questa parola, non resteremo delusi.


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